Fior
di Maggio.
Odiandoci...
I
suoi passi affrettati risuonavano lungo il corridoio.
Tutta
colpa di quella pettegola della Tyler.
Aveva
scelto davvero un brutto momento per tutte quelle
sue domande.
Ora
che ci pensava non avevano tanto senso.
Ma
accantonò quell’idea per il momento.
Ciò
che più importava era arrivare puntuali, ma
sembravano esserci ostacoli ad ogni suo passo.
Uscito
dal castello, una folata di vento lo investì,
così chiuse meglio il suo mantello, mentre a grandi passi,
raggiungeva il campo
di Quidditch.
Stava
guardando per l’ennesima volta il suo orologio,
quando un vento gelido la travolse, facendo volare alcune foglie e
scomponendole i capelli.
Aveva
chiesto ad alcune delle sue amiche più fidate di
intralciare Lucius, allo scopo di farlo arrivare tardi al loro incontro.
Sapeva
che Lucius odiava i ritardatari, come sapeva che
i suoi non erano altro che sciocchi dispetti.
In
fondo lei non odiava Lucius.
Voleva
solo che capisse di aver sbagliato nei suoi
confronti.
Lei
non era una ragazzina qualunque.
“Sei
speciale per me”.
Erano
queste le parole che Lucius le ripeteva da
bambini; lei si era sempre fidata di lui, credeva a tutto
ciò che diceva.
Si
chiese, sistemando una ciocca di capelli più corta
dietro l’orecchio, quante altre bugie le avrebbe raccontato,
se lei si fosse fidata
ancora.
Imponendosi
di smetterla di ripensare al passato,
controllò ancora l’orologio.
Erano
le 17:30.
Pensò
sbuffando che le sue amiche stavano esagerando.
Si
ripromise di fare due chiacchiere con loro, più
tardi.
Ciò
che le serviva non era mettere fuori gioco Lucius
Malfoy, ma fargli fare ritardo, per poi cercare di imparare qualcosa di
Erbologia.
Già
sentiva le scuse di Lucius per il suo ritardo
mentre lo sgridava per il suo ritardo.
La
sua ramanzina già rimbombava nella sua mente; le
parole premevano per uscire dalle sue labbra.
“Black,
quando vuoi”.
La
voce del biondo la riscosse dai suoi pensieri.
Effettivamente
non aveva calcolato chi sarebbe
stato il destinatario di quella predica.
“Sei
in ritardo, Malfoy” soffiò
lei, aspra.
“Un
Malfoy non è mai in ritardo. Avevo solo voglia di
farti aspettare qui al freddo.” Ricambiò lui.
Narcissa
sbuffò ancora una volta, stringendosi nel suo
mantello.
Non
credeva fosse così pieno di sé.
In
realtà da quando aveva messo piede in quella scuola,
aveva fatto di tutto per evitare di incontrarlo, e da quanto detto
quella
mattina, aveva svolto un ottimo lavoro.
Ma
presto o tardi, chi cerchi di evitare, bussa alla
tua porta.
E
l’ego di Lucius l’aveva addirittura sfondata.
“Quando
torni in te, sei pregata di raggiungermi negli
spogliatoi maschili. Vedi
di non far
tardi!” La ammonì lui, avviandosi verso la piccola
costruzione poco distante.
“Ora
sono io la ritardataria!” si ritrovò a
pensare, mentre lo raggiungeva.
Erano
lì da quanto? Le sembravano ore, mentre la testa
le doleva sempre più.
Le
parole di Lucius le apparivano sempre più distanti,
mentre il braccio su cui aveva poggiato la propria testa scivolava
lungo la
panca di legno.
Chiuse
piano gli occhi, per fissare meglio i concetti,
si disse.
Subito
un tonfo la riscosse, facendola scattare in
piedi.
Inspirò
profondamente, facendo mente locale di tutto
ciò che la circondava.
Abbassò
in fretta lo sguardo, notando lo sguardo
divertito di Lucius, placidamente seduto sulla panchina in legno
chiaro, con quel
perenne ghigno sulle labbra e un pesante tomo di Storia della Magia ai
suoi
piedi.
“Che
allieva modello che ho, davvero” , la prese in
giro lui, mentre Narcissa rispose prontamente “Non
è come sembrava. Stavo
fissando meglio i concetti.”
Ma
non fu convincente nemmeno per sé stessa.
“Non
sei mai stata brava a mentire.” Disse calmo
Lucius, “Fatto le ore piccole, per caso?”.
Narcissa
sbuffò; per un istante si era illusa che il suo
Lucius fosse tornato, ma si
sbagliava. Aveva persino rincarato la dose!
“Già.
Ho avuto persino un incubo mattutino.” Ma lei non
fu da meno.
A
quelle parole Lucius non poté che ridere
sommessamente.
Scostò
i libri che erano aperti al suo fianco,
facendole segno di sedersi.
Lievemente
timorosa lo assecondò, ritrovandosi a pochi
centimetri da lui.
“Piccola
Cissy, non sarai mica spaventata da me?”
Sentendo quelle parole, si arrabbiò senza un motivo preciso.
“Io
non sono più la tua Cissy!” scandì ogni
parola con
una freddezza inaspettata, “Ho smesso di esserlo quando mi
hai abbandonata. E
adesso smettila di fare il farfallone con me”.
I
suoi occhi tradivano però quell’apparente apatia.
Erano
le onde di un mare in tempesta, che si infrangeva
contro le navi di marinai temerari.
E
Lucius non riuscì a non morire dentro.
Si
sentì improvvisamente vuoto, mentre il senso di
colpa si faceva strada nel suo animo, senza che se ne accorgesse.
Provava
ancora simpatie per la sua vecchia compagna di
giochi e questo non doveva accadere.
Gli
era stato vietato categoricamente da suo padre, lo
stesso giorno in cui si salutarono per l’ultima volta.
Era
stato così sciocco a mentirle.
Aveva
perso la sua migliore amica.
Fu
come se tutta l’aria fosse stata risucchiata al
suono delle parole di Narcissa.
Si
alzò e in tutta fretta raccolse le sue cose.
Anche
la ragazza scattò in piedi, continuando velenosa
“Sei
solo un vigliacco! Anche ora stai scappando dai problemi. Non accetti
le tue
responsabilità! Non l’hai mai fatto…
Perché farlo ora con me, con una sciocca
ragaz-..”
Le
sue parole vennero smorzate dalla stretta di Lucius
sul suo collo, mentre la schiena, dolente, premeva contro il muro dello
spogliatoio maschile.
Sentiva
le lacrime che prepotentemente volevano uscire,
mentre la mano di Lucius si chiudeva sempre più, iniziando a
segnarle il
candido collo.
“Non
osare mai più parlare con me a questo modo. Non ne
hai alcun diritto! Tu non sai! NON SAI!”
Sentiva
il fiato venirle meno, mentre le lacrime
iniziavano a scendere senza sosta, annebbiando la sua vista, negandole
così di
vedere la maschera di crudeltà formatasi sul volto del
ragazzo.
“Sono
comunque d’accordo con te.” Continuò.
“Non ti
devo alcuna spiegazione. Sei davvero una sciocca ragazzina. Per giunta
petulante!”
Lasciò
il collo della ragazza, che si accasciò sulla
panchina, massaggiandosi il collo senza smettere di piangere.
“Ho
già perso troppo tempo con te.” Prese il suo
mantello e la sua borsa e si incamminò verso la porta; nei
pressi di questa si
fermò, sembrò riflettere su qualcosa, mentre
Narcissa sperava che fosse
rinsavito, che avesse capito il suo errore, ma le parole di Lucius la
colpirono
di nuovo, come una stilettata nel cuore.
“Ti
consiglierei di trovare un nuovo insegnante, ma
sarebbe come dare perle ai porci. Sei persino peggio di
un’insulsa MezzoSangue.
“Ti
do un consiglio, torna pure ad evitarmi. Non voglio
avere più niente a che fare con te.”
Detto
questo uscì, lasciando una piccola Black scossa
da tremiti e singhiozzi.
***
Perdonate
il mio ritardo…
Non
avevo più ispirazione, nonostante la
mia dilagante fantasia (che purtroppo si palesa solo riguardo
futilità).
Forse
questo capitolo non piacerà, ma
Lucius non può tornare ad essere l’undicenne
spensierato dei primi capitoli
solo perché Narcissa ora è di nuovo nella sua
vita.
Sarebbe
insensato.
Ma
forse non è poi così impossibile
tornare ad essere spensierati.
E’
solo molto difficile dimenticare il
passato.
Ringrazio
comunque
Lady_2008
e
Lorhen,
vi
ringrazio davvero tanto.
Mi
spiace non aver aggiornato prima, ma
cercherò di non tardare più.
Ringrazio
inoltre anche calliwen,
frafave,
spikina, che hanno aggiunto questa storia
fra i preferiti ^-^
Al
prossimo
capitolo ^_^
taRtRuGa