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Autore: StellaDelMattino    15/10/2014    3 recensioni
"Un ballo con il nemico?!" disse la ragione.
"Sì, dai, un ballo non ha mai ucciso nessuno!" ribattè l'istinto.
"Ma un nemico sì!!"
Il mondo in cui vive Gemma è un mondo strano. È un mondo in cui i draghi parlano alla luna, i gatti sono parrucchieri e ci sono sfarzosi balli in cui i reali di ogni regno si incontrano.
È proprio durante uno di questi balli che la Guerriera di Tigerheart accetta di ballare con William, abitante di Secreteyes. Il problema è che tra i due regni sta per scoppiare la guerra e Gemma non ha nessun intenzione di rivelare dettagli sul suo regno. Quell'improbabile ballo fatto di bugie cambierà per sempre il destino dei due giovani, ma anche quello dei loro regni.
Oh, di certo non fu un colpo di fulmine, ma si sa, l'amore per i Guerrieri non è mai stato semplice.
Dal capitolo 1:
-E avete ragione. Eppure sono comunque intrappolato nei vostri occhi coraggiosi come quelli di una tigre.
-In effetti, io lo sono dai vostri profondi come i segreti.
William sorrise, non per niente era il Principe Guerriero di Secreteyes.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 27

L'asso nella manica

 

Non farti prendere dal panico, tesoro, va tutto bene. Saranno scappati quando hanno saputo del nostro arrivo. Quelli di Doerate sicuramente non sono conosciuti per il loro coraggio.
Vedrai, andrà tutto bene.

Diceva solo questo il messaggio che ricevette Lavinia la mattina successiva, da parte della madre.
Eppure, la ragazza aveva una strana sensezione, una brutta sensazione, e per quanto cercasse di convincersi che andasse tutto bene, quella sensazione rimaneva lì.
Aveva pensato di parlarne con Axel, ma lui non l'aveva più neanche guardata e... Lavinia aveva quasi paura. Paura che lui la trovasse infantile, come chiaramente le aveva detto, che la giudicasse immatura.
James non ci capiva nulla. Lavinia aveva provato a parlare anche con lui, ma il ragazzo aveva risposto semplicemente scrollando le spalle e scuotendo la testa.
"Non so, non so proprio" aveva detto andandosene.
Lavinia doveva parlare con Axel.
Questo è il comportamento di una bambina, si disse. Una bambina lo eviterebbe.
Si fece coraggio e lo andò a cercare. Vedendolo, il suo cuore ebbe un tuffo. Era davvero la cosa giusta da fare? Probabilmente c'era un motivo se la evitava, probabilmente non le voleva parlare.
Al diavolo quello che vuole. Siamo in guerra, non ci possiamo prendere il lusso di evitarci, quindi ora vado a parlargli di cose davvero importanti. si disse per convincersi.
Quando gli si avvicinò, un lampo di sorpresa passò negli occhi di Axel. Anche se stava dicendo qualcosa a un soldato, smise di parlare e concentrò tutta la sua attenzione su di lei.
"Dobbiamo parlare" disse Lavinia, risoluta.
Axel abbozzò un sorriso.
"Ti ascolto."
"C'è qualcosa che non va. Prima l'attacco senza alcuna complicazione e poi gli abitanti spariti. C'è qualcosa che non va. Ti prego, dimmi che non sono l'unica a pensarlo."
Il ragazzo sembrava quasi felice.
"Non sei l'unica, ma non riesco a capire perché, sono due giorni che ci penso e ripenso."
Axel e Lavinia incamminarono per fare un giro: non riuscivano a ragionare con tutto il rumore che facevano i soldati.
Fu guardando indietro verso l'accampamento che Lavinia capì.
"Oh, no." mormorò.
Il ragazzo si girò verso di lei con aria interrogativa.
La foresta era più vicina.
"No, no, no, no!"
Lavinia guardò il cielo: era praticamente mezzogiorno. Il che voleva dire che fra poco sarebbero usciti. Gli urlatori.
Nessuno ne sapeva molto, in realtà, ma tutti speravano di non vederne uno neanche per sbaglio in tutta la vita.
Una delle poche cose che si sapevano era che uscivano da mezzogiorno al tramonto.
I due ragazzi iniziarono a correre verso le tende.
"Spero di non avere ragione... Ma spiegherebbe tutto! Ecco perché si sono fatti sconfiggere! Quelli di Doerate volevano che entrassimo nel loro territorio!" disse Lavinia con tono disperato.
"Avranno fatto sgomberare tutti i villaggi per lasciare che gli urlatori passassero, per farli arrivare qui!"
Il passaparola si sparse velocemente nell'accampamento, in un coro di mormorii spaventati. I soldati iniziarono a correre per l'accampamento in completo panico.
I tre comandanti scrissero un messaggio per ogni accampamento dei rispettivi regni, scrivendo velocemente "Urlatori, strategia, emergenza" completati da una serie di frasi sconnesse. Avrebbero pensato dopo (sempre che ce ne fosse stato uno) a spiegare bene la situazione. Dovevano solo sopravvivere fino al tramonto.
Con una serie di comandi, tutti i soldati furono radunati al centro dell'accampamento.
"Ora, qualcuno sa come si sconfigge un urlatore?" chiese Lavinia, che però non ci sperava molto.
Tutti scossero la testa.
"Va bene, allora dovremo fare qualche ipotesi. Cosa sapete degli urlatori?" chiese ancora. Ma sapeva di non aver tempo, sarebbero arrivati da un momento all'altro.
Nell'aria echeggiò un urlo. Non era un urlo triste, nè disperato, ma minaccioso. C'era qualcosa di disumano in quella voce. Disumano e malvagio.
L'accampamento calò nel silenzio improvvisamente. Ogni soldato ormai sentiva solo più il battito del proprio cuore, che sembrava essere impazzito.
Un altro urlo.
Non ce l'avrebbero mai fatta. Non sapevano neanche cosa aspettarsi.
Stiamo sprecando tempo prezioso. pensò Lavinia.
Ma d'altronde cosa potevano fare? Erano soldati in una terra straniera e spaventosa.
Un terzo urlo, sempre più vicino.
"Non c'è tempo per pensare a una strategia o lamentarci di quanto questi esseri ci siano sconosciuti" disse Axel, richiamando l'attenzione dei soldati. "Una cosa, però, la sappiamo: escono dagli alberi. Sono, per metà, alberi. E come si può sconfiggere qualcosa di legno?"
"Fuoco..." mormorò Lavinia, dando voce ai pensieri di tutti i soldati.
Un altro urlo: ormai erano alle porte dell'accampamento.

I soldati si schierarono intorno all'accampamento, circondandolo completamene. Alcuni tenevano semplicemente le spade sguainate, mentre altri avevano arco e frecce, che avrebbero infuocato attinendo da degli alti bastoni su cui era stato acceso il fuoco.
Dietro ai soldati erano accatastati dei mucchi di rami e pezzi di legno, che circondavano tutto l'accampamento e che, in caso estremo, sarebbero stati infuocati dagli unici due draghi che c'erano. Così facendo si sarebbe creata una sorta di barriera.
Una barriera del genere, però, non poteva restistere molto e il rischio che prendessero fuoco anche le tende era altissimo. Quelle, però, erano le uniche armi che avevano.
Era da qualche minuto che non si erano più sentite urla e l'aria era davvero tesa.
Lavinia e Axel erano vicini, con lo sguardo concentrato sugli alberi, in attesa di qualcosa che speravano non succedesse.


Poi, però, successe.
Un albero iniziò a contorcersi come se fosse mosso da un incontrollabile vento. Le foglie iniziarono a cadere e qualcosa si staccò dall'albero.
Una figura, che ricordava un umano solo lontanamente, fece un passo. Il viso era deformato, con degli occhi allungati con gli angoli rivoltati verso il basso come un sorriso triste e una bocca enorme spalancata come in un perpetuo urlo.
Avanzava lentamente, zoppicando per l'irregolarità dei rami che gli facevano da gambe e posando i piedi, che erano composti da radici, in modo che a ogni passo affondassero nella terra.
A un certo punto si fermò e urlò, per diversi secondi.
I soldati repressero l'istinto di tapparsi le orecchie, troppo impauriti perfino per sbattere le ciglia.
Non era un semplice urlo, però. Era un richiamo.
Tutti gli alberi della foresta si animarono e a quel grido disumano se ne unirono tanti altri.
Quel suono era insopportabile. Gli uomini caddero in ginocchio contorcendosi, con le mani sulle orecchie, senza essere in grado di opporre alcuna resistenza.
Poco dopo gli urlatori iniziarono la loro avanzata, interrompendo quel grido. E anche se procedevano lentamente, i soldati ci misero tanto a riprendersi che quando si ristabilì lo schieramento iniziale, ormai quelle creature erano quasi arrivate.
Lavinia guardò il cielo. Erano circa le due.
Da una parte, le sembrava che fosse passato solo qualche minuto da mezzogiorno, dall'altra sapeva che non sarebbero mai riusciti a sconfiggerli se non avessero attaccato subito.
La ragazza fischiò e subito gli unici due draghi si alzarono in volo.
Il primo attaccò, sputando fuoco su un gruppo di urlatori. Questi gridarono, ma le loro voci erano smorzate dal dolore, e i loro corpi incendiati rallentarono la loro avanzata, stando quasi fermi. Lo stesso drago li incenerì definitivamente ad un secondo tentativo.
Una prima freccia fu scagliata e fece centro, ma l'urlatore che era stato colpito non sembrò subire che un fastidio. Si limitò a spegnere il fuoco con un urlo e proseguì. Servirono ben quattro frecce prima che finalmente si accasciasse al suolo.
Anche Lavinia tirò e colpì un urlatore proprio nella bocca deformata. Questo cadde subito a terra.
"Colpite le bocche!" gridò la ragazza in modo che la sentissero più soldati possibile.
Ma per quanti urlatori colpissero, ne arrivavano sempre nuovi, le frecce iniziavano a scarseggiare e i draghi a stancarsi e finire il fuoco.
Erano ormai le cinque.
Un urlatore raggiunse i soldati e riuscì a prenderne uno. Urlò e la pelle del soldato sembrò sciogliersi, afflosciandosi e quasi colando, in uno spettacolo sanguinolento e disgustoso.
Il corpo esanime del soldato cadde a terra, ma la creatura sembrò aver rinnovate forze.
I compagni che gli erano vicini, assordati da quel grido troppo ravvicinato, furono una preda più che semplice, per gli altri urlatori che stavano arrivando.
Era ora di usare quella barriera.
"Ritirata!" urlò Axel.
Lavinia fischiò e quando i draghi le rivolsero la loro attenzione, ordinò loro di bruciare gli urlatori che stavano uccidendo i soldati, cercando di limitare le perdite.
Corsero all'interno dell'accampamento, sperando che il loro piano funzionasse.
Non tutti, però, erano entrati.
Dove era morto il primo uomo, come contagiati da un'epidemia, i soldati stavano morendo in massa, mentre gli urlatori acquistavano sempre più forza. Ormai non erano fermati neanche più dal drago.
Quella fu forse la decisione più difficile che i comandanti dovettero prendere: aspettare i soldati che ancora non erano rientrati, lasciando la possibiltà agli urlatori di entrare nell'accampamento, o alzare subito la barriera, condannando quelli stessi soldati a una morte certa?
Ormai le creature stavano per attraversare la barriera: non c'era scelta.
Lavinia ordinò a un drago di procedere con il piano.
L'altro drago, però, riuscì a volare fino ai soldati attaccati e a salvare quelli che erano solamente svenuti e stavano per essere uccisi.

La barriera bruciò.
Nessuno si sentiva ancora pronto a tirare un sospiro di sollievo, gli urlatori erano ancora troppo vicini e l'orrore per quello che avevano visto era ancora troppo vivo nella loro mente.
Il tramonto era arrivato relativamente presto, considerando tutto ciò che era successo in un solo pomeriggio.
James e i pochi soldati esperti in medicina che c'erano nell'accampamento si presero cura di tutti, a partire dai soldati che erano vivi solo grazie al drago.
Lavinia aveva deciso di farsi visitare tra gli ultimi: prima doveva avvertire gli alleati e aveva assolutamente bisogno di sapere come stavano gli altri accampamenti sul confine di Doerate.
Si pulì con dell'acqua il sangue che le era colato dalle orecchie durante la battaglia. Gli urlatori erano le creature peggiori che avesse mai visto in vita sua.

Anche quel pomeriggio avevano combattuto e anche quel pomeriggio non erano riusciti a dare una svolta alla guerra.
Jackson si sentiva inutile e stava iniziando a pensare che avrebbero combattuto per sempre. Era stanco, sporco e sudato, ma era ancora vivo, così come Gemma e Christine, che, nella battaglia di quel pomeriggio, era stata ferita a un braccio, anche se solo lievemente.
Oh, il ragazzo non aveva nessuna intezione di lasciare andare questa occasione di scoprire il "segreto dei guanti".
La accompagnò a farsi medicare, in un atto di finta gentilezza e le stette vicino fino a che non dovette togliersi un guanto, per far vedere la ferita.
Christine, che sicuramente non era stupida, aveva capito che il ragazzo aveva in mente qualcosa, così cercò di mandarlo via ripetutamente, non riuscendo però nel suo intento.
Il dottore guardò il lungo taglio della ragazza all'altezza del gomito. La medicò al meglio che poteva e le ordinò di non combattere per un giorno, come minimo.
"Certo non posso pretendere che tu stia molto a riposo." stava dicendo. "Dopotutto sei un comandante"
La congedò con un sorriso e Christine si rese conto che Jackson se ne era andato.
Oh, no pensò, non trovando il suo guanto. Mi sono distratta solo un secondo!
Maledì Jackson e gli attribuì vari epiteti che sicuramente il ragazzo non avrebbe gradito e iniziò a girare per l'accampamento cercandolo.
Quando lo vide camminare tranquillo fra le tende, ebbe un impeto di rabbia e represse l'istinto di strozzarlo.
"Jackson!" urlò.
Lui si girò e le sorrise, poi entrò nella tenda subito lì vicina.
Christine gli corse dietro, sempre più irata.
"Penso ci sia un motivo se tiene sempre i guanti, ma quando l'ho chiesto mi ha mentito." stava
dicendo il ragazzo a Gemma, che era la proprietaria della tenda.

"Questa me la paghi!" urlò Christine.
Gemma scosse la testa e sospirò divertita.
"E cosa ci nasconderebbe secondo te? Mmh?" chiese.
"Non sto nascondendo proprio niente" mentì l'altra "Ho una brutta cicatrice che non mi piace far vedere su una mano, va bene? Ho mentito perché sapevo che mi avresti chiesto di vederla e non voglio. Sei un ficcanaso."
"Visto, Jackson? Sei davvero un ficcanaso." disse Gemma ridendo.
"E tu ci credi pure? E non vuoi neanche vedere la ferita?"
"No, perché lei sa cos'è il rispetto! Solo perché quelli di Secreteyes hanno dei segreti non vuol dire che sia così per tutte le persone." disse aspramente Christine.
"Allora perché non ci tocchi, ora? Solo per provarci che non menti."
"Oh, ti posso assicurare che se ti toccassi adesso ti potrei strozzare!" urlò ricominciando a rincorrerlo. Il ragazzo, però, iniziò a scappare.
Gemma ne aveva abbastanza, così iniziò a urlare contro Jackson e lo rincorse a sua volta, riuscendo a prenderlo, alla fine.
Con il fiatone, consegnò il guanto alla ragazza, ma nel passaggio le loro dita si sfiorarono leggermente.
Christine si immobilizzò, con gli occhi spalancati, e stette così per diversi secondi. Poi sbiancò e tremò per un secondo, mormorando qualcosa.
Si riprese solo pochi momenti dopo, con lo sguardo degli altri due ancora fisso addosso.
"Volevi che ti toccassi? Eccoti accontentato." disse Christine mettendosi davanti a Jackson.
Gli tirò uno schiaffo con la mano senza guanto così forte che il ragazzo rimase rosso fino alla sera.
 

Angolo dell'autrice
Buongiorno! Già, sono in ritardo di un giorno, ma non accadrà più.
Allora, ecco l'asso nella manica! Ha soddisfatto le vostre aspettative? Beh, lo spero proprio!
Ma sarà l'unico o ci attendono nuove sorprese? Vi piacciono gli urlatori? Spero di non aver fatto la parte delle uccisioni troppo (o troppo poco) violenta, non sono molto esperta.
Christine ha toccato Gemma:  non è davvero successo nulla o c'è qualcosa che non va?
Al prossimo capitolo!
StellaDelMattino

 

   
 
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