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Autore: Lady Stark    17/10/2014    2 recensioni
"Il mondo è un luogo così crudele"
Nel profondo ventre della terra, il ruggito di un drago risveglia la notte diffondendo in essa oscuri presagi.
Il sangue della vestale macchia gli affilati artigli della bestia, le catene che trattenevano la sua furia si sono ormai spezzate.
La sacerdotessa inneggia la sua preghiera alla ricerca di una giovane donna che rimpiazzi quello sfortunato destino fatto di violenza e dolore.
La musica di un sorriso che non ha mai conosciuto, condurrà Len in un lungo viaggio alla ricerca della sorella scomparsa tanto tempo fa, quando lui era solo un bambino.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaito Shion, Len Kagamine, Meiko Sakine, Miku Hatsune, Rin Kagamine | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kaito, delle terre dell'Est. ~ Chapter IV

 

Entrare in città non fu poi così difficile come Len si era immaginato.

Mano a mano che il ragazzo si avvicinava, le mura granitiche diventavano sempre più grandi. Allo stesso tempo, cresceva esponenzialmente la massa di gente che attendeva di poter accedere alla Capitale.

Il ragazzo frugò tra i visi lì raggruppati alla ricerca di qualche occasione per insidiarsi clandestinamente in uno di quei convogli di grassi mercanti di stoffe.

Len scrutò a lungo la folla perdendo, ogni minuto che passava, un briciolo di speranza in più; tutti i commercianti avevano almeno due paia di valide braccia che sollevavano e spostavano merce al minimo ordine del loro padrone. Alla fine però, con suo enorme sollievo, notò al margine della strada un vecchio schiavo dall'aria lacera che stava cercando di sollevare un pesantissimo sacco di patate; i suoi padroni erano poco più avanti pronti a mostrare la necessaria documentazione alle annoiate guardie in cotta di maglia. Len nascose con attenzione l'elsa della vecchia spada che sua madre gli aveva affidato prima di partire; un tempo quella stessa lama era stata brandita da suo padre.

-Serve una mano?- chiese con gentilezza appoggiando una mano sulla spalla livida del vecchio che, alzando gli occhi cisposi, lo squadrò da capo a piedi con furbizia.

-Perché no...Prendi questo.- disse battendo il palmo della mano contro al sacco di tuberi che aspettava alla sua destra; Len fece pressione sulle ginocchia sentendo i muscoli delle braccia tendersi allo spasimo. Il vecchio schiavo trotterellò avanti, beandosi di quel minuscolo lampo di libertà; nella sua mano sinistra ondeggiava un sacchetto pieno di erbe aromatiche, a considerare dalla fievole scia che questo lasciava al suo passaggio. Una volta superato il grande arco di confine, Len appoggiò di peso il sacco a terra cancellandosi una goccia di sudore con il dorso della mano.

-Grazie per l'aiuto, buon uomo.- disse il ragazzo prendendo dalla tasca posteriore dei pantaloni da viaggio una consunta moneta di rame. Lo schiavo gliela strappò letteralmente dalle mani osservando con occhio bramoso la piccola monetina prima morderla per saggiarne la qualità.

-E' un piacere fare affari con giovani così volenterosi.- lo salutò esibendosi in un sorrido viscido come il dorso di un serpente.

Len non aveva mai incontrato tanta gente pressata insieme, né aveva mai visto tante strade serpeggiare ed intrecciarsi tra le case. Rumori, odori, visi e movimenti si scagliarono contro ai sensi del giovane lasciandolo per un attimo stordito ed attonito contro ad un muro coperto di muschio verdastro. Camminando su per la strada che conduceva al ricco quartiere del mercato, il ragazzo si ritrovò a schivare monelli coperti di fango, donne che fumavano foglie di nicotina nere mettendo in mostra sorrisi famelici e carretti dalle ruote storte. I suoi piedi finirono in una pozza maleodorante di acqua stagnante quando un uomo irsuto come un orso lo colpì per passare, ondeggiando la sua prominente pancia coperta di pustole dal colorito preoccupante.

Len strinse l'elsa della spada sotto alla cappa scura che gli avvolgeva le spalle; il nervosismo lo stava divorando ma, con un paio di profondi respiri, si impose la calma.

Le guardie della città marciavano regolarmente in nutriti gruppetti per quelle strade malfamate; le loro mani fasciate da guanti bianchi erano appoggiate sulle impugnature delle fruste o delle lame di acciaio.
Il cambio di quartiere fu più lento del previsto; malgrado stesse continuando a salire da almeno un quarto d'ora, le case erano ancora ammassi maldisposti di assi di legno.

Una donna gli passò accanto trascinandosi alle spalle un paio di ragazzini tanto magri da sembrare piccoli scheletri camminanti; Len inorridì premendosi una mano sulla bocca.

Gli occhi del ragazzo si rivolsero verso al torreggiante palazzo che dominava sui due quartieri sottostanti; l'oro delle decorazioni sfavillò come se tra i mattoni vi fossero incastonati frammenti di stelle.

Come poteva una parte della città essere così povera da non permettere ai suoi cittadini di nutrirsi adeguatamente quando il palazzo reale era ricoperto da vere e proprie schegge di ricchezza?

Il ciondolo prese a fiammeggiare contro al suo stomaco costringendolo ad abbassare lo sguardo; di fronte a lui a pochi metri di distanza, stavano camminando tre militari affiancati.

Le loro armature tintinnavano ad ogni loro passo assieme ai finimenti delle lunghe spade da combattimento che portavano al fianco; sul petto, inciso in sfumature ametista e argento, spiccava in tutta la sua gloria lo stemma della Casata regnante.

Una vertigine gli chiuse lo stomaco mentre, schegge del passato tornavano a tormentare la sua mente con singolare intensità. Il ragazzo barcollò all'indietro sbattendo bruscamente contro al muro; gemendo scivolò verso il basso per poi prendersi il viso tra le mani tramanti.

Il passato fluì di fronte ai suoi occhi dilatati conducendolo indietro, verso un momento della sua vita che mai si sarebbe potuto ricordare. Un soldato prelevò da un piccolo lettino sfatto una bambina in lacrime; sul suo petto Len riuscì chiaramente a distinguere il medesimo blasone che ornava le armature di quei soldati: un serpente dalle scaglie rosa che si avvolgeva protettivo attorno ad un aureo scettro d'ossidiana.

Quegli uomini ed il potere che rappresentavano avevano portato via sua sorella; erano stati loro a ridurre in cenere la vita di sua madre. Il ragazzo strinse con tanta forza il pugno che le unghie incisero la carne facendo sbocciare stille di sangue.

Per quanto gli risultasse inconcepibile, al centro di quel misterioso rapimento doveva necessariamente esserci la Casa Reale.

Un conato di vomito rivoltò lo stomaco del ragazzo quando la visione si dissipò, lasciandolo tremante in quell'angolo che puzzava di urina. I soldati risero dandosi il gomito quando videro in che condizione pietosa versava; Len si asciugò le labbra con il dorso della mano fulminando alle spalle i tre militari.

Silenzioso come mai era stato nel corso della sua breve esistenza, il ragazzo prese a pedinarli mantenendosi cautamente a debita distanza.

Ogni qual volta i tre si fermavano per farsi una risata o apprezzare con un fischio gli scollati abiti di una donna, Len si acquattava nell'ombra in attesa che quegli sciocchi riprendessero la loro marcia.
Il giovane sapeva benissimo che per scoprire qualcosa di significativo riguardo sua sorella avrebbe dovuto avventurarsi tra le mura vigilate del palazzo reale.
Non aveva un piano, ma seguire i soldati gli avrebbe permesso di raggiungere più velocemente il quartiere dei ricchi mercanti.

I militari, dopo neanche dieci minuti di cammino, lo condussero dritto dritto verso la piazza principale della Capitale, proprio come lui aveva sperato. Len era così assorbito dal pedinamento che neanche si accorse del rapido cambiamento delle strutture che lo circondavano; i colori del quartiere borghese erano decisamente più vivaci ed esplodevano in un tripudio di sfumature sui muri eleganti delle dimore dei più ricchi. La fragranza del pane fresco e dei fiori appena raccolti si sostituì all'orrido lezzo del cibo marcio e dell'urina di gatto; le voci arrochite dal fumo si tramutarono nell'allegra cacofonia dei mercanti e degli strilloni che sventolavano le pagine del giornale appena stampato.

Len perse di vista i tre uomini ed in quel momento la piazza centrale lo divorò, lasciandolo sconvolto a vagare in un mare di donne dell'alta-medio borghesia vestite di satin, galanti gentiluomini dalla barba curata e mercanti dalla prominente pancia flaccida. Il ragazzo si guardò intorno febbrilmente senza però trovare traccia dei tre che fino a quel momento aveva seguito.

Len imprecò a mezza voce passandosi una mano nei capelli folti prima di soffermarsi ad osservare con più attenzione l'imponenza della struttura a cielo aperto in cui era finalmente giunto.

A pochi metri di distanza da lui, al centro del piazzale lastricato di delicate mattonelle di mosaico, svettava la statua di un drago dalle fauci spalancate.

Il granito nero di cui era composta sfavillava ogni qual volta un raggio di sole si posava sulle scaglie splendidamente definite della bestia.

Il giovane si mosse a disagio quando gli occhi vuoti della statua sembrarono appuntarsi sulla sua pelle.

L'artista che aveva catturato nella pietra quell'imperiosa posizione di battaglia doveva essere stato pagato fior di quattrini dallo stato commissionante; la creatura era accucciata su un globo straziato dai suo lunghi artigli, il collo forte si sollevava verso l'alto per lanciare contro il cielo un ruggito di sfida.

Le ali fibrose, spalancate sulla schiena coperta di spine ricurve, proiettavano sulla piazza una lunga e minacciosa ombra dai bordi frastagliati. I bambini correvano in tutta tranquillità sotto a quell'oscura penombra eppure il ragazzo non vi si avvicinò, sentendo lo stomaco contrarsi per il nervosismo.

Len si girò di scatto per distogliere l'attenzione dal luttuoso riverbero, ma nel farlo andò sbadatamente a sbattere contro il petto di un uomo che tranquillamente passeggiava assieme alla sua lady.

Il gentiluomo lo fissò con palese disgusto mentre con il piatto della mano puliva il prezioso tessuto del doppiopetto.

-Credo che tu debba prestare più attenzione a dove metti i piedi, popolano.- insinuò storcendo le labbra arroganti mentre la donna al suo fianco ridacchiava, portandosi il ricamato ventaglio davanti alle labbra.

Len strinse tanto i denti che lo smalto scricchiolò minacciosamente; fece un mezzo passo avanti deciso a rispondergli per le rime, ma una mano si chiuse inflessibile attorno alla sua spalla tirandolo in disparte.

-Sono davvero mortificato. Il mio amico non avrebbe dovuto tediare voi nobili signori. È un tale sbadato.- commentò una voce sorridente alle sue spalle mentre il lord si aggiustava la giacca soddisfatto, allontanandosi a testa alta con quell'oca della moglie.

Quando furono abbastanza lontani da non essere a portata d'orecchio, l'uomo abbandonò la presa.

-Nessuno ti ha insegnato che non bisogna contraddire questi signorotti con la puzza sotto il naso, ragazzo?-.

Len si allontanò ringhiando come un animale braccato mentre l'individuo sollevò le mani in segno di resa silenziosa.

-Non avere paura, non sono qui per farti del male.- sorrise amabilmente quasi come se quel semplice gesto avesse potuto calmare i nervi tesi del giovane dai capelli dorati.

Lo sconosciuto era più alto di Len di almeno sei o sette centimetri, il viso era misteriosamente coperto per metà da una maschera bianca, intarsiata qui e là di sfumature d'oro.

Il corpo slanciato dell'uomo era avvolto da un fitto intreccio di morbidi drappeggi color oceano e cielo; al suo collo pendeva un importante, singolare collana fatta di rame smaltato.

Per quanto i suoi viaggi fossero stati ristretti e brevi, Len avrebbe riconosciuto quello stemma ovunque.

-Sei un mago?- chiese stupito sgranando gli occhi mentre tra le dita dell'uomo serpeggiava una piccola scia di faville.

-Sono stupito di vedere che qualcuno non ci etichetta solo come semplici girovaghi di strada.- disse l'uomo prima di esibirsi in un reverente inchino degno di un re. Len distolse lo sguardo a disagio, grattandosi distrattamente la nuca in ricerca delle parole necessarie che l'avrebbero tolto da quell'impiccio imbarazzante.

-Piantala, ci stanno guardando tutti.- borbottò alla fine colpendo appena alla spalla l'individuo ancora prostrato; il Mago si sollevò scostandosi con un gesto della mano i capelli dall'unico occhio scoperto.

-Bene, mio giovane amico, non conosco ancora il tuo nome.-

-Vale lo stesso per me.- ribatté il ragazzo mantenendosi sulla difensiva mentre lo sconosciuto ridacchiava facendo così tintinnare il pendente che gli ondeggiava al collo.

-Sei scaltro, ragazzo.- commentò ancora il mago prima di afferrare il polso di Len per trascinarlo via, lontano dalla statua e da tutta quelle orecchie in attesa di ricevere un gustoso pettegolezzo da spolpare.

-Ma si può sapere che cosa vuoi da me?- chiesi d'un tratto il giovane sottraendosi alla presa ferrea del Mago che, arrestò bruscamente la sua fuga per voltarsi di nuovo verso Len.

-Semplice: voglio aiutarti.-

-Che cosa?!- un tripudio di emozioni confuse si mescolarono tutte assieme nel petto del ragazzo.

Quello stregone credeva davvero che lui si sarebbe fidato? Era forse pazzo?

-Ho visto come guardavi quelle guardie.. Forse potrei aiutarti a portare a compimento il tuo piano suicida.- sussurrò l'uomo scoprendo i denti; Len arretrò di un altro passo spostando le dita sull'elsa della spada che, sapientemente, aveva tenuto nascosta sino a quel momento sotto al drappo del suo mantello bordato di pelliccia.

-Vuoi davvero fare una cosa così sciocca?- chiese il mago rivolgendo un'occhiata annoiata e delusa alle dita contratte sul fianco, lì dove la fedele impugnatura pazientava.

Len rimase senza fiato ma malgrado ciò non arretrò, digrignando i denti.

-Non mi fido di te.-

-Non so dirti se la tua scelta sia giusta o sbagliata; ma ascoltami prima di mettere mano all'acciaio, ragazzo. Se desideri uccidermi sarò costretto a prendere provvedimenti poco piacevoli, sia per me che per te.- la sua voce si abbassò, caricandosi di una minaccia gelida come il ferro.

Len deglutì a vuoto ma abbandonò l'idea di fronteggiare in uno scontro aperto quel mago interamente vestito di seta blu.

-Così va meglio.- approvò lui battendo allegramente le mani prima di afferrare il lembo del cappuccio che fino a quell'istante gli aveva fasciato la testa. I capelli blu scivolarono arruffati sulle sue orecchie, lunghi pressoché fino alle spalle.

Successivamente, l'uomo si tolse di dosso anche la maschera che copriva metà del suo viso, rivelando così un elegante tatuaggio che si contornava la parte esterna dell'occhio sinistro.

-Io sono Kaito, Stregone nato nelle lontane terre dell'Est dove l'antico respiro della magia ancora scorre nel sangue delle genti.-

Il mago gli tese una mano con un sorriso bendisposto, all'apparenza del tutto innocente.

-E' un piacere conoscerti, ragazzo.-

Len prese un bel respiro ed afferrò le dita dell'altro con fare grintoso. Non sapeva cosa quel tale avesse da digli; ma se davvero poteva aiutarlo nel suo intento, non si sarebbe mai tirato indietro dall'accettare un suo servizio, qualunque fosse stato il costo da pagare.

La vita è fatta di rischi.” .

-Mi chiamo Len e sono alla ricerca di mia sorella.-

Il Mago sorrise ed il ragazzo si augurò silenziosamente di non aver appena commesso il più grande errore della sua vita.

   
 
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