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Autore: Violet_Snowflake    13/10/2014    2 recensioni
Ogni sera prima della doccia, con la porta del bagno chiusa a doppia mandata, indossava un vestito con le margherite, un po’ di rossetto rosso sulle labbra rosa ed una luce meravigliosa negli occhi.
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Gender Bender!Niall.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Il vestito con le margherite.

 

Niall, fin da quando ne aveva memoria, aveva sempre preferito trascorrere le giornate a giocare con il fratello, nascosti nella cabina armadio della camera da letto dei loro genitori, alla famiglia felice. Con una mamma sempre sorridente, un papà forte e protettivo ed una bambina da crescere con amore. Greg, di appena due anni più grande di lui, indossava le cravatte colorate di Bobby Horan e le sue camicie - che gli arrivavano a coprire le ginocchia -, le scarpe nere e lucide che Bobby usava solo per le occasioni speciali e si disegnava dei baffi ridicoli con la matita nera della sua mamma. Niall invece, sei anni e le guance sempre arrossate, sceglieva sempre il vestito con le margherite di Maura Horan e le sue scarpe rosse con il tacco a spillo – su cui traballava costantemente, cadendo più volte di quelle che riuscisse a contare – il rossetto rosso sulle labbra e troppo ombretto verde sulle palpebre. Stringeva tra le braccia la bambola di pezza che gli aveva regalo Holly, sua cugina di sette anni, e con un sorriso aspettava fuori la porta della stanza il ritorno di Greg, che salutava con un bacio sulla guancia che lo faceva arrossire e anche lamentare perché “Nì, lo sai che il rossetto poi non si toglie!”.

 

A sedici anni aveva smesso di nascondersi nella cabina armadio dei suoi genitori. Greg, ormai troppo grande per quei giochi, aveva preferito le partite a calcio nel parchetto dietro scuola e le uscite con la sua comitiva di amici a guardare le ragazze che, ormai consapevoli degli sguardi dei ragazzi, si agghindavano a festa. Ma Niall non aveva smesso di rubare il trucco di Maura, né i suoi vestiti. Ogni sera prima della doccia, con la porta del bagno chiusa a doppia mandata, indossava un vestito con le margherite, un po’ di rossetto rosso sulle labbra rosa ed una luce meravigliosa negli occhi. Luce che spariva, invece, ogni mattina quando Niall si alzava dal suo letto scostando con movimenti lenti le coperte rosse e viola e si preparava per andare a scuola. Indossava la divisa maschile, giacchetto verde bottiglia e pantaloni larghi e neri, sistemava la camicia bianca e scendeva a fare colazione. Maura doveva sempre bloccarlo prima di uscire per sistemargli la cravatta sempre annodata male. Gli baciava la guancia arrossata e lo salutava con un sorriso di chi sapeva già ogni cosa ma non si intrometteva, comunque, perché lei conosceva suo figlio e lui aveva bisogno dei suoi tempi. A scuola le cose non erano diverse da casa. Camminava a testa alta, la tracolla a pendergli su un fianco, ed un sorriso spento sulle labbra. Parlava di calcio e golf con alcuni suoi compagni di classe, partecipava a qualche partita di basket e salutava Sophia con un bacio sulla guancia ed un abbraccio. Tutti i giorni, sempre uguale.

 

A diciotto anni le cose cominciarono a precipitare come un aereo che perde l’uso di un motore. Creando panico e distruggendo ogni cosa.
Il ventinove gennaio dell’anno dei suoi diciotto anni, casa sua in fermento per la festa di compleanno di suo fratello finalmente ventenne, Niall aveva deciso di provare il nuovo vestito blu di sua madre. Lo aveva indossato con calma, nella privacy della sua stanza, con la musica della radio a rimbombare nell’aria, a coprire ogni minimo rumore. E forse inconsciamente l’aveva fatto di proposito a lasciare la porta aperta, senza nessuna doppia mandata a proteggere il suo segreto. Aveva indossato il vestito ed i tacchi rossi, gli unici che ancora gli entravano, e si stava guardando allo specchio, gli occhi luminosi ed il sorriso felice mentre dipingeva di rosso le sue labbra quando la porta si era aperta.
“Ma cosa...?” aveva sussurrato qualcuno, una nota di disgusto nella voce, e gli occhi pieni di odio. Niall si era voltato, le guance arrossate ed una macchia di rossetto a sporcargli il mento. “Che schifo!” aveva urlato il ragazzo dai capelli color del grano e poi si era allontanato, correndo. Niall era rimasto bloccato sul posto, gli occhi lucidi e le mani tramanti. La festa era stata annullata, suo fratello non gli aveva rivolto la parola per un mese intero e a scuola tutti lo fissavano. Volti sconosciuti a puntare il dito, a parlare di cose che non conoscevano, che non potevano capire. Niall aveva continuato ad indossare la sua divisa maschile, a camminare a testa alta nei corridoi, a salutare Sophia con un bacio sulla guancia ed un abbraccio.

Nell’estate dei suoi diciotto anni, il diploma ormai preso, aveva fatto le valigie e si era preparato a cominciare una nuova vita lontano da Mullingar. Lontano da pettegolezzi osceni, da battute tristi e da occhi pieni di odio. Occhi che lo guardavano come se avesse commesso il più crudele degli omicidi, come se fosse un mostro a dieci teste che divora bambini. Aveva riempito la sua valigia di poche cose, aveva portato con sé il vestito con le margherite di sua madre che profumava di mela verde ed il rossetto rosso e le scarpe col tacco a spillo. Aveva salutato tutti con un abbraccio ed un bacio. Sua madre aveva pianto pregandolo di telefonare ogni giorno, suo fratello l’aveva raccomandato di stare attento di aver cura di sé e di telefonargli se avesse avuto bisogno di qualcuno che lo difendesse dal mondo perché lui avrebbe preso il primo volo e lo avrebbe raggiunto, incurante di tutti e tutto; suo padre aveva trattenuto a stento le lacrime, mentre lo stringeva, e gli sussurrava di fare attenzione perché il mondo poteva essere crudele. Niall non aveva pianto mentre usciva di casa, né mentre saliva sul taxi che lo avrebbe portato all’aeroporto, né quando aveva intravisto Sophia tra la folla. Le prime lacrime gli avevano rigato il viso quando l’aereo era ormai ad alta quota, la mano calda di Sophia a stringergli un ginocchio ed il verde della sua Irlanda solo un puntino in lontananza.

 

Vivere a Londra non era stato facile. All’inizio i soldi erano sempre  troppo pochi e le spese sempre troppo numerose, i vicini avevano l’abitudine di far baccano fino a mattino inoltrato ed il gatto della signora anziana al sesto piano aveva l’abitudine di fare i suoi bisogni nel loro balconcino. Ma Niall sorrideva ogni mattina, guardando il cielo grigio di Londra e leggendoci libertà. Andava in facoltà, usciva con gli amici e passava interminabili ore a spettegolare con Sophia, stretti su un divano troppo piccolo sotto un piumoncino di pile. Frequentava ragazzi di ogni genere, senza però legarsi a nessuno in particolare. Troppo concentrato sul vivere la sua libertà, dal poter uscire di casa – non sempre, solo qualche sera – vestito come preferiva, indistintamente se con un vestito con le margherite ed i tacchi a spillo o jeans e Nike, per cercarsi un compagno fisso.

 

La prima volta che aveva incontrato Zayn Malik, Niall era appena uscito dall’università. I capelli sparati in tutte le direzioni a causa delle innumerevoli volte in cui li aveva tirati mentre cercava di capire quelle formule assurde di una matematica che Sophia adorava definire Fantematica. Si erano scontrati, come nei più banali romanzi d’amore, si erano sorrisi e Niall aveva creduto di aver perso la lingua.
“Scusami tanto, ti sei fatto male?” aveva chiesto, in un sussurro, con un tono calmo e leggermente roco il ragazzo moro. Una sigaretta incastrata dietro l’orecchio e le ciglia talmente lunghe da sfiorargli gli zigomi sporgenti quando abbassava le palpebre. Niall aveva negato col capo, le guance rosse come mele mature e gli occhi lucidi, incollati al viso di quel ragazzo. Il moro l’aveva aiutato a raccogliere le sue cose e poi si era allontanato, raggiungendo un altro ragazzo altrettanto bello, ma più muscoloso, e stringendogli la vita con un braccio.

La seconda volta che aveva incontrato Zayn Malik era la Vigilia di Natale. Niall era con Sophia in un centro commerciale a sbirciare tra gli scaffali di un negozio di intimo in cerca di qualcosa di sexy per la mora, che voleva sorprendere il suo ragazzo Liam. Il biondo stringeva tra le mani una classica mutandina nera e di pizzo, la classica vedo non vedo, già pronto a portarla a casa e provarla in pace e “Sof che dici di questa?” stava appunto dicendo quando lo vide e, nonostante fossero passati quasi tre mesi, non ebbe problemi a riconoscerlo. Stringeva ancora la vita di quel ragazzo muscoloso ma aveva i capelli molto più lunghi e mantenuti dietro da un cerchietto nero. Niall perse completamente la capacità di parlare o pensare non appena quello sguardo bollente come il fuoco si intrecciò col suo. E Niall sapeva di essersi montato la testa, lo sapeva e come, ma non riuscì a non pensare che quel sorriso estasiante fosse dedicato a lui.

La terza volta che aveva incontrato Zayn Malik, era stata la volta decisiva. Niall era in stazione, il treno di nuovo in ritardo ed il suo appuntamento conclusosi ancor prima di cominciare, quando lo vide. Aveva un giubbotto di pelle nera, nonostante facesse freddo, ed uno zaino a pendergli su una spalla. Era solo ed assorto nei suoi pensieri. Niall restò paralizzato, quasi credesse di essere in un sogno, quando lo vide avvicinarsi.
“Ciao” si dissero solamente, prima di sorridersi e restare in silenzio uno al fianco dell’altro. Avevano preso il treno insieme, si erano seduti vicini e non avevano parlato neanche per un secondo ma “Mi chiamo Zayn” aveva detto all’improvviso il moro, alzandosi dal suo posto, “E prendo questa linea ogni giorno a quest’ora!” poi era sceso dal treno con un sorriso sulle labbra ed un occhiolino come saluto. Niall aveva preso quel treno ogni giorno, da allora.

 

Si erano innamorati con semplicità e naturalezza. Erano l’uno la parte mancante dell’altro: Niall finiva le pietanze del pranzo di Zayn e Zayn ricordava a Niall di tutti i suoi appuntamenti, Niall ricordava sempre il posto dove Zayn aveva lasciato le sue chiavi e Zayn ricordava a Niall di prendere il giubbotto. Niall adorava ascoltare la voce del moro, amava la sensazione del suo tocco sulla pelle e delle sue labbra sul suo corpo. Niall continuava ad indossare il vestito con le margherite in bagno, la porta chiusa a doppia mandata, in segreto.

 

“Devi dirglielo!” stava ripetendo Sophia forse per quella che era la centesima volta.
“Non posso! Io non ho bisogno di dirglielo, basta che smetta di farlo!”
“Non puoi andare a vivere con lui e nascondergli una parte così importante di quello che sei. Niall le persone ti amano per quello che sei, completamente. Io non sono scappata, la tua famiglia non è scappata. Lui non scapperà, fidati di me.”
E Niall aveva pianto, nascosto nel suo piccolo letto ad una piazza e mezzo, il vestito con le margherite ai piedi del letto insieme alla trousse e le scarpe rosse. Non poteva rischiare di perdere Zayn, assolutamente no.

 

Il perché avesse deciso di dirglielo così non lo capirà mai. Aveva indossato il suo vestito con le margherite, si era truccato ed aveva indossato le scarpe rosse con il tacco a spillo sulle quali, ormai, non traballava più ed il rossetto abbinato alle scarpe. Si era seduto sul divano dell’appartamento che condividevano da quasi due mesi ed aveva atteso. La prima cosa che Zayn disse, vedendolo, fu “Wow!”. Niall tremava come una foglia al vento, l’ansia e la paura a mordergli l’anima, mentre cercava di non piangere.
“A cosa devo questa sorpresa? Ho dimenticato che fosse il mio compleanno? È il nostro anniversario?” aveva continuato Zayn, avvicinandosi al divano con gli occhi lucidi ed un sorriso sulle labbra.
“No.” Niall tremava, aveva paura e non voleva perderlo. “Non voglio perderti, per nulla al mondo, okay? Ma non posso tenerti nascosto me. Non più almeno.” Zayn aveva inclinato la testa, non stava capendo molto di quel discorso sussurrato a bassa voce, con gli occhi pieni di lacrime e le labbra martoriate dai denti.
“Non capisco, honey.”
“Questo sono io. Lo faccio, mi vesto da donna ecco, da quando ne ho memoria. Mi aiuta a star bene con me stesso, a sentirmi libero a sentirmi quello che so dovrei essere per andare bene alla società ed amarti liberamente. Sposarti magari, un giorno, senza doverci nascondere. Ma non sono solo questo. Io sono anche Niall Horan, che adora bere birra e giocare a golf, guardare qualche partita e masturbarsi mentre tu lo guardi.”
“L’unica cosa che voglio, Niall, è che tu sia al mio fianco per sempre. Con indosso un vestito con le margherite o giacca e cravatta, non mi importa. Voglio te, per quello che sei.”

 

L’aveva portato in braccio, mentre si baciavano affamati, fino alla camera da letto. Il vestito con le margherite a lasciare scoperte le gambe morbide e lisce, bianche come la neve, e le scarpe rosse a pendere ai piedi di Niall. Zayn si era seduto sul letto, il jeans sbottonato ed una mano già nascosta nel boxer nero di microfibra. Niall si era posizionato davanti al letto, il labbro inferiore era stretto tra i denti, mentre cercava di non sorridere malizioso. Si era spogliato con calma, lasciando scivolare il vestito con le margherite sulla sua pelle, e senza mai distogliere lo sguardo da quello del moro. Aveva indossato l’intimo in pizzo del loro secondo incontro, quando ancora erano sconosciuti che si sorridevano e fu piacevolmente colpito quando “E’ quello della Vigilia di Natale, quello del nostro secondo incontro...” Zayn aveva sussurrato. La stoffa era stretta, intorno alla sua erezione, e la punta arrossata e gonfia aveva bagnato leggermente la stoffa.
“Vieni qui” aveva sussurrato il moro, i suoi vestiti spariti in un solo secondo, aprendo maggiormente le gambe e lasciando a Niall tutta la libertà di ammirare il suo corpo senza nessun impedimento. L’aveva preparato con calma, alternando tre dita con la sua lingua e poi l’aveva fatto suo. Prima lentamente, assaporando la pelle, riempiendola di segni e morsi; poi aveva aumentato la velocità, accarezzando ad ugual modo anche il membro del biondo. Ed erano arrivati insieme, si erano baciati e poi si erano stesi, uno tra le braccia dell’altro.
“Io credo che tu debba accogliermi sempre così, quando torno a casa dal lavoro. E magari possiamo andare a comprare qualche altro paio di mutandine in pizzo, mh.” aveva rotto il silenzio Zayn, dopo un bel po’ di tempo, quando i loro respiri si erano calmati.
“Sì, potremmo.” Niall aveva riso leggermente, lasciandosi accarezzare dal moro.
“E magari potresti diventare mio marito...” aveva sussurrato disegnando sulla pelle del biondo ghirigori senza senso, ripercorrendo le vene pronunciate del braccio e delle mani e “O mia moglie, come preferisci!” aveva aggiunto perché Niall non rispondeva ed era diventato tutto ad un tratto ansioso.
“Sì, potrei eccome!” aveva singhiozzato Niall, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Zayn, baciandolo dolcemente. Aveva continuato a singhiozzare per almeno dieci minuti  ripetendo “Sì, lo voglio. Ovvio che lo voglio!” nell’incavo del collo di Zayn, alternando il tutto a baci delicati. Poi si erano stretti di nuovo, già pronti ad appartenersi ancora. Come sempre e, da quel giorno, per sempre.

 

 

 

 

Hola!

Buongiorno, Buon pomeriggio, Buonasera.

Sono di nuovo qui, mi dispiace!, ma non potevo non partecipare a questa cosa. A cosa, vi starete chiedendo (o forse no perché magari manco le leggerete queste note ed io mi sto montando la testa!)... Questa storiella partecipa allo "Ziall day, Ziall night" (che trovate qui: http://www.twitlonger.com/show/n_1sbnrmo) un fest dedicato a quei due pulcini bellissimi che sono Zayn e Niall (come se non si capisse!) ideato dalle Salmedusa (https://twitter.com/weshipziall?lang=it).

Prompt usati: Gender Bender.
AU usati: nessuno.
Tipo di storia: OS.

 

Ora, passiamo alla storia. Questa storia mi è venuta in mente per colpa di un'altra mia storia [La storia è Ultimo Bacio (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2839744&i=1), se vi interessa!] in cui ho immaginato Niall Horan con i capelli lunghi poi una cosa tira l'altra è venuto fuori una foto di Niall (che custodisco gelosamente nel mio telefono!) in vestitino blu mentre sfila. Quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. La storia, inizialmente, non doveva essere così e quella povera anima del mio Pesciolino, che ringrazio per il sostegno costante, può ben dirvelo... Ma quella versione era troppo complicata e stramba e non me la sono sentita. Questa storiella non è niente di che, è piccola (2k e passa parole!), scritta al passato (io non uso mai il passato infatti non so come sia venuta, vi prego ditemi se fa schifo!)... Se questa cosina è qui dovete incolpare la mia Rondinella, che ringrazio perché mi sostiene in ogni cosa che faccio e si sorbe i miei scleri su università e cazzate varie!, ma non osate prendervela con lei. Sono protettiva io.

Bene, detto questo, fatemi sapere che ve ne pare tramite recensione, messaggio personale o segnali di fumo... Non mordo quasi mai, tranquille.

Un bacio,

A** :)

  
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