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Autore: JezelkeRedfern    19/10/2014    4 recensioni
« Vedo che si dichiara innocente. »
« Oh, sì. L’abbiamo trovato immerso nel sangue della vittima, per cui è tutt’altro che innocente. »
« . .E vedo anche che ha aggredito un pubblico ufficiale. »
« Esatto. Ha aggredito proprio me. »
« E’ forse per questo che parla di questo ragazzo con tanto odio impresso nella voce, agente Kim? »
[ ... ]
« Welcome to my personal hell, Doctor Nam. »
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: L/Kim Myungsoo, Nam Woohyun, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nam Woohyun – Psychology office.

Le ultime tre parole di Myungsoo, mi ricordo bene, mi fecero perdere alcuni battiti.
Rimase lì, affianco al mio orecchio, allontanandosi solo dopo un po’; nemmeno quando me lo ritrovai a pochi centimetri dal viso feci tornare i miei occhi alla loro grandezza normale. Lo vidi inclinare il capo di poco, stendendo le labbra rosee in un lieve sorriso.
Come se lo divertisse vedermi così.

« Che c’è, dottore? Non si aspettava questo.. colpo di scena? » effettivamente no, non me lo aspettavo.
Scossi la testa, come se mi stessi riprendendo lentamente da una profonda trance.
Alzai gli occhi in quelli del detenuto difronte a me, ancora incurante della troppa vicinanza; non riuscivo a respirare bene, e deglutivo a fatica. Era la primissima volta che mi ritrovavo un detenuto nel braccio della morte, e per di più era anche innocente. Che poteva andare più storto di così?
Perché io me lo sentivo dentro, e lo leggevo negli occhi scuri di quel ragazzo che non era stato lui.

« Quanto---quanto è passato. »
« Un anno. Tra tre giorni, un anno. » rispose prontamente, non togliendosi il sorrisetto dalla faccia.
Mi irritava particolarmente, quel suo modo di fare strafottente. Sapevo che aveva paura, paura e rabbia, ma non l’avrebbe mai esternato.
Mi sarebbe andato meglio che si disperasse, che mi implorasse di fare qualcosa; e invece era così tranquillo, così… pronto a morire. Semplicemente accettava la sua fine. Ma io no.

« … I detenuti condannati --.. il tuo tipo di detenuti hanno diritto ad un’ultima udienza. La tua quand’è? Domani? »
« Il mio tipo? Oh, razzismo anche fra i detenuti, questa mi è nuova. Dimmi un po’, a noi poveri plebei in catene in che altri fantasiosi modi ci hai classificati? »
« Smettila di fare il duro, rispondimi ! » è stata la prima volta che ho urlato. E non intendo che era la prima volta che lo facevo con lui, ma era la prima volta in generale. Di solito ero calmo, pacato e rassicurante; invece, in quel caso, ero io quello a dover essere rassicurato.
Appena mi resi conto del tono che usai abbassai lo sguardo, e mi allontanai di fretta verso la porta.
Lo sentii sospirare, anzi, quasi sbuffare.

« E ora dove vai? »
« A informarmi sulla questione, dato che tu non vuoi collaborare. » presi tutto, cartella e fascicoli. E per ultime, le chiavi dell’ufficio.
Mi girai verso di lui, prima di andarmene.
« E tu aspetterai qua. »
« Dove vuoi andare? A corrompere il giudice? »
« .. No. A dichiarare il tuo stato mentale. »
 
Kim Myungsoo – Psychology office.

Giuro, di solito mi piacciono davvero tanto le persone enigmatiche. Davvero, adoro gli indovinelli, e le barzellette pure, o i rebus e stronzate varie. Ma le parole di quel dottore, davvero, mi risultano incomprensibili almeno quanto ad ogni singolo studente risulti incomprensibile almeno parte della grammatica.
Lo guardo uscire dalla stanza - e chiudermici dentro - sospirando appena.
Non ho la minima idea di cosa lui voglia fare. E in parte la considero una cosa buona, perché almeno è l’unico che mi crede.

Nonostante i suoi modi di fare un po’ troppo, diciamo, iperattivi e decisamente troppo impulsivi è il più bravo strizzacervelli che mi abbiano appioppato.
Anche se, con quel tipo di frasi non fa che incasinarmi quel poco di cervello che m’è rimasto. Devo dire la verità, è già da un paio di sedute che mi sta salendo una voglia incontrollabile di sbatterlo contro qualche muro della stanzetta; il tuo lato etero della sessualità se ne va lentamente, quando vivi a contatto con degli uomini. Ergo il tuo unico sfogo sessuale è ---.. sì insomma. Quello.
Detto in tutta sincerità, non capisco perché il piccolo psicologo dai capelli rossi se la sia presa così tanto a cuore. E che vuol dire che va a dichiarare il mio stato mentale? Io sto benissimo!
… Per quanto può stare bene un condannato, ovviamente, ma la mia mente sta benissimo. Sarà che non conosco niente di legge, dato che poco me ne sbatte, ma forse un’idea sta salendo alla mia materia grigia.

Che Nam Woohyun voglia salvarmi?
 
Nam Woohyun – Principal Office.
 
Marciai verso l’ufficio del direttore, con lo sguardo fermo e deciso.
Stavo pensando. A cosa fare, a cosa dire e a come; non avevo mai mentito su niente, non mi è mai piaciuto dire bugie.
Ma il ragazzo è innocente, io lo so, e lo voglio aiutare. Non c’è niente e nessuno che possa portare via la vita a qualcuno, soprattutto se questo qualcuno non ha fatto nulla per meritarsi un posto in tribuna nell’inferno o paradiso che sia.

Più in fretta di quel che pensavo arrivai difronte alla porta di Kim Sungkyu, e l’aprii. Sì, senza nemmeno bussare.
Lui, che era in consulto con un altro agente, mi guardò tra il rimprovero e lo stupore.
 Non posso dire che mi conosceva bene, ma penso avesse constatato, anche se in poco tempo, che non ero il tipo da fare queste cose.
Lo fissai senza dire una parola, mentre l’altro poliziotto mi guardava con la stessa espressione del suo superiore.
Quest’ultimo raddrizzò la schiena, schiarendosi la voce.

« Agente Lee, può andare. » il ragazzo, o ragazzino, non saprei come definirlo, si alzò dalla sedia e accennò un breve inchino al capo, prima di filare via.
Mi consolò il fatto di non essere l’unico cui il maggiore Kim facesse una punta di terrore.
Ancora prima che il poliziotto prendesse fiato sbattei i fascicoli sulla sua scrivania, sedendomi senza chiedere nulla sulla sedia opposta.
Non so di quanti colori sia diventato il suo viso, ma so per certo che devono essere stati molti, moltissimi.

« Il carcerato ha bisogno di più tempo, prima della condanna.
All’udienza di domani, chiederò uno stato di infermità mentale per lui, è in gravissime condizioni. » a dir la verità mi aspettavo che mi ridesse in faccia, ma alzò semplicemente un sopracciglio e si limitò a prendere i fascicoli e leggerli.

« .. E’ lei il dottore. Io non ne capisco molto, di tutto questo, quindi – se vuole provare, provi. Non le prometterò nulla. Ora, vada, le rimangono meno di quaranta minuti di seduta. » avrei voluto spalancare la bocca in modo molto poco delicato, ma, mi trattenni dal farlo. Piuttosto, permisi ai miei occhi di farlo.
Poi, presi baracca e burattini e quasi corsi fuori dall’ufficio.

Devo confessarlo, tutt’ora non so se fossi più felice di aver avuto successo per la mia prima bugia andata a buon fine, o il fatto di sapere che Kim Myungsoo avesse finalmente una possibilità di vedere la luce del sole.
 
Kim Myungsoo – Psychology office.
Non sono stato a contare i minuti, eh, ma sono abbastanza sicuro che il piccoletto sia stato via undici minuti e ventisei secondi.
Non ho la minima idea di che voglia fare, e non mi succede spesso, quindi un sottile senso di agitazione sta prendendo possesso del mio splendido corpo.
Infatti non per niente sono in piedi, sbatacchiando un po’ ovunque le catene; giuro che, se non è qua quando il dodicesimo minuto scatta io –

« Myungsoo ! » la prima volta che mi sono spaventato in un anno, ed è colpa di quel deficiente tinto.
Non lo ringrazierò mai abbastanza, davvero. E non sono per niente sarcastico, devo dire.
Faccio in tempo a sentire la porta che si apre e si chiude velocemente, per poi girarmi e trovarmi una cosa che mi salta addosso. Mi sta … abbracciando? No, non è possibile. Non mi sta abbracciando.
… Sì, dannazione, questo è un abbraccio !

« Ce l’ho fatta ! Cioè ---.. credo. Ho convinto l’ufficiale, domani all’udienza ci sarò anche io, e arriveremo a farti dare un pochino più di tempo, qualche mese non molto, ma riuscirò a scagionarti. Vedrai, dobbiamo solo lavorare un po’ assieme e --.. oh, scusami. » la cosa divertente è che mi sono dimenticato per un momento di come si respira. Insomma, un abbraccio? Ma dove siamo, in una telenovelas? Però … mi sono reso conto che non mi sono arrabbiato come avrei fatto di norma.
Il vederlo così esagitato per avere una minima possibilità di salvarmi, mi fa piacere, quasi.
.. Non ho idea di cosa dire.

« .. Okay. »
« Okay? Solo okay?
.. Non importa. Direi di metterci a lavoro, abbiamo poco tempo, ci rivedremo solo domani. » lo fisso, lo seguo con lo sguardo.
E penso che lui nemmeno se ne sia accorto. Forse è meglio così; non sono abituato al fatto che qualcuno cerchi di salvarmi, tutti mi hanno sempre ritenuto colpevole.
Lui ora è lì, seduto sulla sua sedia che parla e straparla di ipotesi e stronzate del genere, e io davvero non riesco a smettere di guardarlo. Ho il terrore di dirlo, ma sento una sorta di gratitudine. Ho qualcuno, adesso, che per la prima volta crede in me.

E che mi ha dato una minima speranza di salvezza.
  
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