Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Hendy    13/10/2014    6 recensioni
Il Titanic era chiamato la "nave dei sogni". Lo era, lo era davvero! [Elsanna (no-incest), Au!Titanic]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Kristoff
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A/N: Capitolo super lungo. Doveva essere spezzato ma ho deciso di tenerlo unito e rifilarvelo tutto ad un fiato.  C’è un glossario presente a fondo capitolo, prima dei soliti ringraziamenti. Buona lettura.


“A dopo”.

Aveva detto quelle parole in un momento di coraggio improvviso, quando l’adrenalina era ancora in circolo e pompava forte nelle sue vene.

Lo aveva detto senza sapere quanto quelle due parole stavano influenzando ogni suo gesto, ogni sua azione, ogni sua parola.

La speranza che quelle parole le avevano dato, ardeva come una fiamma nel suo petto e allontanava il freddo che fino a pochi giorni fa era una caratteristica onnipresente della sua vita. Fino a pochi giorni fa, prima di conoscere Anna.

Perché da quando c’era lei tutto era cambiato.

Anna le aveva dato una spinta in più e questo avrebbe continuato a ripeterlo all’infinito, tanta era la gratitudine nei confronti della ragazza. Al solo pensiero di lei si sentiva inspiegabilmente arrossire…

Da quando aveva lasciato il ponte coperto ed era stata separata dalla sua salvatrice, Elsa era rimasta con il sorriso in volto. Nemmeno la ramanzina che sua madre le aveva fatto appena mezz’ora prima era riuscita a scalfire quel suo entusiasmo. Durante il tragitto Idun non aveva fatto altro che brontolare parole sconnesse tra loro con un tono molto freddo e arrabbiato.

“…farti vedere in quel modo…”

Si stava solo divertendo, che c’era di male?

“…come sei conciata…”

E com’era conciata Anna. Era così buffa.

“…la nobile casata degli Arendelle rovinata…”

Più di quello che già era? Non credeva fosse possibile.

Durante il cambio d’abito invece, arrivò la vera e propria tirata d’orecchie.

“Non hai imparato nulla in questi anni, Elsa? Cosa ti ho insegnato? Devi sempre mostrarti al meglio, sempre essere presentabile, sempre -"

Ma Elsa non era disposta a sentire tutto ciò che sua madre aveva da dirle per l’ennesima volta. Quelle parole le venivano ripetute di continuo da diciassette anni. Così la interruppe, finendo la frase per lei.

"-sempre tenere la schiena dritta, mostrare grazia e forza, mai sembrare debole ed elogiare le proprie ricchezze e la propria bellezza. Lo so mamma.”

Mai prima di allora aveva osato interrompere sua madre, cosa che comunque ad Idun non piacque molto e lo si capì dalla rinnovata forza che trovò quando fu il momento di stringerle il corsetto. Di solito sarebbe stato compito di Mellow ma di certo Idun non poteva perdere l’occasione di esternare il suo disappunto.

“Non usare quel tono con me signorinella.” Disse in tono glaciale. “Non lo tollero.”

Solo l’arrivo di Hans, che arrivò a prenderle per accompagnarle a cena, aveva fermato le prediche di sua madre e di questo ne fu grata.

Elsa, di solito, provava un indescrivibile senso di fastidio misto a odio mentre percorreva il tratto tra la suite presidenziale e la sala da pranzo.  D’altronde il corridoio e il successivo scalone erano ciò che separava la giovane biondo platino dalla posto che amava più del Titanic al posto che meno preferiva: rispettivamente la sua stanza e la sala da pranzo.

Quel giorno però aveva qualcosa per cui essere felice e la certezza che a momenti avrebbe rivisto Anna era ciò che differenziava il tutto. Quell’aura fredda era stata sostituita da un mix di emozioni completamente opposte.

Elsa era a dir poco raggiante. Il dolce sorriso che era impresso nel suo viso e la sua camminata sciolta ne erano la conferma. Inoltre si sentiva nervosa e allo stesso tempo eccitata. Il cuore le batteva forte e la ragazza inconsciamente stava scadendo ogni suo battito con i piedi; se qualcuno avesse prestato attenzione, si sarebbero resi conto che la camminata della ragazza era più affrettata del solito.

Aveva inoltre deciso di indossare uno dei suoi abiti migliori, azzurro ghiaccio, in modo da fare una bella impressione su Anna. Nella sua mente vorticavano mille pensieri riguardanti la ragazza che andavano dal “Speriamo che le piaccia” a “Vorrei tanto stringerla a me”.

Era così impegnata ad arrossire dei suoi stessi pensieri che non stava neanche tentando di prestare attenzione a ciò che la circondava, altrimenti avrebbe notato che Hans stava apparentemente cercando di fare conversazione con una delle due donne, senza risultato, e che Idun era ancora così arrabbiata da non aver più proferito parola dallo loro partenza e continuava a lanciarle occhiate di traverso. Ma se anche avesse prestato attenzione, dubitava che il discorso di Hans fosse qualcosa che valesse la pena ascoltare, così come non la avrebbero turbata gli sguardi della madre che comunque, non erano una novità.

Quelli che solitamente dovevano essere dieci minuti, nella testa di Elsa passarono in un lampo e prima ancora di rendersene conto, arrivò ai piedi del grande scalone di prima classe.

Questa scala collegava tutti i ponti riservati alla prima classe. I pannelli di ciascun pianerottolo erano in legno chiaro mentre le balaustre erano in ferro battuto, alleggerite da fiori e foglie in bronzo. Nelle pareti circostanti erano situati grandi quadri mentre sul pianerottolo principale era incassato un orologio molto grande che annunciava ogni mezz’ora l’orario con i suoi forti rintocchi.

Dall’alto della scalinata cercò con lo sguardo qualche segno della ragazza tra il via vai delle persone che si stava accumulando per cena ma non la trovò. Il pensiero di vederla l’agitava molto perciò prima di fare anche solo un passo, fece qualche respiro profondo.

“Dovrà ancora finire di prepararsi.” Borbottò.

Lasciò che Hans e Idun passassero davanti a lei prima di iniziare a scendere a sua volta. Guardandosi meglio intorno poté avere uno sguardo migliore dei presenti: Gerda Brown era già arrivata, così come la maggior parte degli ospiti che avrebbero accolto nel loro tavolo quella sera tra cui i signori Weselton e Ismay, che si stavano già dirigendo verso la sala da pranzo; dopodiché c’erano una fila di persone che aspettavano qualcuno prima di entrare. C’era un signore paffuto che stava stringendo la mano ad una donzella, una signora bruna che si inchinava leggermente per salutare il suo partner, una biondo fragola che da dietro stava cercando di fare lo stesso movimento anche se in modo più goffo, una coppia che si stava tenendo a braccetto e…

“Aspetta, che?”

Tornando indietro con lo sguardo colse nuovamente la signora dal familiare colore dei capelli, di cui riusciva a vedere a malapena il volto, e iniziò a rallentare il passo per ammirarla.

La donna sembrava risplendere.

La gonna del vestito che indossava era di un verde acceso, brillante, dello stesso colore dei suoi occhi che si intravedevano appena, le spalline mettevano in risalto le lentiggini sulla sua pelle rosea e il corsetto accentuava il suo fisico snello. I capelli erano raccolti in uno chignon elaborato da cui pendevano un paio di nastrini e il tutto dava un’aria di maturità e signorilità alla donna in questione.

Nel momento in cui Idun e Hans le passarono affianco, la ragazza alzò la mano in segno di saluto ma venne bellamente ignorata. Dopodichè si voltò, come alla ricerca di qualcuno, e Elsa poté finalmente vedere il suo viso.

Di colpo si bloccò. Era possibile? Ma poi quegli occhi li avrebbe riconosciuti ovunque, non c’erano dubbi. Quella era proprio…

 “Anna?”

Non appena le sue labbra pronunciarono il suo nome, gli occhi della biondo fragola si posarono su di lei e Elsa si sentì praticamente nuda davanti al suo sguardo.
Vide la ragazza iniziare ad ispezionarla da capo a piedi e fermare lo sguardo sul suo petto per qualche secondo in più del necessario, per poi trattenere il fiato e incontrare il suo volto a bocca aperta.

Ora ne era certa, quella era proprio la sua Anna. Chi altri poteva sembrare così dannatamente buffa ma allo stesso tempo meravigliosa?

Elsa, ferma sui suoi piedi, si sentì arrossire e sentì le gambe iniziare a tremare leggermente, ma la reazione di Anna bastò a far allontanare tutti i dubbi della mezz’ora precedente e si ritrovò a sorridere verso la ragazza.

Sembrava risplendere davvero.

Iniziò a scendere gli ultimi scalini aggraziatamente verso la ragazza che si trovava in fondo allo scalone, senza mai perderla di vista, e una volta arrivata alla base, aprì la bocca per parlare ma Anna la precedette.

“Wow Elsa.”

Ma più come un complimento sembrava essere uscito dalla sua bocca per caso, quasi come se non se ne fosse accorta e a questo Elsa ridacchiò, portandosi una mano davanti alla bocca come era stata abituata a fare.

Questa era la dote di Anna: esprimere ciò che provava anche solo con una frase apparentemente senza senso.

Non sapendo come commentare ciò che era stato appena sussurrato, la biondo platino decise di farsi forza e ricambiare.

“Sei molto bella.”

Vide Anna sussultare leggermente ed accompagnare una ciocca di capelli dietro l’orecchio e la risposta venne immediata.

“Grazie. Tu sei spaventosamente bella! Non spaventosa in senso da spavento, solo…”

E tagliò la frase a metà.

Anna poi si avvicinò a lei e in un attimo di intimità rubata, in mezzo a tutta quella folla, sfiorò con le labbra il suo orecchio dandole una lieve sensazione di solletico, e sussurrò il resto della frase con tono malizioso.

“…solo… più bella.”

Elsa sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena e le guance prendere fuoco. Deglutì a fatica e la bocca divenne inspiegabilmente arida.
Riuscì a mettere insieme un piccolo “grazie” balbettante, e subito dopo, senza nessun tipo di preavviso, si sentì strattonare da Anna che la prese sotto braccio.
E seppur sorprendentemente tenace, quel gesto era esattamente ciò di cui Elsa aveva bisogno per calmarsi definitivamente: il contatto con Anna, sentire la sua pelle contro la sua, farsi avvolgere dal suo profumo… era il suo piccolo paradiso privato che la salvava dall’inferno che la circondava.
 


Elsa stava avendo un momento difficile a trattenere le risate quando vide quanto l’altra ragazza si stava impegnando per sembrare una signora in tutto e per tutto. Doveva ammettere che la sua concentrazione era ammirevole.

Anna stava facendo del suo meglio per tenere la schiena dritta e di evitare di ciondolare il braccio libero che non era intrecciato ad Elsa. Inoltre si poteva chiaramente vedere che non era abituata alle scarpe che stava indossando: di tanto in tanto la ragazza si lasciava sfuggire smorfie di dolore e la sua camminata, di solito spensierata e vivace, prendeva un andamento incerto, segno che i suoi piedi dovevano già essere doloranti.

Insieme  le due si fecero largo tra i passeggeri, diretti verso l’entrata della sala da pranzo, ma vennero fermate sulla soglia da Idun e Hans, risbucati all’improvviso davanti a loro ma, dal loro sguardo, Elsa capì che i due avevano finalmente riconosciuto la biondo fragola e la stavano guardando da un lato sorpresi e dall’altro seccato.

“Anna Dawson,  ma che bella sorpresa vedervi con noi. Vedo che ha trovato un abito…adatto.”

Il ramato sputò le ultime due parole con tanto disprezzo che ad Elsa venne il terrore di sentire la ragazza accanto a lei  irrigidirsi e attaccar briga ma non successe niente del genere. Anzi. Anna gli tenne sorprendentemente testa.

“Trovo anch’io che sia delizioso, ma di certo non potrò mai raggiungere il livello della nostra Elsa qui. Devo dire che il suo abito è una meraviglia, si intona perfettamente alla sua bellezza naturale.”

Lo disse in un modo un po’ sfacciato e possessivo ma con una faccia così seria che Elsa quasi le credette, quasi iniziò a credere di essere bella sul serio ai suoi occhi. E non le importava se anche Hans la pensava allo stesso modo o dell’opinione che avesse sua madre di lei. Anna le aveva appena detto che era bellissima. E questo era tutto ciò che al momento riusciva a pensare.

Al contrario ad Hans il commento non piacque molto. Il suo sopracciglio si inarcò vistosamente, quasi come fosse sul punto di confutare qualcosa, ma le ragazze sapevano bene che non avrebbe mai fatto una scenata davanti a tutti. in ogni caso, trovò lo stesso un modo per rovinare il loro momento.

“Ben detto. La MIA Elsa non ha concorrenti in fatto di bellezza. Andiamo tesoro?”

E rivolse alla biondo platino il suo braccio come per enfatizzare quel “mia” appena pronunciato. Ma staccarsi dalla ragazza affianco a lei sarebbe stato troppo doloroso ora come ora. Aveva ancora bisogno di lei. Come se capisse i sentimenti di Elsa, Anna fece un passo avanti, pronta a protestare ma Idun fece lo stesso, schierandosi dalla parte di Hans e parandosi davanti a lei come per fermarla dal fare qualsiasi altra mossa.

Nonostante questo però mantenne le distanze, quasi avesse paura di toccare Anna per paura di sporcarsi o venire infettata da qualche malattia immaginaria di chissà quale genere. Davanti a questo, Elsa decise di sciogliere le loro braccia e di fare a sua volta un passo verso Hans. Per un breve istante, sentì la presa di Anna stringersi intorno al suo braccio, ma come era comparsa sparì, lasciandola andare. Fu in quel momento che sentì sua madre dire, con tono autoritario

 “Ah, mi scusi un attimo signorina Dawson…”

Ma venne allontanata subito dopo e non potè sentire il seguito. Si aspettava di non vedere Anna per un po’ ma non  ebbe il tempo di sentire la sua mancanza che già la ragazza li raggiunse, seguendoli a ruota, come se nulla fosse successo. Non aveva bisogno di girarsi per sentire che la ragazza era lì a pochi passi da lei perché riusciva a percepirlo con ogni sua parte del corpo: il cuore aveva aumentato il suo battito, i polmoni avevano iniziato  a richiedere più aria, il suo stomaco era contorto come se uno stormo di farfalle avesse preso il sopravvento…

Sembrava quasi essere in balia di una febbre, con l’unica differenza che un’influenza ti avrebbe fatto sentire a pezzi, lei invece si sentiva al settimo cielo, con il cuore colmo di gioia. Gioia e amore.
*

Per quanto avesse viaggiato, Anna non aveva mai visto niente di così lussuoso quanto la prima classe del Titanic. Non che ne avesse avuto l’opportunità prima di allora ma lo stupore che provò appena entrata in questo nuovo e spettacolare ambiente non potè essere trattenuto. La prima cosa che attirò la sua attenzione fu l’enorme cupola in vetro che sovrastava l’atrio illuminando l’intero ambiente. Bronzo e oro sovrastavano la scena e tutto intorno erano incastonati oggetti di valore e quadri preziosi di ogni genere, tutte cose che all’interno della terza classe o non c’erano o c’erano in parti così misere da non notarle neanche. D’altronde nei suoi alloggi era stato privilegiato il ferro.

Pochi poi l’avrebbero potuta preparare alla vista della sala da pranzo che fu una delle prime cose che la ragazza andò a sbirciare appena arrivata. Era l'area più spaziosa riservata alla prima classe e Anna era sicura che poteva ospitare almeno cinquecento persone. Le pareti e il soffitto erano stuccati di bianco mentre le sedie erano rivestite in pelle verde e si intonavano perfettamente con i mobili in rovere presenti nella stanza. Purtroppo l'effetto era rovinato dal pavimento di piastrelle in linoleum fantasia che Anna trovò poco azzeccato. L'ambiente era illuminato grazie a moltissime plafoniere e la cosa migliore di tutti era la musica dal vivo suonata da un quartetto d’archi, accompagnati da un pianoforte.

La musica era particolarmente vivace ma allo stesso tempo sontuosa e risuonava nell’aria dando una sensazione di calma e buon gusto. Fu grazie a questo che Anna si sentì più leggera e pronta a ciò che l’aspettava. Almeno era sicura di avere un compagno assicurato: essere accompagnata da quella melodia in quella “fossa”, per usare il termine di Gerda, non sarebbe stato poi così male.

Se questo all’inizio sembrava la cosa migliore che avesse mai visto, molto presto però si trovò a ricredersi. Niente e nessuno avrebbe mai potuto prepararla alla vista di una certa ragazza che da lì a poco entrò nell’anticamera della sala da pranzo.

I primi accenni della sua presenza arrivarono con Idun e Hans che le fecero capire quanto la ragazza fosse poco distante da lei. Con lo sguardo iniziò a cercarla tra la folla intorno a lei e appena gli occhi percorsero la grande scalinata che aveva superato in precedenza, la trovò.

Elsa.

La sua principessa.

In tutto il suo fascino.

L’abito che stava indossando era a dir poco angelico. Il vestito era blu ghiaccio, della stessa tonalità dei suoi occhi, e risaltava il pallore della sua pelle e la lucentezza dei suoi capelli. Ad esso erano abbinati tacchi alti dello stesso colore ma la prima cosa che saltò agli occhi alla povera ragazza fu lo spacco lungo il lato destro della gamba, che arrivava fino alla parte alta del ginocchio.

“Le sue gambe sono così perfette.” Si ritrovò a pensare.

Salendo con lo sguardo vide che il vestito comprendeva uno di quei corpetti fastidiosi e stritola ossa ma su Elsa aveva un effetto particolare: erano gli altri a sentirsi senza fiato appena lo guardavano. C’era una cosa che veniva risaltata più delle altre grazie a quel corsetto, esattamente all’altezza del petto…

Oddio. ODDIO. Ok, Anna. Puoi farcela. Respira, respira, respira…

Deglutì.

Le maniche erano lunghe e di color blu polvere ma le spalle erano praticamente scoperte, lasciando una magnifica visione della sua pelle liscia e morbida. Per dare il colpo di grazia, la ragazza portava i capelli in una treccia laterale che poggiavano sulla parte sinistra della spalla e la frangia era stata portata all’indietro sopra la testa.

A questo punto Anna si ritrovava senza parole e con il fiato in gola. Sentì la sua bocca aprirsi e gli occhi sbarrarsi leggermente e finalmente raggiunse il viso di Elsa.

Per sua gran sorpresa,  Anna notò poi che i suoi occhi avevano una strano scintillio che li rendeva ancora più adorabili. Non aveva mai visto la ragazza così felice nel corso delle quasi ventiquattr’ore in cui si erano conosciute. Se fosse a causa sua ancora non lo sapeva ma guardandola scendere dalle scale, fu grata di aver avuto la possibilità di incontrarla e di mettere il suo stampo nella sua vita.

E poi doveva ammetterlo. Sentire il suo ridacchiare contro il suo orecchio era la sensazione più bella del mondo.

Quella ragazza, con il suo animo dolce e forte e la sua bellezza, le avevano rapito il cuore. Quel suo cuore che tanto desiderava amare e ricevere amore.

Con l’arrivo di Hans però arrivò anche la parte negativa dell’esistenza di Elsa. Non che lei avesse colpa per questo. Non si meritava tutta quella sofferenza ma ciò che più di tutto infastidiva Anna era il modo insopportabile in cui Hans la guardava. Quella avidità e lussuria presente nel suo sguardo e quel ghigno da “lei è di mia proprietà” le facevano venire il voltastomaco.

Da quando lo aveva visto, Anna non aveva desiderato altro che prenderlo a pugni anche se per il momento si era semplicemente accontentata di rispondergli a tono. Ad Hans però non erano piaciute le sue avances ad Elsa né tantomeno l’atteggiamento che aveva preso nei suoi confronti.

Ma d’altronde a lei quel pallone gonfiato non piaceva affatto quindi andava bene così.

Tuttavia nella sua mente iniziò a formarsi spontaneamente un dubbio: davvero Elsa poteva essersi innamorata di lui? Da come lo guardava però non si sarebbe detto. Nei suoi occhi vedeva solo disgusto e qualsiasi fosse il loro rapporto o la loro situazione, la ragazza era chiaramente infelice.

Anna trovava quella cosa ingiusta, soprattutto ora che Elsa stava iniziando ad aprirsi a lei.

A peggiorare la situazione si intromise pure la madre di Elsa, pronta a fare la sua parte per tentare di rovinare la loro serata.

Quando la donna si era parata davanti a lei, Anna si era sentita ghiacciare i piedi e nello stesso momento nel suo petto sentì crescere un sentimento che di rado aveva provato: Odio profondo. Ma non avrebbe mostrato neanche il piccolo cenno di fastidio, non avrebbe dato questa soddisfazione ai due “reali”.

Avrebbe fatto di meglio.

Avrebbe fatto capire ai due di loro con chi avevano a che fare.

Quando Idun le chiese di parlare, Anna non né rimase sorpresa. La sua mossa era assai prevedibile, sapeva benissimo cosa aveva in mente. Anzi, a dire il vero si aspettava di meglio da quell’arpia prepotente. Le sue esatte parole furono:

“Veda di non metterci in imbarazzo di fronte ai nostri commensali  e soprattutto stia lontano da mia figlia.”

Banale, davvero banale.

E questa sarebbe una minaccia che dovrebbe incutere terrore?” pensò ironicamente.

Buffo come Anna pensasse la stessa cosa. Se c’era qualcuno che doveva stare lontano da Elsa, quelli erano proprio loro.

Avrebbe potuto rinfacciarle la stessa frase.   

Elsa si meritava di meglio ma di certo non l’avrebbero lasciata andare così facilmente. Avrebbero continuato a stringere la loro presa intorno a lei fino ad ucciderla.

Non l’avrebbe permesso.

Con lo sguardo più accattivante che potesse mai avere, le si avvicinò e le rispose mormorando un poco udibile ma convincente:

“Mi metta alla prova.”

E la superò, andando a raggiungere Elsa.

Anna non aveva idea di cosa i due avessero in mente di preciso ma di una cosa era certa: l’arpia e quel Hans-faccia-da-schiaffi avevano intenzione di separarle e quello non sarebbe successo.

Così, come per dimostrare il suo punto, la biondo fragola riuscì, in un momento di  distrazione generale dovuta all’arrivo degli ultimi invitati, a sedersi affianco ad Elsa e a tenere saldo il suo posto. Ovviamente l’altra ragazza ne rimase piacevolmente soddisfatta nonostante dall’altro lato della sua sedia ci fosse un Idun e un Hans  particolarmente offesi e fumanti dall’ira. Ormai però la partita era stata vinta e non poterono fare altro che rosicare in silenzio.

Fu proprio in quel scenario che Anna ed Elsa iniziarono a parlare. Quest’ultima stava facendo del suo meglio per far sentire a suo agio la biondo fragola e per questo Anna ne era molto grata. Apprezzava lo sforzo che stava facendo.  Tutto questo per lei era estraneo, a partire dall’ambiente per arrivare poi agli invitati alla loro cena. Da lì a breve, Elsa iniziò a sussurrare in orecchio i nomi e qualche informazione casuale su quei famosi “commensali” a cui si riferiva Idun che li avrebbero seguiti a tavola.

Comprese loro due sarebbero stati in dieci.

Oltre Miss Arpia e a Mister Basette Prepotenti, che presero i posti nel loro lato della tavola con Hans affianco ad Elsa e Idun affianco a lui, con loro si sarebbe seduta anche Gerda che si sedette davanti ad Anna e che la accolse un grande sorriso.

Anna non ebbe bisogno di presentazioni per sapere chi fosse ovviamente. Anzi, voleva azzardare di poter essere considerate due amiche, o almeno, compagne d’avventura.

Ai lati di Gerda presero posto due signore, una delle quali era presente sul ponte poco prima.

“Eleganti, non troppo arroganti. Sono sorelle. Quella a capotavola, alla destra della signora Brown, ha sposato il signor Ismay mentre l’altra è ancora una vecchia zitella…”

La somiglianza non si notava affatto. Una era bionda, l’altra era mora e avevano lineamenti completamenti differenti. Come aveva detto che si chiamavano? Beh che importava, tanto non le avrebbe più riviste.

Dopodiché tra loro aveva preso posto un signore strano, molto basso, con il parrucchino che penzolava dalla sua nuca, un grande naso a punta e dei baffoni grigi. Prese posto affianco alla sorella bionda e cupa e, seppur fosse un uomo serio, Anna non poté che trattenere una risata.

“Quello è George Weselton. Molto avido, odioso e estremamente ricco Non farti ingannare dalla statura. È sempre in cerca di nuovi tesori.”

Sì, tesori e parrucchini. A vederlo sembrava solo un fifone. E poi quel nome, Weseltown, era così ridicolo.

La sedia al suo fianco era occupata da un uomo, il signor Andrews. Avrebbe potuto essere un uomo piuttosto virile se non fosse per il suo atteggiamento pomposo.

“Se potesse, sposerebbe una nave. Non ha messo su famiglia. Va in giro sul Titanic a vantarsi di questa sua impresa titanica. Si beh, come tutti. E’ ingegnere navale nonché  costruttore capo”

Non si era nemmeno degnato di alzare la testa e riconoscerla. La maleducazione qui non aveva fine.

Nell’altro lato della capotavola invece c’era il già precedentemente nominato Signor Ismay.

“Ideatore della nave. Lui e sua moglie pranzano sempre con noi. Sempre la stessa storia, coppia vecchio stile, vecchi ideali. Un classico.”

Più che classico. Preistorico! Almeno avrebbe potuto vantarsi di aver conosciuto l’inventore. Forse.

“Fai finta di essere una signora con un possedimento d’oro nascosto da qualche parte e tutto andrà bene. Stai tranquilla Anna.”

Semplice a dirsi. Ma più che della presenza di così tante persone cosiddette famose, Anna si stupì maggiormente della dimensione della tavola rettangolare in cui erano sedute e della quantità di bicchieri e posate che aveva davanti. Per non parlare delle candele e della composizione floreale che abbinavano ogni singolo tavolo in tutta la sala.

Tutto ciò la confondeva.

Intorno a loro iniziarono ad aprirsi conversazioni casuali e prima ancora di rendersene conto, iniziarono ad arrivare camerieri a portare antipasti, primi e secondi.

Se non fosse per Gerda, probabilmente la ragazza avrebbe fatto una figuraccia già in partenza.

Alla sinistra di quello che doveva essere il suo piatto, erano appoggiate tre forchette di cui Anna non conosceva l’utilità. Alla sua sinistra invece non uno ma ben due coltelli differenti occupavano il tavolo. In più, in corrispondenza del coltello, in alto, c’erano la bellezza di due bicchieri, uno davanti all’altro, di diversa grandezza. Per finire, come se già non bastassero, in alto era appoggiata anche un’altra forchetta, affiancata da un coltello e un cucchiaino.

Man mano che la prima portata iniziò ad arrivare, Anna guardò supplichevolmente Gerda che già aveva iniziato a fissarlo da tempo. Con un flebile sussurro disse:

“Fai quello che faccio io.”

E iniziò a gesticolare cosa prendere di preciso e come tenere adeguatamente la posata. Fu grazie a lei se non fece da subito una figuraccia e riuscì a comportarsi educatamente.

Giunti alla seconda portata, Anna notò che nessuno aveva ancora chiesto qualcosa riguardo a lei né avevano cercato di renderla partecipe alle chiacchiere che erano andate formandosi nel corso della cena. Nonostante questo però sentiva gli sguardi curiosi e arroganti su di lei e questo le metteva una certa ansia nonché la sensazione di essere giudicata. Gli unici occhi che incrociava e che la ricambiavano con affetto erano quelli di Gerda, che si stava comportando quasi quanto una mamma chioccia, ed Elsa.

Le loro occhiate erano decisamente frequenti e la loro l’intensità era  a dir poco magica. Tra tutte le persone e la confusione che c’era intorno, per loro due sembrava di essere chiuse in una bolla dove solo loro avevano il permesso di stare. Nemmeno la considerazione che Idun e Hans ancora non avevano rinunciato a renderle la vita difficile era riuscita a rompere la magia di quel momento.

Ci fu un momento particolare in cui Anna e Hans si guardarono. Il ramato era visibilmente infuriato e la ragazza gioì nel vedere questo. Di rimando gli sorrise sfacciatamente e si avvicinò ad Elsa per sussurrarle in un orecchio, il tutto per provocare maggiormente Hans e per far intendere una cosa molto chiara che ancora lui si ostinava a non capire: Elsa aveva occhi solo per lei.

Anna sapeva bene che ad Elsa non era sfuggito questo piccolo scambio tra di loro ma nonostante si trovasse tra due fuochi a quanto pare non ebbe bisogno di molto tempo per decidere da che parte stare.
 



A dire il vero, Anna si stancò presto di stare con la schiena dritta a tavola. Fare la signora proprio non era un lavoro adatto a lei. Ci fu un momento, durante la cena, in cui permise a se stessa di appoggiarsi allo schienale e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Inaspettatamente però la mano cadde lungo la sua gamba e andò a sfiorare per sbaglio quella della ragazza affianco a lei.

Il contatto fu abbastanza per farle sussultare e far diventare rossa Elsa.

Si guardarono e la biondo platino assunse subito un’espressione preoccupata. Di sicuro doveva aver notato la stanchezza presente nel suo viso, per non parlare della tensione in cui si trovava. Tutto questo tenere testa ai “reali” e comportarsi a modo, la stavano drenando…

Forse fu per questo o forse semplicemente ad Elsa andava di farlo, ma pochi secondi dopo la ragazza ricongiunse le loro mani sotto il tavolo e Anna si ritrovò con la mano intrecciata alla sua.

Il tocco di Elsa era il calmante di cui aveva bisogno. Ma una cosa la sorprese: le mani di Elsa stavano tremando come se fosse spaventata per qualcosa. Guardandola Anna capì subito dove fosse il problema, glielo si leggeva bene in viso. Era il posto in sé, quella “fossa dei serpenti”, che più la spaventava. Che fosse per l’ambiente, le persone o lo stile di vita, Anna non lo sapeva. Ma se Olaf in quel momento fosse lì, le avrebbe sicuramente detto qualcosa di simile a:

“L'amore è mettere il bene di qualcun altro prima del tuo."

Perciò, nonostante si sentisse fuori luogo e fosse nervosa per la prova che stava affrontando, ora era il suo turno (e suo dovere morale) di tranquillizza Elsa. E così fece. Sfilò la sua mano da quella di Elsa che per un attimo la guardò confusa, spaventata che quel gesto, quella confidenza, avesse infastidito la ragazza ma subito i suoi timori vennero messi a tacere quando Anna girò il palmo della sua mano e, rivolgendola verso l’altro, iniziò con l’indice a tracciare dei disegni invisibili sulla sua pelle.

La ragazza ci mise un po’ a capire che quelli non erano segni a caso.

Anna mantenne lo sguardo sui dintorni per non dare sospetti ma tenne comunque d’occhio Elsa che, man mano che i segni continuavano a ripetersi, iniziò a capire.

La conferma venne quando la sua bocca si incurvò leggermente verso l’alto e gli occhi riacquisirono quella scintilla di felicità che piano piano stava svanendo.

Quei segni altro non erano che lettere che unite significavano
"Sono qui con te."

*

 
Entrambe le ragazze si stavano giusto chiedendo quando Anna avrebbe cominciato a partecipare alla conversazione. Erano certe che almeno due delle persone che partecipavano a quella cena, morivano dalla voglia di mettere in imbarazzo la ragazza o trovare un motivo per togliersela di torno per sempre. Fino ad allora Anna, seppur nervosa, non si era mai tradita e non mostrò mai un segno di esitazione. Nessuno, eccetto per i partecipanti alla tavola, la riconobbe per una di terza classe, il che risultò un successo.

Ma le loro domande silenziose ricevettero risposta appena venne servita la frutta. Fu proprio Idun a prendere l’iniziativa con l’appoggio complice di Hans.

“Ci racconti della vita in terza classe signorina Dawson. Ho sentito che non sono niente male per gli standard di chi ci alloggia.

E ovviamente non poteva certo tirare in ballo qualcosa che rispecchiasse le qualità della biondo fragola.

Durante la cena Anna aveva continuato a lanciare sguardi provocatori verso i due che sedeva dall’altro lato di Elsa, soprattutto nel tentativo di infastidire Hans, e mentre la biondo fragola riusciva ad attirare l’attenzione dell’altra ragazza, lo stesso non si poteva dire per lui. Elsa continuava ad ignorarlo ed a preferire la compagnia di Anna.

A quanto pare tutto questo altro non era che la loro piccola rivincita personale.

Intorno al tavolo tutti si ammutolirono, compresa Elsa che era sul punto di girarsi per avvertire la madre di non dire sciocchezze, e l’avrebbe pure fatto se Anna non le avesse stretto la mano come per dirle che andava tutto bene.

Volevano sfidare? Beh, Anna era pronta a ballare.

“Sono molto meglio di quanto si possa credere. Un po’ affollati forse, ma la compagnia e una buona chiacchierata non mancano mai.”

Rispose con un’occhiata di sfida, pur mantenendo un sorriso molto convincente e vide le signore affianco a lei annuire in segno di approvazione alle sue parole.  


Dopodichè fu il turno di Hans ad intromettersi.

“Dovete sapere che la signora Dawson si è unita a noi dalla terza classe come ringraziamento per aver aiutato la mia fidanzata la scorsa notte.”

Fidanzata eh?” pensò Anna.

E poi, se questo era un ringraziamento, avrebbe di gran lunga preferito starsene in terza classe assieme ai suoi amici di viaggio. Certo però doveva ammettere che un po’ lo scambio di frecciatine la stava divertendo.

“Si beh, a quanto pare la signorina Elsa ha una certa vena artistica per cacciarsi nei pasticci.” Disse con tono scherzoso, provocando una risata generale da tutti a parte dai due reali.

Aveva voluto enfatizzare sulla parola signorina giusto per ricordare ad Hans che ancora nulla era stato fatto e che Elsa era ancora libera di prendere le sue scelte.

Ovviamente questo lo aveva fatto infuriare ancora di più ma ciò che preoccupò Anna fu il ghigno che assunse subito dopo.

“Ovviamente, se è interessata, potremmo invitarla al nostro fidanzamento ufficiale che terremo durante l’ultima notte di viaggio, proprio qui sul Titanic. Non penso che un posto in più a tavola sia un problema. Io e la mia futura moglie, i futuri signori Southern, saremmo lieti di invitarla alla cerimonia.”

Anna vide Elsa gelare sul posto mentre lei cercava di comprendere ciò che il ramato aveva appena detto.

Nella mente iniziarono a vorticare le sue parole:

 “…fidanzamento ufficiale…ultima notte di viaggio…futura moglie…fidanzamento ufficiale…ultima notte di viaggio…futura moglie…

Le ci volle un attimo per afferrare il messaggio, dopodichè a stento riuscì a trattenere il suo “aspetta, che?” tipico che per sua fortuna, riuscì a tenere per sé.

Ok, questo non era molto divertente.

Doveva aspettarselo. Era stata sciocca a credere di avere più tempo per conquistare Elsa. Il tempo non aspettava mai nessuno.

Ma si sarebbe tirata indietro? Certo che no! Aveva già raggiunto un punto di non ritorno. Era follemente innamorata della donna che al momento le stava ancora tenendo la mano sotto il tavolo.
E se ad Elsa lei non interessava? Se la volesse solo come amica? Se fosse così però si sarebbe comportata in maniera completamente diversa. Elsa sembrava già così affezionata invece e felice con lei.
E se…? No, basta “se”. Avrebbe dato del suo meglio, lo aveva deciso già prima di tutto questo, sapeva a cosa andava incontro e non si sarebbe arresa.

Mai.

Mentre viaggiava con la mente, la ragazza perse il discorso di Elsa riguardo le sue abilità di pittrice e giovane artista in cui la lodava e cercava di guadagnare punti a suo favore agli occhi degli altri invitati. Non sentì neanche la domanda che Idun le rivolse successivamente.

Solo la stretta forte di Elsa e il debole calcio che arrivò poco dopo per destarla la riportò alla realtà.

Imbarazzata, si trovò a chiedere di ripetere la domanda.

 “Mi scusi?” disse con aria innocente e una leggera risata si levò intorno a loro.

Vai così Anna, mostra quanto sei ridicola veramente davanti a tutti.” si maledisse internamente.

“Le stavo chiedendo, signorina Dawson, dove vive di preciso.”
“Oh! Certo. Beh  al momento e per i prossimi giorni, diciamo che posso dire di vivere in questa lussuosa nave…”

E con un cenno si rivolse al signor Ismay, che sorrise di rimando, chiaramente fiero del suo lavoro.

Ovviamente per recuperare da questa piccola scivolata, doveva giocare le sue carte migliori. Sapeva quanto queste persone amassero essere elogiate, perciò non fece altro che dare pane per i loro denti. Era un gesto perfetto per riacquistare la dignità che aveva perso poco prima con quella distrazione.

 “…per il resto chi lo sa! Sarà una sorpresa.”

Fu quella specie di duca con il parrucchino, il signor Weseltown o Weserton o come si chiamava a proseguire con la prossima domanda e ad intromettersi successivamente.

“Ma, signorina Anna, dove trova il denaro per viaggiare?”

La sua voce sembrava molto ad un gracidio e la ragazza fu grata che questa sarebbe stata la prima e ultima volta che avrebbe parlato con lui. Quel suo tono la infastidiva un sacco.

 “Beh sa, il denaro non serve sempre a tutto.”

Mai lo avesse detto. La reazione fu immediata.

Anna vide il baffuto spalancare gli occhi, seguito a ruota da Idun, Hans e il signor Andrews. Tutti la stavano guardando come se avesse detto una bestialità ma prima che potesse essere interrotta, continuò il suo discorso.

“Intendo dire… Per farvi un esempio, il biglietto del Titanic l’ho vinto ad una partita a poker e in tasca avevo solo un fazzoletto sporco e qualche spicciolo. Una mano fortunata, una manna dal cielo. D’altronde… mi ha permesso di incontrare un angelo…”

L’ultima parte venne sussurrata appena, tanto che solo Elsa colse ciò che venne detto. Questa volta, a differenza della precedente, il messaggio venne colto subito e il suo viso, diventato completamente rosso lo dimostrava.

“In ogni caso…” continuò con indifferenza “…trovo sempre il modo di spostarmi. Piccoli favori, la generosità della gente. Cose così. C’è tanta brava gente la fuor-”

Venne bloccata da Idun che, a quanto pare, non aveva nessuna intenzione di sentirsi dire quanto la gente possa essere gentile e generosa.

“Scusa se la interrompo, ma mi dica. A lei piace la sua vita? Questa vita senza radici e senza una casa in cui tornare?”

Che era un colpo basso… perfino Gerda sembrava sul punto di alzarsi per dare uno schiaffo alla donna.

Anna ispirò profondamente prima di rispondere. Non aveva intenzione di cedere, era stata chiara in precedenza. D’altra parte stava combattendo una battaglia, si aspettava anche domande poco leali e al limite della scorrettezza.

Tutto era lecito in guerra e in amore. E questa, era un po’ entrambe le cose.

“Sì, mi piace.” Disse, sorprendendo tutti. Avrebbero potuto pensare che fosse una bugia, ma la convinzione nelle sue parole bastò. E non si fermò qui.

“D’altronde, non mi serve altro che una giacca, un cambio d’abito e il mio album da disegno per stare bene. Mi piace svegliarmi la mattina e non sapere cosa mi capiterà o chi incontrerò, dove mi ritroverò. Ho viaggiato un sacco, ho visitato molti paesi d’Europa e ho conosciuto un sacco di persone che mi hanno cambiata, mi hanno fatto crescere e fatto diventare ciò che sono oggi. Sono fiera di quello che sono.

Oggi per di più ho avuto il piacere di conoscere gente raffinata come vuoi, di condividere dello champagne insieme, e di sedermi accanto ad una delle persone più meravigliose che abbia mai incontrato e guardatela, chi non vorrebbe sedersi accanto a lei? E’ così bella e forte, dal cuore d’oro, ed è intelligente e-“

Un colpo di tosse, arrivato da Gerda, bloccò il suo divagare a metà. Sentì le guance andare in fiamme quando si rese conto cosa stava dicendo. Con la coda degli occhi cercò Elsa, la quale aveva lo sguardo fissò verso il basso nel tentativo di nascondere il rossore che era vistoso tanto quanto il suo. Quante volte era arrossita quel giorno? In ogni caso si schiarì la gola e continuò come se niente fosse successo.

“Si, comunque. La vita non smette mai di stupirmi, per questo sono convinta che sia un dono prezioso e non ho intenzione di sprecarla. Vivo giorno per giorno dando il massimo di me stessa e così imparo ad accettare la vita come viene... così ogni singolo giorno ha il suo valore.”

Il suo discorso zittì tutti i presenti, una persona in particolare.

Elsa non azzardava rialzare lo sguardo. Anna era stata molto romantica e dolce con quel suo divagare ma non era tanto quello che l’aveva zittita. Era più il significato profondo che stava dietro a quelle sue parole e il modo in cui lo aveva detto: gli occhi di Anna avevano iniziato a brillare di una strana luce che emanava una certa sicurezza, le sue mani avevano gesticolato molto, enfatizzando ciò che stava dicendo, e le sue labbra si erano mosse così velocemente che era certa che Anna dovesse ancora prendere fiato.

Solo una persona, tra i presenti invece, ebbe il coraggio di sbuffare appena percettibile. Ovviamente, chi altri se non Hans? Seppur non fosse l’unico che sembrava inorridito dal discorso. A dargli manforte c’era il signor Weselton, il quale imitò uno sbadigliò e alzò gli occhi al cielo. In compenso i signori Ismay erano particolarmente colpiti, così come Gerda che approvarono il discorso.

Qualsiasi commento però venne fermato da Elsa che subito alzò il calice per fare un brindisi.

“Al valore di ogni giorno” recitò la ragazza.

E tutti, chi con malavoglia e chi no, alzarono in alto i loro calici.


 
La cena non durò ancora molto dopo quell’avvenimento e continuò tranquilla, animata dalle vicissitudini di Gerda e di altri racconti spiritosi.

Elsa e Anna trovarono comunque del tempo per chiacchierare e commentare qualcosa insieme accontentandosi di poche parole per stare bene tra loro e stuzzicandosi a vicenda ogni tanto sotto la tavola con qualche pizzicotto improvviso o tentativi di solletico.

A porre fine al tutto intervenne Hans che, alzandosi da tavola, dichiarò conclusa la cena.

“Bene, immagino che sia tempo di separarci. Noi uomini abbiamo delle scommesse da fare e delle partite a poker a cui partecipare. Certo, questa non è cosa per le donne.”
“E perché no?” si intromise Anna.

Hans la guardò come se un insetto fastidioso si fosse appena posato sul se suo abito pregiato.

“Oh senti senti. La nostra vincitrice di poker ha parlato. Senza quel colpo di fortuna non saresti qui con noi… Sarebbe stato un peccato vero?”
“Sì, proprio un peccato.” Fece eco il signor Weseltown.

Certo, se non sapevano fare di meglio… Anna però non aveva ancora finito con loro. Non sembravano aver capito con chi avevano a che fare e sinceramente si stava stancando delle loro idee da quattro soldi secondo le quali i ricchi avevano il controllo su ogni caso.

“Perché non giochiamo?” li sfidò.

I due scoppiarono in una risata vigorosa.

“Non abbiamo tempo per i giochetti.”

“Non ho oro da offrirvi e immagino che dei cinque dollari che ho in tasca non vi importi nulla… ma possiamo trovare dei compromessi, non credete?”

Colpito e affondato. Hans a questo parve rizzare le orecchie e diventare improvvisamente interessato. Con un ghigno malvagio si avvicinò ad Anna e nell’orecchio le sussurrò:

“Io metterò in gioco tutti i soldi che avrò, ma se vinco non dovrai neanche più permetterti di guardare Elsa.”

Anna annuì convinta con un altrettanto ghigno.

“Credo che il signor Ismay potrebbe farti da partner.”
“Oh ma io sono già apposto.” Ribatté.

Hans la guardò confuso.

“Elsa è il mio partner.”

E la perplessità dei presenti venne esternata proprio dalla biondo platino che guardò sbalordita la ragazza affianco a lei e quasi le urlò:

“Aspetta, che?”

Anna si avvicinò alla ragazza che ora, oltre a sorpresa, mostrava accenni di terrore e sfiorandole l’orecchio come aveva fatto in precedenza, le sussurrò un dolce e tenero “Fidati di me principessa.”

Prendendola per mano, si diressero insieme ad Hans in una sala adiacente aperta anche ai fumatori, lasciando gli altri ospiti a guardarsi scioccati. Presero posto su un tavolo quadrato non molto grande ma lavorato nello stesso stile di quello da cui si erano appena allontanati, con Elsa e Anna uno affianco all’altra, Hans affianco ad Anna e il signor Weselton, il partner scelto dal ramato, tra quest’ultimo ed Elsa.

Hans accese una sigaretta, seguito dal suo compagno di gioco. Il cameriere poi portò una bottiglia di brandy e le carte da gioco.

Appena le carte toccarono il tavolo, Anna guardò il suo peggior avversario che a sua volta si mise a guardarla con quel suo ghigno fastidioso.

E tra l’odore di sigaretta, l’aria fresca che arrivava dalla finestra accanto e la tensione sempre più alta e percettibile, Hans si servì il primo bicchiere di brandy e arrogantemente diede inizio ai giochi, proclamando con forza il suo:

 “Iniziamo.”
*

Dire che era ansiosa era dire poco. Le sue mani stavano sudando, le sue gambe non avevano più smesso di tremare e la sua bocca era arida nonostante la quantità indulgente di acqua che aveva attraversato la sua gola negli ultimi venti minuti.

Venti minuti.

Ecco il tempo che erano rimasti seduti su quelle sedie da quando Anna e Hans si erano lanciati la sfida.

I due avevano dettato alcune regole prima di iniziare il gioco:

Punto Primo: “Si giocava a coppie. La mano vinta da uno dei due giocatori sarebbe andata a sommarsi ai punti della squadra.”
Di questo Elsa capì solo che fin tanto che Anna avesse vinto, lei non aveva bisogno di fare altro che stare seduta e guardare le carte a caso.

Punto Secondo: “La partita si sarebbe conclusa solo quando una delle due squadre avesse raggiunto quota cinque vittorie.”
Ok, a questo c’era arrivata. Cinque mani vinte e tutto sarebbe finito.

Punto Terzo: “Qualsiasi imbroglio avrebbe decretato come vincitore la squadra  che non aveva barato, indipendentemente dal risultato raggiunto.”
O almeno, così sarebbe stato se qualcuno fosse stato sorpreso a barare. Ma Hans era furbo. Sperava solo che Anna lo fosse di più.

Hans poi aveva prestato ad Anna metà dei suoi soldi in modo che potessero giocare in modo tradizionale. Da quel che sapeva Elsa, se Anna avesse vinto, la ragazza avrebbe potuto tenere i soldi, altrimenti avrebbe dovuto ridarglieli indietro. Ma la biondo platino sapeva che i loro compromessi non si erano limitati a quello. C’era qualcos’altro sotto, solo che ancora doveva scoprire cosa fosse.

Prima di iniziare, la biondo fragola aveva chiesto il permesso ad Hans di parlare con Elsa in privato per spiegarle le regole, permesso che le venne concesso. Si erano allontanate di pochi metri ma al posto di sentirsi elencare una sfilza di nomi di carte e combinazioni incomprensibili come si aspettava, Anna semplicemente ne aveva approfittato per rassicurarla.

“Mi spiace averti tirata in ballo così ma non volevo proprio stare in coppia con uno di loro. Sono dei barbari!”

Le aveva detto, mantenendo con difficoltà un tono della voce basso. Poi le sorrise.

“Andrà tutto bene vedrai. Non ti preoccupare se non sai le regole. Una volta che hai le carte in mano concentrati solo su numeri o colori e segui il tuo istinto. Al resto ci penso io, va bene?”

Era stata molto dolce. Si stava preoccupando un sacco per lei e lo trovava ammirevole. Ma sarebbe bastato? Sperava di sì.

Una volta tornate al tavolo, sempre sotto l’occhio vigile di Hans, le due ripresero i loro posti ed è lì che iniziò il finimondo.

In venti minuti erano state giocate otto mani e ancora Elsa doveva capirci qualcosa.

La prima partita era stata vinta da Hans che fiero e orgoglioso vinse con quello che Anna aveva chiamato un “Tris”. Aveva esultato svuotando l’intero calice di brandy che aveva davanti e accendendosi un’altra sigaretta. La dea della fortuna continuò a baciarli fino alla terza mano, dopo che il signor Weselton vinse la mano con Full.
Elsa non aveva idea di cosa fosse un “Full”, sapeva solo che a quanto pare era più potente delle carte sue e di Anna e questo non le piaceva.

La ruota però poi girò e finalmente al quarto turno riuscirono a vincere e togliere quel sorriso dal volto dei due ricconi da strapazzo. Fu la biondo fragola, ovviamente, a guadagnarsi il punto con una semplice Doppia Coppia.

“Solo fortuna.” Sentenziò Hans, per niente preoccupato.

E come dargli torto, il risultato era ancora tre a uno per la sua squadra!

Ma la mano successiva venne vinta di nuovo da Anna con le stesse carte di prima, Doppia Coppia, e come in precedenza i due uomini commentarono con uno sbuffo.

Il turno successivo non furono così fortunate. Per quanto la riguardava, Elsa non aveva nessuna carta con lo stesso numero né dello stesso seme che valessero qualcosa e a giudicare da come finì quella partita, la cosa valse un po’ per tutti: il punto venne dato ad Hans, che vinse con una Coppia.

Fu in quel momento che iniziò ad agitarsi più di prima: quattro a due non prometteva niente di buono. Alla distribuzione successiva delle carte, Elsa tenne gli occhi chiusi per gran parte della giocata e quando si decise ad aprirli, scoprì di avere quattro carte uguali di quattro semi diversi nella sua mano. Così, prima che Anna potesse puntare, prese lei una manciata abbondante di dollari e li spinse a metà tavolo, sopra a quelli già presenti, sperando di aver fatto la cosa giusta. Tutti e tre la guardarono sorpresi per un attimo ma poi Anna le sorrise e annuì con forza e questo le diede un po’ più fiducia.

Come si dimostrò alla fine di quella mano, Elsa aveva in mano un Poker, una delle combinazioni più toste del gioco. Ovviamente, la vittoria andò a loro.
Quattro a tre. Potevano ancora farcela.

L’ottava mano fu un’altra mano piuttosto abbondante. Weselton aveva in mano una Doppia Coppia mentre Elsa si ritrovò una coppia d’assi. Al turno di Hans, il ragazzo sbatté sul tavolo una Scala, convinto di avere la vittoria in pugno, solo per vedersela sfumare dal Full di Anna che, sorridendo, portò per la prima volta da quando era iniziata, il risultato in pareggio.

Quattro a quattro.

Era questa la situazione che stavano affrontando in quel momento e che stava provocando ad Elsa tutta quella ansia.

Con la coda dell’occhio vide Anna con le carte in mano con aria impassibile: nessuna goccia di sudore, nessun tremolio di mano, nessun sopracciglio alzato. Se ne stupì. La ragazza ci sapeva fare, era una giocatrice impeccabile.

Al contrario, i due uomini davanti a loro non sembravano così tranquilli. Weselton stava tremando così tanto che perfino il parrucchino si stava muovendo mentre Hans sembrava quasi imbronciato.

Entrambi avevano già puntato tutto il denaro che potevano puntare. Ora non restava che mostrare le carte. Il momento della verità era giunto.

Fu Weselton a mostrare le sue carte per primo. Nulla. Zero assoluto.

Elsa sentì parte della sua ansia diminuire.

Poi fu il suo turno. Doppia Coppia. Niente di grande, ma pur sempre qualcosa giusto?

Accanto a lei Anna e Hans si guardarono. La biondo fragola aveva ancora un viso senza emozioni ma alla vista della furia dipinta negli occhi del ragazzo, che stava cercando a tutti i costi di nascondere anche se senza successo, iniziò a notarsi un certo sollievo.

Prima di mostrare le sue carte, la ragazza si girò di lato e le fece l’occhiolino. Dopodichè con fare molto teatrale, mostrò le sue carte. Tris.

Beh, non era proprio una cosa magnifica si ritrovò a pensare Elsa. Anna però non sembrava d’accordo e capì presto il perché.

Hans era ancora paralizzato al suo posto. In un moto d’ira iniziò lentamente a stritolare le carte che aveva in mano e le lasciò andare solo quando erano ormai state stropicciate in modo irreparabile.

Si alzò di scatto e andò verso di Anna, raggiungendo il suo braccio e stringendoglielo con forza.

“Goditi la vittoria, poveraccia. Questi saranno gli unici soldi veri che vedrai in tutta la tua vita.”

Elsa si alzò dalla sedia ed era sul punto di fermare i due quando anche l’altra ragazza si alzò e staccò la mano di Hans dal suo braccio, spingendolo lontano da lei.

“Molto maturo da parte sua, Hans. Non sai accettare una sconfitta?”
“La tua è solo fortuna, sgualdrinella.”  Sputò in risposta.

Anna rise davanti all’infantilismo di lui. Elsa però era ancora troppo spaventata per concedersi questo lusso.

“Sei patetico. Sai, dicono che si sia fortunati in amore o nel gioco. A quanto pare ci sono le eccezioni. C’è chi, come me, che è fortunato in entrambi e chi, ahimè, non è fortunato in niente. A quale categoria pensi di appartenere?”

Lo punzecchiò.

“E comunque. Non ho bisogno dei tuoi soldi, tienili come premio di consolazione.”

Elsa vide gli occhi di lui socchiudersi e il suo corpo iniziò a tremare ma di certo non dal freddo. Prima che potesse anche rendersi conto di ciò che stava succedendo, Anna la prese con sé e con un flebile “Ti riporto di là, principessa” ritornarono nella sala da pranzo.

La sua salvatrice non fece tutto il tragitto con lei. A qualche metro dall’arrivo, la ragazza si fermò e si guardò intorno. Dopodichè disse con tono vagante che aveva una cosa veloce da fare ma le promise che sarebbe tornata in men che non si dica.

Per questo motivo, quando arrivò al tavolo, venne vista arrivare da sola e con un’aria un po’ solitaria.

Le signore erano rimaste sedute a spettegolare per tutto il tempo e quando Gerda vide la ragazza, la fece subito accomodare affianco a lei.

“Allora? Com’è andata?” disse con una certa eccitazione.

Com’è andata? Era una bella domanda. Era andata bene perché avevano vinto, male perché Hans se l’era presa così tanto e aveva quasi picchiato Anna, bene di nuovo perché la biondo fragola le aveva dimostrato ancora una volta quanto era fenomenale e male perché era certa di aver perso almeno cinque anni di vita dopo tutta quell’ansia.

Però c’era da dire una cosa. Sorridendo guardò la signora Brown e glielo disse ad alta voce.

“Mi sono divertita.” Proclamò sorridendo e con tono quasi infantile. “In più, abbiamo vinto!”

A questo seguirono gli esulti di tutte che per lo più batterono le mani e bisbigliarono tra loro compiaciute, affermando di aver sempre creduto che le donne fossero meglio degli uomini e che questi ultimi si davano un sacco di arie. Ovviamente una persona rimase in disparte. Idun a differenza di tutte sembrava sbalordita e incredula.

Anna tornò poco dopo, come aveva promesso e si fermò in piedi affianco ad Elsa.

Teatralmente fece un inchino e alzò le mani come segno di vittoria provocando molte risatine.

“Stupende signore, è stato un piacere conoscervi! Penso però che sia giunto il momento di tornare nei miei quartieri.”

Una serie di “no” prolungati e dispiaciuti accompagnò questa sentenza ma Anna aveva occhi solo per una persona: lei.

Elsa era dispiaciuta, glielo si leggeva in faccia. Ne era sicura perché non aveva la forza di celarlo agli occhi dell’altra ragazza. Voleva più tempo con lei.

Anna parve capire e si abbassò verso di lei, prendendole la mano. Avvicinò il suo viso a quello di Elsa così tanto che quest’ultima fu invasa dal suo profumo di fiori e primavera. Si trovò inspiegabilmente più calma e chiuse gli occhi, beandosi di questa sensazione finché un paio di labbra le sfiorarono la guancia sinistra e andarono ad appoggiarsi lì in un bacio candido e puro come la neve.

“Per te, principessa.” Sentì mormorare e nello stesso momento, sentì tra le mani un pezzettino di carta che Anna fece scivolare nelle sue senza farsi notare.

E mentre la ragazza si allontanava dal tavolo, diretta chissà dove, Elsa assicurandosi che nessuno se ne accorgesse, aprì il biglietto.

Quindi era questo che era andata a fare poco prima quando era sparita. La prima cosa che le saltò all’occhio fu la scrittura un po’ disordinata di Anna. Era piccola, con qualche macchia di inchiostro in più di qua e di là, ma era perfettamente leggibile. Doveva ammettere che la rappresentava molto e non potè trattenere il sorriso che le si aprì in faccia.

Il biglietto recitava:
Sei pronta ad una vera festa?
Ti aspetto fra 15 minuti all’orologio di oggi pomeriggio. Non tardare.
A dopo.
 
Subito ne rimase sorpresa. Poi questa sorpresa si trasformò in dubbio.

Lo rilesse un’altra volta.

Che aveva in mente di fare Anna? Doveva seguirla?

Ma poi il biglietto le fece ripensare a come Hans aveva arrogantemente affermato che era “sua” e a come Anna invece gli avesse dimostrato il contrario. Ripensò alla malinconia della sua vita e alla velocità del suo cuore quando pensava ad Anna. Ripensò alle sensazioni che vorticavano nel suo stomaco quando Anna le parlava e a tutte le volte che era arrossita per un suo commento.

E ancora una volta, la scelta le venne naturale.

Sorridendo, strinse il biglietto al petto. Aveva deciso.

Sì, a dopo andava benissmo.
 
 
 
A/N: Siete tutti ancora interi? Giunti alla fine senza essere morti di noia? Chiedo scusa per l'enorme ritardo. Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolone!
 
Ecco per voi il punteggio del Poker per chi non si intendesse, dalla combinazione più scarsa a quella vincente:
Carta isolata o carta alta: Comunemente corrisponde all'espressione "avere nulla", o "avere niente", "nessun punto" ecc. Esso è composto da 5 carte di seme diverso tutte di valore diverso e non in sequenza.
Coppia: formata da due carte di stesso valore e da altre 3 carte di diverso valore. In caso di più coppie vince quella di maggior valore.
Doppia Coppia: è composta da due carte di un valore, da altre due carte di un altro valore e da una carta spaiata.
Tris: è composto da 3 carte di stesso valore e da due carte spaiate
Scala: è formata da 5 carte tutte in sequenza e solo da 5 carte e non tutte dello stesso seme.
Colore: è composto da cinque carte di uno stesso seme. È diverso dalla scala colore perché si può comporre anche con carte di diverso valore non consecutive.
Full: è un punto formato da cinque carte, ottenibile quando si hanno tre carte di uno stesso valore e le rimanenti due di uno stesso valore (ovviamente diverso da quello del tris). In altre parole il full si ottiene quando si ha in mano contemporaneamente una coppia e un tris, di valori diversi.
Poker: è un punto formato da 4 carte di stesso valore più una carta spaiata.
Scala a colore: è composta da 5 carte in sequenza dello stesso seme.
Scala reale: è formato dalle 5 carte più alte di un solo seme.
Comunque se cercate su Google Immagini  “Punteggio Poker”, penso capirete meglio.
 
RINGRAZIAMENTI:
- SaraJLaw: Ha il merito per la maggior parte delle stesura di questo capitolo, anche solo per il fatto che più di una volta mi ha dimostrato che avrebbe volentieri preso un treno per venire a trovarmi e picchiarmi a sangue. Mi ha spronato, mi ha aiutato, mi ha sistemato un sacco di frasi, mi ha addirittura ridetto tre volte le regole del galateo perché continuavo a perdere gli appunti. GRAZIE SIS.

- Calime: Le nostre infinite chiamate di Skype e il suo immenso aiuto sono stati fondamentali. Non posso ringraziarla abbastanza per tutto il tempo che ha sprecato per me, per aver avuto la pazienza di starmi dietro e di aver rinunciato ai suoi impegni per permettermi di pubblicare. Ha pure fatto qualche ricerca a mio conto. Ti ringrazio, sei una criceta fantastica.

- Kengha: Voleva 10.000 parole. Arrotondando anche anche ci arriviamo. Grazie degli urli spronatori e continui e stressanti, mi hanno aiutata a passare quello stupido blocco che mi aveva preso. In più, mi hai aiutata a distrarmi dai cattivi pensieri. Perciò grazie ancora!

- A tutti voi recensori, lettori anonimi, amici di Fb vecchi e nuovi che mi siete stati vicino e avete avuto la pazienza e la voglia di aspettare fino ad oggi.


SPERO NE SIA VALSA LA PENSA.
CON AFFETTO,
VOSTRA HENDY.
  
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