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Autore: Ayllodie    18/10/2014    2 recensioni
"e giuro di non aver mai visto niente di più bello del giardino e delle bellissime rose nere rampicanti sulle torri, o almeno pensavo fino a qualche momento dopo. il mio sguardo cadde su una finestra dei corridoi
e no, non era il corridoio la bellissima visione."
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Allora ragazzi, mi chiamo Ayllodie ma chiamatemi più semplicemente lodie se volete, questa è una premessa che voglio fare: è la prima storia che scrivo e sono davvero nervosa, quindi prima di recensire vorrei che teneste bene a mente che... sono una novellina, ecco.
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Cosa c'è di peggio di perdere l'anima? Non averla mai avuta, diceva un vecchio mio amico. Eppure sono sicuro che anche qui, in questa stanza, metà delle persone non ha mai avuto un anima e voglio dire, se la passa anche abbastanza bene. sarà vero il detto "Ottieni tante anime d'oro e la tua perde di valore"? io mi trovo ancora a disagio. 
La stanza è enorme, e quasi troppo rumorosa per il troppo silenzio, si sentono solo i sospiri degli invitati a sedere intorno al largo tavolo rettangolare. Una voce ruppe il silenzio "Tu, mio primogenito, Non salirai al mio trono, non lascerò che si infanghi l'onore della famiglia" si udirono suoni sorpresi a bassa voce ma percepibili, ed era così, non avrei ereditato il potere di mio padre, non avrei potuto utilizzare il suo cognome nuovamente, almeno non in luoghi pubblici, e avrei detto addio per sempre alle comodità perchè da quel momento in poi la mia vita sarebbe diventata un inferno, anzi una morte

"Non ho intenzione di oppormi, umile padre" chiusi gli occhi, fissai per un minuto il centro tavola e ancora più su incrociai lo sguardo di mio padre, colmo di rabbia, astio e disgusto nei miei confronti.  "Il nome di un uomo ti fu negato dai tuoi stessi genitori, ora sparisci dalla mia vista prima che scateni la mia collera su di te" detto questo feci un piccolo inchino e con spalle in fuori petto fiero e sguardo forte oltrepassai la porta della sala da pranzo senza guardarmi indietro, in quel momento pensai "forse non rivedrò mai più il volto di mio padre in vita mia"
e quel pensiero non mi dava particolarmente fastidio, anzi, sembrava quasi una speranza.

I corridoi del castello reale dei Lockwood erano immensi. Non ho mai avuto il privilegio di percorrerli, ne tanto di vederli all'interno non contando le sbirciate di nascosto alla finestra. Avevo sentito dai cavalieri della tenuta che erano grandi, alti, immensi, potevano contenere tanti esseri diversi in quantità massicce, e non si soffocava mai per via delle grandi finestre, e giuro di non aver mai visto niente di più bello del giardino e delle bellissime rose nere rampicanti sulle torri, o almeno pensavo fino a qualche momento dopo. il mio sguardo cadde su una finestra dei corridoi
e no, non era il corridoio la bellissima visione.
Un ragazzo, dai lunghi capelli amaranto, i vestiti splendenti, con un adorabile naso all'insù e pelle cerata. mi nascosi dietro un cespuglio, anche sapendo bene che da quel punto del giardino era pressoche impossibile vedere una persona, mi imbarazzava troppo anche pensare di entrare nel suo campo visivo. Quindi con il timore che potesse vedermi, ripresi a tagliare le siepi del giardino -perchè è questo che facevo, mi prendevo cura dei giardini signorili per pochi spiccioli- rigido come un palo di legno per poco non mi tagliai un dito con le cesoie, e in seguito per un soffio non caddi nel laghetto a confine con le suddette siepi. Mi chiesi cosa mi stesse succedendo e perchè fossi diventato impacciato e goffo tutto d'un tratto, poi capìì con mia sorpresa,
mi stava guardando.
"supervista?" pensai.


Aveva i lineamenti diversi dai miei, era della mia stessa specie, ma aveva decisamente la pelle più scura della mia, olivastra direi. gli occhi vispi, capelli mossi e.. un improponibile rossore sulle gote. lo fissai per qualche momento, chiedendomi quando e come avessimo assunto dei giardinieri, ma più il come mi domandavo il perchè dato che le piante sono autosufficenti qui.
Mi avvicinai alla finestra e poggiai una mano sul davanzale "Ehi, che stai facendo qui" lui non rispose, si limitò a tagliare la siepe, forse non capendo che ero rivolto proprio a lui "ragazzo dai capelli neri, dico proprio a te." a quel punto si girò verso di me, ma non incrociò lo sguardo neanche per sbaglio. disse piano fermando le cesoie "taglio-- ... le siepi" divenne ancora più rosso di prima e ricominciò a tagliare i poveri rametti. 
"Beh.. almeno cerca di non affaticarti troppo, fai una sosta, se proprio devi farlo" detto questo mi incamminai di nuovo per il vasto corridoio, con la coda dell'occhio continuavo a guardarlo solo per vedere se davvero stesse facendo una sosta, ma niente: aveva proprio l'aria dell'instancabile lavoratore per nulla.

Percorrevo il corridoio infinito, poi arrivai finalmente al portone che indirizza direttamente al salone di entrata, era assurdamente enorme, con un lampadario di diamante nero enorme che pendeva sopra la mia testa so bene che mio padre avrebbe voluto vedermici morto sotto quel lampadario. Mi guardai intorno e vidi un piccolo ometto tutto ricoperto di pezzi di metallo addosso, o più normalmente chiamata "armatura" 
"Salve generale krant" feci un inchino e lo guardai dal basso, quest'ultimo mi rispose con una sonante sberla sul collo "SEL, DA QUANTO TEMPO! allora? come vanno gli allenamenti alla spada? e le arti oscure?" Io lo guardai con un aria un po' affranta poi sorrisi e guardai di nuovo le mie scarpe "Non penso io possa più fare niente del genere da oggi in avanti, mio padre mi ha rinnegato, il potere andrà a mia sorella"
L'ometto mi guardò con un aria un po' infastidita "Quell'uomo non lo capisco, proprio non lo capisco. tu hai tutta la stoffa di ereditare il suo potere, appena finisco gli allenamenti con i ragazzi quel vecchio burbero mi sente." Era proprio seccato, e si vedeva.
 
Krant turker era un piccolo ometto, dalla barba folta rossa- gli occhi completamente neri e i capelli lunghi rossi con la ricrescita bianca. Un ometto basso ma massiccio con delle competenze fuori dal comune in quanto arti oscure, e lotte alla spada, si dice che per guadagnarsi il posto di primo ufficiale all'allenamento delle truppe reali abbia sconfitto tutti gli eredi al trono dei Lockwood dal mio bisnonno si può dire una persona longeva con molta forza ancora in età anziana.

"Krant, non c'è bisogno che tu dica niente a mio padre, ho intenzione di andarmene in ogni caso" lui che era di spalle rivolto alla finestra, si voltò piano verso di me e mi guardò con l'aria turbata di un padre "non puoi farlo sel. Se la gentaglia la fuori sapesse cosa sei, e da dove vieni, succederebbe l'incomparabile. Lo sai." Cominciò a camminare svelto verso l'uscita al giardino "Ma krant. Io- .. Io so difendermi! mi hai insegnato tu, ricordi? Mi dicevi che avrei potuto fare qualsiasi cosa dopo il mio sedicesimo compleanno, ricordi?" Lo seguii come un cane smarrito, e il mio frignare somigliava totalmente a un cane in cerca di cibo. "Assolutamente no. Non posso farti uscire dal castello." scosse la testa e a quel punto alzai la voce "Ma Krant! io ho bisogno di usci-" Mi interruppe subito rispondendo a tono "No Aysel Stephen, tu non puoi uscire dal castello, e non potrai farlo, finchè tuo padre non ti accetterà come suo legittimo erede al trono. per adesso se tu uscissi da queste mura, saresti come una debole femminuccia. E non lo dico perchè penso che tu sia debole, lo dico perchè penso che gli altri siano troppo furbi per te"
rimasi in silenzio a guardarlo, mi zittii completamente, sentivo le guance rosse di rabbia e di pianto, stavo per scoppiare in uno dei miei pianti isterici, ma mi trattenni. Sapevo che aveva ragione, quindi decisi di fissare l'erba del giardino.
"devo andarmene da qui" Ripetevo tra me e me
Mi feci scappare di bocca questo pensiero e a quanto pare non ero il solo a pensarla così

"Io potrei... aiutarla, ehm- signorino, se vuole"
Riconobbi subito le parole impastate, anche avendole udite una volta sola
mi girai e lo trovai dietro di me a tre metri di distanza, con i guanti tra le mani sporche di terra.
"Mi chiami aysel, signor giardiniere."
  
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