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Autore: Angel_Mary    20/10/2014    3 recensioni
“La prossima volta faccia più attenzione” e si mise a raccogliere i libri sparsi sul pavimento. James si preoccupò di aiutarla.
“Posso aiutarti?” chiese, prima di sgranare gli occhi, scorrendo i titoli dei tomi che appartenevano alla ragazza. ‘Armi permesse nei conflitti armati fra Stati’ e ‘Tecniche di reclutamento clandestino durante i conflitti armati’ risaltavano nel mucchio.
“Sei una soldatessa?” domandò incoraggiante, ma la ragazza, invece, parve non gradire la battuta, tanto che, dopo averlo fulminato con lo sguardo, rispose gelida “le sembro un soldato, signore?”
James la osservò riprendere i libri e sedersi accanto alla sua amica, la quale si stava facendo beffe di lui senza alcun problema.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Phelps, Nuovo personaggio, Oliver Phelps
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anno nuovo, vita nuova … forse.
 
NdA: mettetevi comode,
 questo è un capitolo ricco di avvenimenti!
 
 
 
Marianna aprì lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre leggermente confusa.
Lei e James erano nella loro camera d’albergo a Londra, dove la sera prima avevano dato il benvenuto al nuovo anno festeggiando insieme a molti amici del ragazzo. Si voltò verso James, che dormiva rivolto verso di lei, con un braccio che le avvolgeva la vita, russando in modo non troppo eccessivo. Lei sorrise radiosa, sentiva ancora sulla pelle il profumo della notte trascorsa insieme, e l’idea che di lì a qualche ora sarebbero stati in Italia la elettrizzava.  Mentre lei aveva provato a sistemarsi meglio per non far stare troppo scomodo James, lui si era mosso leggermente rafforzando la presa sul fianco della ragazza.
“ ’ncora cinque minuti …”
Biascicò con la voce impastata di sonno, mentre cercava di avvicinarsi di più a lei. Marianna lo baciò delicatamente sulle labbra, augurandosi di non svegliarlo troppo presto, invece lui aprì gli occhi con uno sguardo vispo.
“Il bell’addormentato si è svegliato …” disse mentre provava a tirarsi su e a sedersi, tenendo poggiata la sua testa sulle gambe.
“Uffa, perché ti stai spostando? Stavo facendo un bel sogno …” disse tirando la camicia da notte della ragazza, che le aveva regalato poco tempo prima.
“Scusa, non volevo svegliarti … volevo farmi una doccia, e andare a prendere la colazione per farti una sorpresa” ammise lei, cominciando ad accarezzagli i capelli. Lui le abbracciò le gambe, sistemandosi meglio sulla gonna della camicia da notte, assaporando quel momento di tranquillità.
“Ti sei divertita durante il dopo cena?”
“Quale? Quello insieme ai tuoi amici per la strada a vedere i fuochi d’artificio, o quello a porte chiuse con te?”
James sollevò leggermente la testa, per guardarla in faccia con una strana espressione.
“Sai, non ho dubbi sull’eccellente riuscita del secondo … mi riferivo al primo.”
Marianna scosse la testa, divertita.
“Non pensavo di essere diventata prevedibile … comunque, si. Mi sono divertita, quel tipo, Colin, sembra davvero simpatico” disse con un ghigno malizioso.
James si sollevò di scatto: di solito non era mai stato troppo geloso, ma con Marianna bastava che lei nominasse un individuo di sesso maschile, e subito si metteva all’erta.
“Simpatico Colin? Ma che dici, è così pieno di sé, egocentrico e maleducato. Ti sei accorta che non ha smesso di guardarti le gambe per tutta la sera? Ti avevo consigliato di non indossare quella gonna … ma tu non mi vuoi ascoltare, mai!”
Sembrava un fiume in piena che era appena straripato … allora, James aveva solo fatto finta di non essersene accorto. Ecco spiegato, il perché una volta giunti in strada aveva smesso di scherzare con Tiger e Lucas, per stare abbracciato a lei.
“Ma se avevo delle calze sensuali come quelle di mia nonna! Ammettilo: sei solo geloso. Poi, anche tu sei leggermente egocentrico. Non provare a dirmi che non è vero” disse prima di rimettersi sdraiata e dargli un bacio.
Dopo un po’ di tempo, James, a malincuore, si separò dalle labbra della ragazza.
“Odio doverlo dire, ma dobbiamo muoverci altrimenti rischiamo di perdere l’aereo.”
Marianna gli diede un rapido bacio, prima di catapultarsi giù dal letto.
“Concordo con te, ma il bagno è mio!”
James osservò la sua ragazza recuperare i vestiti, che saggiamente aveva tirato fuori il giorno prima, per poi correre in bagno.
Scosse la testa consapevole del fatto che Marianna l’aveva appena fregato.
 
 
Raggiungere l’aeroporto non fu affatto difficile, le strade di Londra erano semi deserte, e grazie alla posizione strategica dell’albergo, il loro taxi non impiegò molto tempo per raggiungere la destinazione.
James notò che Marianna si destreggiava nell’aeroporto molto meglio di lui, sapeva che lei prendesse l’aereo spesso, ma non aveva mai riflettuto che faceva tutte le operazioni, come il check in, imbarcare i bagagli in stiva, e passare dal metal detector,  da sola.
“Non vedo l’ora di togliermi questi vestiti di dosso” esclamò appena passati i controlli, tanto che due agenti lì vicino, che potevano avere l’età di James, la guardarono interessati. James le prese la mano, avviandosi il più lontano possibile da loro, trascinandola.
“Potresti evitare di dire a mezzo mondo che non vedi l’ora di stare nuda?”
Marianna sbatté le palpebre violentemente, come se avesse avuto bisogno che lui le ripetesse due volte il concetto appena espresso.
“Ma che hai capito? Ti ricordi quando ti ho detto che a Bari fa leggermente più caldo rispetto al Regno Unito? Pensavi, davvero, che avrei viaggiato in tuta?” Disse enfatizzando il concetto che aveva ipotizzato il ragazzo indicando i propri indumenti.
Il castello di carte che James aveva costruito nella sua mente crollò, come se fosse stato distrutto da un leggero soffio di vento. Marianna, giusto la sera prima, gli aveva ricordato di mettersi una maglietta a maniche corte, ma lui era troppo concentrato ad osservare come quel Colin guardava la sua ragazza, per tenere a mente quello che lei gli aveva consigliato.
“Ho visto un bagno, e più avanti c’è il nostro terminal. Pensi di farcela da solo per cinque minuti? Ti lascio la valigia … la borsa mi serve” disse con una punta di nervosismo nella voce, le faceva piacere che James fosse geloso, ma certe volte esagerava: lei doveva sopportare una marea di ragazzine eccitate e non osava immaginare cosa avrebbe dovuto affrontare ad Orlando, ora che lui aveva avuto la geniale idea di dire a mezzo mondo della sua esistenza.
James annuì, facendo un lieve sorriso alla ragazza, che aveva intuito essersi innervosita molto. La vide sparire dietro la porta del bagno delle signore, e, una volta rimasto solo, si appoggiò al muro sistemando meglio le due trolley che avrebbero portato in cabina con loro, dandosi un’occhiata intorno. Quella mattina non c’era molta gente, ma ce n’era a sufficienza da osservare in giro, tutte le donne che aveva incrociato apparivano fresche e riposate, mentre gli uomini che le accompagnavano o che vagavano soli per l’aeroporto avevano delle facce stravolte.
Il giorno prima, Oliver gli aveva rivelato che avrebbe chiesto ad Anne di andare a vivere insieme, nella villetta accanto a quella in cui vivevano entrambi; James era veramente contento che il fratello facesse finalmente quel passo con la sua ragazza, visto che era quasi un decennio che stavano insieme.
James lanciò un’occhiata rapida alla gioielleria che era di fronte a lui, domandandosi per l’ennesima volta il perché della scelta di mettere un negozio del genere negli aeroporti … chi era che comprava gioielli lì? Lui sarebbe andato sicuramente da qualcuno di fiducia, come aveva fatto per il regalo di Natale di Marianna, tanto che il gioielliere era talmente sorpreso dalla richiesta di James di vedere degli anelli, che il proprietario del negozio gli aveva mostrato subito i classici anelli, con cui gli uomini erano soliti fare le proposte di matrimonio. Gli venne da ridere ricordando la faccia che aveva fatto Oliver alla vista di tutti quei brillanti, tanto che anche il commesso era scoppiato in una fragorosa risata, somigliante più a un latrato, dicendo loro che le “vostre fidanzate avranno una pazienza infinita … devono essere proprio due sante!” James rimaneva sempre perplesso, quando qualcuno affermava che la sua ragazza fosse una ‘santa’ … certo, era leale, coraggiosa, altruista e con un cuore buono, ma santa non lo era di sicuro. Non si sentiva così spensierato da secoli, ed era tutto grazie a lei che era entrata con facilità nella sua vita.
“Ehm … scusami … forse, ho sbagliato persona … tu sei … James Phelps, vero?”
Venne riportato velocemente alla realtà.
Davanti a lui c’erano due ragazzine, che al massimo avrebbero potuto avere quindici anni, che lo guardavano incerte. Quella mattina era difficile riconoscerlo: aveva indossato un cappello e gli occhiali da vista, che di solito lo proteggevano dai fan.
“No, non hai sbagliato persona. Sono io” disse, sorridendo. Una delle due lo guardava scettica, mentre l’altra parve animarsi.
“Sarah, hai visto che avevo ragione? E’ lui” esultò all’indirizzo dell’amica, che non sembrava essere troppo interessata a James, che invece aspettava, educato, che la ragazzina gli chiedesse una foto.
“Posso fare una foto con te?”
James notò che due coppie lo stavano guardando interessati, molto probabilmente dovevano essere i genitori delle ragazze. Infatti uno dei due uomini, si avvicinò a loro.
“Joanna, che state facendo?” chiese burbero.
“Papà, ma non lo hai riconosciuto? E’ James Phelps … Fred” esclamò con tono crescente della voce, ma James la interruppe quasi bruscamente.
“Joanna, per piacere, non urlarlo … anche se non c’è molta gente, vorrei provare a passare inosservato. Dai, facciamo la foto” aveva intuito cosa stesse per gridare quella ragazzina. Era sempre contento quando le sue piccole fan lo fermavano per un autografo, o per una foto, ma visto che in realtà, lui stava aspettando che Marianna uscisse dal bagno e che l’aveva fatta leggermente innervosire, non avrebbe voluto peggiorare la situazione. In fondo, il giorno di Natale, dopo aver annunciato su Twitter del suo nuovo status, Marianna gli aveva solo urlato di aver preso una decisione avventata, e che non aveva riflettuto a sufficienza sulle conseguenze delle sue azioni.
“Oh, sei con la tua nuova ragazza?”
Domandò, curiosa, cercando con lo sguardo una ragazza bruna con i capelli molto lunghi, e gli occhi castani. James, per un attimo, si immaginò la ragazzina mentre studiava con dovizia la fotografia che aveva postato il giorno di Natale, ma prima che potesse viaggiare con la sua mente, il padre di Joanna la sgridò.
“Joanna, avanti, fai questa foto e andiamo. Non vorrete far innervosire le vostre madri!”
La ragazzina annuì, mentre Sarah sembrava molto divertita. Joanna si mise velocemente al fianco di James, porgendo il suo cellulare all’amica che scattò immediatamente tre foto. Stava cercando un pezzo di carta, quando l’idillio venne interrotto dall’arrivo di Marianna, che sembrava essere uscita da un negozio di abbigliamento: si era cambiata dalla testa ai piedi. Non aveva più la tuta, ma dei jeans a sigaretta con gli stessi stivaletti di pelle nera, che indossava anche prima.
“Jim, scusa ma il bagno era …” si interruppe non appena vide due ragazzine, e presumibilmente il padre di una delle due accanto a James, che reggeva le loro trolley.
L’espressione della ragazza era di ghiaccio.
Joanna era sul punto di dire qualcosa, ma ad un’occhiata del padre porse un biglietto dell’autobus usato, dove James fece un veloce autografo.
“Buon viaggio … e divertitevi, dovunque voi andiate!”
Poi si allontanarono velocemente.
“Sai, quell’espressione fredda non ti si addice molto. Terrorizzi tutte le mie fan” la prese in giro James, vedendo quanto Marianna fosse arrabbiata da come aveva afferrato il manico della sua valigia.
“Andiamo al terminal, non voglio perdere l’aereo” sibilò, irritata.
James sapeva che Joanna e Sarah non gli stavano perdendo di vista, ma pur essendone cosciente, non resistette e diede un leggero bacio sulle labbra a Marianna, come a voler suggellare ancora una volta la loro unione.
 
 
Dopo quel piccolo intoppo all’aeroporto di Londra, il loro viaggio fu particolarmente tranquillo. Il volo diretto a Roma era leggermente più affollato, rispetto a quello che li aveva condotti a Bari, città natale di Marianna, che li accolse con il sole e il cielo limpido senza nemmeno l’ombra di una nuvola.
Se a James gli aeroporti di Londra e Roma erano parsi particolarmente vuoti, quello di Bari era completamente deserto eccetto per qualche persona, che come loro, aveva deciso di viaggiare il primo giorno dell’anno nuovo. Decise di seguire il consiglio di Marianna, infatti, prima di uscire, era corso in bagno a togliersi il maglione e di sostituire il suo giaccone pesante, con la sua fidata giacca di pelle. Infatti, la ragazza gli aveva comunicato che la temperatura esterna era di quindici gradi centigradi.
“Ma è praticamente estate …”
Le aveva detto mentre aspettavano che il rullo trasportasse le loro valigie, ma la ragazza parve non sentirlo, troppo concentrata sui loro bagagli in stiva.
“Ma mi ascolti?”
“Ecco le valigie!”
Strillò, contenta, prima che entrambi le presero, tirando su il manico delle trolley, prima di incamminarsi verso l’uscita Marianna si fermò di colpo, preoccupata.
“Che è successo?”
“James, ecco, vedi …. Amo la mia città, davvero. Ma, ecco, forse non ti sembrerà bella come Birmingham, o come Londra, o come Roma o come Milano … sai, la strada per arrivare a casa non è il massimo …”
James non l’aveva mai sentita giustificarsi, nemmeno quando era entrato per la prima volta nell’appartamento che condivideva con Erminia, che era sprovvisto di molti comfort che lui, invece, possedeva.
“Beh, anche la campagna inglese è un po’ arretrata” le disse per incoraggiarla, ma Marianna parve sul punto di rispondergli qualcosa tipo si ma almeno, i campi sono ordinati, ma scosse semplicemente la testa.
“Andiamo, ho una fame pazzesca. Mamma avrà preparato un pranzo da re, visto che ci ha detto di non mangiare nulla” disse soltanto, trascinando le sue valige, prima che James le prendesse quella più pesante e le desse il suo bagaglio a mano.
Uscirono dall’area bagagli pronti a essere accolti da gridolini esultanti da Elisa, che fino al giorno prima non aveva fatto altro che ripetere quanto fosse felice di averli a casa, e che Marianna avrebbe trovato tante belle sorprese, ma, invece, trovarono semplicemente Massimo che li aspettava in piedi appoggiato alla ringhiera dell’area degli arrivi.
Marianna guardò il padre, leggermente sconcertata … dove era finita sua madre?
“Papà” lo chiamò con entusiasmo, anche James si guardava intorno alla ricerca di Elisa, curioso.
“Ragazzi! Avete fatto buon viaggio?”
Poi si avvicinò alla figlia, e la salutò dandole due baci sulle guance, prima di fare lo stesso con James. Stava per prendere una delle due valige di James, ma si bloccò di colpo.
“Mamma è a casa a intrattenere gli zii”
Marianna lo guardò con due occhi grandi quanto due grosse monete d’oro.
“Che cosa?” ruggì, furiosa: lei aveva intenzione di pranzare insieme a suoi genitori, sistemare i bagagli e fare una passeggiata con James per il centro della città.
“Tua madre sta bene?” domandò James, titubante visto l’espressione fatta dalla ragazza.
“Assisterai al tuo primo pranzo in famiglia italiano … come diavolo è saltato in mente a tua moglie?” concluse nella sua lingua, piuttosto innervosita.
“Mari, ho provato a parlare con tua madre, ma sai com’è fatta. Ha organizzato il pranzo nei minimi dettagli da quando ci avete detto che sareste venuti …”
“James, ti prego, portami via. Un pranzo in famiglia non lo voglio!”
Si lamentò con le lacrime agli occhi, James si stava preoccupando … perché Marianna stava avendo quella reazione, ma lei gli spiegò quello che le aveva detto il padre.
“Cosa potrebbe succedere? Al massimo mangeremo troppo … non ti preoccupare” disse, prima di incamminarsi seguendo Massimo che si era avviato verso la macchina.
Marianna scosse la testa, piuttosto disperata, prima che la sua mente formulò un altro agghiacciante pensiero, tanto che raggiunse a passo svelto il padre e James, che la aspettavano seduti in macchina.
“Sai, mi piace il cielo così azzurro. A Birmingham non l’ho mai visto così …”
Marianna sorrise raggiante, non potendo vedere il viso di James che si era seduto sul posto anteriore accanto al guidatore.
Massimo guidava silenzioso, mentre James si guardava intorno: aveva preso la strada più breve per tornare a casa.
“Papà … giusto per sapere, ma quella scellerata di mia madre ha invitato anche le gemelle?”
Massimo lanciò un’occhiata alla figlia grazie allo specchio retrovisore, entrambi avevano avuto il buon gusto di non raccontare ad Elisa, che ruolo avesse giocato una delle due gemelle nella rottura della precedente relazione di Marianna.
“Devo prendere questo silenzio come una risposta affermativa?”
“Tesoro, scusa. Non ho avuto il coraggio di dirlo a tua madre …”
Marianna si prese la testa tra le mani, prima di guardare l’anello, che le aveva regalato James, brillare dal suo anulare.
Avrebbe resistito a quel pranzo assurdo, e ne sarebbe uscita vincitrice.
 
Marianna e James stavano aspettando che Massimo uscisse dal garage sotto casa, mantenendo tutte le valige.
“Vedi quel terrazzo con le piante? Quella è casa mia” disse orgogliosa e gioiosa.
“Dici che si può prendere una tazza di … caffè lì?” propose, ricordandosi cosa gli aveva detto la ragazza a proposito di quella bevanda tanto famosa in Italia.
“Certo, pensa che in estate, per il mio compleanno, ho sempre organizzato tante feste lì. Amo quella terrazza” rispose sognante.
James le sorrise, aveva immaginato molte volte come potesse essere Marianna nella sua città, circondata dalle persone che amava, e nei posti in cui era nata e cresciuta.
“Marianna … sei tu?”
James vide una coppia di signori che si erano avvicinati alla ragazza, e l’avevano abbracciata. Lui aggrottò la fronte, in Gran Bretagna nessuna signora dell’età di sua madre avrebbe mai abbracciato così calorosamente una ragazza per strada. Non si faceva e basta.
“James, loro sono amici dei miei genitori … sai, mi hanno vista nascere ...”
Lui sorrise e porse loro la mano “Io sono James … ragazò di Marianna.” Vide la signora guardare la ragazza, ammirata e prima che loro se ne andassero, a James parve di vedere che avesse fatto un occhiolino a Marianna.
“Quella coppia di signori vive qui di fronte, e nel palazzo accanto vive la famiglia del figlio. Andavano da loro a mangiare. Oh, ecco papà.”
James parve scorgere un pizzico di inquietudine nella sua voce, non aveva capito molto di quello che si erano detti lei e suo padre in macchina, ma sicuramente aveva a che fare con quel pranzo.
“Okay, ho detto al garagista che sei tornata e che è probabile che tu prenda la macchina. Sei pronta per rientrare a casa?”
Marianna annuì, e prese per mano James.
 
James non si era mai sentito così teso ed emozionato allo stesso tempo, se per Marianna era piuttosto facile saltellare tra due Paesi con due culture molto diverse, per lui era la prima volta che affrontava una situazione del genere. Ne aveva parlato con i suoi amici, e anche con quelli di Marianna, come Marco e Alessio, che gli avevano consigliato di sorridere, di accettare sempre il cibo che gli venisse offerto, anche se si sentiva scoppiare, e di non contraddire mai le donne della famiglia, perché l’avrebbe potuta pagare cara. Tutto sommato a lui sembrava che alcune tradizioni italiane non fossero molto diverse da quelle inglesi, ma da come Marianna parlava di molti aspetti del suo Paese, tralasciando il suo orgoglio italiano, era arrivato a considerarlo uno Stato poco dinamico e che i vari comportamenti tenuti da vari politici rappresentassero, con grande scorno della sua ragazza, l’esempio di quanto potesse essere poco serio l’italiano medio.
Un giorno lei gli aveva fatto un esempio molto particolare.
“Hai presente il concetto di meritocrazia?”
Gli aveva chiesto mentre camminavano nel parco vicino casa sua. Lui aveva annuito.
“Per esempio all’università tutti la osannano e la cercano, quasi fosse un dogma della fede; poi gli studenti stessi nel momento in cui dovrebbe essere applicata, fanno di tutto per imbrogliare e fregare il prossimo.”
Gli aveva spiegato con rancore, forse pensando a qualche episodio che aveva vissuto sulla propria pelle.
“Sei più bella quando sorridi, lo sai?”
Marianna era intenta a controllare il trucco nello specchio dell’ascensore, prima di spingere il tasto del loro piano.
“E tu sei bello, nonostante quella montatura di occhiali” disse prima di mettersi in punta di piedi e lasciargli un leggero bacio sulla bocca. James sapeva quanto a Marianna non piacessero i suoi occhiali, gli aveva ripetuto un sacco di volte che avrebbe dovuto cambiarla, visto che poteva permetterselo, ma tutto quello che il ragazzo aveva fatto era stato scegliere un paio di occhiali di colore diverso, ma del medesimo modello.
“Andrà tutto bene, vedrai.”
James ebbe il tempo di finire quella frase, che l’ascensore si fermò all’ultimo piano. Elisa corse ad aprire la porta, prima di abbracciare la figlia e di salutare calorosamente James.
“Finalmente siete qui! Vi stavamo aspettando … Andate in camera vostra, e lasciate i bagagli” cinguettò, facendoli entrare in casa, senza che Marianna aprisse la porta della sala da pranzo.
“Camera … nostra?”
“Abbiamo fatto un po’ di lavori da quando sei stata via … troverai parecchie cose diverse” rispose criptica la madre.
James si guardava intorno, felice, aveva già intravisto delle foto di Marianna bambina, e non vedeva l’ora di andare a sbirciare per poterla prendere in giro …
Lei lo guidava verso quella che sarebbe stata la loro stanza per la permanenza a casa dei suoi genitori.
“Ecco, questa è la mia …” disse mentre stava aprendo la porta, prima di rimanere di sasso davanti ai cambiamenti che la madre aveva apportato alla sua vecchia cameretta.
Non c’era più il suo letto singolo, ma troneggiava un letto matrimoniale accogliente con un copri letto con una fantasia a fiori, su cui erano poggiati almeno sei cuscini morbidi. L’enorme scrivania, che un tempo era stato il tavolo della cucina della nonna paterna, era scomparsa e al suo posto c’era un’altra che un tempo si trovava nella stanza dei genitori. Controllò quasi istericamente la sua libreria, i libri erano ancora nel medesimo ordine in cui li aveva lasciati, guardò preoccupata le pareti alla ricerca delle sue fotografie: erano tutte nello stesso posto, e per fortuna non erano state toccate.
“Mi avevi detto che dormivi in un letto singolo …” disse James, andando al centro della stanza e guardandosi intorno. Dall’espressione della ragazza, aveva intuito che la sua camera non era proprio come lei l’aveva lasciata l’estate precedente, ma il suo tocco personale trasudava da ogni angolo.
“Mi piacciono molto le tue fotografie …” disse mentre si stava avvicinando a quelle di New York, dove ne aveva riconosciuta una in cui lei, Marco, Alessio e Joey posavano come grandi uomini d’affari davanti al Quartier Generale delle Nazioni Unite.  
“Beh, si … della mia vecchia camera rimangono solo quelle, gli armadi e le foto” rispose, riprendendosi finalmente da quel piccolo shock.
“Hai bisogno di una doccia? Io si … devo anche cambiarmi. Fai come se fossi a casa tua, d’accordo?”
James annuì, la vide recuperare un vestito dall’armadio prima di dirigersi nel bagno che aveva in camera.
Mentre lei era sotto la doccia, la curiosità di James venne attirata dai parecchi fogli riposti sulla scrivania davanti alla finestra. Si avvicinò, ancora incredulo di essere in Italia, a casa di Marianna e diede un’occhiata veloce. Sembravano essere dei moduli che lei doveva aver compilato mesi prima, poi alcune norme di sicurezza ... e dei fogli dove era scritta la storia di Sarajevo. James scosse la testa sorridendo, Marianna aveva scritto la sua tesi di laurea sulla Bosnia-Erzegovina, ed era probabile che avesse dei fogli come quelli sparsi nella camera; poi la sua attenzione si canalizzò sulle fotografie che la ritraevano in Kenya. Era insieme a una ragazza bionda con gli occhi azzurri, insieme a un gruppetto di bambini, e indossavano degli abiti tradizionali che probabilmente le dovevano aver regalato, poi scorse Marianna e delle altre sue amiche vestite con dei sari indiani, Marianna ai tempi della scuola insieme a una delle sue migliori amiche, Marianna con una sua amica con il pancione, Marianna con Valeria ad una festa, e Marianna il giorno della laurea vicina ai suoi genitori, che mostrava orgogliosa la tesi. Scorreva le sue foto, lei gli aveva raccontato così tanti aneddoti della sua vita in Italia, che non vedeva l’ora di conoscere tutte le persone che l’avevano resa quella ragazza che lui aveva avuto la fortuna di conoscere.
“Avrai tutto il tempo di conoscere gli originali … non guarderai solo le foto” lo interruppe, mentre lui si beava della foto di Marianna con l’amica che aveva avuto una bambina, e lei la teneva in braccio.
“Adoro il tuo mondo, lo sai?”
Marianna si era cambiata nuovamente, prima di lanciare uno sguardo alle carte sulla scrivania, non pensava di trovarle ancora lì. Si era del tutto dimenticata di dire a James che aveva fatto domanda per quel lavoro … ma erano passati quasi cinque mesi, se fosse stata presa l’avrebbero fatta chiamare mesi prima.
“In due settimane, riesco a mostrartene un po’ … devi cambiarti? C’è anche la mia cuginetta, di là.”
James sorrise.
“Sono velocissimo” disse prima di sparire nel bagno.
Marianna cominciò rapidamente a disfare i bagagli a mano di entrambi. Da quando si era trasferita in Inghilterra, era diventata velocissima a fare e disfare le valigie, tanto che, in meno di due minuti, era stata in grado di sistemare tutto l’essenziale nei cassetti che Elisa aveva preparato per James. Aveva tirato fuori anche i vestiti per il ragazzo, che come al solito, li aveva dimenticati sul letto.
Si guardava intorno, ancora incredula di essere tornata, e che l’avesse accompagnata James, che pareva entusiasta di conoscere il più possibile tutto il suo mondo. Era ancora persa nei suoi pensieri, quando la porta si spalancò e una bambinetta di sei anni le si fiondò addosso.
“Mariannaaaa!”
“Lalla!”
Marianna allargò le braccia, pronta ad accogliere la cuginetta, che, da quando la zia le aveva detto che ci sarebbe stata anche lei, aveva chiesto ogni due minuti quando sarebbe arrivata. Lalla fu talmente veloce, che appena raggiunse Marianna, caddero insieme sul letto, dove la bambina aveva cominciato a dare tanti baci alla cugina più grande.
“Zia mi ha fatto promettere di non dire niente a nessuno. Gli zii non sanno che sei qua” disse, eccitata della sorpresa che avrebbero fatto agli altri parenti.
“Lalla, chi c’è di là?”
La bambina di sedette a gambe incrociate sul letto, e si mise a riflettere, cercando di concentrarsi.
“Ci sono tutti gli zii Francesco, zio Vincenzo, zia Angela, zio Massimo, zia Elisa, zia Paola, e le gemelle. Sai che mi hanno fatto fare un gioco delle Winx?”
Marianna sorrise alla bambina, non poteva dirle cosa pensasse delle loro cugine gemelle. Intanto, la ragazza si accorse che James doveva aver chiuso il getto dell’acqua.
“Jim, ti porto io i vestiti. Qui c’è Lalla, mia cugina!”
Esclamò, prima che il suo ragazzo traumatizzasse una bambina di sei anni. Lalla si portò le mani alla bocca, divertita dalle parole di Marianna, stava per chiederle qualcosa, quando si ricordò cosa le avesse detto la sua mamma qualche tempo prima.
“E’ vero che il tuo fidanzato è il fratello dell’amico di Harry Potter?”
Marianna sospirò, Lalla aveva già visto i primi tre film della saga, e sicuramente si aspettava un ragazzo con i capelli rossi, e leggermente diverso.
“Più o meno si … Jim, la prossima volta ti lascio senza vestiti!” sbraitò all’indirizzo del ragazzo, che si era nascosto dietro la porta.
“Poi facciamo una passeggiata insieme? Mamma ha detto che il tuo fidanzato non è di Bari, e che parla l’inglese” aggiunse, mentre si risistemava la frontiera di Violetta.
“Ma non è esagerato mettere una camicia? In fondo, siamo solo con i tuoi parenti …” esordì James entrando nella stanza.
Lalla sgranò gli occhi, e si nascose istintivamente dietro alla cugina. Marianna non le aveva detto che il suo fidanzato fosse così alto.
“James, lei è Lalla ... non fare la timida, tanto non ti crede nessuno” disse rivolta alla bambina, che guardava James.
“Forza, fai vedere come parli bene l’inglese …” la incitò la cugina.
Lalla guardò James e disse tutto d’un fiato “MichiamoLalla” prima di prendere per mano Marianna, e di trascinarla fuori.
“Vieni, è il suo modo per dirti che le stai simpatico.”
 
Quando tutti e tre entrarono in sala, i parenti di Marianna esultarono e James vide Elisa addirittura commuoversi, mentre la figlia veniva abbracciata da tutti i suoi cugini, che aveva radunato sotto lo stesso tetto.
“Lui è James, il suo ragazzo” aveva detto alla tavolata Elisa, mentre Marianna finiva di salutare Roberta e Federica, fingendo di essere felice di averle lì. Infatti, non appena la madre presentò James, Roberta guardò interessata il ragazzo.
James aveva capito che fosse stato presentato, ma temeva di sbagliare qualche parola in italiano, tanto che decise di fare un gesto di saluto con la mano onde evitare qualsiasi figuraccia. Massimo indicò i loro posti, e con grande curiosità, notò che li aveva sistemati molto lontani  dalle due ragazze identiche, che sedevano all’estremità opposta rispetto a loro.
Il pranzò proseguì molto lentamente per i canoni a cui era abituato James, Elisa e le altre tre zie presenti l’avevano esortato ad assaggiare tutti le pietanze che avevano preparato con cura, e il padre di Lalla gli aveva riempito il bicchiere di vino ogni volta che ne beveva un sorso. Alla fine del pasto si sentiva talmente stordito, e non riusciva a capire se quel senso di stanchezza e di confusione fosse dovuto alle poche ore di sonno, al viaggio, alla quantità di cibo che aveva mangiato o a alla quantità di alcool che era in circolo nel suo organismo. Non aveva partecipato molto alla conversazione, ma Marianna si era preoccupata di tradurgli qualsiasi cosa dicessero i suoi parenti da sua madre, a suo padre a tutti i suoi zii e zie presenti per non farlo sentire a disagio.
Erano arrivati al dolce senza troppi intoppi, ma quando Massimo propose un caffè alla tavolata, James si aggrappò al tavolo, cercando con lo sguardo Marianna: con tutto quello che avevano mangiato, avevano anche il coraggio di prendere una tazza di caffè?
“Tu riesci davvero a bere anche il caffè?” domandò in un sussurro alla ragazza, che in quel momento stava ammirando un disegno che Lalla aveva fatto per loro due.
“Non bevo un caffè decente da mesi … non è obbligatorio prenderlo” gli sorrise, facendogli una carezza.
“Vorrei assaggiare il tuo caffè … ma mi sento …”
“Scoppiare è la parola giusta” concluse per lui la ragazza.
Lalla stava mostrando a James il suo disegno, in cui erano chiaramente distinguibili un bambino con la cicatrice a forma di saetta, lei, Marianna e lui stesso.
“Pensi che ai tuoi possa dar fastidio, se stasera non usciamo, e rimaniamo qui?”
In quel momento, la madre delle gemelle, si era avvicinata a loro, che si erano seduti in poltrona, con un sorriso sulle labbra. Marianna avrebbe voluto scomparire, non andava molto d’accordo con quella parte della famiglia della madre.
“Ciao, James.”
Cominciò, rivolgendosi a lui in inglese, il ragazzo si stupì, anche perché durante il pranzo solo Marianna gli aveva parlato in inglese e quella signora non era seduta molto lontana da loro, avrebbe potuto aiutarla in qualche modo.
“Salve.”
Paola aspettò che Roberta, una delle due ragazze che James aveva immediatamente imparato a riconoscere, visto che anche lui spesso veniva scambiato con il fratello, si avvicinasse a Marianna e James.
“Sai, sono un’insegnante di inglese e mia figlia, Roberta, studia lingue … è stato un peccato che non abbiate fatto conversazione durante il pranzo.”
James vide con la coda dell’occhio Marianna sistemarsi meglio sulla poltrona, stringendo i pugni sui braccioli, mentre Lalla si sedeva sul pavimento per continuare a colorare. Conosceva Marianna, e un campanello d’allarme cominciò a risuonare nella sua testa, aveva capito che doveva andare con cautela con quella parte della sua famiglia.
“Ah …” non sapeva bene cosa dire, perché lui non voleva davvero fare conversazione con la figlia di quella signora.
“Si, studio lingue … e vorrei qualche consiglio sull’Inghilterra da te, visto che sei nato e cresciuto lì.”
James rifletté che Roberta avrebbe potuto fare la medesima domanda alla cugina, visto che viveva nel Regno Unito da più di un anno, e da quanto aveva constatato lui, Marianna era perfettamente in grado di consigliare chiunque. Vide la ragazza, sedersi vicino alla bambina, dopo averle chiesto qualcosa, cominciò a colorare insieme a lei. Marianna stava diventando furiosa, oh si, e lui doveva tirarsi immediatamente fuori da quella situazione spinosa.
“Beh, Marianna conosce meglio di me le università inglesi … può aiutarti lei meglio di me.”
“Oh, beh, pensavo che un locale potesse darmi delle dritte in più” rispose, gelida prima di tornare a sedersi accanto alla gemella, e di dirle qualcosa all’orecchio. Lui intuì che molto probabilmente stava riferendo la loro breve conversazione. Appena Marianna vide la cugina lontana da James, si voltò nella sua direzione.
“Non provare a dirmi che sono stato troppo gentile” disse a voce bassissima, per farsi sentire solo da lei.
“Non ti sopporto, quando fai così!” sbottò.
“Si, ti amo anche io” rispose dolcemente James.
 
Era mezzanotte inoltrata, la casa era silenziosa e James cercava di seguire alla cieca la fidanzata, che riusciva a muoversi al buio in quelle stanze.
Erano di ritorno da un’uscita con gli amici di Marianna, dove lui aveva finalmente conosciuto Valeria, la migliore amica della ragazza, e il suo fidanzato parlava inglese perfettamente. Si era divertito parecchio quella sera, aveva visto per la prima volta Marianna al volante di una macchina, e lei e i suoi amici l’avevano portato a mangiare i panzerotti tipici della città, anche se era convinto di essersi giocato un maglione, visto che il ripieno gli era caduto addosso. La cosa più strana che aveva potuto notare era come finissero sempre a mangiare, dopo aver fatto qualsiasi cosa. Dopo varie peripezie, finalmente Marianna aprì la porta della loro stanza.
“Ai miei amici piaci molto, lo sai?” gli disse dopo aver acceso la luce, e togliersi le scarpe.
James si tolse la giacca di pelle, e il leggero maglioncino che aveva sotto.
“Piacciono anche a me, ma credo che questo non lo potrò usare più …” aggiunse, mentre contemplava la grossa macchia. Nel frattempo Marianna aveva spostato tutti i cuscini, che erano sul letto, e aveva cominciato a svestirti.
“Nah, ti faccio vedere come andrà via la macchia” disse sbadigliando.
“Sei stanchissima, forse stiamo esagerando in questi giorni … usciamo molto tardi …” aggiunse lui, mentre si avvicinava alla ragazza per abbracciarla. Lei si fece coccolare senza fare troppe storie, riflettendo su quello che doveva dirgli. Era molto felice di quello che aveva saputo la mattina aprendo la propria casella postale, ma appena James aveva cominciato a baciarla, approfittando dell’assenza momentanea dei genitori di Marianna, aveva perso la lucidità. Lui aveva iniziato a darle dei baci delicati sul collo, ma la ragazza, facendo un grosso sforzo di volontà, si staccò da lui dandogli un leggero bacio sulle labbra.
Doveva assolutamente dire a James quella novità, che già immaginava che l’avrebbe presa nel modo peggiore.
“Devo dirti una cosa …. Ci sediamo?” propose prendendolo per mano, e sedendosi sul bordo del letto.
“Perché temo quello che tu mi stai per dire?” disse, seguendo Marianna, mentre la guardava cercando di immaginare cosa avesse da dirgli.
“James, mi hanno preso per un lavoro” cominciò Marianna, con un tono piuttosto cupo, ma lui sembrava che stesse esultando, prima di bloccarsi di colpo e corrugare la fronte … come poteva lavorare se stava frequentando un corso di laurea specialistica? Ricordava benissimo che Anne, quando l’aveva fatto lei, era molto impegnata e a mala pena trovava il tempo da trascorrere con Oliver, come faceva Marianna d’altronde.
“E’ una notizia fantastica … ma, come fai con l’università?”
Marianna aveva previsto quella domanda, ma considerato il tipo di lavoro che avrebbe fatto, quello era l’aspetto meno complicato da spiegare.
“Per questo tipo di lavoro, l’università non opporrà resistenza … anche perché è all’estero” disse tutto d’un fiato.
James strinse con più forza le mani della sua ragazza, fino a quel momento non aveva preso in considerazione l’ipotesi che potesse essere lei, per una volta, a dover andare fuori. Aveva pensato che dovesse lavorare da qualche parte a Birmingham, vicino a lui.
“Scusa e cosa dovresti fare? Devi andare in guerra?” chiese, con un tono un po’ troppo scontroso per i suoi gusti, tanto che Marianna gli lasciò la mano, osservandolo arrabbiata.
“Siete tutti fissati con la guerra. Tu, tuo fratello, i miei … come ve lo devo spiegare, che non voglio andare in guerra? Se ti interessa, te lo dico, altrimenti ti renderò partecipe a fatto compiuto, il giorno prima di dover partire” concluse arrabbiata, alzandosi e mettendosi a cercare il pigiama. James avrebbe voluto risponderle che poteva fare come preferiva, ma dentro di lui la preoccupazione mista alla curiosità cresceva. Che aveva in mente la sua ragazza?
“D’accordo, scusa, hai ragione. Ma prova a comprendermi, quando ti ho conosciuto stavi studiando le tipologie di armi permesse nei conflitti armati!”
Marianna fece un respiro profondo, decidendo di non rispondere a quella provocazione, anche perché se avesse tranquillizzato James, forse i suoi genitori non sarebbero stati troppo in ansia.
“A luglio ci saranno le elezioni in Kosovo … e l’anno scorso, lo Stato ha chiesto l’ausilio di una missione internazionale di voto nel Paese.”
James non stava capendo molto … perché erano arrivati a parlare delle future elezioni di quello Stato?
“E quindi? Tu cosa c’entri?”
“Quindi” riprese Marianna, con una punta di fastidio nella voce “ la scorsa estate, quando c’è stata la richiesta ufficiale da parte del Kosovo, le Nazioni Unite hanno pubblicato un bando dove ricercavano degli osservatori internazionali di voto per un breve periodo, corrispondente a dieci giorni. Pensavo che li avessero già trovati, ma stamattina ho ricevuto una mail di conferma. Mi hanno preso … mi daranno trecento dollari al giorno” concluse tutto d’un fiato, ma l’espressione di James non mutò poi molto. Ora aveva capito che cosa fossero quelle norme di sicurezza, che aveva sbirciato il giorno in cui erano arrivati.
“Oh, wow. Fantastico” disse, senza troppo entusiasmo.
Marianna, consapevole che non si sarebbe potuta aspettate una festa e dei fuochi d’artificio da parte sua, parve apprezzare lo sforzo.
“Nell’mail, c’è scritto che sono stati colpiti dal fatto che la mia tesi di laurea riguardi alcuni problemi derivanti la guerra nella ex Iugoslavia” continuò lei, cercando l’approvazione del ragazzo. Si era impegnata tanto in quegli anni, e finalmente il suo lavoro veniva apprezzato.
James parve riprendersi … lui aveva letto la sua tesi, che aveva trovato perfetta, ma ricordava anche tutte le disgrazie che erano avvenute in quella parte di mondo.
“E’ molto pericoloso?”
“Mi hanno detto, che potrebbe essere necessario indossare il giubbotto antiproiettile … ma se fosse veramente pericoloso, mi darebbero settecento dollari al giorno” ammise, sapendo che avrebbe dovuto dirlo sia a lui che ai genitori.
James si diede una manata sulla faccia. In quel momento, avrebbe preferito che Marianna si preoccupasse di qualcosa nettamente più frivolo.
“Non posso dirti, che io stia esultando all’idea che tu debba indossare un giubbotto antiproiettile per dieci giorni, ma …” esitò, vedendo comparire un sorriso sulle labbra della ragazza “ma, non fare cazzate, d’accordo? So già che saranno i dieci giorni più lunghi di tutta la mia vita” disse, già sapendo che avrebbe voluto dirle che preferiva chiuderla in casa insieme a lui, e farle dimenticare del mondo circostante.
Marianna lo abbracciò di slancio, baciandolo con foga, prima che lui la bloccasse per chiederle qualcosa.
“C’è altro che dovrei sapere riguardo questo lavoro?”
Marianna parve riflettere su alcune clausole.
“Devo fare alcune vaccinazioni di routine, e prima di partire devo fare una visita medica per il mio stato di salute” concluse.
James sospirò, già pronto a dover affrontare i suoi genitori l’indomani mattina e augurandosi che in quella visita medica, le dicessero per il motivo più banale che non sarebbe potuta partire.
 
 
 
NdA: lo so, è lunghissimo … e forse nemmeno come mi aspettavo io all’inizio, ma le idee hanno preso il sopravvento, e poi … no, non ve lo dico. Lo scoprirete nell’ultimo capitolo di questa storia (ne mancano solo altri due … mi dispiace che stia per finire)!
Cosa ne pensate?
Non ho voluto dipingere la solita famigliola felice e unita … anche perché non penso che esistano davvero delle famiglie Weasley reali, quindi … non, so. Ditemi voi!
Ho cercato di rendere la storia il più verosimile possibile, quindi accetto qualsiasi opinione!
Al prossimo capitolo!
Un bacio,
Angel 
  
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