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Autore: Gufo di ebano    21/10/2014    1 recensioni
"Ho ucciso intere famiglie per te, ho abbandonato tutto quello che avevo per seguirti, è adesso mi lasci così? "
"Ertas...io non ti ho mai amato"
Tre ribelli in un mondo di ingiustizie.
Un tiranno da uccidere.
Un amore da salvare.
Senza regole, senza pudore, senza morale.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Scusate per il ritardo, in parte ho superato il blocco dello scrittore, ma da adesso in poi farò capitoli più lunghi. Buona lettura!

Gherar aveva sorvegliato Shira dalla sua cattura; anche se la ragazza era incosciente il  Mutaforma aveva memorizzato tutto la strada che avevano percorso. Erano partiti dal Rifugio, avevano attraversato tutte le terre di Tanara e si erano diretti verso Glader. Gherar era riuscito a non farsi notare solo quando le guardie si furono fermate in una taverna; i due uomini erano ritornati ubriachi fradici. Da insettino innocuo il Mutaforma si era trasformato in un boa enorme, che aveva stretto le guardie fino a farle svenire... ucciderle sarebbe stato troppo faticoso e sporco. I due erano volati verso Tanara, ma una carovana di commercianti li aveva trovati... gli uomini si erano offerti di curare Shira ( ancora incosciente), e avevano parlato con Gherar ( che si era trasformato in una umana). Solo dopo aver curato Shira dalle lievi ferite che i soldati le avevano inferto per tramortirla, i commercianti si accorsero che la ragazza appariva su ogni manifesto delle Quattro terre con una taglia di 400.000 monete d'oro, e, a patto di non chiamare nessun soldato una volta arrivati, gli uomini li avrebbero accompagnati in un villaggio vicino al Rifugio. Gherar, sotto forma di umano, era stato drogato con il fumo che i commercianti producevano dalle loro pipe, e giaceva inerte nel carro, nascosto da balle di fieno e cassoni. Quelli li condussero a Nord, verso Hetra, ma tra Glader e Mannas si trovava la Terra dei Draghi. Gli uomini sembravano armati contro  tutti i pericoli, ma niente poterono contro le fiamme che le bestie lanciarono. I due scapparono, ma Gherar non si accorse di andare verso la fredda Mannas... la fine del loro viaggio fu una caduta davanti ai cancelli di Hetra. Fortunatamente il Mutaforma sembrava morto, quindi riuscì a infilarsi nei vestiti di Shira, e ad entrare nel carcere senza farsi scoprire... l'unico problema adesso era come uscire.

Shira non era più stata torturata; i carcerieri volevano estorcergli le informazioni lasciandola senza acqua e senza cibo, ma la ragazza riusciva a sopportarlo grazie a Gherar. Il Mutaforma era riuscito a catturare un Neshito, un piccolo e veloce insettino che veniva usato sia come chiave ( grazie alle sue zampette flessibili) sia come messaggero ( per le sue 7 ali che gli permettevano di volare come una libellula). Ogni Neshito era in grado di aprire tutte le serrature di Hetra, ma ogni serratura aperta corrispondeva a una zampa rotta e non più funzionante; Gherar doveva catturarne tre  ( uno per ogni quattro ceppi) né facendosi notare  né facendo notare i furti. Ogni tre o quattro ore una guardia controllava di sfuggita Shira, ma la ragazza se ne era accorta; aveva quindi un intervallo di tre ore per liberarsi e fuggire dalla sua cella, senza farsi notare e considerando che la sorveglianza strettissima. L' unico problema era Ertas, l' uomo che era stato imprigionato nella sua cella; la sezione di sicurezza massima era l'unico posto per un traditore dell'Impero. Ertas veniva torturato come lei, e adesso erano tutti e due a digiuno, ma, con il permesso di Shira, Gherar avrebbe potuto liberare anche lui; ma c'era qualcosa tra i due carcerati... le guardie lo leggevano nei loro occhi. C'era la stessa furia cieca, lo stesso odio... ma anche la stessa dolcezza. Quando quei due si guardavano i loro occhi scintillavano, come accesi da un sentimento che ad Hetra non si conosceva. Forse era impossibile, maltrattato e non riconosciuto, ma tra quei due era nato amore.

Dektera quella notte non aveva perso tempo; era partita di sottecchi con Sherar, diretta verso Hetra, con una missione da compiere. L'unico peso che portava addosso erano le armi; l'arco,  i pugnali gemelli  e la spada. Li aveva fatti forgiare da Kraet, un fabbro  famoso per le sue meravigliose opere di morte. I quattro pugnali erano usciti dalla forgia affilati come rasoi, con i serpenti di freddo acciaio che si avvinghiavano sull'elsa leggermene piatta; le lame erano leggermente curve, di un metallo duro e tagliente, dal colore grigio scuro striato di rosso. Le spade , invece, erano impreziosite da due draghi che parevano vivi; incisi squama per squama, con gli occhi che sembravano lanciare fuoco e la bocca piena di denti irti e aguzzi, le due bestie impietrivano chiunque le guardasse. La lama delle due spade era sottile ma resistente, fatta per essere maneggevole e allo stesso tempo letale, pronta ad infilarsi in ogni minuscolo buco nell'armatura di un nemico e affamata di sangue. Le erano costate moltissimo, più della taglia che gravava sulla testa di Shira e sulla sua messe insieme, ma a quell'epoca non era stata lei a pagare; quelle armi erano il regalo di una persona che ben conosceva. Un rumore la riscosse dai suoi pensieri; il volo verso Hetra era pieno di fastidiosi nemici. Alcune volte semplici carovane di commercianti o soldati, altre cuccioli di drago che provavano le loro piccole ali nel cielo. La maggior parte delle volte erano innocui, ( rispetto al grandi draghi che i Mutaforma diventavano per spostarsi) ma con alcuni adulti si era scontrata finendo per combattere per la vita. Una freccia le passò vicino fischiando, e Sherar scese in picchiata; un centinaio di soldati puntava il drago. Se fosse stata sola i soldati averebbero avuto una trentina di perdite, ma il Mutaforma li avrebbe sterminati tutti. Sherar lanci una fiammata contro il plotone, facendo andare a fuoco archi e soldati, mentre Dektera lanciava frecce ad una velocità impressionante; le punte di metallo trapassavano metallo e carne come se fossero burro, e dalla folla si levavano urli di dolore. In un tentativo disperato alcuni soldati lanciarono le loro picche contro il drago, ma le armi ( troppo pesanti e imprecise per andare a segno ) non sortirono alcun effetto sulla bestia. Dektera fece un agile balzo fino a terra, e uccise l'ultima decina di soldati lanciando pugnali e mulinando la spada; risalì in groppa a Sherar, volando più velocemente che poteva verso Hetra. Per tutto il tempo che avrebbe impiegato per liberare Shira, il Rifugio non avrebbe avuto nessuna guida, ma ne valeva la pena.

Kaira si era diretta lontano dalle fredde terre di Mannas. Era riuscita ad imboscarsi come clandestina in una carovana diretta verso Tanara. Il sole impietoso del Sud già si faceva sentire nella parte centrale di Rekta, ma la carovana avanzava inarrestabile. Gli uomini viaggiavano sui Gyor, enormi leopardi alati che venivano usati per spostamenti veloci. Ogni  animale era dotato di sei zampe, un paio di zanne e una pelle piena di cellule pigmentanti che gli permettevano di cambiare colore. Le ali erano completamente mimetizzate sulla pelle, abbstanza grandi da poter sollevare il corpo del Gyor in volo, ma abbastanza elastiche da compiere brusche virate o manovre improvvise. I Gyor venivano catturati nelle terre che si trovavano al centro di Glader, nascosti in enormi tane scavate nella sabbia o nel ghiaccio, copletamente inacessibili per qualunque uomo.                                                                                                                              
Nessun carovaniere l'aveva riconosciuta, e questa andava a sua vantaggio. Se Lagar avesse saputa che sua figlia se ne era andata avrebbe sguinzagliato pattuglie di soldati, spie e assassini per riportarla alla noiosa vita di palazzo; la vita che per Kaira era completamente priva di un qualsiasi divertimento. I nobili estorcevano ( in modo cortese...) i soldi a suo padre con lusinghe untuose, e lei era stata presa di mira da subito. 'Oh ma che bella che sei','Di chi potrà essere una figlia tanto talentuosa?'... tutto mirati a ottenere i favori di Lagar. Nelle terre a nord di Tanara tutto era tranquillo, ma ad un certo punto un grido squarcio l'aria. E un altro. Soldati. L'incubo era ricominciato, e le armi della principessa voleano riassaggiare il sangue.

Le due ragazze erano fuggite dal massacro, due ombre scure che si confondevano nella fitta foresta. La notte le accoglieva materna, coprendo il rumore dei loro passi con il frinire delle cicale e dei grilli. L'unico riparo erano gli alberi; le due presero una coperta e si rannicchiarono tra i rami e le foglie delle grandi querce. La mattina dopo cercarono un riparo più sicuro; gli alberi erano un rifugio , ma solo quando non ci fossero tempeste o semplice pioggia. Nel raggio di chilometri e chilometri un posto aveva attratto le due ragazze ; una caverna. Da qualsiasi punto di vista era impossibile da notare, e lo avevano individuato grazie a una bandana messsa a mo' di bandiera. Quando le due entrarono, si trovarono in un antro di pietra, il soffitto basso e sofocante, e svariati tunnell che si snodavano per chissà quanto nelle montagne. Nei cunicoli non vi erano altro che pipistrelli, insetti e muffa, ma qualcosa aleggiava nell'aria. Sembrava un ronzio, uno di quelli che producevano i grandi insetti delle paludi quando volavano. Dal buio emerse un'enorme mantide, gli occhi rossi e sferici che mandavano lampi, e le zampe seghettate che si protendevano fameliche. Le ragazze si separarono in due direzioni diverse, sfoderarono i pugnali e mirarono alla testa dell'insetto; il sangue sprizzava dalle ferite dell'animale, scuro e denso come un buco nella pietra. La mantide si girava in continuazione verso le due, cercando di colpirle e di far finire quell'assalto. Una delle due scivolò sotto la pancia dell'animale estraendo il pugnale, mentre l'altra spiccò un salto e mirò alla testa dell'insetto. Un istante dopo la bestia si ritrovò con i visceri stesi sulla nuda roccia e la testa recisa.   'Complimenti ragazze, non avevo mai visto degli umani battersi con così tanta abilità!' a parlare era stato un vecchio. La pelle azzurrina, in quel buio, luminesceva come albastro; la figura piegata del torso gli conferiva una posizione tesa, quasi volesse scagliarsi contro di loro da un momento all'altro. Tra le mani allungate  teneva una sciabola (ricavata quasi sicuramente da uno degli animali che viveva nelle grotte); l'elsa era zigrinata, ricoperta di una pelle rosso scuro, e assomigliava vagamente ad un teschio umano. La lama era sicuramente in osso, ma riluceva stranamente nella penombra. Dentro la lama, infatti, ondeggiavo un liquido argenteo, e la spada emanava un calore leggero.                                                                                                                                                                                               'Trecento anni solo per due ragazze?  Vedremo se sarete all'altezza...' aveva sussurrato il vecchio. Un momento dopo le due erano stese a terra, addormentate.             Finalmente le Prescelte erano arrivate.
   
 
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