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Autore: Ink Voice    11/10/2014    6 recensioni
Raccolta di one shot appartenenti all'universo dei Soulwriters Team, seguito di quelle di Andy Black e Barks.
1. ESCAPE. Frammenti di ricordi la svegliarono nel cuore della notte anche quella volta.
2. COLLAGE. Frammenti di sentimenti. Sentimenti forti, che mai vogliamo condividere con il prossimo.
3. RUINS. Frammenti. Stavolta di paure, intimi segreti e timori nascosti, che ci domandiamo se riusciremo mai a superare… forse con l’aiuto di qualcun altro sarebbe più semplice.
4. AGAIN. Frammenti del passato. Del passato che fa male, che ci tormenta con i suoi fantasmi. [...] C’è un modo per dimenticare? Cosa faremmo se il doloroso passato ci si ripresentasse davanti all’improvviso? E ancora… se decidessimo noi di affrontarlo?
Buona lettura e buon proseguimento del vostro cammino nelle opere dei Soulwriters.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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3. RUINS
Frammenti. Stavolta di paure, intimi segreti e timori nascosti, che ci domandiamo se riusciremo mai a superare… forse con l’aiuto di qualcun altro sarebbe più semplice.

-Helen… svegliati, su.
La voce di Sean giunse alle orecchie della ragazza, che in quella fresca giornata di fine ottobre se ne stava ben avvolta e stretta nelle coperte. Dormiva sempre profondamente e ci voleva un sacco di tempo prima che borbottasse per avvertire che ormai, purtroppo, era sveglia.
-Ehiii… andiamo, dormigliona…
-Mmh- brontolò lei, strizzando gli occhi. Li riaprì dopo qualche istante, lasciandoli però ridotti a due fessure che non volevano far entrare quella poca luce che il pallido sole autunnale riusciva ad emanare. -Che ore sono?- chiese lei, immancabilmente.
-Le nove. Dobbiamo uscire, ricordi?
-Non mi va…
Sean sbuffò inarcando le sopracciglia: lui era già pronto per uscire di casa e farsi una passeggiata per Olivinopoli con la fidanzata ed altri due amici. -Non fare i capricci, ragazzina. Sbrigati piuttosto.
-Ma che giorn…
-Domenica- rispose subito lui, interrompendola. Con un gesto secco, afferrò il bordo della coperta che Helen aveva tirata fin sopra il naso e la tolse totalmente dal letto, buttandola per terra. Helen, che stava ben raggomitolata con le braccia che stringevano le gambe per infondere ulteriore calore, spalancò gli occhi rossicci e lo guardò malissimo.
-Ti odio.
-Non è vero- ribatté lui con un sorriso, poi la lasciò sola salutandola con un bacio sui capelli spettinati.
Helen, con lentezza immane, si mise a sedere e a riordinare i pensieri. Il primo che le attraversò la mente fu che era stata svegliata troppo presto l’unico giorno in cui poteva concedersi di dormire a lungo, poiché andava a scuola sei giorni su sette; poi si ricordò che tanto il giorno successivo era il primo di novembre e quindi avrebbe potuto dormire a lungo anche lunedì stavolta, poiché la scuola era chiusa. Rinfrancata da quel pensiero, si alzò strascicando i piedi e si diresse prima al bagno e poi a fare colazione.
Le ci volle qualche minuto in più, invece, per ricordare il perché dovesse uscire così presto. Il motivo era semplice: la sera sarebbe andata a fare il classico dolcetto o scherzetto insieme a Sean e altri due amici, che quella stessa mattina sarebbero venuti con loro a ritirare i costumi per Halloween. Avevano sorteggiato quattro costumi tra vampiro, mago, strega e animale e Helen doveva travestirsi da gatto. Non era granché entusiasta della cosa, ma se ne era fatta una ragione. Meglio di Amy che deve fare la strega, si era detta, e quindi aveva ordinato il suo costume ad un negozio. Sean invece era riuscito a convincere Mark, il suo amico d’infanzia, a fare il vampiro.
Dopo una mezz’oretta, Helen era pronta per uscire.
Si erano dati appuntamento tutti davanti al negozio che avevano scelto per procurarsi i costumi, e per farsi poi una breve passeggiata tutti insieme. Ciò che avevano richiesto era arrivato in tempo, per fortuna, e quindi si concessero un’ora per girare per la città.
-Ma allora dove andiamo? In che quartiere?
-Oh, no, io avevo in mente qualcosa di diverso- sorrise Sean, grattandosi il mento sul quale un accenno di barba stava iniziando a crescere più del solito.
-Cioè?- domandarono gli altri praticamente in coro.
-Volevo andare alle Rovine d’Alfa.
Helen sgranò gli occhi, ma gli altri parvero non accorgersi della sua reazione.

-Che te ne pare dell’idea di andare alle Rovine?- Sean aveva un sorriso enorme dipinto sul volto. Su di esso erano state dipinte anche due stelle proprio sugli zigomi e un paio di occhiali a forma di mezzaluna erano appoggiati sulla punta del suo naso, in equilibrio precario. Il resto del suo costume era composto da un cappello a punta e una veste lunga fino ai piedi - l’unica nota stonata nel tutto, poiché indossava comunissime scarpe da ginnastica. Non era però tanto importante poiché erano totalmente nascoste dalla veste.
A completare il look da mago c’era una bacchetta con una stella fosforescente che si illuminava al buio, abbastanza ridicola, e un mantello con uno strascico parecchio lungo. Il tutto era rigorosamente blu notte.
Helen espresse la sua felicità con un sorriso tirato. -È… originale. Come mai proprio le Rovine d’Alfa?
-L’altro giorno stavo leggendo alcune leggende metropolitane su internet che le riguardavano e ho detto, wow! Sarebbe fantastico andarci la sera di Halloween e provare a sfatare o confermare alcuni di questi miti… vero?
-Eh sì- borbottò Helen inquieta, mentre si ritoccava il trucco da gatto sul viso: la punta del naso era tinta di nero e su ciascuna guancia aveva disegnato tre baffi. Il resto del costume era nero e bianco. Si sentiva un po’ a disagio, ma la preoccupava di più il pensiero di andare alle Rovine d’Alfa.
Helen aveva il terrore degli Unown. Aveva visitato le Rovine da piccola e, nonostante fosse giorno e in compagnia dei genitori, gli Unown si erano accaniti su di lei apparentemente senza motivo. La madre Miriam, preoccupata, aveva trovato una spiegazione che stava più o meno in piedi, ma ora che era cresciuta si rendeva conto di quanto fosse banale.
Secondo lei, gli Unown erano stati attratti dal bagliore prodotto dalla gemma della collanina che Helen portava al collo da quando era piccola, un regalo del padre a cui non era mai stata in grado di rinunciare, nonostante le portasse alla mente ricordi sgradevoli ai quali avrebbe tanto voluto rinunciare. Era una semplice pietra rossa, la ragazza non sapeva dire nemmeno se fosse vera o no e soprattutto che tipo di pietra fosse, e al suo interno vi era un simbolo, l’ideogramma del fuoco. La pietra era piena di sfaccettature, non era quindi sferica, e l’ideogramma si specchiava più volte in ognuna delle facce.
Delle finestrelle facevano passare la luce e l’aria nelle stanze e nei corridoi delle Rovine, ed Helen si era messa a giocherellare con la collana, girandola più volte tra le mani mentre un timido raggio di sole la colpiva. Da lì gli Unown non l’avevano lasciata in pace ed aveva dovuto addirittura fuggire dalle Rovine, terrorizzata.
Da allora gli Unown le facevano sempre paura e anche ribrezzo, poiché il loro essere composti da un occhio e “arti” che andavano a formare i grafemi dell’alfabeto, oltre ad inquietarla, le facevano piuttosto schifo. L’idea di andare a fronteggiare quella che almeno un tempo era stata la sua paura più grande non la entusiasmava, quindi. Forse insieme a Sean e anche agli altri due amici sarebbe riuscita a farsi forza e a superare la sua paura? Lo avrebbe scoperto solo avventurandosi nei meandri delle Rovine la sera stessa, si disse sospirando.

Un pullman li portò alle Rovine e passarono anche per le vie di Amarantopoli. Helen cercò di ignorare le fastidiose emozioni che la attanagliarono per tutto il tempo che impiegò il pullman per attraversare le vie principali e poi uscire sul percorso 37, ma non poté non accettare con le labbra lievemente arricciate la nostalgia che quella bellissima città le trasmetteva.
La stretta di Sean sulla sua mano si fece più intensa mentre lei si sporgeva appena ad ammirare il teatro di danza, la Torre Campana, la Torre Bruciata, i caratteristici viali dalle pavimentazioni di mattonelle e le case dalla forma e dai colori che richiamavano l’Oriente*. Il suo quartiere era molto lontano dal tragitto compiuto dal pullman quindi nessun fantasma del passato la infastidì mentre si godeva la vista di gruppi di bambini travestiti o di ragazzi grandi come loro, che ancora apprezzavano quella festa bizzarra. Molte erano le zucche intagliate davanti le porte delle case, dentro le quali era stata posta una candela che illuminava i loro volti ghignanti di una luce di un arancio spettrale.
-Tutto ok?- le chiese con delicatezza Sean, mentre sui sedili dal lato opposto del pullman Amy e Mark ridevano sguaiatamente per motivi a loro sconosciuti.
Helen annuì, aveva ancora quel sorrisino appena accennato sul viso. Anche il ragazzo inarcò le labbra e strinse a sé la fidanzata, passandole un braccio attorno alle spalle.
Quando si ritrovarono sul percorso 37, l’emozione per l’aver rivisto la sua città natale accompagnò Helen per un altro po’ del viaggio fino alle rovine. Nel frattempo erano quasi le nove e lei non poteva negare di avere una gran fame come suo solito: non vedeva l’ora di scendere e magari scroccare a Sean un po’ del suo panino, oltre a quello per lei.
Poi però realizzò che scendendo si sarebbe ritrovata nell’ambiente più ostile che la sua memoria ricordasse, quindi il suo sorriso si spense lasciandola sola con i fantasmi che erano venuti a farle visita.
Arrivarono alle nove e un quarto circa, ormai sul pullman erano rimasti solo loro. Il conducente, un uomo in carne con radi, fini capelli scuri sulla testa, li salutò stancamente ricordando loro che dovevano riprendere il pullman lì a mezzanotte, altrimenti avrebbero dovuto aspettare fino alle otto del giorno successivo.
-Allora, capo, qual è il programma?- domandò ironicamente Amy, una biondina dal carattere esplosivo, a Sean mentre prendevano il passaggio tra il percorso 36 e le Rovine d’Alfa.
Sean rispose solo quando si ritrovarono sulla strada sterrata che si diramava tra le antiche costruzioni in pietra: -Esplorare. Esplorare finché non dobbiamo tornare sul pullman.
Helen subito colse la nota d’eccitazione nella sua voce: Sean amava esplorare e desiderava con tutto sé stesso poter viaggiare per le regioni e crearsi una vera squadra, non solo Lapras, Kirlia e Horsea. Quella era una sorta di piccola avventura e sicuramente sperava si concludesse con qualcosa di eccezionale.
-Dovete sapere che ci sono delle camere nascoste…- mormorò lui. -Purtroppo non potremo entrare in tutte perché dovremmo andare fino alla Grotta di Mezzo, ma almeno qualcuna riusciremo ad aprirla.
-E come dovremmo fare?- chiese Helen scettica. In fondo, se gli esploratori più esperti non avevano mai aperto queste fantomatiche sale, come avrebbero potuto loro trovare le entrate?
-Semplice. Si ha bisogno di determinati strumenti: le sale si richiudono dopo che uno ha finito di esplorare, ma almeno avremo la possibilità di provare che esistono davvero!
-Ma se si sa della loro esistenza che le esploriamo a fare?- Helen era ancora confusa.
Sean non le scoccò alcuna occhiataccia, cosa che avrebbe invece fatto in situazioni normali, preso com’era dalle emozioni: -Le entrate spesso sono bloccate dalla sicurezza… ma noi dobbiamo farlo. Dobbiamo eludere le guardie e scoprire cosa nascondono le Rovine d’Alfa!
Mark imprecò sorpreso ma subito dopo batté il cinque all’amico, gasato dall’idea che stavano andando contro le regole - cosa molto, molto strana per Sean. Amy era perplessa e Helen sconvolta, tanto che sbottò: -Non ci credo. Io me ne vado, ci vediamo sul pullman eh…
Stava davvero girando i tacchi per svignarsela, ma Sean afferrò una delle orecchie da gatto che aveva sul cappuccio del costume intero e poi la prese per un polso. -No no, cara Hel: chiama fuori i tuoi Pokémon, anche voi fatelo ragazzi, e cerchiamo un modo per entrare nelle varie sale. Va bene?
-Sì!- esclamò deciso Mark. Amy mormorò un timido “Va bene”, ancora poco convinta, mentre Helen cercava di non strepitare dalla frustrazione. Si limitò ad un secco: -Sei un cretino. Ti odio.
-Ti ho già detto che non è vero, sarò un cretino ma mi ami- sorrise Sean arruffandole la frangetta già spettinata di suo che spuntava da sotto il cappuccio, lunga fino a poco sopra le sopracciglia.
“Non mi piace… non mi piace per niente…” pensò Helen mentre dalla borsa che aveva a tracolla tirava fuori le sfere di Quilava, Houndour e Larvitar. Lo stesso fece Mark con Starmie e Weepinbell, Amy con una maestosa Ninetales e Sean solo con Kirlia.
-Kirlia, controlla se c’è qualcuno in giro- Sean decise di fare affidamento sui poteri psichici del Pokémon. Lei eseguì, chiudendo gli occhi cremisi e rimanendo a meditare per qualche tempo. Dopo un po’ li riaprì e fece segno al gruppo di seguirla.
-Cosa ha trovato?- mormorò Helen al ragazzo, mentre seguivano senza troppa fretta, cercando di fare meno rumore possibile, l’esemplare femmina di Pokémon Emozione.
-Probabilmente una sala scoperta dalla sorveglianza…
Era così, ma la sala era raggiungibile solo attraversando un laghetto. Mark si fece aiutare da Starmie mentre Sean si offrì di portare Amy e Helen con lui grazie al suo grande, meraviglioso Lapras.
La stanza che raggiunsero era immersa nel buio, ma i ragazzi erano muniti di torce. Sean guidò il gruppetto fino alla parete opposta all’entrata e la luce illuminò una scritta in caratteri Unown incisa su una lastra in rilievo. I ragazzi non avevano mai studiato quella lingua antica poiché era caduta in disuso, ma si erano portati anche un foglietto con su scritti tutti i grafemi Unown con i corrispondenti nella loro lingua.
-La scritta è luce- lesse Sean. -Cosa dovremmo fare?
-Beh,- Amy ragionò velocemente: era una ragazza sveglia e con i riflessi pronti. -illuminare l’incisione con le torce non ha prodotto alcun effetto, e sappiamo che dobbiamo compiere una determinata azione per aprire il passaggio. È o no così?
Sean annuì, quindi la biondina riprese: -C’è bisogno di un tipo di luce particolare, forse più forte o legata in qualche modo alle rovine… qualcosa che c’entri con i Pokémon?
-Kirlia, usa Flash- tentò Sean, sperando che fosse la cosa giusta da fare. Gli occhi del Pokémon si illuminarono e anche le creste rosse che aveva sul capo: dopo poco il tutto si spense.
Il ragazzo era visibilmente deluso. Non era successo nulla. Helen, nonostante tutto, non poté fare a meno di essere rattristata da ciò. Odiava vedere Sean affranto, avvilito da qualcosa, e pensò che avrebbe preferito dover affrontare la sua paura più grande, quegli esserini antichi e inquietanti, pur di vederlo nuovamente allegro ed eccitato all’idea dell’avventura.
Si rimangiò tutti quei pensieri quando la parete prese a tremare e il ragazzo esclamò sorpreso e felice. La lastra con l’incisione in Unown si ritirò nel muro e lo stesso fece parte della parete: si aprì un varco che dava su un breve corridoio affatto illuminato, persino la luce delle torce si perdeva nell’oscurità.
-Andiamo, ragazzi!- ordinò Sean. Lo seguirono in ordine Mark, anche lui fin troppo gasato per i gusti di Helen che lo seguiva. A chiudere la fila c’era un’insicura Amy che stringeva la coda del costume di Helen per paura di rimanere indietro.
Dopo solo qualche passo il corridoio si allargò e i ragazzi si accorsero di trovarsi in una stanza piuttosto larga. Kirlia usò nuovamente Flash e i ragazzi si accorsero che a terra, come a segnare i vertici di un quadrato, erano posati quattro strumenti. Se li spartirono: Sean prese la Pietralunare, Amy Radicenergia, Helen la Baccacedro e infine Mark un sacchetto contenente la Polvocura. L’odore emesso da essa e dalla Radice fece rabbrividire tutti i Pokémon dentro la sala. -Poverini…- sussurrò Amy. -Le erbe curative devono fare proprio schifo.
Uno sbuffo di Ninetales bastò a farle capire che era così.
Tutt’intorno alla parete erano incise altre frasi in Unown: stavolta nemmeno la lettura era comprensibile poiché la lingua in cui erano scritte era a loro sconosciuta. Helen controllò nervosamente l’orologio: erano ancora le nove e mezza.
-Sean, allora? Torniamo indietro?
-No, Amy, ci dovrebbe essere un qualche passaggio qui nei dintorni… controllate…
Helen sbuffò. Sean lo notò e le chiese: -Tutto ok?
-Più o meno…- replicò lei.
Il ragazzo la guardò interrogativo. Qualcosa non andava sicuramente. -Che ne dici di accendere un po’ di radio? Però teniamo il volume basso, non si sa mai. Secondo Kirlia non c’è nessuno nei paraggi.
-Buona idea- borbottò Helen. Prese il PokéGear e accese la radio, ma dopo averla sintonizzata la spense subito con un brivido di terrore quando udì i rumori che trasmetteva. Frequenze sconnesse, inquietanti e acute, seppur a basso volume, le fecero cadere il Gear di mano. Gli altri si voltarono e Sean subitò si preoccupò per lei. Nel frattempo la “musica” si era fermata. Helen tremava.
-Cos’hai? Cos’è successo, Helen?- chiese ansioso il fidanzato.
-Erano… suoni orribili- ansimò lei, gli occhi spalancati. Gli altri tre erano piuttosto perplessi: quasi non avevano fatto caso ai suoni emessi dalla radio e comunque non erano parsi così spaventosi.
Il motivo per cui avevano spaventato tanto Helen c’era: quando era piccola, durante la sua visita alle Rovine, aveva acceso la radio e quei suoni, oltre ad inquietarla - era bambina e facilmente impressionabile -, avevano attirato frotte di Unown.
E la cosa si stava ripetendo. Le scritte sulle pareti iniziarono a sparire, lasciando profondi solchi dove si trovavano poco prima. I ragazzi non se ne accorsero finché degli Introforza non colpirono alle spalle loro e i loro Pokémon.
Si voltarono: dozzine e dozzine di Unown li avevano accerchiati e stavano già caricando nuovi attacchi. I loro unici occhi erano quasi chiusi, stretti in smorfie rabbiose, ma la Ninetales di Amy riuscì a distrarli e a farli indietreggiare con un Turbofuoco che si espanse per tutta la stanza. Houndour, Larvitar e Quilava difendevano la loro allenatrice, con le spalle al muro, che farfugliava loro qualche comando.
Gli Unown, percepita la loro inferiorità, iniziarono a battere in ritirata per rinfilarsi nelle cavità che prima stavano occupando, ma parvero cambiare idea. Sean sapeva qualcosa su di loro: da soli non erano Pokémon particolari, ma quando si trovavano insieme emettevano strani poteri.
Alcuni Unown unirono i loro Introforza e una grossa sfera fiammeggiante si formò sopra le loro teste: erano gli Unown delle lettere F, U, O e C. Sean capì che la parola che stavano componendo era Fuoco, e che il loro attacco era una mossa di quel tipo. Lo disse a Mark, che ordinò a Starmie di attaccarli con Idropompa. L’impatto tra il fuoco e l’acqua causò una nube di fumo che si espanse per tutta la sala.
Sean nel frattempo si era avvicinato con Kirlia a Helen, la quale fissava con occhi sbarrati ciò che stava succedendo. -Helen, che ti prende?!
-Io… io…- balbettò lei, non sapendo come continuare.
Quello che pareva essere un Iper Raggio mancò di poco la testa della ragazza, distruggendo parte della parete alla sua destra. Gridò terrorizzata mentre Larvitar raccoglieva le rocce da terra e le scagliava sui nemici con un attacco Frana.
Nel frattempo il fumo si era diradato e Mark aveva individuato la via d’uscita. In un angolo della stanza una scala a pioli scendeva giù, e i ragazzi quasi si tuffarono su di essa per sfuggire agli attacchi degli Unown.
Larvitar continuava a mandare K.O. gli Unown che sbarravano loro la strada a suon di Frana e Morso. Il Pokémon pareva infervorato da ciò che la vista di quegli esseri stava facendo alla propria allenatrice e ignorava gli attacchi che gli stavano lanciando. All’improvviso si illuminò di luce bianca ed Helen, che in quel momento stava scendendo le scale, si fermò alla vista del proprio Pokémon che si evolveva, dopo anni passati insieme a vederlo in quella forma.
La sua sagoma mutò e si fece molto diversa dal mostriciattolo bipede a cui era abituata: ora era più grande, più pesante e cosa certa era ancora più forte. La luce si dissolse e ne uscì un Pupitar che non si fermò a contemplare il suo nuovo aspetto, anzi riprese ad attaccare con Frana gli avversari ancora numerosi, scontrandosi contro le pietre e lanciandole ai nemici. Quando questi presero davvero a indietreggiare, Helen lo ritirò nella sua Pokéball e raggiunse gli altri al piano inferiore.
Ripresero fiato, sconvolti. Sean invece chiese quasi subito alla sua ragazza: -Helen, tu sai qualcosa.
Lei non reagì, quindi lui insistette fino ad estorcerle qualche parola di bocca. -Io… sono già stata alle Rovine d’Alfa tempo fa. E non ne ho bei ricordi.
-Cosa ti era successo?- chiese Amy, i grandi occhi verdi spalancati dalla preoccupazione nel vedere l’amica in quello stato.
-Non so perché, ma… quando ho visitato le Rovine, gli Unown mi hanno praticamente aggredita. Anche allora avevo acceso la radio per tenermi compagnia, il posto non mi piaceva tanto, e i Pokémon sono stati probabilmente attirati dalle frequenze strane e mi hanno attaccata…- spiegò lei. -Da allora ho il terrore degli Unown. E rivederli oggi… non è stato molto piacevole.
Sean stringeva i pugni. -Andiamocene.
-Cosa?- chiese ingenuamente Helen.
-Ce ne andiamo. Non voglio stare qui un momento di più, né voglio che tu stia qui un ancora.
Helen non sapeva cosa ribattere. Era assolutamente d’accordo, ma allo stesso tempo quasi le dispiaceva: pensava di aver rovinato l’avventura di Sean, e se c’era una cosa che detestava era rovinare i suoi piani. Non poté comunque dire nulla del genere, perché non era il momento di fare gli altruisti: quindi annuì e iniziarono a trovare un modo per uscire dalla nuova stanza in cui si trovavano.
Mentre scendevano un’altra scala non si accorsero di una scritta in Unown sul pavimento che iniziava a scomporsi e a seguirli.

Si ritrovarono in un corridoio spazioso pieno di statue di Pokémon che si susseguivano una dietro l’altra. Si fecero aiutare da Kirlia per trovare l’uscita e presto furono fuori, proprio sul vialetto principale. Se la diedero a gambe quando si accorsero che per le Rovine giravano svariate guardie e fu per miracolo che riuscirono a evitarli. Armati di pazienza, aspettarono a lungo il pullman girando per il percorso 36 e si fecero anche una passeggiata per la città di Violapoli, un centro piccolo, tranquillo e pittoresco.
Ma intanto gli Unown non si fermavano e nelle Rovine d’Alfa si disponevano a formare la frase:

 
Presto troverai il tuo nemico in te stessa


 
*ho deciso solo per questa storia - forse - di inserire le regioni dei Pokémon nel nostro mondo. Scusate (?). Scusate anche per gli strafalcioni che ho scritto, può darsi che mi sia inventata un sacco di cose solo per il bene della storia D: che casino... *va a piangere*
 
Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Gnee~
Ciao a tutti, eccomi qua con il mio Frammento sul tema della paura e dei segreti - più o meno. Spero vi sia piaciuto, a me personalmente non convince tanto... ma spero di riuscire a fare qualcosa più al livello del gruppo con il prossimo, che sarà l'ultimo, e in particolare con la long che partirà a dicembre.
Scusate, è venuto più corto del solito - sempre se quello che scrivo io si possa definire corto :P - e ripeto che non mi convince, ma come dice la mia prof di latino e greco pazienzina, magari la prossima volta riuscirò a combinare qualcosa di decente, chissà~
Tra l'altro ora ho anche Ask quindi se qualcosa non vi è piaciuto di quello che scrivo potete insultarmi senza problemi con l'anonimo. Yep, perché Ask ce l'hanno i fighi e le Balene Depresse che devono postare le foto delle loro pinne piene di tagli sanguinanti e cicatrici. Chiedete e Sarah se ne farà una.
Chi pubblica prossimamente? Mh, vediamo.
~ Intanto abbiamo avuto Andy Black il 1°, Barks in ritardo che doveva postare il 6 *ringhia* e io, Eleanor_, oggi, l'11.
~ Vespus il 16 ottobre;
~ Levyan il 21 ottobre;
~ AuraNera_ il 26 ottobre.
Grazie per l'attenzione e alla prossima!
*corre a cominciare il nuovo capitolo di Not the same story*
  
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