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Autore: Ray Wings    19/10/2014    1 recensioni
Non voltare la testa, non andartene di nuovo! Sono cambiata. Sì, è vero, non sono più Alice! E questa ti sembra una colpa? Tu e il tuo strafottutissimo gruppo del cazzo mi avete trascinata qui: è solo colpa vostra. Mai più, mai più rivedrò gli occhi di mia sorella o di mia madre, ed è solo colpa vostra. Mai più rivedrò i tuoi occhi. Ma quelli non voglio nemmeno ricordarli, vuoti e disperati, mentre affondavano e annegavano e io impotente sulla spiaggia a pregare.
Mi avete lasciata sola, cazzo!
Sono rimasta in un angolo a piangere, come ho sempre fatto, aspettando l'arrivo di qualche supereroe dimenticandomi che questa è la fottuta realtà! Che qui si muore!
E sono morta.
Dimentica Alice...te la sei portata via.
So che sei un sogno, stai sfumando, comincio a non vederti più e so che quando aprirò gli occhi sarò di nuovo sola. Ma non voltare la testa. Guardami fino alla fine...guarda l'Oceano. Fino alla fine. Come ho fatto io. Pregando, sciocco, di svegliarti.
Manu. Guardami.
Ora sono Ocean.
[In revisione]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daryl Dixon, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Armistizio

Daryl aveva ormai perlustrato ogni centimetro di quel minuscolo loculo in cui erano finiti, ed era giunto alla conclusione che le possibilità di uscire da quel casino erano davvero scarse, ma non nulle. Un buon piano avrebbe potuto salvarli. Bisognava solo trovarlo.
Spense la piccola lampada da giardino per evitare che si consumasse completamente, gli sarebbe stata utile più tardi, e si sedette vicino ad Ocean a riposare e aspettare che si svegliasse. La ragazza era decisamente imbranata, e probabilmente aveva avuto un crollo di energia spropositato tale che non solo si era addormentata all'istante, ma era scivolata con la schiena contro il muro ed era caduta di faccia a terra. La cosa però non l'aveva disturbata, e aveva continuato a dormire. E se non era riuscita a svegliarla una musata allora voleva dire che neanche un paio di scrollate e richiami avrebbero funzionato, perciò avrebbe aspettato. Tanto lì dentro al momento erano al sicuro, non aveva fretta di andarsene, e Ocean aveva bisogno del suo tempo per riprendersi. Così avrebbe avuto tempo anche di pensare con calma e silenzio per trovare un piano.
Si sedette vicino alla sua testa, con la schiena poggiata al muro, un ginocchio sollevato e un braccio poggiato sopra esso, penzoloni, rilassato. Poggiò la balestra vicino a lui, tirò un sospiro cercando di rilassarsi anche lui e chiuse gli occhi in cerca di concentrazione, tanto la stanza era completamente buia, a malapena riusciva a vedere oltre al suo naso, quindi non c'era vantaggio a tenere gli occhi aperti. Non aveva un piano ancora, non era riuscito a pensare a niente di sensato che non fosse "corriamo fuori e spariamo a tutto quello che abbiamo davanti" perchè in quelle condizioni non riusciva a trovare altra aternativa. Lasciò cadere la testa all'indietro, sospirando e chiedendosi ancora una volta chi glielo avesse fatto fare. Tese le orecchie ad ascoltare i suoni che lo circondavano, cercando di distinguerne la provenienza, utilizzando quel metodo come una specie di mappatore per capire chi si trovasse dove e cosa c'era la fuori. Più volte si era affidato solo al suo udito, soprattutto quando andava a caccia, ed esso non l'aveva mai tradito. Era più facile anzi che a tradirlo fossero gli occhi. Non si fidava dei suoi occhi, questo l'aveva imparato col tempo, anche se magari poteva essere difficile da credere visto che era un balestriere e puntava tutto sulla vista.
Improvvisamente udì un rumore sospetto all'interno della loro stanza e spalancò gli occhi: aveva sentito una voce. Allungò una mano già pronto a riaccendere la lampada, tendendo le orecchie e sforzandosi di guardare oltre all'oscurita. Chi aveva parlato? C'era qualcuno? Qualcosa? Possibile non l'avesse visto prima? Che fosse lo zombie morto che faceva loro compagnia dentro quello sgabuzzino con una delle sue frecce conficcate in un occhio?
Ma non ci fu bisogno di accendere la lampada perchè la voce si ripetè e questa volta ne capì subito la provenienza: Ocean accanto a lui, stesa nella sua scomoda posizione, bofonchiava parole a lui incomprensibili, non solo per il tono troppo basso ma anche perchè non le riconobbe: stava parlando in una lingua che non conosceva.
<< Neanche mentre dormi riesci a stare zitta. >> disse tra sè e sè tornando a rilassarsi e riportando a sè la mano che era rimasta tesa a mezz'aria. La ragazza parlava nel sonno, era increddibile! Riusciva a essere fastidiosa anche mentre dormiva, e non era roba da poco.
Ma di nuovo aveva giudicato troppo presto. Non solo parole, ma anche un lamento uscì dalle sue labbra. Daryl d'istinto voltò la testa verso lei, e per un istante ebbe come l'impressione di vederla anche attraverso l'oscurità, raccolta in se stessa e tremolante. Ma si era sbagliato. La visiblità era decisamente troppo scarsa e l'unica cosa che scorgeva era un ombra confusa vicino a lui. Sentì poi uno spostamento d'aria e l'annusare del cane che era con loro avvicinarsi al viso della ragazza. Un altro lamento, così simile a un singhiozzo, ruppe il silenzio, smorzato, soffocato, ma, proprio per questo suo voler restare celato, così curioso e profondo. Il cane, annusata la zona per trovare la padroncina, si lasciò cadere con il muso vicino al viso di Ocean, e il corpo stretto a lei, in un gesto così naturale e automatico che mostrava tutta la sua quotidianità. Al contatto con Max Ocean smise di lamentarsi, e si mosse, stringendosi di più al manto morbido del suo fedele amico.
Quante altre volte Max aveva asciugato le sue lacrime la notte?
Daryl vide di nuovo il gatto di Dale, immerso nell'oscurità, raggomitolato in un angolo, tremante e aggressivo nel suo allontanare chiunque, anche le coperte che teneramente gli venivano offerte: avrebbero potuto soffocarlo. O almeno questo era quello che lui credeva.
Allungò una mano e la posò sulla testa arruffata del cane, concedendogli due carezze di gratifica, come se spettasse a lui premiarlo e rendergli grazie. Ma probabilmente Ocean non sapeva neanche di doverlo fare.

A svegliarla fu un forte mal di testa. Si sentiva confusa e frastornata, e inizialmente si chiese se qualcuno non l'avesse colpita alla testa. Cercò di aprire gli occhi facendo uno sforzo che poche volte si era ritrovata a fare e si massaggiò una tempia: che diavolo era successo? Non ricordava niente. Per quanto aveva dormito? Aveva sognato...solo questo ricordava. Aveva sognato la lunga linea dell'orizzonte al di là di un'immensa distesa d'acqua.
L'oceano.
Solo questo ricordava.
Aggrottò la fronte quando aperti gli occhi si trovò immersa nell'oscurità. Dove diavolo era? Cercò di guardarsi attorno senza successo e si sollevò su un gomito, sforzando la sua memoria a riaffiorire. Una lingua improvvisa e umidiccia sul suo volto le segnalò la presenza di Max al suo fianco. Questo bastava a tranquillizzarla almeno in parte. Si pulì la saliva del cane con la manica della camicia e finì di tirarsi su, sedendosi, sperando di riuscire a vedere qualcosa una volta abituata al buio, ma aveva fatto male qualche calcolo: lei era già stata al buio, non poteva certo abituarsi più di così.
Riusciva a distinguere a malapena i contorni degli scaffali intorno a lei.
Voltò poi la testa e vide una sagoma appoggiata al muro di fianco a lei. Trasalì, non riconoscendola, e arretrò acquattata com'era con una fretta improvvisa, arrancando e gemendo.
<< Stai calma! >> le disse Daryl, sorpreso della reazione della ragazza, mostrando i palmi e allungando un po' le mani verso lei. Per un attimo credette di aver sentito un gatto soffiare, ma anche quello era solo frutto della sua fantasia.
Si sbrigò ad afferrare la lampada che aveva trovato e ad accenderla per permettere a Ocean di riconoscere il luogo e soprattutto lui: il risveglio non era stato dei migliori, la ragazza era in un palese stato confusionale. Se fosse stato colpa della botta in testa o dello svenimento questo non seppe dirlo. La luce improvvisa accecò gli occhi di Ocean che si portò d'istinto una mano al viso per proteggersi e arretrò ancora.
<< Oh, che diavolo!! Spegni quell'affare! >> si lamentò tornata improvvisamente in sè. I ricordi stavano tornando piano piano, ma era riuscita a riconoscere subito la voce di Daryl dopo averla sentita e questo le aveva permesso di far scattare il meccanismo che la stava riportando lì, in quel luogo e in quel tempo.
<< Stai bene? >> chiese Daryl più imbarazzato che preoccupato e spense nuovamente la lampada.
<< Perchè diavolo mi hai colpita? >> chiese Ocean con la voce ancora impastata, ignorando la domanda del ragazzo.
<< Colpita? Io non ti ho colpita! >>
<< E allora chi è stato? Ero seduta a riposare, poi all'improvviso non ricordo nulla e adesso ho un gran mal di testa! Qualcuno deve avermi colpita! >> disse ancora lei, mentre cercava di far scrocchiare qualche osso dolorante per la posizione scomoda in cui aveva dormito.
<< Penso tu sia svenuta. >> disse Daryl un po' scocciato dal fatto che devesse darle giustificazioni.
<< Certo. >> rispose sarcastica Ocean, probabilmente non credendo alle sue parole, e dopo essersi stirata a dovere tornò a sedersi dov'era, mettendosi comoda << Allora. Che facciamo? >> chiese poi, dando per scontato che Daryl avesse già un piano studiatissimo in mente.
<< Non ne ho la più pallida idea! Siamo in un vicolo cieco. Dovremmo uscire da dove siamo entrati. >>
<< Perfetto! Molto più semplice di quello che credevo. >> disse ancora piena di sarcasmo.
<< Hai un talento naturale tu nel metterti nei guai! E ora hai trascinato anche me nei tuoi casini. >> brontolò Daryl, innervosito sempre più dal tono di Ocean. Tutto quel sarcasmo gratuito e assolutamente inutile gli dava sui nervi, soprattutto perchè era solo colpa sua se erano lì.
<< Ringraziami. Almeno non sei più alla fattoria ad annoiarti. Un po' di brio! >> sorrise Ocean.
Daryl rispose con uno sbuffo e il silenzio calò di nuovo.

Non seppero mai quanto tempo passò veramente, a loro sembrarono ore, ma avrebbero potuto anche essere semplicemente minuti. Ognuno perso nella propria mente, nei propri pensieri, speranzosi che la soluzione in qualche modo cadesse loro dal cielo, o forse semplicemente aspettando che l'altro la trovasse, incolpandosi a vicenda e scaricandosi reciprocamente le responsabilità.
"E' colpa tua se siamo qui dentro, ora trova una soluzione." pensavano.
O forse stavano solo approfittando della calma di quel luogo relativamente sicuro per riprendere le energie prima di tuffarsi a capofitto nella folla divoratrice che c'era fuori, e sperare di uscirne incolumi. Serviva forza, ma soprattutto coraggio e il rimandare per ora sembrava la soluzione migliore. Aspettare nella speranza che un qualsiasi evento fortunato portasse l'orda da un'altra parte.
<< Beh, se restiamo qui prima o poi ci verranno a cercare. >> disse Ocean. Era la prima e unica cosa che le era venuta in mente, anche se, doveva essere sincera, non si era sforzata molto.
<< Vuoi viaggiare da sola e poi conti sull'aiuto degli altri. >>
<< No, conto sul fatto che questi "altri" sono amici tuoi e prima o poi si chiederanno che fine hai fatto. >> rispose con tranquillità Ocean. Nonostante il pericolo imminente erano stranamente tranquilli, come se avessero avuto la certezza di uscire di lì prima o poi, dovevano solo aspettare. Da dove gli arrivasse questa certezza non sapevano neanche loro, e con molta probabilità era una sciocchezza.
<< Ma perchè? >> si lasciò uscire infine Daryl con tono quasi esasperato. La domanda chiaramente non era legata al discorso che stavano affrontando, sicuramente a portarlo lì era stato un filo di ragionamento completamente diverso, solo che quale fosse non era chiaro a Ocean.
<< Perchè ti vogliono bene? >> rispose lei con una domanda, legandola al contesto delle loro chiacchiere, tanto per poter rispondere qualcosa, anche se sapeva che non c'entravano niente l'uno con l'altro.
<< No!! >> lo spostamento d'aria accanto a lei, e le ombre che si muovevano che rusciva a vedere con la coda dell'occhio, le fecero intuire che Daryl stesse gesticolando nervosamente << Perchè diavolo fai così? Cosa cavolo c'hai in quella testa? Vuoi farti davvero ammazzare? >>
<< Di che stai parlando scusa? Non mi pare di aver fatto nulla? >> chiese Ocean con altrettanto nervosismo.
<< Non capisci che qui un passo falso ti uccide? Fare l'orgogliosa non ti aiuterà ad andare molto lontano! >>
<< Io orgogliosa? Guarda che stai sbagliando strada! >> cercò di rispondere Ocean con falsa calma.
<< Ah no? "Io non viaggio in gruppo, io sto sola e non conto su nessuno!" non ti sembra un ragionamento orgoglioso? >>
<< Mi spieghi perchè diamine tu e i tuoi amici mi dovete stare così appiccicati? Perchè cavolo mi hai seguita? Non mi conosci! Non capisco perchè dai così tanta importanza alla mia vita! >> brontolò Ocean voltandosi, puntando gli occhi sull'ombra che aveva di fronte, assumendo uno sguardo minaccioso, anche se sapeva lui non avrebbe potuto vederla.
<< Ci sono già abbastanza morti che camminano, vorrei evitare di alimentare la faccenda. >> si giustificò Daryl.
<< Oh, ma davvero? Io credo invece tu sia tale e quale al tuo amichetto Rick, con le manie da eroe! Ti butti all'arrembaggio alla prima situazione pericolosa solo per mostrare al mondo quanto sei forte e come riesci a uscirne fuori con coraggio e splendore! Ti manca solo la colonna sonora. >>
<< Ti sbagli! >> si limitò a dire Daryl, senza calmarsi.
<< No, non mi sbaglio invece! A malapena sapevi che la ragazzina si chiamava Sophia, eppure sei stato tu quello che si è fatto quasi uccidere per trovarla! >> disse Ocean caricando il suo discorso di enfasi con l'aiuto di un gesto.
<< E tu come diavolo sai queste cose? >>
<< La tua amica Andrea è una gran chiacchierona. Mi ha spiegato e raccontato un po' di cose sperando di integrarmi nel gruppo in questa modo. >>
<< Non sono faccende che ti riguardano, ad ogni modo! Avevo i miei motivi. >> disse Daryl.
<< Li conosciamo i tuoi motivi. Superman senza pericoli e nemici non sarebbe l'eroe famoso che è ora. >> disse Ocean accarezzando Max, e sperando di ritrovare un po' di calma in quel gesto.
Daryl inizialmente si limitò a rispondere con un verso scocciato, poi dopo qualche secondo di riflessione gli scappò un sorriso sarcastico.
<< Non riesci proprio, vero? >>
<< Tu non riesci proprio a parlare chiaramente, vero? Andiamo avanti per enigmi. >> rispose subito Ocean senza dargli il tempo di proseguire.
<< L'hai fatto di nuovo! >> sorrise ancora Daryl, quasi divertito dalla sua "scoperta" << Sposti l'attenzione del discorso sugli altri! Non hai risposto alla mia domanda e hai portato l'attenzione su di me. >>
Ocean scoppiò a ridere nel sentirlo << Senti, senti, che macchinatrice che sono! Non lo sapevo neanche io. >>
<< Tu nascondi qualcosa. >> disse infine Daryl, mettendo un punto a tutto quel discorso.
<< Tutti nascondiamo qualcosa oggi come oggi. >> rispose Ocean, mettendo lo stesso punto conclusivo.
E il silenzio scese di nuovo. Ma questa volta i pensieri che volavano dentro quella stanza non erano rivolti alla ricerca di una soluzione, anzi quasi si erano dimenticati di trovarsi dov'erano. Il pericolo, gli zombie, erano diventati così quotidiani che non spaventavano nemmeno più.
Ocean sospirò seccamente, qualcosa gli attorcigliava le budella. Provava fastidio, un profondo fastidio, che inizialmente attribuì alla vicinanza di quell'uomo così odioso, ma che pian piano riuscì a riportare sui suoi binari e a capire che in realtà era legato all'idea che lui, come forse anche gli altri del gruppo, la considerassero pericolosa, solo perchè aveva il suo silenzio. Max e Peggy l'avevano accettata per quello che era in quel momento, senza porsi domande o costringerla a rivelare cose che non voleva nemmeno ricordare, l'avevano accettata come Ocean e basta. Perchè loro no? Perchè non riuscivano a vedere oltre, e capire che certe cose era meglio non tirarle fuori? Ci aveva messo così tanta fatica a dar vita ad Ocean, perchè ora veniva messa in discussione?
Ma soprattutto...perchè diamine gliene importava così tanto da starci male? Non voleva saperne di quel gruppo, a malapena lo conosceva, e mai ne avrebbe fatto parte, perchè allora per lei era così importante che l'accettassero? Non voleva credere di aver bisogno di loro, non avrebbe mai accettato l'ipotesi che lei avesse bisogno di qualcuno accanto a sè. Mai.
Strinse i pugni, detestando tutto quello, e decise di togliersi un piccolo sassolino dalla scarpa, sperando che poi la convivenza col resto del fastidio sarebbe stata più semplice.
<< Non voglio avere gente intorno a me. >> disse velocemente, come un proiettile che viene sparato fuori prima che la mano che ha premuto il grilletto tentenni. Il primo passo era fatto...ora sembrava tutto più semplice.
Fece un respiro profondo ma silenzioso, cercando di non far trapelare la sua tensione << Voglio restare sola perchè odio le persone e odio la compagnia. Chiamami pure misantropa, se vuoi darmi un appellativo. Il lavoro di squadra non fa proprio per me. >> e tornò a calare il silenzio. Daryl non rispose, e non diede nemmeno cenno di averla ascoltata, ma le tensioni erano sciolte, era percepibile. Almeno ora si poteva respirare aria più pulita all'interno di quella stanza.
Ocean alzò la testa di colpo.
Aria pulita! C'era aria pulita in quella stanza!
Prese la lampada ai loro piedi e si alzò di colpo, sotto lo sguardo attonito di Daryl, chiedendosi quale idea geniale l'avesse illuminata tanto, ma ricevendo subito anche lui la stessa risposta. Un leggero spiffero d'aria fresca gli era arrivato al volto. Si alzò anche lui e Ocean accese la lampada, guardandosi attorno.
<< Da dove arriva? >> chiese Ocean. Anche Max alzò il muso e annusò incuriosito, sentendo anche lui il leggero cambiamento.
<< Non ci sono buchi, gli avrei visti! >> disse Daryl ispezionando le 4 mura intorno a lui.
<< Ho un'idea. >> disse Ocean prima di spegnere la lampada e passarla a Daryl. Cercò di fare un passo verso una qualsiasi direzione e allungò le mani davanti a sè << Cacchio non vedo nulla! >> disse avanzando lentamente usando le mani come "occhi".
<< Ma davvero?! >> si lasciò sfuggire beffardo Daryl. Quella ragazza aveva qualcosa che non andava, ne era certo.
Ocean arrivò finalmente a toccare il muro di fronte a sè e ci schiacciò la faccia contro voltandosi prima a destra, poi a sinistra, e trovando ciò che cercava.
Flebile, quasi invisibile, forse anche per l'oscurità della sera che stava arrivando, si riusciva a intravedere dietro uno degli scaffali poggiati lì una leggera striscia luminosa.
<< Eccola! Ci dev'essere o una finestra o comunque un buco nel muro qui dietro! >> Daryl accese di nuovo la luce della lampada e si avvicinò alla ragazza.
<< Tieni. >> disse porgendogliela. Ocean si spostò, facendo posto al ragazzo, e afferrò la lampada che gli aveva dato, permettendogli così di avere le mani libere per poter afferrare lo scaffale e tentare di spostarlo. Era molto pesante, ma non fu per questo motivo che Daryl spostò lentamente il mobile in ferro: non sapevano cosa ci poteva essere oltre al buco e avere la stanza invasa era l'ultima cosa che volevano.
<< E' una finestra! >> disse Ocean studiando il muro che pian piano veniva scoperto << Probabilmente l'ha messo qui l'uomo che si era nascosto qui dentro nella speranza di salvarsi. >> disse Ocean voltandosi a guardare il cadavere che giaceva a terra, poco lontano da loro.
<< Riesci a vedere oltre? >> chiese Daryl spostando lo scaffale di qualche altro centimetro << Riesci a vedere se la via è libera? >>
Ocean sfoderò una delle sue daghe, se la portò davanti, pronta a colpire e schiacciandosi tra lo scaffale e il muro tentò di avvicinarsi all'apertura, tenendo ben salda la presa della sua daga, pronta a difendersi qualora qualcosa di poco carino fosse sbucato all'improvviso. Il vetro era rotto, e questo permetteva a una leggera brezza di entrare...ma non solo la brezza esterna avrebbe potuto varcare quella soglia. Ocean doveva stare attenta, lo sapeva.
<< Non ci arrivo!! >> disse trovandosi troppo schiacciata e incapace di proseguire ancora oltre << Devi spostarla ancora! >> sapevano entrambi che la cosa sarebbe potuta essere molto rischiosa, così come ci passava Ocean avrebbero potuto passarci gli zombie, e nel caso Daryl non avrebbe neanche potuto rispingere lo scaffale per tempo: avrebbe dovuto aspettare che Ocean uscisse. Ma che scelta avevano?
<< Quest'affare fa troppo rumore quando lo sposto! Così rischiamo solo di trovarci ancora più nei casini! >> aggiunse Daryl, sperando di convincere Ocean a trovare un'altra soluzione che fosse meno rumorosa e pericolosa.
<< Devi spostarla di più! Non ci passo, non vedo! >> insistette Ocean. Daryl fece un sospiro prima di sussurrare tra sè e sè << E va bene >> e tirò ancora, lasciando liberi altri 2 cm, pregando fossero sufficienti. Ocean si spinse ancora più avanti, sentendosi lo sterno schiacciare sempre più e un forte senso di claustrofobia le chiuse la gola, ma non le impedì di andare oltre.
<< Merda!! >> Daryl la sentì quasi urlare prima di sentire altri versi che sicuramente non appartenevano alla ragazza. Zombie!! Afferrò la sua balestra e corse vicino al muro, schiacciandosi contro esso e puntando la balestra davanti a sè, pronto a sparare per aiutarla. Ma non ce ne fu bisogno: Ocean aveva già fatto da sè conficcandogli più volte la daga in fronte. Ora lo zombie giaceva appeso alla finestra, con testa e un braccio all'interno e il resto fuori. Per ora era l'unico, ma sapevano entrambi che se ce n'era uno probabilmente ce n'erano altri e non avevano troppo tempo.
<< Prendilo!! Portalo dentro, ho un'idea! >> disse Daryl facendo un gesto con la mano per invogliarla a sbrigarsi.
<< Oh, certo e che ci vuole!! >> bofonchiò sarcastica Ocean. Era così schiacciata che le era impossibile girarsi, e con una mano sola non sarebbe stato facile afferrare il cadavere e trascinarselo dietro. Provò a prenderlo per il colletto, sperando fosse abbastanza morto e che non avesse tentato di rialzarsi, e lo tirò, ma come poteva immaginare non riuscì. Troppo stretto, lo zombie non passava ed era pure incastrato, avendo l'altro braccio penzoloni fuori. Senza considerare la sua pesantezza.
<< Ok, senti, sposto ancora di più lo scaffale ma farò un bel po' di rumore, dovrai essere velocissima. >> disse Daryl riportandosi la balestra alla spalla e si riposizionò di fianco allo scaffale, afferrandolo con entrambe le mani e puntando bene i piedi a terra, pronto a tirare.
<< Sei pronta? >> le chiese.
<< Quante scelte ho? >> chiese retoricamente Ocean prima di lanciare la daga dietro sè, oltre lo scaffale: era solo d'impiccio e non poteva rimetterla via nella posizione scomoda in cui era.
<< Vado!! >> annunciò Daryl prima di tirare più forte che poteva, spostando lo scaffale di un bel po'. Ocean potè così girarsi e usare entrambe le mani. Afferrò lo zombie sotto le ascelle e lo tirò dentro, piantando un piede contro il muro per aiutarsi. D'istinto guardò fuori dalla finestra e vide il sollecito di cui aveva bisogno per fare più in fretta: una decina di zombie, che fino a quel momento avevano passeggiato tranquilli nel giardino, li avevano sentiti e si stavano dirigendo verso loro a gran velocità.
<< Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo!!! >> ripetè più volte mentre metteva fretta al suo corpo. Riuscì a tirare lo zombie dentro, e arretrò velocemente cercando di uscire da lì dietro il prima possibile << Chiudi, chiudi, chiudi!!!! >> urlò al ragazzo mentre varcava gli ultimi centimetri prima dell'uscita. Aveva visto qualche braccio marcio protarsi all'interno, pronto ad entrare, ma non riuscì a vedere il resto della scena perchè la velocità con cui aveva arretrato e il peso che si trascinava dietro la fecero sbilanciare e cadere all'indietro. Sentì un tonfo: forse aveva fatto in tempo.
Un dolore acuto alla base della spina dorsale: il suo osso sacro non ringraziava per la caduta. Cominciò a rimettere ordine a quanto accaduto e percepì un peso sopra di sè che le impediva di muoversi. Aprì gli occhi cercando di capire cosa fosse successo in quei secondi in cui era caduta, abbassò gli occhi, guardandosi e vide lo zombie che aveva tirato steso sopra di lei con la testa poggiata sul suo seno. Trattenne un conato di vomito e lo spintonò via in malo modo << Oh, andiamo!!! Non mi hai neanche invitato a cena e già ci provi! >> disse scansandosi da quell'ammasso di carne puzzolente. Alzò gli occhi e vide Daryl con le spalle poggiate allo scaffale (il quale era riuscito a rimetterlo al suo posto), che prendeva fiato e la guardava. Che aveva da guardare?
<< Stai bene? >> le chiese dopo qualche secondo.
<< Spero sia una grande idea la tua, o avrò rischiato di essere stuprata da un cadavere inutilmente. >> disse Ocean alzandosi e dandosi colpi al vestito per togliersi lo sporco di dosso.
<< Non penso ne sarebbe stato in grado. >> disse Daryl accennando un sorriso divertito, sforzandosi di tenerlo nascosto, forse per orgoglio, ma senza riuscirci molto. Non voleva ammettere che la scena e la battuta di Ocean erano stati esilaranti. Ocean notò il suo sorriso e per un attimo si bloccò. Non aveva mai messo in conto che forse anche lui era in grado di sorridere, l'aveva sempre visto burbero e corrucciato, e chissà cosa le aveva suggerito che lui non era in grado di divertirsi.
La cosa le piacque.
Di solito le sue battute erano fini a se stesse, servivano solo a sciogliere la tensione, a calmarla mettendo tutto sul piano dello scherzo e a non prendere sul serio le situazioni che aveva di fronte, facendo sembrare tutto più semplice. La vita era più facile da affrontare se si rideva invece di piangere. Invece quella volta la sua battuta non era stata solo per se stessa, anche lui l'aveva colta e aveva sorriso divertito.
Non se l'aspettava.
Fu colta da un piacere così improvviso da farla arrossire e sorridere imbarazzata.
<< Bene >> disse voltandosi verso l'altro zombie, gesto che in realtà era solo una scusa per non far vedere il suo volto << Quale sarebbe la tua idea? >>
Daryl si spostò da dov'era e si affiancò alla ragazza, guardando i due cadaveri che aveva di fronte, lasciandosi alle spalle l'argomento "battuta". Aveva colto il rossore in volto e il sorriso imbarazzato di Ocean, anche se aveva cercato di nasconderlo, e l'aveva addirittura trovato carino. Quindi, sì, era meglio lasciar perdere per non cadere in situazioni imbarazzanti.
<< Useremo lo stesso metodo che hanno usato Glenn e Rick ad Atlanta. >> comunicò Daryl prima di avvicinarsi a uno dei due corpi. Ocean per un attimo sussultò << Siete stati ad Atlanta? >> ma la sua domanda cadde nel vuoto << Indosseremo i loro abiti, e ci sporcheremo con le loro interiora, così puzzeremo come loro e gli altri ci scambieranno per due di loro. Non ci dovrebbero attaccare in questo modo. >> continuò Daryl cominciando a spogliare il corpo steso a terra.
<< Com'era? >> chiese Ocean inginocchiandosi vicino al ragazzo << Altanta. Com'era? >> chiese lei ancora, cercando di mascherare la domanda a semplice curiosità, senza troppo successo. Il cuore aveva preso a martellarle il petto.
Daryl la guardò sottecchi, non chiedendosi come mai ci tenesse tanto a saperlo, intuiva che probabilmente lì c'era o c'era stato qualcuno che conosceva.
<< Vuoi proprio che te lo racconti? >> disse acidamente, ma la sua era una domanda retorica. Ocean capì cosa stava cercando di dirle e abbassò lo sguardo, perdendosi per qualche istante nei suoi pensieri, e cercando poco dopo di trascinarsi con forza di nuovo in sè.
<< Cosa dicevi, allora? Vestirci come loro... >> disse lei cercando di riprendere il discorso di Daryl e lasciarsi alle spalle l'argomento Atlanta. Daryl la osservò ancora qualche istante: lo sguardo si era posato sui suoi occhi, e si era reso conto che c'era qualcosa al loro interno, qualcosa che per un attimo era riemerso e che Ocean stava cercando di rimandare indietro con forza. Guardava il cadavere davanti a sè, ma non lo vedeva veramente.
<< Sì. Ci scambieranno per due dei loro. >> disse poi, deciso anche lui a lasciarsi alle spalle quella parantesi, senza però negare a se stesso che la cosa l'aveva incuriosito.
<< E Max? >> chiese Ocean assumendo un'espressione un po' offesa: non l'aveva considerato?
<< Il cane....corre veloce, no? >>
<< Scordatelo! Non lo mando allo sbaraglio, troppo pericoloso. >> disse Ocean avvicinandosi al secondo corpo e, sguendo l'esempio di Daryl, cominciò a togliergli i vestiti di dosso.
<< Ok, ho trovato! >> disse poi Daryl alzandosi e dirigendosi verso un angolo buio della stanza. Uscì dall'oscurità con un grosso scatolone vuoto e un piccolo carrello, ma non diede spiegazioni e tornò all'opera sul cadavere. Tolti i vestiti se li mise addosso, sopra i suoi, e Ocean fece altrettanto. Poi prese uno dei suoi coltelli e lo usò per aprire la pancia al suo cadavere: sangue nero, ormai putrido, schizzò da tutte le parti.
<< Che schifo. >> si lasciò sfuggire Ocean.
<< Prendi e spalmatelo bene addosso. >> disse Daryl porgendogli un pezzo di intestino, molliccio, grondante e puzzolente.
<< Sai, forse non è poi così grande questa tua idea. >> disse lei un po' restia, disgustata, chiedendosi come facesse lui a sentirsi così tranquillo con delle budella tra le mani. Ma l'alzata di occhi scocciata di Daryl la convinse << E va bene! Stai calmo! >>. Finirono di sporcarsi a dovere, cercando di evitare il più possibile il contatto diretto con la pelle, e passarono alla fase successiva. Fecero salire Max sul carrello e lo coprirono con lo scatolone ribaltato. Max inizialmente si agitò non capendo, ma Ocean lo tranquillizzò e gli fece capire di stare fermo e zitto. Fermo e zitto erano due comandi che ormai aveva capito bene. Daryl sistemò vicino allo scatolone i due corpi, uno a sinistra e uno a destra, anche questi utili a coprire l'odore del cane e diede le ultime istruzioni << Il carrello non ci passa dalla finestra, dobbiamo per forza passare dalla porta. Aspettiamo che entrino gli zombi, così magari il corridoio si svuota un po' e riusciamo a farci strada. Non dobbiamo correre e dobbiamo cercare di essere il più silenziosi possibile. Chiaro? >> disse posizionandosi vicino alla porta, pronto ad aprirla. Sapeva sarebbe bastato poco per farli entrare, gli zombie fuori erano irrequieti per i troppi rumori all'interno della stanza. Ocean fece un gran respiro per raccogliere il coraggio, poi con una mano strinse la sua daga e con l'altra il carrello, pronta a trascinarselo dietro.
Fece cenno con la testa per comunicare al ragazzo che era pronta e lui aprì la porta.
Le scene successive furono per Ocean confuse e veloci, la paura l'aveva assalita nell'istante in cui aveva visto gli zombie entrare nella stanza. Restare immobile, aspettare che le passassero accanto e che l'annusassero, era una delle esperienze peggiori che avesse mai provato. Il cuore aveva preso a fracassarle il petto, il fiato le mancava e l'istinto di scappare era forte. Cominciò a tremare come mai aveva fatto prima, si sentiva così vulnerabile, accerchiata, con l'ordine di non reagire e non muoversi. Chiuse gli occhi e deglutì, ripetendosi mentalmente di stare calma o la paura l'avrebbe tradita e uccisa. Sentiva le loro bocche putride così vicine e i loro fiati sul collo. Nessuno aveva tentato di morderla, e questo doveva essere per lei un rincuoro, ma non riusciva neanche a pensarci. Sentiva che da un momento all'altro avrebbe provato un dolore lancinante, sentiva che da un momento all'altro uno di loro l'avrebbe morsa, ne era certa, sarebbe morta! "Non posso restare qua!!" pensò colta dal panico e cercò di far trovare alle gambe la forza sufficiente a muoversi, ma sentiva che se avesse mosso solo un muscolo sarebbe stato inevitabile per lei cominciare a correre terrorizzata. Sentiva gli aliti sul suo collo. Sentiva di averli addosso. Sentiva i denti conficcarsi nella sua pelle, anche se non era così. Qualcosa la colpì brutalmente alla spalla e seguì subito il verso di uno zombie: l'aveva colpita!! Spalancò gli occhi e si morse il labbro, impedendosi di urlare, ma un verso leggero uscì ugualmente dalle sue labbra. Stava per scoppiare a piangere. Intorno a lei era tutto così confuso. Ovunque si voltava vedeva occhi marci che la guardavano, la fissavano: loro sapevano! Bocche squarciate, grondanti di sangue erano aperte, tutte intorno a lei, pronte per morderla. L'odore di morte annunciava già la sua fine. Versi gutturali di fame e disumanità. Non sentiva altro. Non vedeva altro. Si lasciò scappare un altro lamento e non riuscì a restare ancora ferma. Arretrò di un passo, quasi inciampando sul carrello dietro di lei. Max dentro la scatola scattò spaventandosi, facendo muovere di poco la scatola, ma per fortuna era stato tutto così debole che gli zombie non se ne accorsero e lui non cadde dal carrello. Ocean voltò nuovamente la testa, cercando una via di fuga, respirando a fatica, ma non vedeva altro che bocche aperte e occhi che la fissavano, la scrutavano e aspettavano solo un suo movimento falso per scattare e acchiapparla.
La mano tremante quasi lasciò cadere la daga e gli occhi, già colmi di terrore, le si stavano inumidendo di lacrime. Era la fine. Non avrebbe funzionato. Era la fine.
Poi qualcosa le afferrò il braccio. Si voltò di scatto, guardandosi, lasciandosi sfuggire un altro lamento terrorizzato. Una mano ferrea le stringeva il bicipite, tanto forte da farle male. Trasalì e cercò con uno scatto del braccio di liberarsi dalla presa, senza riuscirci. Alzò gli occhi davanti a sè per guardare il suo assalitore e improvvisamente la confusione svanì. Intorno a lei tutto era mare, tutto ondeggiava, si avvicinava e si allontanava, occhi iniettati di sangue e bocche spalancate, ma davanti a sè trovò il suo punto fermo. Occhi azzurri la fissavano. Erano come una finestra che davano all'esterno . La sua via d'uscita. E non li perse di vista.
Il cuore lentamente si calmò, il respiro si fece più lento e tranquillo, e pian piano le bocche spalancate intorno a sè diventarono ombra. Tutto si oscurò tranne quegli spalancati occhi azzurri che restavano ancora la sua ancora, il suo attracco che le evitava di andare alla deriva. La presa al braccio smise di fare male, anche se non si era allentata, e riuscì a ritrovare le facoltà per tornare a gestire lei il suo corpo.
Prese a camminare lentamente, trascinandosi dietro il carrello, seguendo il viso di Daryl che avanzava di fianco a lei, un paio di passi più avanti, tenendole il braccio e tirandosela dietro. Era serio e concentrato. I suoi occhi non trapelavano paura, anche se Ocean faceva fatica a credere che non ne provasse. Era così sicuro di sè lui, così composto e forte. Non tentennava neanche un istante. Se non fosse stato per lui, Ocean sarebbe morta. L'ammise...ma solo a se stessa. Troppo orgogliosa.
Non sapeva dov'erano, non sapevano se avessero fatto molta strada o fossero ancora sulla porta, evitava di guardare davanti a sè per evitare di cadere di nuovo nel panico. Seguiva Daryl e basta, tenendo gli occhi puntati su di lui, e lasciando fosse lui a decidere la strada. Era l'unico modo per mantenere la calma.
Poi, dopo qualche interminabile minuto, si fermarono. Daryl si guardò attorno: c'era attenzione nei suoi occhi, stava studiando l'ambiente intorno a sè.
<< Ocean. >> sussurrò e il suono della sua voce fu come una sveglia per la ragazza, che sbattè più volte le palpebre e cercò di combattere contro la confusione che stava tornando a fare capolino. Doveva tornare alla realtà, con i piedi ben saldi a terra.
<< Riprenditi. >> disse ancora Daryl prima di voltarsi e guardarla << Dobbiamo correre adesso. >>
Ocean tenne ancora per qualche secondo gli occhi fissi nei suoi, perdendocisi e sentendo l'irrefrenabile desiderio di non staccarsene, come quando non ci si vuole svegliare da un bel sogno. Le trasmettevano la sicurezza e la tranquillità di cui aveva bisogno, sapeva che se fosse tornata a guardare intorno a lei allora avrebbe dovuto rinunciare al suo attracco e tornare a remare con le sue forze. Non era sicura di essere pronta. Daryl la scosse per il braccio che ancora non lasciava << Forza! Devi essere veloce adesso! >> non c'era cattiveria nel suo tono, impazienza sì, voleva andarsene da lì, ma era possibile cogliere anche una leggera nota di compassione.
Ocean si sforzò di separarsi dai suoi occhi azzurri e si costrinse ad abbassare lo sguardo al suolo. Fece qualche sospiro, cercando nella sua mente i pensieri adeguati a risvegliare la vera Ocean che c'era in lei, quella forte, coraggiosa ma soprattutto incazzata.
Scosse violentemente la testa e deglutì << Ci sono. >> comunicò prima di riaprire gli occhi e guardarsi attorno. Erano fuori dalla chiesa, sul pianerottolo in legno. Di fronte a loro il campo era pieno di zombie che vagavano senza una direzione precisa, seguendo chissà quale istinto primordiale. Guardò gli scalini che erano costretti a scendere per poter mettere piede sull'erba e capì perchè la necessità di correre: il carrello si sarebbe ribaltato se avessero provato a trascinarcelo sopra. Dovevano far uscire Max e correre lontano.
Il cuore si placò, ora che erano fuori da quell'incubo e che davanti a sè aveva una vera via d'uscita stava cominciando a tornare la stessa Ocean di prima. "Che stupida!" pensò mettendo ordine ai pensieri e rendendosi conto di quello che era successo poco prima: aveva avuto un vero e proprio attacco di panico. La stanza angusta riempita di quei cosi le aveva fatto perdere la testa. Che stupida era stata. E che figuraccia! Daryl le avrebbe dato dell'imbranata ancora per tanto tempo. Non lo sopportava. Lei non era imbaranata! Solo che ogni tanto...cadeva.
Era la Ocean incazzata di cui aveva bisogno quella che strinse la daga tra le dita e sfoderò anche la seconda. I suoi occhi si fecero piccoli mentre osservava con attenzione il campo davanti a sè. La mascella serrata e il desiderio di dare sfogo a tutto quello che aveva dentro. Quei mostri...era tutta colpa loro. Era sempre stata colpa loro.
Sferrò un violento calcio alla scatola, lanciandola lontana e permettendo a Max di uscire e scavalcò con un salto la staccionata, senza dare nessun altro preavviso a Daryl che si trovò indietro. Aveva creduto la ragazza dovesse aver bisogno di più tempo, invece si era ripresa più velocemente di quanto avesse immaginato.
<< Max, andiamo!! >> urlò. Uno zombie le si piantò davanti, ma non la rallentò. Gli diede uno spintone con la spalla e lo scaraventò a terrra, Daryl alzò la balestra e gli piantò una freccia nel cranio. Poi cominciò a correre anche lui con la balestra alzata, pronto a sparare a chi gli si piantasse davanti. Lanciò un'occhiata a Ocean per assicurarsi fosse ancora in piedi e la vide andare incontro a uno degli zombie, con la daga ben alzata, e conficcargliela poi in testa sicura e arrabbiata. Il fuoco bruciava nei suoi occhi. Con uno scatto della mano la sfilò e lasciò cadere lo zombie a terra. Deviò leggermente, correndo incontro a un altro di quei mostri, saltò su una roccia dandosi lo slancio e atterrò sopra quello, buttandolo a terra, e usando tutta la rabbia che aveva fece cadere le daghe dall'alto e lo uccise. Si rialzò con una capriola e con un altro rapido movimento della daga a mezz'ora aprì la faccia in due a un altro zombie che aveva davanti. I suoi movimenti erano fluidi e decisi, come se li avesse pianificati poco prima, non sembravano proprio frutto del solo istinto. Aveva uno schema in testa, o almeno questo era quello che sembrava a occhio esterno. Ma non era così. Ocean colpiva e basta, senza pensare a come o quando. Si voltava, vedeva il nemico e lo atterrava. Punto. Era la rabbia a guidarla, era la sua vera sè tornata a galla, quella che per mesi l'aveva guidata a tenuta in vita. L'ocean che era arrivata al campo e che senza troppi problemi aveva puntato la spada alla gola di Shane. A vederla in quel momento sembrava di aver di fronte un'eroina di qualche vecchia leggenda, quelle sicure che arriveranno alla fine e sconfiggeranno il male, difficilmente si poteva credere che fosse una ragazza che come altre aveva affrontato la paura di morire e che tuttora tentava solo di sopravvivere. Era la sicurezza nelle sue mosse a suggerire tutto quello e il suo correre incontro al nemico, quasi fosse lei stessa a cercarlo. Era una battaglia la sua, non una fuga. Una guerriera in cerca di vendetta che guardava alla morte come a un'altra sfida da affrontare, non a una condanna da fuggire. Una dannata che ormai non aveva altro da perdere.

Max era il più veloce dei tre e su quello puntava per salvarsi: schivava mani facendo slalom tra le gambe e in pochi minuti arrivò tra gli alberi. Si voltò a cercare i due suoi compagni e abbaiò per richiamarli, forse per mettergli fretta, un modo per incitarli a sbrigarsi.
Ocean fu la prima a raggiungere il suo animale: era veloce! Più di quanto Daryl potesse immaginare, soprattutto vista la quantità di roba che si trascinava dietro. Gli fece una veloce carezza prima di riprendere a correre << Veloce Max! Dobbiamo seminarli! >> disse senza guardarsi indietro, trovando lo sfogo di cui aveva bisogno nella forza che imprimeva alle gambe, sempre più veloci. Avrebbe voluto volare. Avrebbe voluto urlare e volare via da tutto quello. Avrebbe voluto mollare tutto e tornare a correre sulla sua bicicletta dai freni un po' difettosi per le strade del suo paesino di periferia. Il vento tra i capelli. I saluti delle persone che incrociava. Un sorriso dedicato a un piccolo randagio intento a cercare il pranzo nella pattumiera di un ristorante. Le macchine che suonavano contrariate per il suo essere spericolata su due ruote. Il vestito che svolazzava lasciando intravedere le gambe. Il suo campanello che annunciava il suo arrivo e la sua voce acuta che urlava
<< Manu!! Sono qui, scendi! >>.

   
 
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