PROLOGO: Un giorno non troppo Gioiglorioso
Alice tornava correndo sul sentiero di ghiaia mantenendosi la gonna azzurra
con entrambe le mani.
Appena
la videro arrivare, un coro di voci si alzò dal gruppo
riunito sotto
il gazebo bianco. La ragazza aveva tutti i capelli scompigliati ed
era affannata per la corsa.
«Vi
devo parlare madre» disse rivolgendosi alla donna dai suoi
stessi
capelli biondi che si trovava difronte a lei
«Alice,
dove sei stata?! Cosa è successo?»
«Vi
devo parlare. Ora.»
Sua
madre la seguì oltre un'alta siepe del giardino mentre tutti
le
guardavano con espressioni corrucciate e si bisbigliavano
all'orecchio commenti sull'inaffidabilità di quella giovane
donna e
di come non sarebbe mai potuta stare al fianco di Hamish
Ascot.
«Pretendo
una spiegazione, signorina e subito!»
«So
che non mi crederai, ma quello che è successo è
la pura verità»
«Ti
ascolto»
«Ricordi
l'incubo, quello che facevo ogni notte?»
«Alice
dove vuoi arrivare...»
«Ascoltami!
Te ne prego!»
Lo
sguardo di sua madre si addolcì, era quasi uno sguardo di
compassione «L'albero che sognavo esiste davvero,
è qui vicino, mi
ci ha portata un coniglio bianco con il panciotto e poi sono caduta
nella sua tana e sono precipitata giù. Una caduta
lunghissima, mi
sono ritrovata in una stanzetta e c'era una porta, come nei miei
sogni» sua madre aveva iniziato a scuotere la testa
«Alice,
sarai svenuta e avrai fatto qualche tuo strano sogno»
«NO!
Stavolta non è così! È
tutto vero! Anche i sogni che facevo da bambina erano veri! Non erano
sogni ma ricordi! E ho rincontrato lo Stregatto e il Cappellaio
Matto, la Regina Bianca e il Ciciarampa! L'ho combattuto e l'ho
decapitato! Loro mi aspettavano e io avrei potuto decidere di
rimanere lì invece di tornare da voi e apparire una
psicopatica!
Almeno tu, madre, devi credermi!»
La
sua espressione si era fatta dura
«No
Alice, io non ti credo. Quelle che stai raccontando sono solo
fandonie e hai bisogno di aiuto, vieni» la prese per un
braccio e
iniziò a strattonarla
«No!
Lasciami! Tu credi io sia pazza ma non è
così!»
«Ti
porterò da un medico, non possiamo andare avanti
così»
In
quel momento il cuore di Alice perse un battito. L'avrebbero portata
in uno di quei posti dove rinchiudono la gente fuori di testa; ma lei
non era una di loro, lei diceva la verità, ma nessuno era
disposto a
togliersi i paraocchi imparati a portare dopo tanto tempo per
compatire e condiscendere ai capricci di una ragazzina.
Sua
madre la stava trascinando verso la loro carrozza mentre lei si
dibatteva furiosamente tentando invano di divincolarsi.
«LASCIAMI!
LASCIAMI HO DETTO!» ormai sbraitava come un'ossessa in preda
al
panico e all'odio.
Bastò
che sua madre allentasse per un attimo la presa che lei già
correva
verso il bosco. Correva verso l'albero.
Spintonava
invitati e camerieri nel tentativo di raggiungerlo; le scarpe alte la
rallentavano, così le scalciò via e
continuò la sua corsa sfrenata
sull'erba. Ed eccolo lì, l'albero si stagliava difronte a
lei in
tutta la sua grandezza.
La
ragazza si avvicinò e si mise carponi per guardare nel buco,
ma in
fondo a questo c'era soltanto terra. Non si capacitava, non poteva
essere vero; iniziò a scavare freneticamente, fin quando non
le si
scorticò la pelle delle dita.
«No...No...NO!!!»
Alice gridava disperata «Perché?! PERCHÉ?!!!».
Urlava
così forte che chiunque l'avesse sentita avrebbe potuto
pensare che
la stessero seviziando.
«Cappellaio!
CAPPELLAIO! Bianconiglio ti prego! Ti prego...» le grida si
erano
trasformate in pianto. Un pianto anch'esso irrefrenabile.
Mentre
piangeva accoccolata al tronco dell'albero sentì qualcuno
afferrarla
per la spalla.
«Alice»
quella voce così calda e rassicurante le era tanto
familiare. La
ragazza alzò gli occhi e vide davanti a sé, nel
suo completo
eccentrico e con il cilindro ben piazzato sulla testa, il Cappellaio
Matto.
«Cappellaio!
Cappellaio portami a Sottomondo con te! Ti supplico andiamo
via!»
«Certamente
Alice Kingsley» le disse porgendole un braccio, lei lo
afferrò per
aiutarsi ad alzarsi ed entrambi si voltarono verso la Tana del
Coniglio
«Prima
le signore» fece lui con un ampio gesto della mano. Alice
guardò
nel buco e ora non se ne riusciva più a scorgere il fondo;
era una
cavità oscura. Le sembrava ancor più scura
dell'ultima volta, ma
non aveva tempo per pensare, doveva andare via prima che venissero a
cercarla; così dopo aver dato un ultimo sguardo indietro,
saltò.