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Autore: Ria    19/10/2014    5 recensioni
[...] Kisshu era uno di quei tipi a cui piace giocare con le ragazze. Tutte le ragazze. Gli piaceva stuzzicarle, blandirle pian piano, finchè queste non cadevano ai suoi piedi e tutte cedevano sempre. Perché per Kisshu era un gioco, un gioco allettante e piacevole, e perché per lui erano tutte uguali.
Con due eccezioni.
Una era Ichigo, e Taruto lo capiva benissimo, anche se non riusciva a capacitarsi di come fossero peggiorati i gusti del fratello per scegliere “quella vecchiaccia”.
L’altra era Aisei. [...]
[...] Lei scosse la testa con forza:
« Ho avuto… Ho avuto paura! – singhiozzò – Quando… Quando Kisshu mi dice che gli piaccio… Non so più cosa fare! Ho l’impressione di non controllare più il mio corpo, non riesco nemmeno più a pensare! Penso solo… »
« Solo? »
« … Solo… Che vorrei stare con lui, e nient’altro.
« Non… Non sento più niente, non voglio più sentire niente. Vorrei solo che mi abbracciasse… »
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Pepperepeppepepepeee!!! Ci siamooo! Siete pronti a svelare l'arcano passato di Aisei?!

Aisei: ma anche no -\\-"!

Preparate i fazzolettini e le flebo contro il diabete per questo psicodramma in tre atti! Ci vediamo in fondo!

Kisshu: devi rivelarmi il tuo spacciatore prima o poi…

Vai con il flashback!!

 

 

 ~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~

 

 

 

 

Cap.13 – Green-Gold Memories: sette anni fa

 

 

Non occorreva si impegnasse perché quei ricordi tornassero vividi alla sua mente. Erano incisi nella memoria come lettere sulla pietra, indelebili, chiari al punto da farle male.

L'aria fredda. La neve sulle dita. E la sua voce che la chiamava…

 

 

« Aisei, scendi da lì, avanti! »

Kisshu allungò ancora il collo verso la figura della ragazzina, aggrappata alla sporgenza metallica a picco sullo strapiombo; lei gli rivolse un sorrisetto spavaldo, incurante:

« Stai tranquillo, mi tengo forte. »

La brunetta strinse le cosce e strisciò un altro po’ sullo spuntone. Mandò un sibilo tra i denti, quel vecchio pezzo d’impalcatura abbattuto era ghiacciato: le si stavano congelando le dita e l’aria fredda le era entrata così nelle ossa da farle battere i denti come nacchere, ma doveva arrivarci.

« Zuccona, andiamocene! – la voce del ragazzino rimbombò nell’antro vuoto – Lascia perdere! »

Aisei lo guardò storto:

« No! Devo riuscire a prenderne uno! »

« Stupida, se cadi non vengo certo a riprenderti! »

Lei lo ignorò, strisciando un altro poco. La stalattite pendeva di fronte a lei, a meno di mezzo metro.

Unica di tutta la caverna quella roccia, le cui sfumature andavano dal grigio al perla, dal bianco lattiginoso alla trasparenza assoluta della punta, riluceva tutt’attorno grazie alla luce polverosa, come una lanterna nel buio. E lì, sul termine della roccia e ormai sul punto di cadere, quello che Aisei cercava: una goccia bianchissima, come la neve che filtrava dalle crepe del soffitto soprastante, e lei doveva riuscire a prenderla prima che questa cedesse alla gravità, perdendosi per sempre nella voragine sottostante.

« Aisei, insomma! – protestò di nuovo Kisshu – Guarda che stavolta è…! »

« Insomma, stai zitto! – sbottò lei – Un attimo e scendo! »

Lui borbottò qualcosa che sembrava moltissimo una parolaccia, ma la ragazzina lo ignorò.

Era strano che fosse Kisshu a sgridarla per una bravata, di solito era lui a cacciarsi nei guai e lei a tirarlo fuori. In quel momento aveva ragione, però, a preoccuparsi: finchè si trattava di fare gli stupidi e saltellare in giro attraverso la città era una cosa, ma stare sospesi nel vuoto su un buco di quasi mezzo chilometro, senza saper volare o teletrasportarsi, era tutt’altro giochetto.

Ma Aisei doveva avere quella goccia. Doveva averla! Così avrebbe dimostrato quanto valeva.

In fondo, la colpa era di quei ragazzini indisponenti, che avevano osato prenderla in giro, sostenendo che non sarebbe mai stata in grado di diventare un  soldato.

Perché era femmina!

Assurdo! Inconcepibile!

Sapeva che non avrebbe dovuto dar loro corda, ma i loro insulti erano stati abbastanza irritanti da necessitare di un gesto eclatante per zittirli.

Forse Pai ha ragione quando dice che io e Kisshu siamo due teste di…

La mano sinistra scivolò un poco, facendola andare a sbattere col mento sul ferro. Aisei urlò, si aggrappò come una piovra con l’altro braccio e serrò le ginocchia, chiudendo gli occhi. Sentì Kisshu che tratteneva il respiro, mentre lei restava immobile.

Quando il cuore riprese a battere regolare, la ragazzina controllò di avere di nuovo una presa salda, quindi eliminò gli ultimi centimetri che la distanziavano dalla roccia. La stalattite era proprio sopra di lei, le sarebbe bastato allungare il braccio per toccarla.

« Aisei, per piacere… - la voce di Kisshu le sembrò incredibilmente fioca – Scendi giù! »

La brunetta tentò una prima presa: la mano afferrò il vuoto e lei riagguantò la trave con un movimento sconclusionato, oscillando un poco sopra l’abisso. Kisshu soffiò tra i denti:

« Dai, porca miseria! »

Aisei lo ignorò. Deglutì a vuoto, strinse la presa e tentò ancora, e le sue dita intirizzite si serrarono attorno alla goccia, nell’istante esatto in cui essa, scivolando via dalla stalattite madre, diventava una solida, piccola pietra bianca.

« Ce l’ho!! »

Il suo grido di vittoria si perse nel silenzio gelato, seguito da uno schiocco sordo. Aisei trattenne il fiato e di colpo avvertì l’acciaio sotto di lei vibrare con uno scricchiolio sempre più forte.

« Aisei! »

La tavola vibrò di colpo e le sfuggì un urlo strozzato. Spaventata la ragazzina tentò di tornare indietro, ma i movimenti sempre più forti della trave la terrorizzarono al punto di paralizzarla; non potè far altro che serrare la presa delle mani, incapace di muoversi. La sporgenza sussultò ancora una volta, poi un’altra e un’altra ancora: Aisei urlò ad ogni scossone,  mentre sentiva il ghiaccio che imprigionava il suo sostegno incrinarsi sempre di più.

Per favore, crolla indietro, per favore crolla indietro!

L’impalcatura s’impennò di mezzo metro e Aisei scivolò verso il bordo della gola, strillando; serrò le gambe per frenare la sua discesa, mentre la trave si fermava stridendo.

Nel panico Aisei tenne gli occhi serrati, sussultando quando avvertì una mano prenderle il braccio. Sentì Kisshu imprecare e tirarla di peso lungo la sbarra, mentre questa riprendeva ad oscillare, ma lei era troppo spaventata per reagire e si limitò farsi portare dal ragazzino.

« Aisei, maledizione!! »

Le afferrò con forza una mano, che ancora teneva serrata attorno alla trave, e la strattonò con forza. Lei sussultò, riscuotendosi, e con un altro gridolino si mise a gattoni sull’acciaio gelato: i due bambini scivolarono rapidi verso il suolo sicuro quando la trave, con un ultimo schiocco secco,  s’inclinò di colpo con la punta verso il basso e precipitò nel vuoto, seguita dai lastroni di ghiaccio che la imprigionavano. Il contraccolpo scagliò Kisshu e Aisei verso l’uscita della grotta. Entrambi urlarono: Aisei si sforzò di girarsi con la pancia verso terra per riuscire ad atterrare quantomeno sulle mani, guardando terrorizzata gli spuntoni di roccia che minacciavano di frantumarle le ossa se ci fosse caduta addosso da quell’altezza; il volo, però, non durò che pochi secondi, ed entrambi rotolarono in un istante sul pavimento roccioso nel sottile strato di nevischio ghiacciato. La ragazzina vide tutta la caverna ruotarle attorno in un turbinio di neve farinosa e  sentì il sapore amaro della pietra finirle in bocca, mentre il rimbombo della frana echeggiava attorno a loro.

Quando finalmente riuscirono a fermarsi, Aisei era sdraiata a pancia in su, le gambe stese a candela su una piccola roccia, mentre Kisshu tossiva nevischio e ghiaccio, pulendosi la faccia dal cumulo di neve su cui era piombato.

« … Siamo ancora vivi… »

In risposta lui si mise sulla schiena, annaspando, e mandò giù un’altra parolaccia:

« Giuro che uno di questi giorni ti ammazzo, Aisei! – urlò furente – Ma che ti passa per la testa?!? »

Lei non gli diede risposta. Kisshu la vide mettersi a sedere dritta e dargli la schiena, lasciandosi sfuggire un singhiozzo sordo.

« E ora che ti prende? »

Aisei continuò a tacere, asciugandosi di nascosto una lacrimuccia:

« Niente… - bofonchiò – Sto bene. »

Lui la fissò in silenzio, ma non ribattè e sbuffando le si avvicinò:

« Tutto a posto? »

Aisei si voltò appena e lo vide fare un mezzo sorriso. Annuì convinta:

« Certo. Grazie. »

Lui le fece uno sberleffo e si sporse oltre la sua spalla:

« Allora? Fammi vedere quel coso, dai. »

Aisei assunse un’aria gongolante e sollevò le mani a coppa, mostrandogli una piccola gemma ovale, rilucente di tutte le sfumature del bianco e dell’argento.

« Wow. – fece Kisshu sarcastico – E tu avresti rischiato l’osso del collo per questo?! »

Lei annuì vaga, rapita dai bagliori della pietra. L’aveva raccolta per sfida, ma ora che aveva in mano quell’oggetto si rendeva conto di quanto fosse meraviglioso e non riusciva a scollarvi lo sguardo di dosso.

Aliene o terrestri, evidentemente le donne erano tutte attirate dagli oggetti che luccicano.

Aisei si rigirò la sfera tra le dita, saggiandone la superficie liscia e ammirandone l’iridescenza per interi minuti. Kisshu emise un verso di stizza:

« Dai, torniamocene a casa, scema… »

Le tirò un colpetto dietro la testa e prese a sghignazzare, correndo fuori.

« Ahio! – protestò lei, massaggiandosi la testa – Ehi, dove credi di andare?! Torna qui, me la pagherai! »

 

 

« Io dico che stai bleffando! »

« Non è vero, e questa è la prova! »

Aisei fronteggiò il gruppetto di bambini impettendosi e divaricando le gambe, mostrando la gemma che portava al collo con un gesto teatrale.

I bambini sussultarono un poco e si guardarono dubbiosi; Aisei sogghignò orgogliosa, quello era il suo trionfo!

Da quando lei e Kisshu erano tornati dalla grotta, Aisei aveva trasformato la gemma raccolta in un ciondolo, e non faceva altro che portarsela dietro e mostrarla a tutti, scatenando anche la curiosità degli adulti. Lei però stava bene attenta a non dire dove l’avesse presa – e a Kisshu non passava nemmeno per l’anticamera del cervello di spifferare qualcosa – onde evitare la peggior strigliata della sua vita.

Oltre alla contentezza di avere vinto la sua sfida, si aggiungeva la soddisfazione di avere un oggetto speciale ed unico. Era rarissimo trovare qualche donna tra la loro gente che portasse gioielli, e nessuna avrebbe mai potuto averne uno uguale, perché ormai la stalattite che perdeva quelle gocce bianche era andata distrutta.

La ragazzina fece un’altra piroetta e prestò attenzione a mostrare il suo trofeo a tutti i presenti, lanciando occhiate soddisfatte.

Il più grande dei bambini, più o meno dell’età di Aisei, con corti capelli scuri e sporchi come la sua faccia, impolverata e magra, sbottò e si avvicinò alla brunetta:

« Fammi vedere! »

Aisei sussultò un poco, stringendo il laccetto macilento a cui era legato il pendente; guardò con sospetto la manina ossuta rivolta verso di lei e l’aria corrucciata del bambino, e si strinse il ciondolo al petto:

« L’hai già visto. » protestò.

« Fammelo vedere più da vicino. »

« No! »

Il ragazzino si avventò contro di lei, tentando di strapparle la pietra. Aisei si difese dimenando a mezz’aria il pugno serrato, mentre gli altri bambini prendevano a ridere ed incitavano il compagno.

La mano del ragazzino quasi sfiorò il laccio e Aisei tentò di morderlo, facendolo saltare indietro; ci furono urli, fischi e risa, e la brunetta saltellò indietro cercando di non rimanere intrappolata dal gruppetto, che si stringeva attorno a lei.

Aisei girò su se stessa, andando a sbattere contro l’angolo di una casa, ma mantenne l’equilibrio e barcollò solo un poco di lato, mentre il bambino rideva sguaiato:

« Vigliacca! Vigliacca! »

Lei digrignò i denti , rannicchiandosi per nascondere il suo tesoro, quando scorse una leggera agitazione nella piccola folla e vide due occhi dorati guardarla apprensivi.

« … Kissh…! »

« Preso! »

Aisei mandò un urletto, mentre il ragazzino coi capelli scuri la spintonava a terra e sventolava trionfante il suo bottino. La brunetta si tirò su sibilando tra i denti:

« Ridammelo! »

Quello rise e spiccò una corsa, seguito a ruota da tutta la sua banda. Aisei e Kisshu, che era stato mezzo travolto dall’orda, scattarono automaticamente dietro di loro a tutta velocità.

« Ridatemelo! Ridatemelo subito! »

I ragazzini risero più forte, infilandosi in mezzo alla folla della piazza principale. Aisei inveì piano, così li avrebbero persi!

« Aisei! Di qui! »

Kisshu l’afferrò per un braccio e s’infilò in una strada laterale che correva parallela alla principale: lì era molto meno affollato, recuperare terreno sarebbe stato più semplice.

« Eccoli! »

Aisei vide con la coda dell’occhio il bambino dai capelli scuri. Furente, scattò di lato e gli si lanciò contro, placcandolo con tutta la forza che aveva; i due rotolarono in mezzo alla gente, investendo almeno quattro persone, e presero a lottare senza mezzi termini incuranti delle proteste degli adulti colpiti.

« Lasciami! L-lasciami, stronza! »

« Mai! Ridammi il mio ciondolo, ridammelo! »

Colpendo alla cieca, Aisei cercava qualunque punto che costringesse il ragazzino a lasciare la presa sul suo tesoro; volavano calci, pugni e morsi, oltre ai fastidiosi tentativi di alcuni adulti di separarli.

« Ohi…! Mollami, strega! Ehi, aiutatemi! »

« Codardo, combatti da sol…! »

Aisei s’interruppe lanciando un grido di dolore: al richiamo del loro capo, gli altri ragazzini li avevano raggiunti, e ora almeno altri due teppistelli le erano saltati addosso e la stavano prendendo a pugni senza troppi complimenti, mentre il ladruncolo scappava.

La brunetta si protesse il volto con le braccia, quando di colpo sentì i suoi due assalitori lanciare degli urli di dolore.

« Stai bene?! »

Kisshu la fece alzare di scatto, tirando un altro calcio ad uno dei ragazzini con aria schifata:

« Sfigati vigliacchi pappamolle!(*) »

« Lasciali perdere… Dai andiamo! »

Senza neanche aspettarlo Aisei riprese a correre, cercando disperatamente con gli occhi i suoi obbiettivi in mezzo alla gente.

Per loro fortuna non erano riusciti a distanziarli a sufficienza; il gruppetto attraversò tutta la città senza più riuscire a seminare i proprio inseguitori e si diresse fuori, verso la periferia, e poi ancora più in là.

Kisshu e Aisei corsero e corsero, tra case diroccate divorate dal freddo e vecchi palazzi rugginosi, finchè la strada prese a scendere e divenne priva di alcun segno di civilizzazione. La via sotto i loro piedi si trasformò rapidamente in terra e rocce gelate; la neve iniziò ad accumularsi al loro fianco, fioccando lenta dalle aperture nella copertura ormai usurata sopra le loro teste, e la temperatura scese se possibile ancor di più.

Aisei, però, non rallentò: ormai non c’era più alcun posto dove quei ragazzini potessero nascondersi, li avevano in pugno!

Almeno così credeva.

All’improvviso vide la strada inclinarsi bruscamente verso il basso e scomparire in una grossa caverna, dove il gruppo di teppistelli entrò a tutta velocità ridendo e sghignazzando. La ragazzina intuì all’istante cosa volessero fare.

« Oh no…! »

Accelerò ancora l’andatura, anche se ormai era senza fiato, e seguì le orme degli altri nella neve fresca con sempre più ansia.

« ALT! »

Lei e Kisshu si bloccarono. Avevano raggiunto la voragine al centro della grotta e lì in piedi, con un sorriso beffardo, c’era il ragazzino dai capelli scuri; teneva il braccio steso sopra il cratere e nella mano stringeva il pendente di Aisei. La brunetta serrò i pugni:

« Ridammelo subito! »

« E perché dovrei? – sghignazzò quello – Tanto, non è mica tuo! »

« Certo che è mio, ladro da due soldi! »

« Non ci credo. – la schernì – Come cavolo avresti fatto ad arrivare fin lassù? »

E indicò ciò che restava della stalattite sopra la voragine, per loro ormai inarrivabile; il suo sorriso si allargò:

« L’avrai rubata da qualcuno. Credevi di convincerci, deficiente?! »

« Chi cazzo se ne frega! – sbraitò Kisshu – Ridalle quell’affare, cacasotto di terza categoria! »

« Che hai detto?!? »

Kisshu lo fissò maligno:

« Non sono io che prendo in giro una ragazza e poi non solo mi faccio malmenare da lei, ma devo chiedere pure rinforzi! »

Il ragazzino dai capelli scuri divenne paonazzo per la rabbia, poi fece una smorfia perfida:

« Beh, se ci tiene tanto… Che se lo vada a riprendere! »

« No, aspetta! »

Il moretto caricò all’indietro il braccio e scagliò il ciondolo in aria con quanta forza aveva. La pietra compì un’ampia parabola sopra la voragine e dopo pochi secondi vi precipitò dentro, scomparendo nell’oscurità.

Il gruppetto scoppiò in grasse risate e se la diede a gambe senza troppi complimenti.

« Ti sta bene, strega! »

« Vallo a prendere ora! »

« Cretina! »

« Ehi, voi! Dove cavolo pensate di andare?!? »

« Kisshu, no! »

Il ragazzino si bloccò di botto, mentre la piccola banda svaniva assieme al suo codazzo di chiasso.

« Perché no?! Bastardi, si credono chissà chi perché sono in sette e… »

« T’ho detto lascia perdere! »

Kisshu sobbalzò un poco a quel tono secco e sconsolato; si voltò meglio verso Aisei, ma lei gli dava le spalle e fissava il cratere, la testa china, immobile.

« Insomma… E ora che hai? »

Le arrivò a fianco e si fermò di nuovo:

« Ais… »

Lei respinse la sua mano con uno schiaffo secco:

« Non è… niente… »

Rispose fioca. Sapeva benissimo che Kisshu la stava guardando piangere, ma non riusciva a non farlo.

Perchè finiva sempre a quel modo?!

Ogni volta che riusciva a fare qualcosa, o aveva qualcosa a cui teneva, quei ragazzini le distruggevano sempre tutto.

« Ormai… Fa lo stesso. »

Se la prendono con me solo perché io non ho i genitori pronti a difendermi!

Strinse i pugni così tanto da farsi venire le nocche bianche. Kisshu incrociò le braccia e la fissò serio:

« Se frigni a questo modo non fa lo stesso. »

« Invece sì! – sbottò lei, asciugandosi bruscamente le lacrime – In fondo era soltanto uno stupido sasso! »

Girò sui tacchi e si avviò verso l’uscita a passo di marcia, considerando l’argomento chiuso.

« Su – borbottò, tirando su col naso – se mia sorella e lo zio scoprono che siamo stati qui, siamo belli che morti tutti e… Che cavolo stai facendo?!? »

Kisshu non rispose, lanciandole solo un’occhiata fugace, e continuò ad esplorare tutto il perimetro della voragine:

« Trovato! »

Sotto ad una protuberanza del terreno c’era un microscopico sentiero, che costeggiava tutta la voragine e si allargava pian piano, fino a giungere sul fondo. Lo avevano scoperto tempo prima, ma fin’ora non avevano osato tentare la discesa.

« Kisshu… Che hai intenzione di… ?!? »

« Tu vai pure a casa. – fece sbrigativo, scendendo con cautela – Se papà ti chiede qualcosa, tu non sai niente come sempre. »

« Un accidente! Che vuoi fare?! »

« Torno subito! »

Urlò lui, sparendo sempre più velocemente.

« Kisshu! Ehi, aspetta! KISSHU! »

Lui, però, non le rispose più, e Aisei sentì solo i suoi passi scendere per qualche minuto, finchè non scomparsero anch’essi.

« Kisshu… »

Non è possibile! Ma che gli è preso?!

Aisei s’inginocchiò e si sporse in avanti per guardare meglio la voragine; era talmente buio là sotto che ebbe l’impressione di cadervi da un momento all’altro, e sentì montarle il panico.

Cosa aveva intenzione di fare Kisshu? Trovare quello stupido sasso?! Si sarebbe sicuramente perso: il fondo di quelle caverne era un mucchio di vecchie gallerie calcaree, non sarebbe mai stato in grado di risalire con quel buio.

« Accidenti…! Stupido che non sei altro! »

Senza aspettare saltò a piè pari sul sentiero e prese a scendere di corsa, la mano appoggiata alla parete, ma fu costretta a rallentare l’andatura dopo pochi metri, perché il buio le impediva di capire dove finisse il sentiero, e sotto i suoi piedi era pieno di sassolini e ghiaia; non potè che proseguire pian piano, un piede avanti all’altro, cercando di abituarsi all’oscurità totale e ignorando la corrente d’aria che sentiva salire dal buco alla sua sinistra, e che le ricordava cosa sarebbe potuto accadere al passo successivo.

Se perdessi l’equilibrio…

Sentì il suo piede destro scivolare via, smettendo di sorreggerla, e l’altra gamba che cedeva privata di stabilità. Aisei finì a terra e cadde in avanti, rotolando sulla schiena, poi scontrò qualcosa, forse la parete di una curva, e gemendo tentò di fermare la sua corsa afferrando una qualunque sporgenza con le dita; sfiorò un paio di rientranze, ma la pietra gelata le tagliò le dita, e lei ruzzolò ancora giù. Cercò in tutti i modi di fermarsi, di rallentare, ma era difficile trovare un appiglio: l’oscurità aumentava di metro in metro e lei sentiva le pietre che le graffiavano la pelle venire da ogni direzione come pioggia, non capiva nemmeno più se fosse a testa sotto o a testa in su.

Di colpo la resistenza del suo corpo contro il suolo finì. Aisei avvertì tutto il suo peso svanire e poi scivolare in basso e lo stomaco le si serrò in una morsa.

Era uscita dal sentiero.

Urlò con quanto fiato aveva in gola, preparandosi all’impatto. Per sua fortuna era rotolata molto più in basso di quanto pensasse, e il suo fu solo un volo di poco più di un metro fino a terra.

Lamentandosi si rimise in piedi, ancora frastornata dalla discesa. Quando riacquistò un po’ di lucidità, si accorse di essere di nuovo in grado di distinguere l’ambiente dove si trovava, quanto bastava almeno da capire in che direzione avrebbe camminato.

Si trovava sul fondo di una grossa gola. Il pavimento era ricoperto dei detriti di ghiaccio e della stalattite precipitata giorni prima, tra i quali s’intravedevano altre gemme come quella che Aisei aveva perso; le pietre mandavano una lieve fluorescenza, grazie alla pochissima luce che scendeva dalla caverna superiore, e ce n’erano di ogni forma e dimensione Aisei cercò con gli occhi la più grande che fosse stata in grado di trasportare e quando la trovò – era grossa quasi come la sua testa – s’incamminò lentamente per l’unica strada possibile, pregando che la pietra riflettesse abbastanza luce da vedere almeno dove poggiava i piedi.

« Kisshu! »

La sua voce non riecheggiò come si aspettava, ma si spense come se venisse risucchiata via dal buio. Aisei deglutì a vuoto, se voleva trovare quello stupido non aveva altra scelta che avanzare.

La gola in cui stava camminando era stretta e liscia, un brullo paesaggio di rocce nere e stalagmiti su cui colavano di quando in quando minuscole  gocce dal soffitto, risuonando nel silenzio come tuoni. C’era davvero molto freddo, e umido. L’oscurità non era così fitta come sul sentiero da cui Aisei era scesa e la ragazzina poteva distinguere le sagome di ciò che aveva attorno, eppure aveva lo stesso paura. Quella strada, così ampia e vuota rispetto a lei, le sembrava si prolungasse all’infinito nell’oscurità, pronta ad inghiottire lei e la sua minuscola fonte di luce.

Per sua fortuna dovette compiere solo un centinaio di metri, finchè finalmente scorse la sagoma di Kisshu; anche lui teneva una delle pietre luminescenti  in mano, ma sembrava che la sua emettesse molta più luce di quella di Aisei.

« KISSHU! »

Lui sobbalzò sentendosi chiamare. Aisei gli corse in contro, troppo felice di averlo trovato e di poter risalire, mentre il ragazzino sembrava contrariato nel vederla:

« Ma perché sei scesa?!? »

« Perché ero preoccupata, scemo! – replicò arrabbiata – Perché devi sempre fare stupidaggini?! »

Kisshu la ignorò:

« Come cavolo hai fatto a scendere? – le fissò le mani e si accigliò – Sei tutta graffiata… »

« Non è niente. – borbottò lei – Piuttosto… Come mai la tua pietra fa tanta luce? »

Poi vide quel che Kisshu aveva in mano e sgranò gli occhi. Lui fece un sorriso furbo.

« Ma quella torcia non è di Pai nii-san? »

« Già. »

« Quella che ti aveva detto che non avresti mai, mai e poi mai dovuto fregargli senza permesso o ti avrebbe staccato la testa? »

Puntualizzò; Kisshu scoppiò a ridere.

« Tuo fratello ti ammazzerà uno di questi giorni… »

Kisshu fece spallucce:

« Però è servita. »

Aprì l’altra mano e la mostrò alla brunetta, che mandò un grido di gioia:

« L’hai trovato! L’hai trovato! »

« Per chi mi hai preso?! Certo che l’ho trovato! »

Aisei gli prese con garbo il pendente dalla mano e se lo rimise di corsa al collo, rimirandolo felice.

« Grazie mille! »

Kisshu scrollò di nuovo le spalle:

« Non potevo lasciarti con quella faccia triste… »

Aisei non gli rispose, chinando un po’ la testa in imbarazzo. Le succedeva sempre quando Kisshu era un po’ più gentile con lei e non le piaceva sentirsi così a disagio; preferiva quando scherzavano o facevano la lotta.

« Dai – bofonchiò, voltandosi – è meglio se torniamo. »

« Aspetta…! »

« Uh? Cosa c’è? »

Kisshu non le rispose, limitandosi a guardarla serio. Aisei chinò di nuovo la testa, non le piaceva nemmeno quando la scrutava in quel modo, con quei bellissimi occhi dorati: si sentiva di colpo in soggezione e il cuore le batteva più veloce.

« Ti… Devo dire un paio di cose. »

« Qui? Adesso?! »

« Sì. – sbottò categorico – Qui e adesso. »

Aisei non rispose, mordicchiandosi il labbro inferiore:

« E perché…? »

« Perché così, anche se ti arrabbierai, quando torneremo su potremo fare finta che non sia mai successo niente. Ok? »

Aisei sospirò, di solito un discorso del genere precedeva il racconto di qualche succulento segreto – tipo come infiltrarsi nel comando centrale dell’esercito senza farsi beccare, o un nuovo nascondiglio – e lei si sentì più sollevata.

« Ok! »

« Voglio una ricompensa per averti aiutata. »

« Cheeeee?!? – Aisei incrociò le braccia al petto, facendo una smorfia – Ma sentitelo! Approfittatore! »

Scoppiò a ridere, ma Kisshu non reagì. Aisei tornò seria e riprese a mordersi il labbro, non la stava prendendo in giro:

« E… Che vorresti? »

Kisshu fece un’espressione che Aisei non aveva mai visto e sentì le farfalle dimenarsi nello stomaco.

« Voglio un bacio. »

Aisei lo fissò a bocca aperta:

« M-ma sei scemo?! Che cavolo dici?! – sbottò arrabbiata – Guarda che non è divertente! »

« Non sto scherzando. »

« P-p-p-perché dovrei farlo?! Anzi no… Perché cavolo mi stai chiedendo una cosa del genere?!? »

« Perchè mi piaci. »

La brunetta si calmò di colpo, sussurrando come se all’improvviso non avesse più fiato:

« S-stai… Dici sul serio? »

Lui annuì piano. Aisei prese a fissarsi la punta delle scarpe, rossa fino alle orecchie e col cuore che batteva così forte che le stringeva la gola:

« P-perché… Me lo dici adesso? »

« Te l’ho detto… Così anche se ti arrabbi, o qualunque cosa mi vuoi dire, non ci sentirà nessuno, e quando torneremo su faremo finta di niente. »

Lei mandò una sorta di grugnito in risposta, calciando un sassolino.

« Sei… Arrabbiata con me? »

Aisei scosse la testa.

« Ti ha da fastidio? »

Lei fece di nuovo cenno di no, tormentandosi il bordo della maglia troppo larga:

« N-no… »

Kisshu le si avvicinò un poco:

« Ai, dammi la mano. »

« Eh? »

« Su, dammi la mano. »

Allungò le dita verso di lei, ma Aisei strinse il pugno:

« Kisshu, non so se ci riesco… »

« Sì che ci riesci. »

La brunetta sospirò, indecisa.

« Io non mi so spiegare bene… – mormorò il ragazzino – Forse però così posso… »

Aisei titubò ancora un istante, poi gli prese la mano e chiuse gli occhi. Kisshu la vide arrossire di nuovo, così tanto che anche le sue dita diventarono un po’ più tiepide.

Finalmente Aisei alzò la testa e lo guardò in faccia: anche lui sembrava a disagio e continuava a saettare in giro con lo sguardo, senza riuscire a fissarla troppo a lungo.

« Allora… Posso? »

« Eh? Uh… Huh… »

La brunetta gli sentì aumentare la stretta sulla sua mano e chiuse gli occhi, con tanta forza da farsi venire mal di testa.

Da adulto Kisshu avrebbe annoverato quell’innocente bacino come il più infantile di tutti quelli che aveva mai dato.

Allo stesso tempo, Aisei avrebbe potuto dire che quello era stato il bacio più vero in assoluto.

Non durò che poco più di tre secondi; Aisei sentì la sensazione di qualcosa di morbido, tiepido e un poco umido, e di colpo le fu impossibile sentire altro suono se non il battito del suo cuore nelle orecchie.

Nessuno dei due lasciò la presa sulla mano dell’altro, anche se per due minuti buoni entrambi trovarono molto più avvincente fissare il pavimento che guardarsi in faccia. Kisshu strinse il pugno della mano libera e gesticolò stizzito:

« Scusa, io…!  »

Aisei gli strattonò la mano, scuotendo la testa con foga; sentiva la bocca stranamente secca, e non le riusciva di parlare bene.

« Noi… Continueremo a giocare insieme, giusto? »

« Eh? »

Lei fece un passettino verso di lui, stringendogli meglio la mano.

« E continueremo a litigare con quegli altri scemi, vero? Faremo tutto come sempre, giusto? »

Erano domande una più stupida dell’altra, ma le uscivano dalla bocca da sole. Si sentiva felice, eppure aveva paura che, una volta tornati in superficie, sarebbero cambiate troppe cose, e non voleva.

Ad Aisei piaceva stare con Kisshu, gli piaceva giocare con lui e cacciarsi assieme nei guai, non voleva che cambiasse niente tra di loro.

O quasi.

« Ecco, io e te… »

Aisei si morse ancora il labbro e, forse per la prima e unica volta nella sua vita, tentò con tutte le sue forze di far capire a qualcun altro cosa provasse in quel momento. Kisshu la fissò un po’ confuso, ma il tentativo di Aisei parve funzionare; il ragazzino sorrise furbo:

« Certo! E io continuerò ad essere più veloce di te e a vincere sempre quando ci sfidiamo. »

« Guarda che la più veloce sono io. »

Risero entrambi. Aisei stiracchiò un sorriso impacciato, allungandosi quel poco che bastava da dare a Kisshu un altro piccolo bacio, a metà strada tra la guancia e la bocca.

« Ti voglio bene. »

Lo mormorò così piano che faticò lei stessa a sentirsi.

 

 

 

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Mi state odiando, ditelo pure ^^"". Ma vi prego, abbassate i lanciagranate ^-^""…

CLAK-CLANK! *rumore di caricamento proiettili*
Hiiiii ^____^"""""""!!! Vi supplico, se mi ammazzate non posso + aggiornare ^____^""""!!!
Prima di venire fatta brillare come una valigia abbandonata all'aeroporto ^^", voglio ringraziare Danya (eh, ci avevi azzeccato con il titolo ;)?), Amuchan, Dancelove, mobo e Perla_Bartolini dei loro commenti e tutti coloro che hanno letto, mi fate felice >w< ! Volete farmi innamorare lasciandomi un commentino-ino
?
Ora fuggo!

Mata ne
~♥!

Ria

 

   
 
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