Eccomi
con il nuovo capitolo! Anche stavolta, ho aggiornato con molto ritardo. Cause
di forza maggiore.
Ringrazio
davvero tanto Ainim, che nonostante gli aggiornamenti
dispersivi mi lascia sempre un pensiero, e Sabri, che
ha iniziato a leggere da poco la mia storia e la segue con tanta pazienza!
Adesso
ho la trama molto più delineata nella mia testa, perciò spero di aggiornare più
di frequente.
Un bacio, Kla.
Cap.18 – Ricordi
di nebbia
Mi
svegliai discretamente presto quella mattina. In realtà non dormii poi molto.
Ci misi ad occhio e croce quasi un’ora per addormentarmi, fissando l’unico
debole punto di luce nella stanza, la finestra poco distante da me. Quando
riaprii gli occhi, la luce che riusciva a filtrare dai vetri era sempre più o
meno la stessa. E la sensazione era quella tipica di quando hai molto sonno ma
hai dormito molto poco. Dal primo risveglio in poi, non sono più riuscita ad
addormentarmi completamente, e si alternavano momenti di dormiveglia a momenti
in cui stavo ad occhi spalancati cercando un soffitto che non vedevo.
Quando
una luce arancione iniziò a colorire l’interno della stanza, mi sentii meglio:
quella notte tanto simile ad un calvario era terminata. Non saprei dire tuttora
il motivo per cui quella notte non riuscivo a prendere sonno. Di motivi ce ne erano
eccome, forse anche troppi, per poterne trovare uno solo. Ed io, sdraiata nel
letto ad occhi aperti, stavo sveglia sapendo di dover pensare a qualcosa ma non
sapendo a cosa.
Alla
fine, sentii Bulma muoversi. Si era mossa diverse
volte durante la notte, ma i movimenti di chi dorme sono ben diversi dai
movimenti di chi si sveglia. Riconobbi subito quei suoni: finalmente si stava
svegliando.
Aspettavo
quel momento con ansia: non avevo più voglia di stare in quel letto, ma non mi
sentivo abbastanza in confidenza con l’ambiente per uscire dalla stanza da
sola. La vidi alzare il busto e stiracchiarsi, titubò qualche istante
stropicciandosi gli occhi, poi ruotò le gambe facendole scivolare dal bordo del
letto, rimanendo seduta mentre coi piedi cercava le ciabatte. In ogni suo
movimento si coglieva una certa premura nei miei confronti, cercava in maniera
evidente di far piano per non rischiare di svegliarmi. Ma non appena in piedi,
dedicandomi un rapido sguardo, notò i miei occhi fissi su di lei.
-
Ah, sei sveglia – disse con la sua tipica voce allegra – Ho fatto troppa
confusione? -
Mi
tirai a sedere in uno scatto.
-
No, figurati… sono sveglia da un po’… -
Mi
chiese se avevo passato una buona nottata e altre domande sul genere, alle
quali in risposta ovviamente mentii.
L’isola
di prima mattina era bellissima, la vidi spalancando la finestra e
crogiolandomi nell’aria di mare che mi attraversava il viso. Temporeggiai,
godendomi il panorama, mentre Bulma era in bagno.
Proprio mentre ero lì che iniziavo a sentirmi calda la pelle sotto i raggi del
sole, sentii la porta d’ingresso aprirsi, e sporgendomi verso il basso vidi
uscire Trunks, Goku e Gohan.
Si stiracchiavano in una ginnastica di riscaldamento per i muscoli. Capii
subito che avevano intenzione di allenarsi. Certo che non pensavano ad altro!
-
Il bagno è libero, Mirai – sentii la voce di Bulma
dietro di me, e sobbalzai proprio come sobbalza un bambino colto con le mani
nel barattolo di biscotti – Se vuoi puoi andare – concluse con il suo solito
sorriso.
-
Sì, grazie! – risposi balbettando appena, e simulando indifferenza. Ma certo,
non potevo pretendere che Bulma mangiasse la foglia.
Mentre
prendevo della biancheria pulita che mi aveva gentilmente preparato, e il
vestito che mi aveva dato il giorno prima, la donna dai capelli celesti si
affacciò alla finestra con passo delicato.
-
Ti ho lasciato degli asciugamani puliti vicino al lavandino – aggiunse mentre
lanciava un’occhiata distratta di sotto. Poi, sorrise maliziosa tornando con
gli occhi su di me, che nel frattempo, troppo concentrata nella consapevolezza
che mi aveva beccata piena a fissare inebetita suo figlio, non le avevo
risposto.
-
Ah! – trasalii – Ti ringrazio molto! A-allora vado… -
-
Ti aspetto in cucina per la colazione – la sentii dirmi, mentre già uscivo
dalla stanza.
Scesa
al piano terra, trovai Chichi e Bulma
in cucina, impegnate apparentemente nella preparazione di un buffet
matrimoniale. Genio e Olong, in salotto, non si erano
accorti di me, totalmente concentrati su un programma di fitness femminile alla
tv. Tornai con gli occhi sulle due donne in cucina, e andai da loro.
-
Chi si sposa? – chiesi con una confidenza che non riconobbi mia.
Le
due mi guardarono piuttosto perplesse, poi capirono e sorrisero entrambe.
-
Oh, ti stupirai nel vedere come mangiano quelli là – mi rispose Bulma tornando ai fornelli – Anzi, valli a chiamare, che la
colazione è pronta –
Chichi mi diede il buongiorno, e convenne con l’amica che fosse il
caso di chiamare i tre saiyan là fuori. Così,
titubante, mi mossi verso la porta d’ingresso.
Salutai
ad alta voce Genio e Olong, che si accorsero di me e
ricambiarono il saluto, schiodando gli occhi dallo schermo un solo attimo.
Poi
aprii la porta per cercare i tre ragazzi come mi era stato ordinato. Il cuore
accelerò il battito. Sapevo il perché, ma mi arrabbiavo con me stessa. Mi
sentivo una sciocca ragazzina.
Con
stupore non li trovai lì dove li avevo lasciati vedendoli dalla finestra, e
muovendo qualche passo sulla sabbia chiara mi guardai intorno perplessa.
Dove
potevano essere spariti, in un’isola così piccola?
Girai
intorno alla casa, e tornai al punto di partenza. Di loro, nessuna traccia.
Stavo
già per perdere le speranze, convinta che fossero tornati dentro passando per
una finestra, o altrimenti dandoli per dispersi. Beh, che erano strani si
sapeva.
Invece,
d’improvviso, sentii una forte ventata alle spalle, poi una discreta onda
causata dal moto violento dell’aria si alzò dalla distesa semi immobile di mare
finendomi addosso e bagnandomi fino alle gnocchia.
Non riuscii a trattenere un grido, mentre mi voltavo, e vidi i tre saiyan che volavano tutto intorno all’isola, poi risalivano
verso il cielo, poi riscendevano in picchiata, combattendo tutti e tre
contemporaneamente l’uno contro l’altro.
-
Ma sono pazzi! – mi uscì di bocca in un sospiro, mentre indietreggiavo
reggendomi la gonna, che con quel vento svolazzava ovunque.
Mentre
raggiungevo la porta, mi sentii strattonare via dal suolo, e senza che potessi
capire cosa fosse accaduto mi ritrovai il mare sotto i piedi, a diverse decine
di metri di distanza.
Solo
dopo qualche secondo riuscii a piazzare le mani su quei due macigni che mi
stringevano la vita, e facendo forza sulle braccia mi voltai trovando il volto
di quello che io ancora riconoscevo come Kakaroth.
Non mi guardava, fissava in alto; così, spontaneamente, mossi lo sguardo verso
il punto che guardava lui. Poco più in su, c’erano Gohan
e Trunks. Il più giovane stava fermo, riprendendo
fiato, mentre il ragazzo dai capelli lunghi stava preparando un attacco
energetico. Proprio nell’istante in cui lo stava per lanciare, lo raggiungemmo.
Trunks si immobilizzò, quando Goku mi sporse in
avanti tenendomi completamente sospesa in aria. Quell’uomo ci stava prendendo
gusto nel togliermi anni di vita, non c’era dubbio. Cercando il volto di chi mi
teneva sospesa tra la vita e la morte, lo trovai a sorridere beffardo.
-
E ora che fai? – chiese il più adulto al giovane che aveva di fronte, totalmente
spiazzato al punto da dover riassorbire l’energia che aveva preparato in una
sfera luminosa.
-
Devi stare attento, Trunks – aggiunse poi con tono
più calmo, avvicinandosi lentamente al ragazzo e porgendomi a lui.
-
Buongiorno! – cercai di sdrammatizzare, mentre mi aggrappavo alle spalle di Trunks e lui mi stringeva saldamente a sé.
-
Buongiorno anche a te – rispose lui gentile. I suoi capelli tornarono lilla, e
anche Goku e Gohan, che nel frattempo si era
avvicinato, persero la trasformazione super saiyan.
-
Allora! – squillò Goku con la sua solita leggerezza – Scommetto che sei venuta
a dirci che la colazione è pronta! – e si massaggiò avidamente la pancia.
-
Sì! La colazione è pronta! – sottolineai ripetendo come un pappagallino; girai
appena la testa, ma senza muovere un muscolo del corpo.
Effettivamente,
Bulma e Chichi avevano
ragione: quei tre ragazzi mangiavano come un esercito. E fu solo questione di
buone maniere se Trunks, a differenza di Goku e Gohan, si astenne dal chiedere il bis anche quando la
tavola era stata completamente spazzolata.
-
Adesso basta! – sbottò Chichi verso il marito ed il
figlio – Non c’è più niente da mangiare! Aspettate l’ora di pranzo! –
-
Già, a proposito – intervenne Bulma, battendo un
pugno del palmo della mano opposta – Cosa gli diamo a pranzo, se non c’è più
niente! –
-
Oh, no, Bulma, starai scherzando vero? – nella voce
di Goku, limpida e nitida una vena di disperazione. Io dico che non sarebbe
stato così disperato nemmeno se gli avessero annunciato lo sterminio di tutta
la sua famiglia. Certo che no, la famiglia si resuscita, ma il frigo chi lo
riempie? Ma io, questa magia, la più importante forse, in quel momento ancora
non la conoscevo.
La
donna dai capelli chiari si portò una mano sulle labbra.
-
Dobbiamo andare a fare la spesa… - borbottò pensosa Bulma-
… allora, chi va? – squillò poi fissando con un bel sorrisino killer il resto
dei presenti.
-
Beh, tu hai la macchina volante, no? – ribattè Chichi rivolta all’amica.
-
Oh, sì… ma sai quanto ci metterei con quella ad arrivare al primo villaggio? –
poi fissò i tre begli omaccioni che aveva di fronte – Deve andarci qualcuno di
loro – concluse indicandoli.
-
Vado io! – squillò Goku felice.
-
Non se ne parla! – lo rimbeccò la moglie – Saresti capace di mangiarti tutto
per strada, e poi non mi fido a lasciarti dei soldi in mano! –
Mi
venne da ridere. Che strana razza di rapporto avevano quei due?
-
Beh, mandiamo Gohan con lui! In fondo, tuo figlio è
molto affidabile e sono sicura… -
-
Non se ne parla! – strillò ancora più forte Chichi,
interrompendo Bulma – Gohan
deve fare i suoi compiti per scuola! –
-
Vado io – si propose allora Trunks, con grande calma,
facendo calare un pacifico silenzio – Per me non c’è il minimo problema –
Dopo
averci pensato un po’ su, Bulma e Chichi
convennero che quella fosse la soluzione migliore. Stilarono una dettagliata
lista della spesa, più somigliante ad un dizionario culinario, e gliela
consegnarono insieme al denaro.
-
Tu vieni con me – sussurrò Trunks ad un tratto,
rivolto a me, mentre Bulma e Chichi
mettevano lista e soldi in una piccola busta – Vero? –
La
risposta, più che ovvia, era senz’altro sì. Ma invece di dirglielo di getto, indugiai.
Pensai qualche secondo al motivo per cui voleva portarmi con sé, sicuramente
per quella storia che avevo salvato suo padre, così lui era convinto. Pensai a
cosa avrebbero detto Bulma e Chichi,
se si fidavano di me, se avrebbero iniziato a insinuare qualcosa su di noi. Ma
subito dopo pensai che, qualsiasi fosse la ragione, io potevo stare con Trunks, e qualsiasi cosa potessero mai pensare gli altri,
alla fine o già lo pensavano, o l’avrebbero pensato il giorno dopo.
-
Certo! – risposi allora in un soffio, sorridente e sinceramente entusiasta.
Quando
Trunks si incamminò verso la porta d’ingresso e io lo
seguii camminando al suo fianco, nessuno disse niente. Come se nessuno l’avesse
notato, o più semplicemente la cosa fosse ovvia e scontata. Salutai allora a
mia volta, e chiusi la porta dalla quale eravamo usciti.
A
pochi passi dal bagnasciuga, Trunks si fermò
aspettando che lo raggiungessi, poi si voltò dandomi le spalle e mi incitò a
saltargli sulla schiena. Feci come mi aveva ordinato, e sentii le sue braccia
forti avvolgere saldamente le mie gambe, strette sui suoi fianchi.
-
Reggiti, mi raccomando – mi disse, e solo quando gli strinsi le braccia
saldamente intorno al collo, partì. Cercò di farmi abituare gradualmente a quel
nuovo modo di spostarmi, me ne accorsi, perché all’inizio volava molto piano, e
poi lentamente accelerò. Ma non considerava che io ero già stata svezzata al
volo da suo padre. E Vegeta, questo tipo di riguardi, non si sogna di averli
con nessuno.
La
cittadina che ci avevano indicato Bulma e Chichi come la più vicina, era un piccolo villaggio
sperduto tra le montagne. Laggiù, il terrore di Cell
era ancora solo una notizia trasmessa alla radio, o alla tv. Ma la sensazione
tangibile di morte che io avevo negli occhi, sebbene solo in qualche flash,
quella era ben distante da quel luogo.
Fu
quell’aria di apparente tranquillità che ci convinse di poter perdere un po’ di
tempo girando per le vie, e prendendocela comoda nel fare la spesa. Un
carrello, ovviamente, non bastò, e dovevamo portarne uno a testa; entrambi,
ovviamente, già stracolmi a metà lista.
In
quel momento, pensai che in fondo potevo essere felice. Per quanto quel ragazzo
fosse entrato con rapidità nella mia vita, e con altrettanta rapidità poteva
uscirne, in quel momento io mi sentivo felice. E dato che il mio passato era
stato completamente inghiottito da una voragine nera, e che tutto quello che
rimaneva di me erano due anni di vita vissuta cercando di ricostruire i cocci
di un vaso ridotto in frantumi e che io nemmeno conoscevo, pensai che in fondo
ogni piccola felicità ripagava questo strano percorso che era la mia vita.
Pensavo
questo mentre scrutavamo insieme la lista della spesa, spalla contro spalla.
Pensavo questo mentre mi aiutava a prendere un prodotto sul ripiano più alto
dello scaffale. Pensavo a questo quando mi sorrideva porgendomelo, e io che lo
ringraziavo.
Mi
accontentavo della mia piccola, effimera felicità. Ma non credevo che qualche
forza maggiore ce l’avesse così tanto con me, così tanto da privarmi anche di
quel poco di cui mi accontentavo.
D’improvviso
ci fu un boato, e mezzo negozio crollò, spargendo macerie e polvere ovunque.
Le
grida erano le stesse che avevo sentito il giorno prima, quando Vegeta mi aveva
portata via con sé. La polvere, e le macerie, le stesse.
Qualcosa
tornò nella mia mente, fulmineo.
Una
voce.
“Mirai”
Sì,
quella voce.
Nella
confusione ero caduta in terra, ma a quei ricordi mi sentii attraversare da una
sensazione di puro panico. Trunks mi venne vicino,
prendendomi per un braccio.
-
Mirai, stai bene? – continuava a chiedermi. Ma la sua voce, nella mia testa,
era solo un’eco. Uno dei tanti rumori che c’erano nell’aria. La sua voce, le
grida di dolore e di paura, le macerie che continuavano a cadere. Tutto
insieme, un impercettibile sottofondo.
“Mirai…
oppure…” quell’ombra indefinita, che a malapena ricordavo insieme alla figura
di Vegeta, si faceva sempre più chiara.
-
Mirai! Rispondimi! Ti sei fatta male? –
“Mirai…
oppure… dovrei dire…” Un mostro. Un enorme mostro verde. L’ombra del giorno
prima, fu d’improvviso nitida nei miei ricordi. Quel mostro e Vegeta
combattevano senza tregua distruggendo tutta la città, davanti ai miei occhi.
Quella voce che continuava a rimbombarmi nella testa, era la sua voce. Ne ebbi
improvvisamente la certezza.
-
Mirai, ti prego, dì qualcosa! – la voce di Trunks,
era ormai un grido. Mi si parò davanti, scuotendomi per le spalle, e non potei
che trasalire dai miei pensieri.
-
Trunks ti prego portami via! Portami via di qui! Devo
scappare, ti supplico! Morirò! Mi ucciderà!- presi a gridare, completamente
inghiottita dal panico. Come nella più macabra delle sensazioni, già sapevo chi
aveva causato quel caos. Lo sapevo, perché sentivo la sua voce nella testa, lo
sapevo perché poche ore prima avevo avuto la stessa scena di distruzione
davanti agli occhi.
Il
ragazzo, colto evidentemente alla sprovvista dalla mia reazione, rimase per un
attimo immobile, senza reazione. Ma io non volevo stare lì. Mi alzai di scatto
e presi a correre.
-
Aspetta, dove vai! – mi richiamò lui, alzandosi a sua volta per raggiungermi.
-
Mirai! –
Quella
voce, tuonò intorno a noi. In quel macabro silenzio che si crea dopo un’enorme
distruzione.
Mi
bloccai di scatto, e Trunks per poco non mi finì
addosso. Mi tirò per un braccio, portandomi dietro le sue spalle. Iniziai a
gridare.
-
Ciao Mirai – riprese quella voce, ormai certa che fossi davvero io. La sua sagoma,
iniziava a delinearsi sempre meglio, via via che la
polvere cadeva al suolo. Intorno a noi, solo macerie, e i corpi di chi non era
riuscito a fuggire, e che adesso giaceva senza vita sul suolo di un
supermercato.
-
Non ascoltare! – gridai, mossa dall’istinto. Mi tappai le orecchie, strillando,
strillando di non ascoltare.
-
Su, Mirai, non fare così… - borbottò quel mostro ironicamente. A passi lenti si
dirigeva verso di noi.
-
Cell! – tuonò d’improvviso Trunks,
quando la figura fu nitida e a pochi passi da noi – Non ti avvicinare! – lo
intimò mettendosi in posizione di difesa.