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Autore: Dregova Tencligno    14/10/2014    1 recensioni
Sono la figlia di una strega, sono dotata di poteri che in molti non riuscirebbero nemmeno a immaginare. Vivo ricordi che non sono i miei ma sono gli unici indizi che ho per capire la mia natura. Sono stata una figlia, un’oggetto, un'anima, un fantasma. Se i nomi definiscono chi siamo sono stata Pulce, Piccola, Emma, Custode, Amore… Ma solo ad un nome, che ho perso molti anni fa, posso rispondere con certezza… nessuno me lo potrà togliere perché con quello sono morta e sono rinata.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il viaggio è stato lungo e condotto ai limiti della realtà dove sogno e fantasia si intrecciano in contorti nodi ricamando le leggende degli uomini. Ricordo colori che si allargavano come chiazze d’olio confondendosi fra di loro unendosi e sovrapponendosi. Ricordo il rosso cremisi e il giallo estivo della paglia, il denim chiaro, il verde prato e l’azzurro dell’oceano che a tratti diventa verde e arancione, l’orchidea, il violetto e il blu reale, l’eliotropo e il blu fiordaliso. Mi piace pensare che sia stato per un qualche disegno, ma la realtà potrebbe essere molto differente e così mi sono ritrovata in un villaggio senza nome, ai confini del mondo conosciuto e, per uno strano scherzo del destino, è lo stesso dove centodiciannove anni prima ho visto la luce ed ho esordito piangendo mentre mi sembrava di respirare fuoco anziché ossigeno.
Canticchio mentre con la scopa pulisco il pavimento.
Come ho detto, oggi è il mio compleanno e le cose potrebbero cambiare, per questo faccio di tutto per sistemare la nostra abitazione.
La nostra dimora è una vecchia capanna con mura di pietra e il tetto di legno, il tutto tenuto insieme da una poltiglia ormai secca da secoli di terra, acqua e fango; il teatrino della nostra vita ha luogo in una sola grande stanza dove c’è persino un camino e la minima mobilia che una casa dovrebbe avere.
Io e Esmeralda viviamo così, senza aver bisogno di altri. Un po’ perché non capirebbero e un po’ perché ce la caviamo benissimo da sole.
Tutto però è concepito per una sola persona. Io non ho bisogno di dormire o di mangiare, tutto è per Esmeralda.
È a lei che devo tutto. Grazie alla sua magia ho smesso di viaggiare senza meta e sarà grazie a lei se tutto questo potrà finire perché tutte le ingiustizie devono scontrarsi con la giustizia e, anche se non è detto che questa vinca sempre, io lotterò per far in modo che accada.
Alla fine del mio operato non c’è neanche un granello di polvere in tutta casa, né una ragnatela o un insetto.
Dalle assi di legno del pavimento giunge il suono di congegni che cigolano, una botola si apre e mostra un ciuffo ribelle di capelli rossi, poi un’intera chioma e infine, Esmeralda.
È una persona dall’aspetto molto mutevole, passa in una frazione di secondo da una donna segnata dall’età a una ventenne piena di vita.
Questo è il prezzo che sono pronta a pagare.
-Fuori sta piovendo vero?- dice.
-Infiltrazioni?-
-Come sempre.-
Come altre cose, non ho il permesso di scendere nella botola anche se potrei benissimo farlo. Non so cosa ci sia là sotto, ma qualche sospetto ce l’ho.
Come una buona strega anche lei deve avere un antro dove praticare la sua magia. Non ho voluto indagare più a fondo per rispetto della sua persona e perché mi ha chiesto gentilmente di non farlo.
-Come sta la mia creatura preferita?-
-Come al solito.- dico rintanandomi nuovamente sotto le coperte vicino alla finestra.
La sento armeggiare con un pentolone. Per lei è arrivata l’ora di pranzo.
Profumo di stufato presto riempie la stanza, è un buon odore e mi fa venire voglia di assaggiarlo. Mi mordo le labbra trattenendo il corpo dal fare una cosa stupida. Una cosa che difficilmente si dimentica è il piacere di avere una pancia piena e la dolce sensazione di un corpo caldo vicino che ti stringe nelle notti fredde. Cose che si vorrebbero provare ancora, cose che il mio corpo desidera poiché vicine, ma anche, paradossalmente troppo distanti per averle.
-Vedo che hai pulito casa.- dice Esmeralda –Allora oggi sei di buon umore. Anche se dal tuo viso non si direbbe.- continua lei per riempire il mio silenzio
-Te l’ho detto, mi sento come sempre.-
-Anche se oggi è il tuo compleanno?- (faccio spallucce) –Tanti auguri. Quanti anni sono?-
-Centodiciannove.-
-Complimenti! Li porti proprio bene!-
-Grazie.-
Dopo questo strano momento di affetto, fatto solo di parole, Esmeralda ritorna ad armeggiare con lo stufato.
Quando mi ha evocata, lei era solo una principiante, poi ha avuto una trasformazione che l’ha resa più forte, è più caria. Alcune volte non sembra neanche lei.
-Vorrei parlarti di una cosa.-
-Dimmi, dimmi.- mi esorta mentre gira lo stufato che bolle sul fuoco.
-Essendo oggi il mio compleanno vorrei che mi facessi un favore.-
-Dimmi pure cara.-
Non mi sta ascoltando o lo sta facendo distrattamente. È una cosa che ho imparato, adesso so che se anche lo dico non si arrabbierà; non è la prima volta che gliela chiedo e il risultato è sempre lo stesso, ogni volta in questo giorno da quando ne ho memoria. Le ho sempre chiesto di permettermi di uscire, di vedere il mondo per sentire sulla mia pelle il suo mutare costante e perpetuo.
-Vorrei… vorrei uscire. Solo per oggi.-
È come se fosse passato un tornado nella casa spazzando via tutto, ma sono solo parole dalla forza travolgente. Mi volto lasciando che il mondo di fuori ritorni a essere tale.
Esmeralda mi sta guardando, gli occhi spalancati per la sorpresa e la bocca leggermente aperta. Poi la chiude ed è in quel momento che diventa seria. Ostile. Gli occhi sono due fessure rosse per il bagliore delle scoppiettanti fiamme.
-Pensavo che non saremmo più tornate su questo argomento.- è un sussurro, uno spiffero glaciale, ma la risposta è sempre la stessa.
-Lo so che te lo avevo promesso, ma pensavo che avrei potuto vedere solo per poco com’è tornare a vivere.-
Si avvicina e mi stringe le spalle.
-Vuoi veramente riprendere questo discorso?-
-Esmeralda, non voglio che ti arrabbi, ma ho veramente bisogno di uscire. Sto incominciando a dimenticare come ci si sente a stare con altre persone. Sono rinchiusa da cento anni. Sono sicura che non mi accadrà nulla.-
-Tutti dicono così prima di incontrare le braccia della morte.-
-Esmeralda!-
-Pensi che per me sia facile? Mi sono mai lamentata per questo secolo che sono rimasta con te? No. E sai perché? Perché quando ti ho trovata ti ho fatto una promessa. Avrei spezzato la maledizione. Solo una cosa ho chiesto in cambio.-
-Una fonte d’energia…-
-E me lo rinfacci pure!-
Si accascia al suolo, i capelli che le coprono il viso.
-Non volevo dire questo. Ti sono grata per quello che stai facendo per me, è solo che ho bisogno di vivere.-
-Ma tu sei morta!-
E già. Questa la dura realtà. Io sono morta da ben cento anni e per una frazione di secondo, forse anche per qualche mese, ho vagato tra il mondo umano e una sorta di limbo nel quale ho trovato l’inibizione di tutti i sentimenti. So che sono morta, ma ho comunque qualche difficoltà ad accettarlo nonostante sia passato così tanto tempo.
-Oh, scusa cara, non volevo.- si alza da terra e mi abbraccia –Sai quanto odio fare la cattiva, ma quando insisti sono costretta a comportarmi in questo modo.-
-Lo so.-
-Devi capire che lo faccio per il tuo bene. In tutto questo tempo il mondo fuori è cambiato, è diventato più pericoloso e pieno d’insidie. Cosa pensi ti farebbero se scoprissero cosa sei? E non pensi a me? Da te arriverebbero presto a me e non posso rischiare di essere scoperta, finirei sul rogo. E addio al tuo sogno.-
-Ma…-
-Non ci sono ma. Ti voglio troppo bene per perderti.-
-Come vuoi. Ho capito.-
Mi passa una mano tra i capelli.
-Forse quando sarai più forte e riuscirò a spezzare l’incantesimo.-
Secondo quanto mi ha detto, quando mi ha evocata si è generata una forte concentrazione d’energia che si è aggrappata all’essere più pericoloso nella stanza, imprigionandolo. Quell’essere… me. Teoricamente sono intrappolata in una gabbia che esploderebbe al mio minimo tentativo di oltrepassarla, cosa che Esmeralda mi ha sconsigliato vivamente di fare perché potrei finire col perdere anche l’ultima mia essenza. Per questo non ho mai cercato di provare la veridicità dei fatti e delle sue parole.
-Sono sicura che ti sia convinta e spero, e questa volta per sempre, che questa sia l’ultima volta che me lo chiedi. E se non lo sei ora sono stanca per cercare di farti comprendere come sia insensata questa tua richiesta. Adesso ho bisogno d’energia.-
-È ora?-
-Sì mia cara.-
Mi prende il volto fra le mani, i suoi occhi sembrano scurirsi ogni volta. Mi bacia. È un bacio normale, freddo e distante.
Come ogni volta la mia pelle inizia a sfrigolare e si illumina come se riflettesse la luce solare, la stessa luminescenza poi si diffonde a Esmeralda.
Quando ci allontaniamo la metamorfosi è compiuta.
Le rughe sono scomparse dal suo volto, i capelli stanno ritornando alla loro lucentezza, al loro bel colore rosso senza fili di bianco lino ad arricchirli e il corpo ha riacquistato la sua tonicità, le forme giovanili che ogni donna vorrebbe avere. Lei si sente piena, io svuotata.
-Questa volta non ti sei indebolita molto.-
Mi sono accorta allora che non sono tornata trasparente e incorporea.
-Sto migliorando.-
-Forse un centinaio d’anni ancora e sarai pronta. Guarda!- dice mentre si avvicina alla pentola –Mi hai fatto bruciare lo stufato. Adesso devo andare al villaggio per mangiare, e sai quanto mi pesi farlo.-
Si guarda allo specchio e si ravviva i capelli. Prende una borsa da sopra una sedia e vi mette all’interno un sacchetto tintinnante, alcune fiale e il suo Libro delle Ombre.
–Bene, io vado.- mi bacia sulla fronte –Sono talmente buona che ti ho già perdonata e quando ritorno potrei avere una sorpresa per te.-
-Fai attenzione.- le dico.
-Hai proprio ragione.-
Chiude la porta e sono di nuovo sola a osservare il cielo coperto di nubi. Sembra che abbia smesso di piovere.
Almeno la casa non si sporcherà più del dovuto, penso immaginandomi le impronte di fango che lascerà una volta rincasata. E toccherà a me pulire.
Mi siedo sul divanetto accostato alla parete sotto la finestra e posso ammirare l’intera stanza.
Non so cosa fare nel frattempo. Leggere un libro? Ritornare a scrivere l’ignoto? Mi accontento di osservare un ragnetto che sul soffitto intreccia la sua casa. Anche quell’esserino sembra essere intrappolato in un mondo di ricordi, altrimenti non mi spiego come mai abbia scelto quel posto, sempre lo stesso, per mettere radici. Alla fine anche io potrei essere come quel piccolissimo e insignificante animale… sono tornata dove sono nata.
   
 
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