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Autore: Salmcroe    19/10/2014    6 recensioni
Dopo lo scontro alla prigione, vediamo Beth e Daryl soli. Un racconto della storia fino a quando non si ricongiungeranno col resto del gruppo. Dal testo: "Quando fu talmente vicino che lei riuscì a specchiarsi nei suoi occhi, e non vi trovò più il blu che ormai le sembrava tanto familiare, finalmente le lacrime caddero a rigarle le guance. Si sentì sussurrare, -Daryl, no.. - "
Spero vi piaccia, è una mia rivisitazione della storia :) SPOILER QUARTA STAGIONE
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte quinta in esplorazione

 

La flanella ruvida della sua camicia le irritava la guancia. I capelli sottili la solleticavano sul collo e sugli occhi, inserendosi tra le chiglia chiare, costringendola a muovere le palpebre ancora pesanti per il sonno. Si mosse piano sul divano, alzando la testa e facendo leva con le braccia per tirare su la schiena. Inizialmente fu spaesata, non riconobbe il salottino in legno, le pile di scatoloni e le pareti nascoste sotto le cianfrusaglie, si sentiva terribilmente fuori posto, sbagliata. Respirò profondamente. Voltò la testa verso il rumore che l'aveva accompagnata nel sonno durante tutta la notte, lento e regolare. Il petto di Daryl si alzava e abbassava; stava seduto sul divano, la testa rovesciata all'indietro con i capelli scuri che gli ricoprivano il volto, sollevati ogni tanto dagli sbuffi che uscivano dalle labbra semichiuse. Sembrava tranquillo come mai l'aveva visto prima. La ragazza si alzò quindi dal divano, piano per non fare rumore e soprattutto per la testa che sembrava dovesse imploderle da un momento all'altro. Si guardò intorno, osservando il pavimento in legno scuro, poi le pareti della stanza, girando su se stessa abbassò gli occhi nuovamente su Daryl, sulla fossa che dormendo aveva lasciato sul cuscino logoro. La luce era debole, filtrava opaca dai vetri sporchi delle finestrelle, illuminando appena la stanza. Si voltò di nuovo, passò oltre le pile di scatoloni e scorse le due porte. Incerta si avvicinò alla prima. Accostò l'orecchio al legno freddo dell'anta, non sentì alcun rumore, quindi la aprì. Entrò nel piccolo cucinino, aprì gli sportelli, le antine, gli armadietti. Il cibo abbondava, ma nonostante non mangiasse dal giorno precedente non fu attirata da nulla, sorrideva ad ogni scatola di biscotti, lattina di zuppa o barattolo di pesche che vedeva, pensando che per molto non avrebbe più sentito l'odore della carne di serpente arrosto. Continuando la sua esplorazione nel capanno capitò prima nel bagno, poi nella camera da letto.

Nel buio nulla si distingueva. Il sangue brunastro colorava il legno dell'anta dell'armadio e quel poco che la luce riusciva ad illuminare del pavimento. Era una scena che una volta sarebbe parsa macabra agli occhi di chiunque, ma ora, in un mondo devastato come quello in cui vivevano, Beth rimase solo a guardare quella macchia secca e grumosa.

Tornò nella sala, strofinandosi con le mani gli occhi lucidi, togliendosi dal collo quel velo di sudore fastidioso. Schivò gli scatoloni, raggiunse il divano e recuperò la sacca nera che usavano per le provviste. Vi infilò le mani e dopo svariati tentativi riuscì a trarne una torcia. La ragazza ripercorse i suoi passi, tornando alla soglia della stanza. Fece scattare il pulsante e la luce si accese dopo qualche ronzio, illuminando una parte di pavimento qualche metro distante da lei, invisibile sotto tutto quello che lo ricopriva. Il silenzio dava i brividi alla ragazza, che piano iniziò ad addentrarsi tra i pezzi di legno, le cornici, i vestiti, il pattume e le cartacce che erano disseminate sul parquet freddo.

Aveva le mani calde, ma i polpastrelli freddi. Provava quella stanchezza che l'influenza ti fa pesare addosso, il freddo alternato al caldo, un leggero mal di testa, ma la curiosità le diceva che doveva capire cosa ci fosse in quella stanza. Aveva camminato stando addosso alla parete di destra, dove la carta da parati a malapena stava attaccata alle mura e le mensole vi erano state sradicate lasciando buchi grezzi e macchiando i mobili abbandonati di polvere e gesso. Tutto in quella casa faceva presumere che fosse stata abbandonata prima del contagio, prima che la gente scappasse cercando di portarsi via quanto più poteva senza guardarsi indietro mentre se ne andava. Pareva avessero deciso di lasciarla come se nulla fosse accaduto, col cibo ordinato nella dispensa ed il sapone in bagno. Ma quella camera da letto, lì sembrava che fosse passata una tempesta. Una furia, una forza che aveva strappato le cose dai muri e le aveva sbattute dove gli capitava, con rabbia, e che le aveva calciate e colpite fino a romperle. L'aria però odorava sempre più di chiuso mano a mano che si addentrava nella stanza, fino a che l'odore di polvere non divenne qualcosa di più forte, un tanfo, un odore nauseabondo che le riempì le narici e si insinuò in bocca, acido. Puntò la luce davanti a se, ma l'unica cosa che vide furono le imposte chiuse oltre la finestra. Prima di preoccuparsi di altro, coprì velocemente lo spazio che la separava dalla parete, lanciandosi ad aprire la finestra per far entrare la luce bianca del mattino nella stanza. Le sue pupille si strinsero nell'iride chiara, colpite dal brusco cambiamento della stanza, poi l'aria fredda la investì in pieno, carica di umidità e bagnandola con qualche goccia di pioggia trasportata dal vento. Per un secondo sentì l'odore dei pini, e della terra bagnata, poi un brivido la riportò all'odore della carne marcescente che sentiva le si stava incollando addosso. Si voltò, stringendosi le braccia intorno alle spalle, improvvisamente avvolta dalla pelle d'oca, e la camera che vide difronte a lei stentò a credere fosse la stessa che aveva attraversato fino a poco prima nell'oscurità più completa. Solo la carta da parati verde le diede la sicurezza di non essere stata catapultata in un posto totalmente differente.

L'aria la colpiva ora sulla schiena. Dai piedi percepiva l'umidità delle assi del parquet, oltre ad un qualcosa che le stava graffiando le gambe in quell'ammassamento di oggetti.

La stanza non era quadrata, ma rettangolare. Molto più ampia di qualunque stanza ci si possa aspettare di trovare in un posto del genere. Un letto matrimoniale emergeva come un isola bianca in un mare di spazzatura, con le lenzuola sporche che cadevano tutte da un lato. Un grosso armadio a parete era in parte coperto da un lungo lenzuolo che toccava quasi terra, i cui orli svolazzavano mossi dall'aria corrente. L'anta più vicina alla porta cigolava spalancata. Una cassettiera e i due comodini completavano l'arredamento. Sarebbe stata bellissima in condizioni normali. A terra e sull'armadio, anche da dove era ora Beth, la macchia scura spiccava, dividendosi in ditate, schizzi ed impronte. Rimase a fissarla, respirando l'aria non più viziata, ma dove il puzzo fetido di morte persisteva. Aveva freddo, voleva andarsene, non le piaceva più l'idea di stare li dentro da sola. Avanzò di due passi, ed ecco comparire da dietro un pezzo di mobile, accasciato in una posizione innaturale il cadavere dello zombie.

Si bloccò sul posto, ed un nuovo brivido che la scosse più dal profondo le salì lungo la schiena. Molto più sangue di quanto ne aveva scorto prima copriva la testa spaccata del cadavere, tanto che il volto non esisteva più, era solo parte di quello che ricopriva il pavimento, un grumoso insieme di pelle putrida, ossa, cartilagini e cervello. Daryl doveva essere stato furioso.

Non capiva cosa ci faceva ancora li, quindi si mosse di nuovo, scavalcò il cadavere attenta a non calpestare nulla, cercando di muoversi come meglio poteva schiacciata sempre più dalla stanchezza. L'odore del morto la raggiunse nonostante avesse cercato di muoversi velocemente, amaro sul palato e fin troppo familiare.

Familiare. Fin troppo familiare. Quell'odore le era familiare.

Due minuti prima pensava di aver sentito l'odore che associava alla paura, alla caccia, alle mandrie; invece quello era il tanfo di un errante. Odore di vecchio e morte. Spalancò gli occhi. Si sentiva stupida a fare avanti e indietro ma tornò più in fretta che poteva davanti alla finestra, e le narici vennero bombardate. Si guardò in giro, sporgendosi dal davanzale della finestra, non vide nulla; tra le cose che ricoprivano il pavimento, ma a parte il primo cadavere, nulla. Poi, sulla parete di fianco a lei notò una porta. Era stata dipinta con una vernice identica al verde della carta da parati che penzolava scrostata ai suoi lati, solo il pomello della maniglia si distingueva.

Poteva arrivare solo da dietro quella porta.

Si piegò verso terra per raccogliere qualsiasi cosa potesse usare come arma. Si alzò di scatto, con stretto in mano un pezzo di mensola in compensato, annebbiata per un secondo da un giramento di testa. Cercò di riprendersi subito, si accostò all'anta in legno e rimase in ascolto. Nulla. Allungò allora la mano ed aprì.

Beth entrò, con le mani strette attorno alla bocca ed al naso, e gli occhi che già accennavano a lacrimare. L'odore era insopportabile, una vampata d'aria calda che la investì in pieno. Fece solo due passi all'interno del bagno dove c'era il cadavere. Due occhi chiari, vitrei, fissi nel vuoto, furono la prima cosa che vide di lui; un uomo che poteva benissimo avere la stessa età di Daryl, con i capelli neri e la barba che ormai aveva smesso di crescere sulle guance era accasciato su una delle quattro ante trasparenti della doccia, con le gambe distese davanti a sé ed una pistola tra le dita molli della mano. Stava in una pozza di sangue denso, di cui i vestiti avevano assorbito buona parte. La ragazza non riuscì a collegare la perdita di così tanto sangue ad un colpo di pistola, le sembrava impossibile. Si avvicinò, morbosamente curiosa, e notò come una delle ante le avesse coperto parte della scena: dalla manica a brandelli della maglia dell'uomo che le era nascosta pendeva la parte di braccio che ancora aveva attaccata al corpo, dal gomito in giù esistevano solo filamenti di tendini e muscoli, qualche vena, e la testa dell'osso. Porzioni di carne gli erano state strappate sul collo e sull'addome delle strisce di stoffa si erano attaccate agli orli frastagliati degli strappi che scoprivano le sei paia di costole e muscoli. Dalla tempia sinistra partivano le gocce e gli schizzi che coprivano la faccia dell'uomo, dovuti allo sparo. Beth si allontanò, con le lacrime che ormai scendevano a rigarle le guance a ritmo costante, una che seguiva l'altra, disturbata da quello che aveva sotto gli occhi, accorgendosi solo ora della nausea che iniziava a salire, vedendo la scena nel suo complesso. Come le era saltato in mento di entrare li dentro? Lasciò cadere incurante dalla mano il pezzo di legno che aveva raccolto poco prima, strizzò le palpebre e uscì velocemente. L'aria fredda la colpì di nuovo mentre superava la soglia della piccola stanza per rientrare nella camera da letto. Il sangue le pulsava forte nelle vene, e a testa le pesava come un macigno. Prese un respiro enorme, chiuse gli occhi e si asciugò le lacrime.

Riattraversò la stanza, schivando gli oggetti ed il corpo dello zombie per la terza volta, ed arrivò in salotto.

Daryl dormiva ancora, così lei si rimise sul divano, accucciandoglisi addosso. Si riaddormentò, col viso schiacciato contro il petto del compagno, immersa nel suo odore di sudore e fumo. Sognò la stanza, e sognò il cadavere, poi fu risvegliata da Daryl, che strattonandola fino a farla cadere dal divano le gridò di scappare.

 



Okay, salve a tutti. Vi prego di non odiarmi per avere aspettato così tanto a pubblicare, ma ho avuto le mie buone ragioni. Tra la scuola, il blocco creativo che mi ha impedito di scrivere ed i duemila altri impegni che ho avuto sono riuscita solo ora a finire questo capitolo che ho iniziato come minimo un mese fa :(

Quindi, per quanto riguarda il testo, volevo dirvi che se c'è qualcosa che non si capisce, o errori vari (che magari mi sono sfuggiti nonostante io l'abbia riletto una marea di volte) scrivetemi senza problemi. Se volete lasciarmi un commento per farmi sapere come vi è sembrato il capitolo ne sarei contentissima. Spero leggiate in tanti, e soprattutto che apprezziate. Un bacio, alla prossima! <3

  
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