Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: SaraJLaw    12/10/2014    2 recensioni
È trascorso un anno dagli eventi narrati nel film. La regina Elsa, a causa di un sortilegio, viene relegata nel nostro mondo, in una piccola contea degli Stati Uniti. Lì dovrà vedersela con persone che pensano sia solo un personaggio delle favole, ma anche con chi ha fiducia in lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII

 

Seduta su una delle panchine del parco, Elsa si rese pienamente conto di quanto fosse grave la situazione in cui si trovava. Era sola. Per quanto quella ragazzina, Jane, avesse cercato di aiutarla e di starle vicino, sapeva che sarebbe stato solo questione di tempo prima che le cose precipitassero; per tutta la mattina aveva sentito le sue mani più fredde del solito, segno che i poteri premevano per manifestarsi sotto la furia delle sue emozioni in subbuglio, e ne aveva avuto la dimostrazione poco prima, nel bar, quando il tavolo si era ricoperto di ghiaccio nei punti in cui le sue mani erano poggiate e la temperatura della stanza era scesa sensibilmente sotto lo zero. Anche in quel momento, mentre stringeva i pugni fino a far diventare le nocche bianche, sentiva che riuscire a respirare con normalità le risultava un'impresa tutt'altro che facile, soprattutto perché aveva paura di perdere il controllo in quel luogo affollato.

Quando mi sento così Anna è con me. Anna aiuta. Cosa devo fare?

Elsa chiuse gli occhi, cercando di non abbandonarsi alla disperazione più di quanto non stesse già facendo, ma li riaprì quando sentì qualcuno sedersi accanto a lei. Era Jane.

Che ci fa ancora qui?

<< Va' via. >> la implorò la regina con un tono risoluto che tuttavia lasciava trasparire stanchezza e paura.

La ragazzina la guardò per un secondo e, senza esitazione, poggiò una mano sul suo avambraccio, stringendolo appena con fare rassicurante.

<< Non ti lascio sola. A meno che tu non lo voglia, ovviamente, ma so che in fondo essere completamente sola quaggiù è l'ultima cosa che vuoi. Non ci vuole un genio per capirlo, sai? >>

Elsa sentì la sua bocca aprirsi leggermente per lo stupore. Come faceva una persona appena incontrata a conoscerla così bene?

<< Perché non hai paura di me? >>

<< Non lo so. Insomma, non sei cattiva e di certo non ti diverti ad andare in giro congelando tutto quello che incontri. Tu hai sempre visto i tuoi poteri come una maledizione mentre Anna ti ha fatto capire che non lo sono affatto. Diciamo che io la penso come lei. >> concluse Jane sorridendo.

La giovane la fissò, combattuta tra il desiderio di credere con tutta se stessa a quelle parole e la voglia di scappare. Ma fece tutt'altra cosa.

<< Quando mi hai incontrata questa mattina hai detto di conoscermi, e ora hai parlato come se conoscessi anche mia sorella. Com'è possibile? >>

A Jane scappò un risatina imbarazzata e le sue guance assunsero improvvisamente una tonalità rosata. << Ecco, hanno fatto un film su di voi... >>

<< Un cosa? >> domandò la regina sconvolta.

<< Un film è... Allora, be'... >>

Chiaramente non sapeva come spiegarsi e l'espressione della più grande si faceva sempre più confusa.

<< Oh ecco! Un film è come un libro, però è animato! Ci sono persone in carne è ossa! Come a teatro! >> esclamò la ragazzina, felice di aver trovato una spiegazione abbastanza soddisfacente.

Elsa inarcò un sopracciglio e la guardò con sospetto, sollevata per aver capito a grandi linee cosa intendesse. Si voltò verso le persone che camminavano tra i viali del parco, incuranti del freddo, e per la prima volta nella sua vita si chiese come fosse vivere al di fuori del suo palazzo, come una persona qualunque, che si deve guadagnare il pane ogni giorno. Cosa sapeva fare? Suonare il pianoforte, parlare molte lingue, era ferrata su tutto ciò che riguardava politica ed economia... Il problema era che non si trovava ad Arendelle. In quel posto, gli Stati Uniti, era tutto diverso e il solo pensiero di quanto l'espressione “un pesce fuor d'acqua” le calzasse a pennello le fece tremare i polsi. Un momento.

<< Jane? >>

La persona in questione alzò lo sguardo da terra. << Sì? >>

<< Tu... Insomma, qui si usa leggere i libri? >>

Elsa si rese conto di quanto la sua domanda fosse ridicola appena vide Jane trattenere a stento una risata. Arrossì di colpo ma l'altra non fece nulla per metterla ulteriormente in imbarazzo.

<< Leggiamo libri, sì. Perché? >> le chiese incuriosita.

<< Pensavo che avrò bisogno di un lavoro ma, come potrai immaginare, non so fare nulla qui e così mi domandavo se magari potessi trovare qualcosa in una biblioteca. >>

Jane ci pensò su per un po' e poi schioccò le dita, come se le fosse venuto in mente qualcosa. << La libreria qui dietro, ma certo! Sapevo che cercavano una commessa, forse non l'hanno ancora trovata! >>

Il volto di Elsa si illuminò. << Perfetto! E dove si trova? >>

<< Proprio dietro di noi, attaccata al bar di Christian. E a proposito di questo... >>

<< Cosa? >> domandò la ragazza.

<< Scusa per prima. Sono stata una stupida, non avrei dovuto insistere in quel modo. Mi dispiace. >> disse Jane, sinceramente mortificata.

Elsa le sorrise dolcemente e posò una mano sulla sua, stringendola. << Volevi solo essere gentile. Quella che dovrebbe scusarsi sono io, direi. Ormai è passato, non pensiamoci più. Mi accompagni in questa libreria? >>

Jane annuì energicamente e si alzò in piedi. Entrambe afferrarono di nuovo le buste di vestiti e attraversarono la strada; giunte davanti all'insegna LEAH'S BOOK SHELTER, Elsa sentì immediatamente una sensazione di sicurezza, neanche lei sapeva spiegarne il motivo. Forse era tutto dovuto al nome del negozio.

Rifugio. Proprio quello che mi serve.

Jane aprì la porta, provocando il tintinnio di una piccola campanella sopra lo stipite. La regina si guardò intorno con occhi avidi: addossate alle pareti vi erano scaffali pieni di libri di ogni genere, e ce n'erano talmente tanti che per arrivare a quelli più in alto bisognava utilizzare una scala di legno che si spostava grazie alle rotelle. L'unica fonte di luce naturale era una grande finestra vicino alla porta, il che serviva a creare un perenne stato di penombra e intimità; a sinistra si trovava la cassa e in fondo al locale c'era una piccola stanza, evidentemente l'ufficio della proprietaria, e accanto a questo c'era una scala che portava a una porta, anch'essa in legno. L'ambiente era accogliente, senza dubbio, e a Elsa piacque molto. Sperava di fare una buona impressione sulla proprietaria, che proprio in quel momento emerse da dietro uno degli scaffali. Era una signora sui sessantacinque anni, bassina, vestita con abiti pesanti che la facevano sembrare più robusta di quanto in realtà fosse. I capelli bianchi erano tenuti insieme con uno chignon e i vivaci occhi verde-azzurri la fissavano curiosi, accompagnati da un sorriso cordiale.

<< Buongiorno, posso aiutarvi? >> domandò con gentilezza.

Elsa si sentì spingere leggermente in avanti da Jane e si schiarì la gola prima di parlare. Niente nervosismo, era pur sempre una regina!

<< Sì, mi chiedevo se ha ancora bisogno di una commessa. >>

La signora rise e annuì. << Oh un aiuto mi servirebbe eccome! L'età comincia a farsi sentire e non riesco ad arrampicarmi su quella scala come una volta. Hai il curriculum? >>

<< Il curriculum? In realtà no... Ma posso dirle tutto a voce, le va bene? >> propose la ragazza, presa in contropiede. Sapeva cosa significasse quella parola perché aveva studiato il latino, ma non credeva che qualcuno glielo avrebbe chiesto.

<< Ma certo, non c'è problema. >>

Il mio nome è Elsa, ho ventidue anni e sono la regina di Arendelle. Controllo il ghiaccio e la neve, ho quasi ucciso mia sorella Anna è quasi morta e ora sono stata mandata qui con una maledizione dalla sorella del mio peggior nemico.”

Fece un respiro profondo. << Mi chiamo Elsa, ho ventidue anni e non ho mai lavorato in una libreria, ma imparo in fretta e le posso assicurare che metto sempre la massima serietà in tutto ciò che faccio. So che non è molto ma ho davvero bisogno di questo lavoro. >>

Evidentemente era riuscita a fare una buona impressione nonostante la sua esperienza lavorativa fosse inesistente, perché la proprietaria le sorrise con ancora più calore. << Si vede che sei una brava ragazza, Elsa. Si nota dai tuoi occhi, sai? Sei assunta, la paga è di cinquanta dollari a settimana. So che non è molto ma con tutti questi computer e cellulari sta diventando sempre più difficile fare affari. Quasi dimenticavo, io sono la signora Wright ma puoi chiamarmi Leah se vuoi. >>

Elsa sorrise. << La ringrazio molto, signora Wright! >> e si girò verso Jane per constatare che anche la sua amica era felicissima per lei.

Leah scoppiò a ridere, schermendosi. << Non devi ringraziarmi, sono sicura che sarai bravissima. Ma dimmi, sei nuova qui? Non ti ho mai vista in giro. >>

<< Sono arrivata oggi. >> rispose la regina con un sorrisetto.

<< Hai già un posto dove stare? Perché lì in cima alle scale c'è un piccolo appartamento con tutto il necessario, puoi rimanere per tutto il tempo che vuoi. >>

<< Va benissimo, grazie. >> accettò Elsa immediatamente, sentendo Jane trattenere il respiro e poi attirare la sua attenzione toccandole il braccio.

<< Non vieni a stare nel cottage nel mio giardino? >> le chiese sottovoce.

<< Meglio rimanere per conto mio, Jane. Andrà tutto bene, possiamo vederci tutti i giorni. >> la rassicurò Elsa, ammiccando, tornando poi a guardare il suo neo datore di lavoro.

<< Se vuoi posso mostrarti l'appartamento, così puoi posare anche quelle buste. Venite. >>

Tutte e tre salirono i gradini fino alla porta di legno, che la signora Wright aprì subito. La stanza era piccola ma abbastanza spaziosa, un lato del letto era rivolto verso la parete, accanto si trovava la finestra, addossato alla parete di fronte alla porta c'era un grande armadio con vicino un tavolo con due sedie, tutto in legno, quella che doveva essere la cucina e a destra vi era la porta del piccolo bagno, completo di vasca.

<< Mi piace. >> commentò Elsa rivolgendosi a Leah, che le sorrise compiaciuta.

<< Vi lascio sistemare i vestiti allora, inizi a lavorare dopo pranzo se vuoi. >>

<< Certo, grazie signora Wright. >>

Lei e Jane tolsero gli articoli dalle buste e poi si sedettero sul letto.

<< Come ti sembra tutto questo in confronto ad Arendelle? >> chiese la ragazzina.

<< È tutto più... Piccolo, come una miniatura. Però mi abituo in fretta, per fortuna. >>

<< Già, è una fortuna. Stai bene? Te la senti di rimanere sola e di lavorare proprio oggi? >>

Elsa le sorrise, contenta che Jane si preoccupasse per lei. << Sì, altrimenti non avrei accettato. E poi è meglio che inizi da subito a fare i conti con questa realtà, tanto vale iniziare a lavorare già da oggi. Andrà tutto bene, sono calma adesso. >>

Si salutarono e la ragazza si guardò intorno ancora una volta. Doveva cercare di non pensare ad Anna, al regno, a Victoria. Doveva combattere e se non poteva utilizzare la magia per tornare a casa, be', avrebbe fatto di tutto per non farsi schiacciare dalla paura e per vivere quella nuova vita che aveva davanti a sé.

 

 

**

 

 

Alle cinque del pomeriggio, puntuale come un orologio svizzero, Christian entrò in libreria portando una tazza di tè caldo alla signora Wright. La donna aveva l'abitudine di andare al bar per berlo ma, da quando era sola al negozio, non ne aveva modo, così il ragazzo da allora si era preso l'impegno di portarle la sua bevanda preferita ogni giorno, alle cinque, perché la signora Wright era di origine inglese.

<< Signora? >> disse affacciandosi alla porta del piccolo ufficio.

<< Ah Chris, puntuale come sempre. Grazie. >> rispose Leah con tono allegro, cominciando a soffiare sul liquido bollente. << Comunque da domani potrò tornare al bar, proprio stamattina ho assunto una ragazza che terrà d'occhio il negozio mentre sono via. >>

Christian annuì soddisfatto. << Era ora! Si sente la sua mancanza lì dentro. Elizabeth e Georgina stanno ancora aspettando le sue famose lezioni sul lavoro a maglia. >>

<< Da domani potremo cominciare. >> ribatté la signora, ammiccando.

<< Be', la lascio al suo lavoro. Buona serata! >> disse il ragazzo, chiudendo la porta dietro di sé.

Stava guardando distrattamente dei libri mentre camminava, così non si rese conto di avere una persona davanti fin quando non andò a sbatterle contro. Istintivamente allungò un braccio per impedirle di cadere e restò di stucco quando si rese conto che stava praticamente abbracciando Elsa, la ragazza incontrata quella mattina e alla quale non aveva smesso di pensare per tutto il giorno. Teneva il braccio intorno alla sua vita ed Elsa lo guardava con gli occhi sbarrati, le guance rosse per l'imbarazzo.

Christian non si mosse, né lo fece lei. << Ciao. >> le disse dolcemente, contento di averla rivista.

<< Ciao. >> rispose Elsa, continuando a guardarlo negli occhi e deglutendo.

<< Mi dispiace, ero distratto e non ti ho vista. >>

<< Non fa niente, anzi se potessi... >>

Il giovane capì subito e si affrettò a fare un passo indietro, riuscendo a vederla sospirare di sollievo. Addirittura?

Elsa si era cambiata, non indossava più il maglione, ma una semplice maglietta bianca a maniche corte. Ma non ha freddo? I capelli erano ancora raccolti nella treccia che le scendeva lungo la spalla sinistra, anche se meno ordinata rispetto alla mattina, e indossava gli stessi jeans che mettevano in risalto le sue gambe lunghe e snelle. Ok, basta, la stai fissando troppo.

<< Allora, sei alla ricerca di un libro? >> chiese, sperando di deviare il discorso e anche i suoi pensieri.

<< In realtà lavoro qui. >> rispose lei, guardandolo timidamente da sotto le lunghe ciglia.

<< Oh. >> fu tutto quello che riuscì a dire.

Elsa lavorava lì? Accanto al suo bar? Non riusciva a credere alla sua fortuna: aveva temuto di non vedere più quella bellissima ragazza che lo aveva letteralmente stregato e non solo l'aveva incontrata per la seconda volta in meno di ventiquattro ore, ma addirittura poteva avere una scusa per vederla tutti i giorni.

<< Vuoi che ti porti qualcosa? Non so, un'altra cioccolata calda magari? >>

La ragazza inarcò entrambe le sopracciglia e Christian sentì il cuore impazzire quando vide comparire sul suo volto un sorrisetto divertito.

<< Dopo l'incidente di questa mattina direi che è meglio evitare la cioccolata per un po'. >>

Christian rise al ricordo. << Sì, è meglio. Ti avevo innervosita in qualche modo? >>

<< No, no. >> disse Elsa, scuotendo la testa. << Mi hai solo colta di sorpresa, non credevo che avresti riconosciuto il mio accento. >>

<< Ho capito, è tutto apposto allora. Vuoi qualcos'altro? Tè? Caffè? >>

<< Caffè? >> ripeté Elsa corrugando la fronte.

<< Sì. Non ti piace? >>

<< Non l'ho mai assaggiato a dire il vero. >>

Non aveva mai bevuto il caffè? Wow. Forse...

<< Devi assolutamente rimediare, Elsa, è un rito di passaggio. Facciamo così: domani, mentre Leah sarà al bar, verrò qui e ti porterò il caffè espresso italiano. È il più buono che ci sia. >>

Si era spinto troppo oltre? Aveva male interpretato il comportamento di Elsa? Se gli avesse risposto di no avrebbe rinunciato, ma sperava con tutto il cuore che accettasse di passare un po' di tempo con lui, da soli.

La ragazza lo guardò, prendendo in considerazione la sua proposta, e poi annuì. << Va bene. >>

Christian non era mai stato così felice. << Grande! Voglio dire, bene. Allora... A domani. >>

<< A domani. >> disse Elsa con voce bassa, come se non volesse farsi sentire.

Lui le sorrise, lei ricambiò con timidezza. Mentre tornava al bar, Christian sentiva che le guance gli facevano male a forza di sorridere. Mentre lavorava e anche più tardi, mentre era a letto ad aspettare un sonno che non accennava ad arrivare, continuò a pensare a Elsa e a quanto desiderasse che fossero già le cinque di pomeriggio dell'indomani.

  
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