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Autore: Non ti scordar di me    14/10/2014    5 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sedici.
It’s only appearance.
 
Stesa sul letto fissavo il soffitto con gli occhi chiusi. La testa mi pulsava, le parole di Damon mi perseguitavano e non riuscivo a chiudere occhio senza pensare al momento in cui sarebbe partito. Non volevo chiedergli spiegazioni, no, preferivo aspettare…Volevo vedere quanto tempo impiegava a dirmi che mi avrebbe lasciato qui mentre lui sarebbe ritornato alla sua vita a Londra.

Mi ero barricata in stanza da un paio di giorni, uscivo solo a intervalli regolare per prendere il cibo e quando potevo uscivo con Caroline che provava a tirarmi su il morale. Papà aveva provato a parlarmi, ma non volevo sentirlo. Stefan tutto il contrario. Anche lui non ne voleva sapere di me, mentre io volevo parlarci e se possibile chiarire con lui quella situazione imbarazzante.
Perché con Stefan mi facevo tutti questi problemi? Con Damon bastava poco, veramente poco per aprirmi come se fosse il mio migliore amico. Avevo sempre avuto un buon rapporto con Stef, ora…mi vergognavo.

Mi vergognavo a parlargli di Damon. Mi ricordavo ancora quando per la prima volta ammisi di avere una cotta per Matt, quanti anni avevo? Sì e no quindici o quattordici? Glielo confessai senza problemi e lui ne fu più che contento. Perché non potevo andare da lui a dirgli ‘Sono innamorata di Damon, Stefan. Ti prego, aiutami a non farlo andare a Londra’.
Non potevo solo perché non mi avrebbe capito, né aiutato. Almeno non questa volta. Non mi avrebbe appoggiato. Fin ora mi aveva appoggiato – quasi – sempre nelle mie cazzate, mi aveva persino aiutato quella volta che volevo andare alla festa con Care e aveva imitato il mio tono di voce per coprirmi!

Sospirai e presi il cellulare.
Tre chiamate perse da Caroline. Dieci messaggi da Caroline. Due notifiche di face book sempre di Care. E due messaggi vocali – da quando non mi mandava più messaggi a ora che me ne mandava dieci e più al giorno –.
Sbuffai. Notai però che solo uno dei due messaggi era della bionda, uno era di un altro numero. Aggrottai le sopraciglia, premetti il tasto e avvicinai il telefono all’orecchio.

- Non ho idea di cosa ti sia successo. Non ho idea del perché tu non voglia più vedermi o parlarmi. E’ per Stefan? Per quello che è successo? Dimmi qualcosa. Mi basta un segno, una parola, una sillaba. Parlami, Elena. Due giorni di silenzio. Due, cazzo! -  Finito il messaggio vocale. Damon. Mi aveva mandato un messaggio…Aveva aspettato due giorni sperando che bollissi la rabbia – perché lui pensava fossi arrabbiata con lui per quello che era successo con Stefan – ma si era stufato.

Aprii Wathsapp e cliccai sulla sua chat vuota.
- Sto benone. Devo…devo solo calmarmi. – Dissi con la voce tremante. Alzai il pollice. Il messaggio vocale si era inviato, ma non l’avevo visualizzato. L’ultimo accesso risaliva a più di due ore fa.

Cancellai tutti i messaggi di Caroline e indossai le cuffie. Partì una canzone qualsiasi. Non potevo passare tutta la vita ad evitare Care, a ignorare Damon e a non parlare con Stefan.
Dovevo trovare una situazione semplice ma efficace.
E dovevo smaltire tutte queste bugie che stavo raccontando. Se prima raccontavo diverse balle a Stefan, magari giustificando alcuni dei
miei comportamenti ora non dovevo più farlo…Tanto sapeva già tutto.

Dallo sguardo che aveva quando ci aveva visti baciarci, sembrava che avesse perso più di dieci di vita in quei secondi.
Soffocai un urlo sul cuscino e cercai di calmarmi. Quante bugie e sotterfugi! Dovevo rivelare la verità a Caroline, dovevo parlare con Stefan e chiare anche con Damon. Che casino.

«Sparisci, Salvatore.» Non poteva averlo fatto veramente, pensai alzandomi dal letto per avvicinarmi alla porta.
«Barbie mi spiace ma non vuole vedere nessuno. Non vuole vedere me, perché vorrebbe vedere te?» Le chiese acido. Damon era sempre così. Avevo notato che come si comportava con me era un’eccezione. Una vera eccezione. Con gli altri non si risparmiava battutine cattive e litigate furiose.

«Posso assicurarti che mi vorrà vedere. Sono la sua migliore amica.» Ribatté sicura di sé la ragazza. Una cosa era certa: era venuta a trovarmi, stava facendo un ritardo colossale al college…Come potevo cacciarla, se si comportava così con me?
«Patetica.» Commentò acido. Alzai gli occhi al cielo. Mi dava fastidio questo comportamento freddo che aveva con la mia amica. Anche se lei non scherzava affatto, Damon non gli scendeva giù. Ora più che mai lo detestava.

«Tu sei appostato dietro la sua porta da non so quanto tempo e quella patetica sarei io?» Fece divertita. Il mio cuore iniziò a battere più velocemente e mi sentii tremendamente in colpa. Perché diamine si comportava così? Perché faceva finta che tutto andasse bene, quando il mio mondo stava cadendo in mille pezzi?

«Oh, mi hai ferito nel profondo.» Disse. Non sentii più niente, solo un ‘idiota’. Mi avvicinai alla porta per aprirla ma Caroline mi precedette. Era vestita di tutto punto e mi fissava arcigna.
«Stronza, hai idea di quante chiamate e messaggi ti abbia lasciato?» Mi urlò, chiudendosi la porta alle spalle. Roteai gli occhi e mi sedetti nuovamente sul letto. Care posò la sua borsa a terra e mi puntò un dito contro con aria minacciosa.

«Uhm…Me ne hai mandati un paio forse?» Feci innocentemente. La bionda si avvicinò al mio letto e prese un cuscino dal mio letto.
Il ticchettio delle sue scarpe non faceva altro che aumentare il mio mal di testa, aprii la bocca per dirle di togliersi quelle stupide scarpe o di andarsene subito da camera mia ma mi arrivò una cuscinata in volto.

«Un paio? Più di dieci messaggi! Ho fatto due isolati a piedi su queste scarpe che mi stanno ammazzando e tu mi sai dire solamente ‘me ne hai mandati un paio forse?’» Imitò il mio tono di voce. Mi diede un’altra cuscinata e un’altra ancora. Io trattenevo a stento le risate. Da piccole facevamo sempre i nostri epici pigiama party e finivano tutti allo stesso modo: sia io che lei sommerse di piume.

«La prossima volta ti risponderò, okay?» Le dissi sbuffando e non rispondendo alla sua provocazione.

«Vuoi smetterla di deprimerti per quello? Oh, manco fosse il tuo fidanzato!» Sbottò, tirandomi un’altra cuscinata. Persi quasi dieci anni di vita quando mi ricordò che non ero la sua ragazza ma che in realtà ero solo la sua sorellina e nient’altro. Almeno questo per lei. Noi non eravamo solo “fratelli”. Oh, no. Eravamo…Eravamo un tutt’uno. Se era sbagliato quello che provavano, eravamo un errore. Un solo errore che insieme non poteva essere più giusto.

«E’ mio fratello. Non ti sarebbe dispiaciuto se Stefan stesse per partire per Londra lasciando te e me da sole?» Le chiesi, alzandomi a sedere. Sapevo che il tasto ‘Stefan’ per lei era un tabù. Per qualche motivo i buoni rapporti che avevano dopo la loro rottura si erano completamente spezzati.

«E’ logico che mi sarebbe dispiaciuto…Ah, cos’ha Stefan? Era piuttosto incazzato quando mi ha aperto la porta.» Mi fece notare. Ora dovevo inventarmi un’altra bugia.
Pensa. Pensa una scusa, cavolo! Pensavo tra me e me. Cosa potevo dirle?
Care, ha visto io e Damon che pomiciavamo alla grande sul letto e ora non so se è arrabbiato o schifato da noi. Tu che ne dici?
No, non potevo dirle una cosa del genere.

«Forse ha litigato con Lexi…» Buttai lì lasciando il discordo in sospeso. Mi sentii un’emerita idiota non appena vidi l’espressione turbata della mia amica. Ops…Mi ero dimenticata di avvertirla di Stefan. Un tempo mi aveva detto che usciva con Lexi, me l’aveva confessato quando stavo provando a convincerlo a lasciarmi andare alla festa.

«Stanno insieme?» Chiese subito. Aggrottai le sopraciglia e scossi la testa. Di sicuro non potevo saperlo, non avevo prestata molta attenzione a Stefan in quei tempi.

«Potresti indagare?» Continuò sfoderando i suoi occhioni. Oh, certo. Quella era la situazione migliore per chiedergli se frequentava Lexi!
Un momento…Perché Care voleva sapere di Stefan?
«Perché non glielo chiedi tu? Cosa t’interessa?» Le chiesi sbuffando. La ragazza alzò gli occhi al cielo e si arrotolò su un dito una ciocca di capelli.
«Non interessa a me. A una mia amica potrebbe interessare.» Alzò le spalle come niente fosse, cercando di riprendere il discordo che aveva lasciato in sospeso.

«Chi?» Ero curiosa. Niente di più. La bionda cercò di nascondere lo sgomento che la mia domanda aveva scaturito in lei.
«La tipa del corso di spagnolo…» Rispose a bassa voce. Corso di spagnolo? Era una classe di trenta alunni circa!
«Un po’ più precisa?» La spronai ridendo.

«Ivy…» Non sapevo parlasse con quella ragazza. Feci mente locale. L’ultima volta che l’avevo vista aveva i capelli scuri sciolti sulle spalle e indossava un vestito carino. Mm…Non era così bruttina, però non le avevo mai parlato.
«Mm…Vedrò di fare qualcosa.» La storia puzzava. Non me la dava a bere Caroline. Lasciai perdere quell’argomento per pochi secondi.

«Sei venuta qui solo per farmi la predica e per l’interrogatorio su Stefan? O c’è altro?» Le chiesi fingendomi scocciata. In realtà non mi dispiaceva quella sorpresa – se così volevamo chiamarla eh –.

«Sinceramente sono venuta qui per tirarti fuori dalla stanza. Perciò…alza il culo da là ragazza. Si fa shopping!» Mi urlò. Tra poco mi faceva fuori il timpano. La fulminai.
«Non mi convincerai ad uscire dalla mia stanza neanche se una bomba nucleare stesse per esplodere proprio di fronte a me. Chiaro?» Chiarii incrociando le braccia al petto. Roteò gli occhi e si sedette accanto a me. Mi prese le mani e mi guardò con sguardo da cucciolo bastonato.

«E se ti dicessi che ho un appuntamento?» A quelle parole cambiai istantaneamente idea. Care un appuntamento? Notizia più che piacevole.
«Parlando di appuntamenti…Noi dovremo chiarire un paio di cose. Tu, Enzo e il tuo amico di letto.» La bionda mi guardò corrucciata. «Non capisco…Sei innamorata del tuo amico di cui non mi vuoi dire l’identità, ma passi molto tempo con Enzo…Non ti sembra di illuderlo?» Le feci notare guardandola seriamente. Finalmente stavo chiarendo questa piccola parentesi che mi ronzava in mente da un
po’.

«Non lo sto illudendo. Io...Io sto provando a uscire con Enzo.» Rimasi a bocca aperta. Mi ero persa qualche passaggio? Ora usciva con Enzo?
«E mentre tu esci con Enzo…» Okay, stavo veramente per esplodere. Io forse non ero migliore di lei. Anzi, non lo ero. Stavo con mio fratello, più o meno. Ci baciavamo. Era un reato giusto? Oddio, quanti problemi su problemi!
«No! Non pensare male. Sto chiudendo questa strana relazione con il mio…mio amico.» Disse. La guardai negli occhi…Era sincera. Si capiva dal tono di voce che aveva usato e anche dai suoi occhi. Gli occhi erano o no lo specchio dell’anima?

«In questo caso…Penso di poter fare un’eccezione!» Dissi, alzandomi per afferrare delle cose dall’armadio. Indossai velocemente un pantalone di jeans sbiadito, una maglietta con scollo a barca a righe bianche e nera e da sopra un cardigan.

«Oh, sei la migliore ‘Lena!» Trillò contenta. Infilai gli anfibi, sciolsi i capelli e afferrai il mio cellulare.
«Muoviti prima che cambi idea!» Le risposi alzando gli occhi al cielo e aprendo la porta. Damon non era dietro la mia porta. Mi guardai attorno. La porta di Damon era chiusa, così come quella di Stefan.

«Su, muoviti!» Continuai, prendendole la mano e trascinandola giù per le scale. Aprii la porta e la trascinai letteralmente fuori da casa mia.
«Mm…Andiamo a fare un po’ di shopping, dai staremo fuori poco. Te lo prometto.» Mi rincuorò, prendendomi per un braccio. La giornata era piacevole. C’era il sole e poche nuvole lo coprivano. Il cielo era limpido, ma in lontananza si vedevano alcuni nuvoloni. Tra un paio d’ore sarebbe scoppiato un acquazzone.

«Entriamo qui, su!» Mi fece entrare in un negozio, uno dei tanti in cui oggi saremo entrate. Iniziò a curiosare ovunque, mentre io mi sedetti su una poltroncina.
«Cosa ne pensi di questo?» Mi chiese indicando un vestitino rosso fuoco scollato sul davanti. Non mi piaceva affatto. Scossi la testa.
«Gli do un bel due.» Dissi sorridendo. Lei in risposta m’ignorò e continuò ad afferrare quanti più vestiti le sua mani permettevano di
prendere alla volta.

Entrò nel camerino, mentre io mi guardavo attorno. Era un negozio carino dopotutto, molto meglio di tanti in cui mi aveva trascinato precedentemente.
Dopo pochi minuti se ne uscì fuori con un abbinamento tutto nuovo: pantalone nero in pelle e top giallo fluo con profondo scollo sul davanti.

«Un quattro e mezzo.» Dissi con ovvietà. Ero molto critica per quanto riguardava i vestiti, ma lo ero anche di più quando si trattava di un appuntamento. Per di più, un appuntamento con un figo come Enzo!
Questo abbinamento già era meglio, ma non aveva nulla di speciale. Indossava una canotta bianca e da sopra una gonna a vita alta nera che scendeva stretta fino alle ginocchia.

«Sei e mezzo.» Di questo passo non ce ne saremo più andate da quello stupido negozio.
«Devi provare tutto quello che hai adocchiato? Saranno più di una decina di completi!» Sbuffai da fuori il camerino. Quant’era cocciuta la mia amica! Chiusi gli occhi e sbuffai. Non mi rispose, ciò significava che saremo rimaste lì per molto tempo. Più tempo di quanto potessi immaginare.

Aprii la cartella dei messaggi: era intasata di sms. Mi cadde l’occhio su wathapp. Avevo diversi messaggi. Quando vidi un messaggio da parte di Damon, l’aprii immediatamente. Aveva risposto al mio messaggio vocale.
- Non chiuderti in te stessa. – Era la sua risposta. Sospirai e digitai la risposta.

- Perché passi il tempo dietro la porta della mia camera? Mai sentito parlare della privacy? – Premetti invio e aspettai una risposta che non tardò ad arrivare nel giro di poco tempo. Era online.

- E tu perché passi il tempo in camera tua piangendo? Mai sentito parlare di fratelli che si preoccupano per le loro sorelle? – Spalancai la bocca quando vidi la sua risposta. Tirare in ballo la faccenda tra fratelli non migliorava il mio umore, anzi lo peggiorava.
- Troppe domande, Damon… - Chiusi wathapps e alzai lo sguardo. Care era fuori dal camerino e mi sorrideva.
Questa volta era il turno di un vestitino azzurrino a balze con qualche pietruzza a decorarlo sul davanti. To’…Era accettabile, forse un po’ troppo infantile e bambinesco per via delle balze ma in sé per sé era guardabile.

«A questo ci sta un sette pieno.» Commentai ironica. Lei sbatté i piedi in  terra iniziando a borbottare. Stavo per consigliarle un vestito, ma il mio cellulare squillò.
Lo presi e vidi il numero: era uno Sconosciuto.

«Ritorno subito. Rispondo alla chiamata. Provati quello nel frattempo.» Le indicai un vestito che all’apparenza mi sembrava carino.
Lei annuì.
«Non te ne andare poi!» Mi rimbeccò entrando in camerino. Il cellulare squillava insistentemente e presa dalla curiosità risposi.
«Pronto?» Chiesi. Dall’altra parte del telefono si sentiva poco e niente. Solo un silenzio insopportabile.
- Con chi parlo? – La voce dall’altro capo era piuttosto ovattata. Mi innervosii maggiormente a quella domanda idiota.

«Mi hai chiamato tu perciò suppongo sia tu che mi dovresti dire con chi ho il piacere di parlare!» Sbottai infastidita. I giochetti mi davano fastidio, soprattutto se ero già nervosa di mio.

- Sbaglio o sei un po’ nervosetta tigre? – Commentò la voce. Ci misi veramente poco a fare due più due.
«Ian? Chi ti ha dato il mio numero?» Chiesi in quarta. Ero curiosa più che al massimo. Come faceva a conoscermi? Come aveva il mio numero di cellulare? Non mi ricordavo di averglielo lasciato.

- Un uccellino mi ha detto che hai qualche problema a sfogarti con le persone in questi giorni. – Sempre ironico e sempre più idiota. Era senza ombra di dubbio Ian.
«Come fai a sapere…Un momento, da dove mi stai chiamando? Potrei rintracciare il numero sai?» Dissi contenta di aver un asso nella manica. Lo sentii ridacchiare.

- Non ti scomodare, piccola. Sono in una cabina pubblica. Non sono così stupido come credi. – Stava ridendo. Di me. Ancora. Sbuffai, anche se tra me e me mi chiedevo dove arrivava l’astuzia di quello sconosciuto.

«Mm…Ora che hai finito di sghignazzare, potrei sapere il reale motivo della tua chiamata?» Fui concisa e veloce. Ero fuori il negozio e lanciai un’occhiata a Care. Si stava guardando allo specchio. Il vestito che le avevo consigliato le ingrossava i fianchi.

«Cosa ne pensi?» Mi chiese, alzando il tono di voce. Alzò così tanto il tono di voce che diverse persone nel negozio si girarono verso di noi.
Le indicai il telefonino e mostrai con le dita il numero tre. Lei mi annuì, prese un altro vestito ed entrò nuovamente nel camerino.
- Te l’ho detto. Un uccellino mi ha detto che hai problemi a sfogarti. E’ giusto? – Mi chiese. Chi poteva avergli detto una cosa simile? Forse Caroline sapeva chi era questo misterioso individuo?

«E tu cosa potresti fare per questo problema?» Feci ironica. Ridacchiò ancora.
- Potrei aiutarti. Cos’hai? -  Ci riflettei su prima di rispondere. Mi allontanai dal negozio e attraversai la strada. Di fronte a me c’era un piccolo parchetto, ci andavo spesso da bambina.
Non era cambiato di una virgola. Le altalene erano sempre lì, poco più lontano c’era lo scivolo su cui avevo fatto una delle mie migliori
cadute.

- Ti sei incantata? Dove ti trovi? – Mi chiese con una nota divertita nella finta voce. Alzai ancora gli occhi al cielo.
«Sono al parchetto vicino la via dei Fondatori. E’ un bel posto.» Dissi con nostalgia. Papà mi aveva portato lì fino ai dieci anni. Era da tempo che non mi fermavo ad osservarlo. M’immaginai una piccola Elena che scorrazzava di qua e di là con un giovane Giuseppe Salvatore a correrle dietro cercando di mantenere il passo.

- Scommetto che è un posto pieno di ricordi. – Disse. La nota ironica era sparita, lasciando spazio finalmente a un tono più serio. Quando si parlava di ricordi o di questioni familiari era sempre serio. Non amava scherzaci sopra per qualche ragione.
Dopotutto neanche io amavo parlare di me e della mia famiglia. Avevo avuto una bella infanzia, ma la mancanza di mamma la sentivo. La cosa che mi dava più fastidio però era la sua indifferenza.

«Oh, sì. Puoi dirlo forte…» Sussurrai. Attraversai la strada e mi avvicinai all’altalene. Mi sedetti su una di esse, che cigolò lentamente. Erano abbastanza resistenti e io non ero così pesante.
- Come io ho i miei ricordi, tu hai tuoi. – Mi fece notare. Sospirai. I suoi ricordi non erano come i miei. Io potevo rivivere quei momenti in qualsiasi istante se lo volessi…Lui, lui non poteva più passare del tempo con Katherine.

«Mi dispiace per lei. Veramente.» Dissi. Non disse niente. C’era solo un’assordante silenzio. Un silenzio frustante. Che mi dava al cervello. Che non riusciva a comunicarmi niente.
- Tranquilla. Lei è morta. Cosa posso farci io? – Usò l’ironia per mascherare la sua tristezza. Ogni volta che parlavo con lui mi sorprendevo di quanto fossimo simili. Sotto un certo punto di vista, entrambi preferivamo rimanere nell’ombra senza mostrarci troppo e mascheravamo la tristezza con altri sentimenti.

«So che ti senti in colpa. Non fingere.» Gli dissi. Non doveva fingere. Mi infastidiva. E come infastidiva me, forse anche Damon si infastidiva – per non dire incazzato – ogni volta che mi chiudevo in me stessa.
Perché ogni ragionamento che facevo doveva riportarmi sempre a Damon?
- Non fingo. Non con te. Non ne ho bisogno. Mi capisci, mi capisci anche per telefono, anche non sapendo il mio volto, anche non conoscendomi da molto tempo. – Disse calmo. Quella parole crearono in me diverse sensazioni: stupore, incredulità…E anche piacere. Come faceva a lasciarsi andare facilmente con me? Sembrava mi conoscesse da una vita, quando in realtà lo conoscevo a malapena da due mesi.

«E’ curioso come siamo riusciti ad abbattere i nostri problemi contando solo sulle nostre forze e sull’aiuto di un quasi sconosciuto.» Dissi, iniziando a dondolarmi pian piano sull’altalena. Il vento mi sferzava i capelli, sentivo il calore debole del sole scaldare la mie pelle. Stavo bene lì.

- Abbiamo un certo feeling. Cosa ci possiamo fare? – Ammiccò dal telefono e io mi ritrovai ad alzare gli occhi al cielo. Possibile che dovesse fare sempre così?
«Già…» Concordai con lui, soffocando una risata divertita.
- Non mi hai ancora detto il motivo per cui non ti sfoghi con le persone che ti vogliono bene. Le fai soffrire così, lo sai? – Disse. Cambiò tono di voce in poco tempo, dal tono adulatorio al tono serio e insopportabile. Il tono che non sopportavo, perché ogni volta che qualcuno
usava con me quel tono significava che avevo torto.

«Non posso avere i miei segreti?» Chiesi sulla difensiva. Sbuffò rumorosamente. Si susseguirono pochi istanti di silenzio che per me furono lunghi, troppo lunghi. Io sentivo solamente i rumori della strada. E basta.
Per un momento mi chiesi se mi avesse riattaccato in faccia. Solo il suo respiro pesante in certi punti mi faceva capire che lui era ancora lì.

- Puoi avere tutti i segreti che vuoi, questo non ti giustifica. Non puoi far soffrire le persone che tengono a te. – La voce ferma. Non ammetteva repliche. Volevo sapere come facesse a sapere tutto di me, ma evitai di chiederglielo almeno per ora. Non era il momento adatto. La situazione era delicata, eravamo entrambi su un filo di piombo e a breve saremo scoppiati chi per una ragione chi per un’altra.
Poteva cercare di ingannare chiunque, ma io capivo che non stava bene. Capivo dal suo finto tono di voce che non stava bene e che sarebbe scoppiato tra poco.

«Tu non sei da meno, però.» Dissi. «Il tuo silenzio è assordante. So perfettamente che il silenzio è silenzio, ma io nel tuo mutismo non riesco altro che a vedere e a sentire una persona che mi sta urlando di aiutarla! Peccato che tu sia troppo occupato a pensare a me che a farti aiutare!» Continuai alzando il tono di voce. Mi stavo leggermente scaldando, ma il suo tono di voce fermo mi aveva fatto salire il
sangue al cervello.

- Non ho bisogno del tuo aiuto! Sei tu che respingi le persone che ti amano, cazzo! - Anche il suo tono di voce si alzò leggermente. Sentii anche un tonfo sordo, forse aveva dato un pugno alla cabina telefonica o a qualcosa che gli era capitato sotto tiro.

«E tu respingi le persone che ti vogliono bene!» Replicai sempre più seccata. L’aria tese che avvertivo fu spezzata dalla sua risata.
- Piccolo avvertimento, Elena: nessuno mi vuole bene. – Quelle parole dette da lui con quella finta voce – anche se incrinata – faceva venire la pelle d’oca. Pensava che nessuno gli volesse bene?

- Nessuno mi ama. NES-SU-NO. Solo Katherine mi ha mai amato e se n’è andata! – Scoppiò. Ecco, ora era arrivato il momento dello sfogo di Ian.

«E io? Sarei lo scarto di Katherine? Che cazzo, Ian! Posso capire il tuo comportamento. Hai perso la persona che poteva essere l’amore della tua vita ma non puoi dirmi che solo lei ti ha amato. Io ti amo a modo mio. Non ti amo come amo Damon, ma ti amo. Ti amo come un fratello!» Mi dava alla testa il suo modo di fare. E sentendo le sue parole ero solo scoppiata.
Forse non lo potevo amare come Katherine, anzi ero sicura di non poterlo amare come lei…Ma l’amore c’era. Amore sotto diverse forme. L’amore per Stefan. Era amore fraterno, ma era sempre AMORE.

 - Chi è Damon? – Che razza di domanda era? Perché mi chiedeva di Damon? Rielaborai le parole dette e mi resi conto del grande passo falso che avevo fatto. Mi ero lasciata sfuggire il nome di mio fratello.
«Non conosco nessuno Damon.» Risposi cercando di mantenere la calma.
- Hai detto Damon. – Replicò.

«Ti vuoi appendere su un nome? Hai sentito solo il nome del mio discorso o forse il tuo cervellino è riuscito a comprendere qualcos’altro?» Gli chiesi più aggressiva. Seguì il silenzio. Perché non chiudevo la boccaccia che mi ritrovavo? Perché?
- Senti…Io non volevo dire…Come te lo spiego? – Parlava più a sé stesso che a me. Lo bloccai sul nascere anche se era divertente vedere Ian in netta difficoltà.

«Ogni persona ha un limite di sopportazione per tutto. E il tuo momento di sfogare tutto era arrivato…E sei semplicemente scoppiato. Sono contenta che tu ti sia sfogato con me.» Lo rassicurai.
- E tu vuoi finire come me? Vuoi finire sulla soglia della sopportazione per poi scoppiare? E se io non fossi lì quando scoppierai? – Mi chiese divertito. Rimasi senza parole. Giusta osservazione. Non riuscii neanche a rispondere, perché una Caroline arrabbiata veniva verso di me a grandi falcate.

«Mi hai mollato lì da sola per più di mezz’ora!» Strillò arrabbiata. Mi trattenni dal ridere. Avevo passato così tanto tempo a parlare con Ian? Non me n’ero resa conto a mia discolpa.
- Credo che la tua amica ti stia reclamando. – Commentò. Sorrisi e lanciai uno sguardo implorante a Caroline.
«Grazie, Ian. Ci sentiamo…» Chiusi il telefono e sfoggiai la mia espressione da cucciola bastonata.
«Ian? Chi è? Lo conosco? Oh, sì…Potrei organizzare un’uscita a quattro, magari Enzo sarà d’accordo…» Iniziò a blaterare sulle cose più stupide che potessi sentire. Partendo da un appuntamento a quattro fino ad arrivare al giorno del nostro matrimonio.
Wow, Caroline viaggiava di fantasia in maniera incredibile!

«Ehi, rallenta! E’ il tipo della biblioteca…Te ne ho parlato.» Le ricordai. Avevo accennato all’esistenza di una ragazzo sconosciuto della biblioteca.

«Biblioteca?» Mi chiese arricciando il naso.
«Sì. Viene anche al gruppo di supporto. Al primo incontro è arrivato in ritardo.» Provai a farla ricordare. La faccia che fece quando capì fu memorabile. Inizialmente era arrabbiata, poi l’arrabbiatura passò al fastidio…E infine si tramutò in dolcezza.
«Non ti fidare troppo. Non sai mai chi c’è dietro.» Scossi la testa rassegnata. Care sarebbe rimasta la mia amica iper protettiva per tutta la vita.

 
Alla fine Caroline non era riuscita a trovare niente d’interessante, ad eccezione di un vestito che avevamo trovato dopo non so quanti giri di negozi mi aveva costretto a girare. Ero sotto il portico di casa e io le stavo dando dei semplici consigli per la sua uscita. Speravo che tra quei due nascesse qualcosa ora. Lui inizialmente non mi era affatto simpatico, ma non era così malaccio una volta che lo conoscevi.

«Sei la migliore, ‘Lena!» Disse sorridendomi. Oh, lo sapevo. Quale ragazza accompagnava un’altra ragazza in giro per non so quanti negozi! Solo io potevo fare una cosa del genere per la mia migliore amica.

«A domani Caroline!» La salutai. Aprii la porta ed entrai. Mi chiusi alle spalle la porta e mi guardai attorno. Sospirai pesantemente e mi avviai verso le scale.
«Elena!» La voce di papà mi ridestò, perciò scesi i due gradini che avevo salito e mi avviai verso il salotto. Perché in salotto c’erano tutti?
E per tutti in tendevo papà, Damon e Stefan? Mi guardavano in tre modi diversi tra loro: papà mi fissava con pazienza e gentilezza, Stefan non mi aveva proprio degnato di uno sguardo e Damon aveva gli occhi che gli brillavano.

«Perché questa riunione di famiglia? Forse c’è qualche viaggio di cui non so niente?» Chiesi. La frecciatina era diretta a Damon. A quella parole, il corvino si sedette meglio sulla sedia e mi fissò interrogativa.
«Vorrei saperlo anch’io il perché di questa riunione. Manca solo la mamma.» Commentò acido Damon che teneva in mano un bicchierino di Bourbon.

«Non si può più parlare con i propri figli? Voglio capire cosa ci sta succedendo.» Disse papà sorridendo. Gli anni si facevano sentire, ma se li portava bene. Aveva sessant’anni ma ne dimostrava dieci di meno.
«Uhm…Cosa ci sta succedendo?» Gli chiesi sedendomi sul divano il più possibile lontano da Damon. Stefan posò finalmente lo sguardo su di me, era seduto sulla poltrona proprio di fronte al divano su cui ero seduta.
«Ah, ditemelo voi.» Disse papà alzando le spalle. «Non so cosa sia successo ma in pochi giorni è successo il finimondo.» Continuò con calma. Il finimondo? Né io né Stefan né Damon avevamo capito qualcosa di quello che ci aveva detto.

«Elena non ti ho mai vista così giù di morale…So che l’incidente di Matt ti ha portato a riflettere, ma questa tua tristezza mi fa sentire impotente.» Disse rivolgendosi per primo a me. «Per non parlare di Stefan, stai con la tua famiglia un giorno sì e un giorno no quando ci vorrai presentare questa famosa Lexi?» Chiese papà.
Damon sogghignò divertito.

«Già, Stefan. Presentaci questa famosa Lexi.» Intervenne con la sua ironia a doppio taglio. Aggrottai la fronte. Quei due non me la raccontavano giusta. Proprio NO.
«Damon tu non sei da meno. Ti sei chiuso in te stesso e non accenni a parlami. Sembra che tu sia ritornato in questa casa solo per chiarire con tua sorella. Io sono tuo padre.» Rimarcò seriamente.
«Oh, papà…Vedi se prima il problema era il rapporto distante che c’era tra Damon ed Elena, ora è molto intimo. Non ne hai idea.» Questo era un colpo basso. Un tiro mancino che da parte di Stefan non mi sarei mai aspettata.

«Almeno io parlo con mia sorella, tu non vuoi neanche ascoltare i suoi problemi.» Situazione imbarazzante. Mi sentivo fuori luogo. Perché facevano finta che non fossi lì presente?
«Non parlare di me in terza persona. Io sono qui.» Dissi scocciata, incrociando le braccia al petto infastidita. Sia Damon che Stefan portarono la loro attenzione su di me.

«Oh, be scusami se sto cercando di difenderti!» Ribatté seccato il corvino, posando il bicchiere – ormai vuoto – di Bourbon.
«So difendermi da sola.» Replicai. Con lui non riuscivo a non essere acida. L’idea che non mi avesse parlato del suo ritorno a Londra mi dava alla testa e questo suo modo di interagire con me – ovvero cercare di provocarmi – non migliorava le cose.

«Uhm…Finita la quiete? Siete già in alto mare sommersi di problemi?» Chiusi gli occhi infastidita. Perché Stefan tirava fuori il suo senso dell’umorismo nei momenti più sbagliati?!
«Stefan chiudi quella boccaccia, altrimenti vengo a chiudertela io a suon di pugni chiaro? Sai che lo faccio.» Commentò Damon alzando il tono di voce. Stef però non si diede per vinto, anzi la sua vena ironica sembrò rafforzarsi.

«Oh, andiamo ti sembro così idiota da credere alle tue finte minacce e alle tue bugie?» Replicò. Bugie? Forse bugia…Anzi, io non la chiamerei bugia la nostra…Piuttosto omettere una verità che poteva sconvolgere e ferire.
«Bugie? Non piangere sul latte versato. Quel che è successo è successo.» Strano ma vero: stavo difendendo Damon.
«Giusto dimenticavo l’avvocatessa di Damon. Ti sei rammollito? Forse l’amore fa male…» Lo canzonò Stefan. «Ah, no. Si dice che troppo amore uccide le persone.» Con quell’affermazione Damon scattò contro il fratello. Cosa aveva detto Stefan di così eclatante per farlo
scattare in quarta?

«Troppo amore uccide le persone, anche un pugno nel posto sbagliato uccide una persona. Vorresti provare?» Grugnì Damon.
«COSA VI STA SUCCEDENDO? Cos’è successo alla mia famiglia?» Urlò papà catturando l’attenzione di tutti e tre.
«Succede che tuo figlio è un grande coglione!» Sbottò Damon. Non capivo ancora perché era così arrabbiato. Non riuscivo a giustificarlo…Perché accanirsi in modo così brutale verso Stef? Aveva esagerato, ma non così tanto!

«Non usare queste parole in casa mia.» Sibilò duramente papà.
«Avrò preso questo gene da te.» Sputò con veleno Stefan. In che razza di famiglia mi ritrovavo? Mentre quelli si gridavano di tutto e di più io ero lì e li fissavo in silenzio.
«Stefan! Non eri tu quello più rispettoso della famiglia? Elena non era la più spensierata? Damon non era il più sfrontato? Che fine hanno fatto i miei figli?» Urlò.

Quella famiglia stava andando lentamente in pezzi. Io ero già frammentata di mio, Stefan e Damon si distruggevano a vicenda con queste battute insopportabili…E papà, invece, di preoccuparsi di noi e dei nostri sentimenti si preoccupava dell’apparenza della nostra famiglia.
«Che fine abbiamo fatto? Ce lo stai chiedendo? Stiamo crescendo. Questa famiglia è in completo fallimento e non ce la faccio più a sorridere e annuire a ogni stupidaggine che voi dite.» Urlai per attirare l’attenzione.

Tutti e tre gli uomini di casa si girarono verso di me e mi guardarono confusi.
«Questa famiglia perfetta è solo apparenza. Stiamo cadendo in pezzi e non possiamo farci niente.» Alzai le spalle e me ne andai via dal salotto.

E’ solo apparenza. Pensai tra me e me.
 
 
 
 
 



Grazie a Smolderina78, Dreamer_Vampire, NianDelLove, NikkiSomerhalder, Bae_01, Darla19, PrincessOfDarkeness90, Horse_ e Delena 223.
Vi giuro quando ho visto 9, sono caduta dalla sedia! SIETE LE MIGLIORI.
Grazie alle 56 persone che hanno inserito la storia tra le seguite.
Grazie alle 38 persone che l’hanno inserita tra le preferite.
Grazie alle 5 persone che l’hanno inserita tra le ricordate.
GRAZIE A TUTTI I LETTORI SILENZIOSI. SIETE MITICI.
 





Angolo dell’autrice:
Tadaaan! Sono qui, belle! Non vi libererete MAI di me!
E da quanto prospetto…ci sarà sicuramente il sequel, perciò mi dovrete sopportare per tanto – troppo – tempo!
Faccio così…Parlo prima del capitolo.
Elena versione tristezza mode ON. Povera…Molto amareggiata per Damon che ritornerà a Londra! Ovviamente, se volete uccidermi prima dovete trovarmi ;)
Non supererò mai la PLEC a cui vorrei regalare tanti kili di ciambelle così non mi separa più il Delena. Stupido Alaric (per chi avesse visto la puntata capirà) per gli altri I’M SORRY FOR THE SPOILER!
Comunque Care ritorna all’attacco più carica del solito. Bella la litigata tra lei e Damon, quei due sono il top. Peggio di Bonnie e Damon fra un po’ che sembrano finiti nello spot del mulino bianco in TVD -.-‘’ .-.
La chiacchierata Ian-Elena è bellissima. Ormai suppongo abbiate capito chi sia Ian perciò…Cosa ne pensate di quell’obbrobrio che dovrebbe essere una scena fondamentale della storia? Fondamentale perché Elena dice di amare Damon a IAN! *.* *-*
Impazzisco. Ritornando a fare i seri: per concludere il capitolo in bellezza ecco la riunione che definirei EPIC (citando lo Stelena di Caroline) della famiglia Salvatore.
Scusate per le parole scritte, ma quando ci vuole per me ci vuole. Stefan ha esagerata con la frase ‘troppo amore uccide le persone’ per me, anche se per Elena la reazione di Damon è esagerata. VOI COSA NE PENSATE?
Tenete ben a mente i litigi in famiglia Salvatore, perché sono piuttosto importante. Oh…Già che ci sono quante ragazza shippano fino alla morte la Enzoline? Io SI’ ^^ ^-^
Li amo. Almeno la Plec ha fatto qualcosa di buono almeno.
Diciamoci la verità: chi di voi non stava sbavando come un’ossessa mentre Enzo “parlava” con la strega portiera? Io ero nel pallone! :) ;)
Wow, l’angolo autrice mi è uscito proprio male HAHAAHAHAHAH.
Non ho veramente altro da dire, se non il fatto che siete troppo gentili e troppo lusinghiere. Vi adoro troppo, troppo TROPPO! 9 recensioni per me è un record e lo è ancora di più raggiungere a soli sedici capitoli quasi cento recensioni. Per me, il massimo sarebbe superare le 9 recensioni ma già ora sono ALLE STELLE.
QUINDI GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE. Oh, vi ho già detto grazie?
A prestissimo ragazze/i. Ci sentiamo alle recensioni,
Non ti scordar di me.
  
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