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Pepperepeppepepepeee!!! Ci siamooo! Siete pronti a svelare l'arcano passato di Aisei?!
Aisei: ma anche no -\\-"!
Preparate i
fazzolettini e le flebo contro il diabete per questo psicodramma in tre atti!
Ci vediamo in fondo!
Kisshu: devi rivelarmi il tuo spacciatore prima o poi…
Vai con il flashback!!
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~
Cap.13
– Green-Gold Memories: sette anni fa
Non
occorreva si impegnasse perché quei ricordi tornassero vividi alla sua mente. Erano
incisi nella memoria come lettere sulla pietra, indelebili, chiari al punto da
farle male.
L'aria
fredda. La neve sulle dita. E la sua voce che la chiamava…
« Aisei, scendi da lì, avanti! »
Kisshu allungò ancora il collo
verso la figura della ragazzina, aggrappata alla sporgenza metallica a picco
sullo strapiombo; lei gli rivolse un sorrisetto spavaldo, incurante:
« Stai tranquillo, mi tengo
forte. »
La brunetta strinse le cosce e
strisciò un altro po’ sullo spuntone. Mandò un sibilo tra i denti, quel vecchio
pezzo d’impalcatura abbattuto era ghiacciato: le si stavano congelando le dita
e l’aria fredda le era entrata così nelle ossa da farle battere i denti come
nacchere, ma doveva arrivarci.
« Zuccona, andiamocene! – la voce
del ragazzino rimbombò nell’antro vuoto – Lascia perdere! »
Aisei lo guardò storto:
« No! Devo riuscire a prenderne
uno! »
« Stupida, se cadi non vengo
certo a riprenderti! »
Lei lo ignorò, strisciando un
altro poco. La stalattite pendeva di fronte a lei, a meno di mezzo metro.
Unica di tutta la caverna quella
roccia, le cui sfumature andavano dal grigio al perla, dal bianco lattiginoso
alla trasparenza assoluta della punta, riluceva tutt’attorno grazie alla luce
polverosa, come una lanterna nel buio. E lì, sul termine della roccia e ormai
sul punto di cadere, quello che Aisei cercava: una goccia bianchissima, come la
neve che filtrava dalle crepe del soffitto soprastante, e lei doveva riuscire a
prenderla prima che questa cedesse alla gravità, perdendosi per sempre nella
voragine sottostante.
« Aisei, insomma! – protestò di
nuovo Kisshu – Guarda che stavolta è…! »
« Insomma, stai zitto! – sbottò lei
– Un attimo e scendo! »
Lui borbottò qualcosa che
sembrava moltissimo una parolaccia, ma la ragazzina lo ignorò.
Era strano che fosse Kisshu a
sgridarla per una bravata, di solito era lui a cacciarsi nei guai e lei a tirarlo
fuori. In quel momento aveva ragione, però, a preoccuparsi: finchè si trattava
di fare gli stupidi e saltellare in giro attraverso la città era una cosa, ma
stare sospesi nel vuoto su un buco di quasi mezzo chilometro, senza saper
volare o teletrasportarsi, era tutt’altro giochetto.
Ma Aisei doveva avere quella
goccia. Doveva averla! Così avrebbe
dimostrato quanto valeva.
In fondo, la colpa era di quei
ragazzini indisponenti, che avevano osato prenderla in giro, sostenendo che non
sarebbe mai stata in grado di diventare un
soldato.
Perché era femmina!
Assurdo! Inconcepibile!
Sapeva che non avrebbe dovuto dar
loro corda, ma i loro insulti erano stati abbastanza irritanti da necessitare
di un gesto eclatante per zittirli.
Forse
Pai ha ragione quando dice che io e Kisshu siamo due teste di…
La mano sinistra scivolò un poco,
facendola andare a sbattere col mento sul ferro. Aisei urlò, si aggrappò come
una piovra con l’altro braccio e serrò le ginocchia, chiudendo gli occhi. Sentì
Kisshu che tratteneva il respiro, mentre lei restava immobile.
Quando il cuore riprese a battere
regolare, la ragazzina controllò di avere di nuovo una presa salda, quindi
eliminò gli ultimi centimetri che la distanziavano dalla roccia. La stalattite
era proprio sopra di lei, le sarebbe bastato allungare il braccio per toccarla.
« Aisei, per piacere… - la voce
di Kisshu le sembrò incredibilmente fioca – Scendi giù! »
La brunetta tentò una prima
presa: la mano afferrò il vuoto e lei riagguantò la trave con un movimento
sconclusionato, oscillando un poco sopra l’abisso. Kisshu soffiò tra i denti:
« Dai, porca miseria! »
Aisei lo ignorò. Deglutì a vuoto,
strinse la presa e tentò ancora, e le sue dita intirizzite si serrarono attorno
alla goccia, nell’istante esatto in cui essa, scivolando via dalla stalattite
madre, diventava una solida, piccola pietra bianca.
« Ce l’ho!! »
Il suo grido di vittoria si perse
nel silenzio gelato, seguito da uno schiocco sordo. Aisei trattenne il fiato e
di colpo avvertì l’acciaio sotto di lei vibrare con uno scricchiolio sempre più
forte.
« Aisei! »
La tavola vibrò di colpo e le
sfuggì un urlo strozzato. Spaventata la ragazzina tentò di tornare indietro, ma
i movimenti sempre più forti della trave la terrorizzarono al punto di
paralizzarla; non potè far altro che serrare la presa delle mani, incapace di
muoversi. La sporgenza sussultò ancora una volta, poi un’altra e un’altra
ancora: Aisei urlò ad ogni scossone,
mentre sentiva il ghiaccio che imprigionava il suo sostegno incrinarsi
sempre di più.
Per
favore, crolla indietro, per favore crolla indietro!
L’impalcatura s’impennò di mezzo
metro e Aisei scivolò verso il bordo della gola, strillando; serrò le gambe per
frenare la sua discesa, mentre la trave si fermava stridendo.
Nel panico Aisei tenne gli occhi
serrati, sussultando quando avvertì una mano prenderle il braccio. Sentì Kisshu
imprecare e tirarla di peso lungo la sbarra, mentre questa riprendeva ad
oscillare, ma lei era troppo spaventata per reagire e si limitò farsi portare
dal ragazzino.
« Aisei, maledizione!! »
Le afferrò con forza una mano,
che ancora teneva serrata attorno alla trave, e la strattonò con forza. Lei
sussultò, riscuotendosi, e con un altro gridolino si mise a gattoni
sull’acciaio gelato: i due bambini scivolarono rapidi verso il suolo sicuro
quando la trave, con un ultimo schiocco secco,
s’inclinò di colpo con la punta verso il basso e precipitò nel vuoto,
seguita dai lastroni di ghiaccio che la imprigionavano. Il contraccolpo scagliò
Kisshu e Aisei verso l’uscita della grotta. Entrambi urlarono: Aisei si sforzò
di girarsi con la pancia verso terra per riuscire ad atterrare quantomeno sulle
mani, guardando terrorizzata gli spuntoni di roccia che minacciavano di
frantumarle le ossa se ci fosse caduta addosso da quell’altezza; il volo, però,
non durò che pochi secondi, ed entrambi rotolarono in un istante sul pavimento
roccioso nel sottile strato di nevischio ghiacciato. La ragazzina vide tutta la
caverna ruotarle attorno in un turbinio di neve farinosa e sentì il sapore amaro della pietra finirle in
bocca, mentre il rimbombo della frana echeggiava attorno a loro.
Quando finalmente riuscirono a
fermarsi, Aisei era sdraiata a pancia in su, le gambe stese a candela su una
piccola roccia, mentre Kisshu tossiva nevischio e ghiaccio, pulendosi la faccia
dal cumulo di neve su cui era piombato.
« … Siamo ancora vivi… »
In risposta lui si mise sulla
schiena, annaspando, e mandò giù un’altra parolaccia:
« Giuro che uno di questi giorni
ti ammazzo, Aisei! – urlò furente – Ma che ti passa per la testa?!? »
Lei non gli diede risposta.
Kisshu la vide mettersi a sedere dritta e dargli la schiena, lasciandosi
sfuggire un singhiozzo sordo.
« E ora che ti prende? »
Aisei continuò a tacere,
asciugandosi di nascosto una lacrimuccia:
« Niente… - bofonchiò – Sto bene.
»
Lui la fissò in silenzio, ma non
ribattè e sbuffando le si avvicinò:
« Tutto a posto? »
Aisei si voltò appena e lo vide
fare un mezzo sorriso. Annuì convinta:
« Certo. Grazie. »
Lui le fece uno sberleffo e si
sporse oltre la sua spalla:
« Allora? Fammi vedere quel coso,
dai. »
Aisei assunse un’aria gongolante
e sollevò le mani a coppa, mostrandogli una piccola gemma ovale, rilucente di
tutte le sfumature del bianco e dell’argento.
« Wow. – fece Kisshu sarcastico –
E tu avresti rischiato l’osso del collo per questo?!
»
Lei annuì vaga, rapita dai
bagliori della pietra. L’aveva raccolta per sfida, ma ora che aveva in mano
quell’oggetto si rendeva conto di quanto fosse meraviglioso e non riusciva a
scollarvi lo sguardo di dosso.
Aliene o terrestri, evidentemente
le donne erano tutte attirate dagli oggetti che luccicano.
Aisei si rigirò la sfera tra le
dita, saggiandone la superficie liscia e ammirandone l’iridescenza per interi
minuti. Kisshu emise un verso di stizza:
« Dai, torniamocene a casa,
scema… »
Le tirò un colpetto dietro la
testa e prese a sghignazzare, correndo fuori.
« Ahio! – protestò lei,
massaggiandosi la testa – Ehi, dove credi di andare?! Torna qui, me la
pagherai! »
« Io dico che stai bleffando! »
« Non è vero, e questa è la
prova! »
Aisei fronteggiò il gruppetto di
bambini impettendosi e divaricando le gambe, mostrando la gemma che portava al
collo con un gesto teatrale.
I bambini sussultarono un poco e
si guardarono dubbiosi; Aisei sogghignò orgogliosa, quello era il suo trionfo!
Da quando lei e Kisshu erano
tornati dalla grotta, Aisei aveva trasformato la gemma raccolta in un ciondolo,
e non faceva altro che portarsela dietro e mostrarla a tutti, scatenando anche
la curiosità degli adulti. Lei però stava bene attenta a non dire dove l’avesse
presa – e a Kisshu non passava nemmeno per l’anticamera del cervello di
spifferare qualcosa – onde evitare la peggior strigliata della sua vita.
Oltre alla contentezza di avere
vinto la sua sfida, si aggiungeva la soddisfazione di avere un oggetto speciale
ed unico. Era rarissimo trovare qualche donna tra la loro gente che portasse
gioielli, e nessuna avrebbe mai potuto averne uno uguale, perché ormai la
stalattite che perdeva quelle gocce bianche era andata distrutta.
La ragazzina fece un’altra
piroetta e prestò attenzione a mostrare il suo trofeo a tutti i presenti,
lanciando occhiate soddisfatte.
Il più grande dei bambini, più o
meno dell’età di Aisei, con corti capelli scuri e sporchi come la sua faccia,
impolverata e magra, sbottò e si avvicinò alla brunetta:
« Fammi vedere! »
Aisei sussultò un poco,
stringendo il laccetto macilento a cui era legato il pendente; guardò con
sospetto la manina ossuta rivolta verso di lei e l’aria corrucciata del
bambino, e si strinse il ciondolo al petto:
« L’hai già visto. » protestò.
« Fammelo vedere più da vicino. »
« No! »
Il ragazzino si avventò contro di
lei, tentando di strapparle la pietra. Aisei si difese dimenando a mezz’aria il
pugno serrato, mentre gli altri bambini prendevano a ridere ed incitavano il
compagno.
La mano del ragazzino quasi
sfiorò il laccio e Aisei tentò di morderlo, facendolo saltare indietro; ci
furono urli, fischi e risa, e la brunetta saltellò indietro cercando di non
rimanere intrappolata dal gruppetto, che si stringeva attorno a lei.
Aisei girò su se stessa, andando
a sbattere contro l’angolo di una casa, ma mantenne l’equilibrio e barcollò
solo un poco di lato, mentre il bambino rideva sguaiato:
« Vigliacca! Vigliacca! »
Lei digrignò i denti ,
rannicchiandosi per nascondere il suo tesoro, quando scorse una leggera
agitazione nella piccola folla e vide due occhi dorati guardarla apprensivi.
« … Kissh…! »
« Preso! »
Aisei mandò un urletto, mentre il
ragazzino coi capelli scuri la spintonava a terra e sventolava trionfante il
suo bottino. La brunetta si tirò su sibilando tra i denti:
« Ridammelo! »
Quello rise e spiccò una corsa,
seguito a ruota da tutta la sua banda. Aisei e Kisshu, che era stato mezzo
travolto dall’orda, scattarono automaticamente dietro di loro a tutta velocità.
« Ridatemelo! Ridatemelo subito!
»
I ragazzini risero più forte,
infilandosi in mezzo alla folla della piazza principale. Aisei inveì piano,
così li avrebbero persi!
« Aisei! Di qui! »
Kisshu l’afferrò per un braccio e
s’infilò in una strada laterale che correva parallela alla principale: lì era
molto meno affollato, recuperare terreno sarebbe stato più semplice.
« Eccoli! »
Aisei vide con la coda
dell’occhio il bambino dai capelli scuri. Furente, scattò di lato e gli si
lanciò contro, placcandolo con tutta la forza che aveva; i due rotolarono in
mezzo alla gente, investendo almeno quattro persone, e presero a lottare senza
mezzi termini incuranti delle proteste degli adulti colpiti.
« Lasciami! L-lasciami, stronza!
»
« Mai! Ridammi il mio ciondolo,
ridammelo! »
Colpendo alla cieca, Aisei
cercava qualunque punto che costringesse il ragazzino a lasciare la presa sul
suo tesoro; volavano calci, pugni e morsi, oltre ai fastidiosi tentativi di
alcuni adulti di separarli.
« Ohi…! Mollami, strega! Ehi,
aiutatemi! »
« Codardo, combatti da sol…! »
Aisei s’interruppe lanciando un
grido di dolore: al richiamo del loro capo, gli altri ragazzini li avevano
raggiunti, e ora almeno altri due teppistelli le erano saltati addosso e la
stavano prendendo a pugni senza troppi complimenti, mentre il ladruncolo
scappava.
La brunetta si protesse il volto
con le braccia, quando di colpo sentì i suoi due assalitori lanciare degli urli
di dolore.
« Stai bene?! »
Kisshu la fece alzare di scatto,
tirando un altro calcio ad uno dei ragazzini con aria schifata:
« Sfigati vigliacchi
pappamolle!(*) »
« Lasciali perdere… Dai andiamo!
»
Senza neanche aspettarlo Aisei riprese
a correre, cercando disperatamente con gli occhi i suoi obbiettivi in mezzo
alla gente.
Per loro fortuna non erano
riusciti a distanziarli a sufficienza; il gruppetto attraversò tutta la città
senza più riuscire a seminare i proprio inseguitori e si diresse fuori, verso
la periferia, e poi ancora più in là.
Kisshu e Aisei corsero e corsero,
tra case diroccate divorate dal freddo e vecchi palazzi rugginosi, finchè la
strada prese a scendere e divenne priva di alcun segno di civilizzazione. La
via sotto i loro piedi si trasformò rapidamente in terra e rocce gelate; la
neve iniziò ad accumularsi al loro fianco, fioccando lenta dalle aperture nella
copertura ormai usurata sopra le loro teste, e la temperatura scese se
possibile ancor di più.
Aisei, però, non rallentò: ormai
non c’era più alcun posto dove quei ragazzini potessero nascondersi, li avevano
in pugno!
Almeno così credeva.
All’improvviso vide la strada
inclinarsi bruscamente verso il basso e scomparire in una grossa caverna, dove
il gruppo di teppistelli entrò a tutta velocità ridendo e sghignazzando. La
ragazzina intuì all’istante cosa volessero fare.
« Oh no…! »
Accelerò ancora l’andatura, anche
se ormai era senza fiato, e seguì le orme degli altri nella neve fresca con
sempre più ansia.
« ALT! »
Lei e Kisshu si bloccarono.
Avevano raggiunto la voragine al centro della grotta e lì in piedi, con un
sorriso beffardo, c’era il ragazzino dai capelli scuri; teneva il braccio steso
sopra il cratere e nella mano stringeva il pendente di Aisei. La brunetta serrò
i pugni:
« Ridammelo subito! »
« E perché dovrei? – sghignazzò
quello – Tanto, non è mica tuo! »
« Certo che è mio, ladro da due
soldi! »
« Non ci credo. – la schernì –
Come cavolo avresti fatto ad arrivare fin lassù? »
E indicò ciò che restava della
stalattite sopra la voragine, per loro ormai inarrivabile; il suo sorriso si
allargò:
« L’avrai rubata da qualcuno.
Credevi di convincerci, deficiente?! »
« Chi cazzo se ne frega! –
sbraitò Kisshu – Ridalle quell’affare, cacasotto di terza categoria! »
« Che hai detto?!? »
Kisshu lo fissò maligno:
« Non sono io che prendo in giro
una ragazza e poi non solo mi faccio malmenare da lei, ma devo chiedere pure
rinforzi! »
Il ragazzino dai capelli scuri
divenne paonazzo per la rabbia, poi fece una smorfia perfida:
« Beh, se ci tiene tanto… Che se
lo vada a riprendere! »
« No, aspetta! »
Il moretto caricò all’indietro il
braccio e scagliò il ciondolo in aria con quanta forza aveva. La pietra compì
un’ampia parabola sopra la voragine e dopo pochi secondi vi precipitò dentro,
scomparendo nell’oscurità.
Il gruppetto scoppiò in grasse
risate e se la diede a gambe senza troppi complimenti.
« Ti sta bene, strega! »
« Vallo a prendere ora! »
« Cretina! »
« Ehi, voi! Dove cavolo pensate
di andare?!? »
« Kisshu, no! »
Il ragazzino si bloccò di botto,
mentre la piccola banda svaniva assieme al suo codazzo di chiasso.
« Perché no?! Bastardi, si
credono chissà chi perché sono in sette e… »
« T’ho detto lascia perdere! »
Kisshu sobbalzò un poco a quel
tono secco e sconsolato; si voltò meglio verso Aisei, ma lei gli dava le spalle
e fissava il cratere, la testa china, immobile.
« Insomma… E ora che hai? »
Le arrivò a fianco e si fermò di
nuovo:
« Ais… »
Lei respinse la sua mano con uno
schiaffo secco:
« Non è… niente… »
Rispose fioca. Sapeva benissimo
che Kisshu la stava guardando piangere, ma non riusciva a non farlo.
Perchè finiva sempre a quel
modo?!
Ogni volta che riusciva a fare
qualcosa, o aveva qualcosa a cui teneva, quei ragazzini le distruggevano sempre
tutto.
« Ormai… Fa lo stesso. »
Se
la prendono con me solo perché io non ho i genitori pronti a difendermi!
Strinse i pugni così tanto da
farsi venire le nocche bianche. Kisshu incrociò le braccia e la fissò serio:
« Se frigni a questo modo non fa
lo stesso. »
« Invece sì! – sbottò lei,
asciugandosi bruscamente le lacrime – In fondo era soltanto uno stupido sasso!
»
Girò sui tacchi e si avviò verso
l’uscita a passo di marcia, considerando l’argomento chiuso.
« Su – borbottò, tirando su col
naso – se mia sorella e lo zio scoprono che siamo stati qui, siamo belli che
morti tutti e… Che cavolo stai facendo?!?
»
Kisshu non rispose, lanciandole
solo un’occhiata fugace, e continuò ad esplorare tutto il perimetro della
voragine:
« Trovato! »
Sotto ad una protuberanza del
terreno c’era un microscopico sentiero, che costeggiava tutta la voragine e si
allargava pian piano, fino a giungere sul fondo. Lo avevano scoperto tempo
prima, ma fin’ora non avevano osato tentare la
discesa.
« Kisshu… Che hai intenzione di…
?!? »
« Tu vai pure a casa. – fece
sbrigativo, scendendo con cautela – Se papà ti chiede qualcosa, tu non sai
niente come sempre. »
« Un accidente! Che vuoi fare?! »
« Torno subito! »
Urlò lui, sparendo sempre più
velocemente.
« Kisshu! Ehi, aspetta! KISSHU! »
Lui, però, non le rispose più, e
Aisei sentì solo i suoi passi scendere per qualche minuto, finchè non scomparsero anch’essi.
« Kisshu… »
Non
è possibile! Ma che gli è preso?!
Aisei s’inginocchiò e si sporse
in avanti per guardare meglio la voragine; era talmente buio là sotto che ebbe
l’impressione di cadervi da un momento all’altro, e sentì montarle il panico.
Cosa aveva intenzione di fare
Kisshu? Trovare quello stupido sasso?! Si sarebbe sicuramente perso: il fondo
di quelle caverne era un mucchio di vecchie gallerie calcaree, non sarebbe mai
stato in grado di risalire con quel buio.
« Accidenti…! Stupido che non sei
altro! »
Senza aspettare saltò a piè pari
sul sentiero e prese a scendere di corsa, la mano appoggiata alla parete, ma fu
costretta a rallentare l’andatura dopo pochi metri, perché il buio le impediva
di capire dove finisse il sentiero, e sotto i suoi piedi era pieno di sassolini
e ghiaia; non potè che proseguire pian piano, un piede avanti all’altro,
cercando di abituarsi all’oscurità totale e ignorando la corrente d’aria che
sentiva salire dal buco alla sua sinistra, e che le ricordava cosa sarebbe
potuto accadere al passo successivo.
Se
perdessi l’equilibrio…
Sentì il suo piede destro
scivolare via, smettendo di sorreggerla, e l’altra gamba che cedeva privata di
stabilità. Aisei finì a terra e cadde in avanti, rotolando sulla schiena, poi
scontrò qualcosa, forse la parete di una curva, e gemendo tentò di fermare la
sua corsa afferrando una qualunque sporgenza con le dita; sfiorò un paio di rientranze,
ma la pietra gelata le tagliò le dita, e lei ruzzolò ancora giù. Cercò in tutti
i modi di fermarsi, di rallentare, ma era difficile trovare un appiglio:
l’oscurità aumentava di metro in metro e lei sentiva le pietre che le
graffiavano la pelle venire da ogni direzione come pioggia, non capiva nemmeno
più se fosse a testa sotto o a testa in su.
Di colpo la resistenza del suo
corpo contro il suolo finì. Aisei avvertì tutto il suo peso svanire e poi
scivolare in basso e lo stomaco le si serrò in una morsa.
Era uscita dal sentiero.
Urlò con quanto fiato aveva in
gola, preparandosi all’impatto. Per sua fortuna era rotolata molto più in basso
di quanto pensasse, e il suo fu solo un volo di poco più di un metro fino a
terra.
Lamentandosi si rimise in piedi,
ancora frastornata dalla discesa. Quando riacquistò un po’ di lucidità, si
accorse di essere di nuovo in grado di distinguere l’ambiente dove si trovava,
quanto bastava almeno da capire in che direzione avrebbe camminato.
Si trovava sul fondo di una grossa
gola. Il pavimento era ricoperto dei detriti di ghiaccio e della stalattite
precipitata giorni prima, tra i quali s’intravedevano altre gemme come quella
che Aisei aveva perso; le pietre mandavano una lieve fluorescenza, grazie alla
pochissima luce che scendeva dalla caverna superiore, e ce n’erano di ogni
forma e dimensione Aisei cercò con gli occhi la più grande che fosse stata in
grado di trasportare e quando la trovò – era grossa quasi come la sua testa –
s’incamminò lentamente per l’unica strada possibile, pregando che la pietra
riflettesse abbastanza luce da vedere almeno dove poggiava i piedi.
« Kisshu! »
La sua voce non riecheggiò come
si aspettava, ma si spense come se venisse risucchiata via dal buio. Aisei
deglutì a vuoto, se voleva trovare quello stupido non aveva altra scelta che
avanzare.
La gola in cui stava camminando
era stretta e liscia, un brullo paesaggio di rocce nere e stalagmiti su cui
colavano di quando in quando minuscole
gocce dal soffitto, risuonando nel silenzio come tuoni. C’era davvero
molto freddo, e umido. L’oscurità non era così fitta come sul sentiero da cui
Aisei era scesa e la ragazzina poteva distinguere le sagome di ciò che aveva
attorno, eppure aveva lo stesso paura. Quella strada, così ampia e vuota
rispetto a lei, le sembrava si prolungasse all’infinito nell’oscurità, pronta
ad inghiottire lei e la sua minuscola fonte di luce.
Per sua fortuna dovette compiere
solo un centinaio di metri, finchè finalmente scorse la sagoma di Kisshu; anche
lui teneva una delle pietre luminescenti
in mano, ma sembrava che la sua emettesse molta più luce di quella di
Aisei.
« KISSHU! »
Lui sobbalzò sentendosi chiamare.
Aisei gli corse in contro, troppo felice di averlo trovato e di poter risalire,
mentre il ragazzino sembrava contrariato nel vederla:
« Ma perché sei scesa?!? »
« Perché ero preoccupata, scemo!
– replicò arrabbiata – Perché devi sempre fare stupidaggini?! »
Kisshu la ignorò:
« Come cavolo hai fatto a
scendere? – le fissò le mani e si accigliò – Sei tutta graffiata… »
« Non è niente. – borbottò lei –
Piuttosto… Come mai la tua pietra fa tanta luce? »
Poi vide quel che Kisshu aveva in
mano e sgranò gli occhi. Lui fece un sorriso furbo.
« Ma quella torcia non è di Pai
nii-san? »
« Già. »
« Quella che ti aveva detto che
non avresti mai, mai e poi mai dovuto
fregargli senza permesso o ti avrebbe staccato la testa? »
Puntualizzò; Kisshu scoppiò a
ridere.
« Tuo fratello ti ammazzerà uno
di questi giorni… »
Kisshu fece spallucce:
« Però è servita. »
Aprì l’altra mano e la mostrò alla
brunetta, che mandò un grido di gioia:
« L’hai trovato! L’hai trovato! »
« Per chi mi hai preso?! Certo
che l’ho trovato! »
Aisei gli prese con garbo il
pendente dalla mano e se lo rimise di corsa al collo, rimirandolo felice.
« Grazie mille! »
Kisshu scrollò di nuovo le
spalle:
« Non potevo lasciarti con quella
faccia triste… »
Aisei non gli rispose, chinando
un po’ la testa in imbarazzo. Le succedeva sempre quando Kisshu era un po’ più
gentile con lei e non le piaceva sentirsi così a disagio; preferiva quando
scherzavano o facevano la lotta.
« Dai – bofonchiò, voltandosi – è
meglio se torniamo. »
« Aspetta…! »
« Uh? Cosa c’è? »
Kisshu non le rispose,
limitandosi a guardarla serio. Aisei chinò di nuovo la testa, non le piaceva
nemmeno quando la scrutava in quel modo, con quei bellissimi occhi dorati: si
sentiva di colpo in soggezione e il cuore le batteva più veloce.
« Ti… Devo dire un paio di cose.
»
« Qui? Adesso?! »
« Sì. – sbottò categorico – Qui e
adesso. »
Aisei non rispose,
mordicchiandosi il labbro inferiore:
« E perché…? »
« Perché così, anche se ti
arrabbierai, quando torneremo su potremo fare finta che non sia mai successo
niente. Ok? »
Aisei sospirò, di solito un
discorso del genere precedeva il racconto di qualche succulento segreto – tipo
come infiltrarsi nel comando centrale dell’esercito senza farsi beccare, o un
nuovo nascondiglio – e lei si sentì più sollevata.
« Ok! »
« Voglio una ricompensa per
averti aiutata. »
« Cheeeee?!? – Aisei incrociò le
braccia al petto, facendo una smorfia – Ma sentitelo! Approfittatore! »
Scoppiò a ridere, ma Kisshu non
reagì. Aisei tornò seria e riprese a mordersi il labbro, non la stava prendendo
in giro:
« E… Che vorresti? »
Kisshu fece un’espressione che
Aisei non aveva mai visto e sentì le farfalle dimenarsi nello stomaco.
« Voglio un bacio. »
Aisei lo fissò a bocca aperta:
« M-ma sei scemo?! Che cavolo
dici?! – sbottò arrabbiata – Guarda che non è divertente! »
« Non sto scherzando. »
« P-p-p-perché dovrei farlo?! Anzi
no… Perché cavolo mi stai chiedendo una cosa del genere?!? »
« Perchè mi piaci. »
La brunetta si calmò di colpo,
sussurrando come se all’improvviso non avesse più fiato:
« S-stai… Dici sul serio? »
Lui annuì piano. Aisei prese a
fissarsi la punta delle scarpe, rossa fino alle orecchie e col cuore che
batteva così forte che le stringeva la gola:
« P-perché… Me lo dici adesso? »
« Te l’ho detto… Così anche se ti
arrabbi, o qualunque cosa mi vuoi dire, non ci sentirà nessuno, e quando
torneremo su faremo finta di niente. »
Lei mandò una sorta di grugnito
in risposta, calciando un sassolino.
« Sei… Arrabbiata con me? »
Aisei scosse la testa.
« Ti ha da fastidio? »
Lei fece di nuovo cenno di no,
tormentandosi il bordo della maglia troppo larga:
« N-no… »
Kisshu le si avvicinò un poco:
« Ai, dammi la mano. »
« Eh? »
« Su, dammi la mano. »
Allungò le dita verso di lei, ma
Aisei strinse il pugno:
« Kisshu, non so se ci riesco… »
« Sì che ci riesci. »
La brunetta sospirò, indecisa.
« Io non mi so spiegare bene… –
mormorò il ragazzino – Forse però così posso… »
Aisei titubò ancora un istante,
poi gli prese la mano e chiuse gli occhi. Kisshu la vide arrossire di nuovo,
così tanto che anche le sue dita diventarono un po’ più tiepide.
Finalmente Aisei alzò la testa e lo
guardò in faccia: anche lui sembrava a disagio e continuava a saettare in giro
con lo sguardo, senza riuscire a fissarla troppo a lungo.
« Allora… Posso? »
« Eh? Uh… Huh… »
La brunetta gli sentì aumentare la
stretta sulla sua mano e chiuse gli occhi, con tanta forza da farsi venire mal
di testa.
Da adulto Kisshu avrebbe
annoverato quell’innocente bacino come il più infantile di tutti quelli che
aveva mai dato.
Allo stesso tempo, Aisei avrebbe
potuto dire che quello era stato il bacio più vero in assoluto.
Non durò che poco più di tre
secondi; Aisei sentì la sensazione di qualcosa di morbido, tiepido e un poco
umido, e di colpo le fu impossibile sentire altro suono se non il battito del
suo cuore nelle orecchie.
Nessuno dei due lasciò la presa
sulla mano dell’altro, anche se per due minuti buoni entrambi trovarono molto
più avvincente fissare il pavimento che guardarsi in faccia. Kisshu strinse il
pugno della mano libera e gesticolò stizzito:
« Scusa, io…! »
Aisei gli strattonò la mano,
scuotendo la testa con foga; sentiva la bocca stranamente secca, e non le
riusciva di parlare bene.
« Noi… Continueremo a giocare
insieme, giusto? »
« Eh? »
Lei fece un passettino verso di
lui, stringendogli meglio la mano.
« E continueremo a litigare con
quegli altri scemi, vero? Faremo tutto come sempre, giusto? »
Erano domande una più stupida
dell’altra, ma le uscivano dalla bocca da sole. Si sentiva felice, eppure aveva
paura che, una volta tornati in superficie, sarebbero cambiate troppe cose, e
non voleva.
Ad Aisei piaceva stare con
Kisshu, gli piaceva giocare con lui e cacciarsi assieme nei guai, non voleva
che cambiasse niente tra di loro.
O quasi.
« Ecco, io e te… »
Aisei si morse ancora il labbro
e, forse per la prima e unica volta nella sua vita, tentò con tutte le sue
forze di far capire a qualcun altro cosa provasse in quel momento. Kisshu la
fissò un po’ confuso, ma il tentativo di Aisei parve funzionare; il ragazzino
sorrise furbo:
« Certo! E io continuerò ad essere
più veloce di te e a vincere sempre quando ci sfidiamo. »
« Guarda che la più veloce sono
io. »
Risero entrambi. Aisei stiracchiò
un sorriso impacciato, allungandosi quel poco che bastava da dare a Kisshu un
altro piccolo bacio, a metà strada tra la guancia e la bocca.
« Ti voglio bene. »
Lo mormorò così piano che faticò
lei stessa a sentirsi.
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Mi state odiando,
ditelo pure ^^"". Ma vi prego, abbassate i lanciagranate
^-^""…
CLAK-CLANK! *rumore di
caricamento proiettili*
Hiiiii
^____^"""""""!!! Vi supplico, se mi
ammazzate non posso + aggiornare ^____^""""!!!
Prima di venire fatta brillare come una valigia abbandonata all'aeroporto ^^",
voglio ringraziare Danya (eh, ci avevi azzeccato con il titolo ;)?), Amuchan, Dancelove, mobo
e Perla_Bartolini dei
loro commenti e tutti coloro che hanno letto, mi fate felice >w< ! Volete
farmi innamorare lasciandomi un commentino-ino ♥?
Ora fuggo!
Mata ne~♥!
Ria