Io.
Vorrei chiudere
gli occhi e ascoltare sospiri che fluiscono da una folata di vento,
chiedendo
se sarò mai diversa da quella che sono.
Se smetterò mai
di soffrire, di provare questa dilaniante malinconia, di essere in
balia di
onde di tormenti.
Piango quasi
sempre, se penso di non essere riuscita a costruire quel mondo che
è rimasto
imprigionato nei miei sogni di ragazza, ingenua e romantica.
A che cosa serve
sognare, amare, desiderare, se sotto la pietra che ricopre gli attimi
della
vita si celano soltanto le trappole del destino?
E’ importante,
per me, saperlo.
Ho cercato
disperatamente di non sentirmi abbandonata, ho cercato qualcuno che
sapesse
amarmi, ma soprattutto un amico.
Quante
sfaccettature ha la disperazione? Quanto profondo può essere
un baratro che ti
ingoia? Quanto si può sprofondare giù, senza aria
nei polmoni, stritolata da
spire di delusione?
Ho sperato di
scorgere i lembi di qualcosa che potesse essere anche solo
sincerità, ma sono
stata uccisa tante volte, e tante volte sono rinata, e poi uccisa
ancora, da
una spietata indifferenza.
Voler essere
felici è un’utopia, ci ritroviamo sempre soli alla
fine, friabili esemplari di
rinunce e di gretto egoismo
Eppure ci credevo,
pensavo di poter essere felice e solo adesso ho capito di essere
un’illusa.
Istintivamente
reagisco, anche se non posso fare nulla, se non rassegnarmi.
Urlo, piango,
lacerandomi la pelle e so che se riuscissi a penetrare un poco
più a fondo,
troverei un’anima morente. La mia.
Fine.