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Autore: Melabanana_    21/10/2014    4 recensioni
Kariya Masaki e Kirino Ranmaru si trovano catapultati per caso in uno strano videogioco che mescola confusamente le fiabe con la realtà, strani (ma familiari) personaggi e difficili situazioni... Riusciranno a raggiungere l'ultimo livello e ad uscire dal gioco?
[Scritta da Roby]
xxx
Dal Prologo:
Prima ancora di rendersene conto, Kariya appoggiò braccia e viso sulla scrivania e si addormentò; anche Kirino, seduto accanto a lui, aveva chiuso gli occhi e dormiva placidamente con la testa sulla sua spalla.
Lo schermo s’illuminò.
Il caricamento è stato completato.
Bene, dunque…
Benvenuto nel mondo delle favole~
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Kariya Masaki, Kirino Ranmaru, Shindou Takuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Inazuma Eleven Go! Characters Adventures °u°'
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Event Ten – Who Lost The Glass Slippers?

Kariya non si era mai sentito tanto confuso; visto che in quel gioco il senso di smarrimento e “cosa-diavolo-sta-succedendo” sembrava essere incluso nel pacchetto, credeva di essere ormai preparato ad ogni genere di situazione.
Ovviamente si sbagliava. In quel momento si sentiva più spaesato che mai, non riusciva a fare previsioni su cosa sarebbe accaduto dopo e non aveva idea di cosa fare o dire. Minamisawa, il principe, e Kirino si lanciavano occhiate di fuoco e la pressione nell’aria era palpabile: a quanto pareva nessuno dei due aveva intenzione di cedere. Kariya non poteva credere che stessero davvero litigando per lui. Per lui, di tutte le persone. Kirino lo teneva ancora stretto tra le braccia, cosa che non lo aiutava a pensare lucidamente, anzi, al contrario lo mandava ancor più nel pallone.
E, come se la situazione non fosse stata già abbastanza ingarbugliata, il senpai Kurama era appena comparso sulla scena con indosso un vestito da ballo azzurro. Kariya lo osservò, cercando di indovinare quale fosse il suo personaggio. Probabilmente Cenerentola. Almeno una delle mille domande che si affastellavano nella sua testa aveva una risposta concreta e più o meno sensata.
Kurama non sembrava per niente felice di vedere Minamisawa, a giudicare dall’astio con cui lo fissava; tuttavia, quando quello sguardo si spostò dal principe alla mano stretta intorno al braccio di Kariya, e poi a Kariya stesso, il ragazzino capì di essere lui il problema.
In un secondo, Kurama si lanciò su di lui, precisamente sulle sue gambe: gli sollevò senza pudore la gonna e tentò di sfilargli le scarpette. Kariya sussultò, istintivamente si divincolò dalla presa scalciando e per un pelo non colpì l’altro in piena faccia. Kurama indietreggiò con rabbia.
-Oh, dannazione, lasciatemi anche voi!- strillò Kariya. Con uno strattone libero le proprie braccia, si guardò intorno per un istante senza fiato e scosse il capo. –Ecco, ora litigate quanto volete! Io mi tiro fuori!- sbottò, si voltò raccogliendo la gonna e corse all’interno del salone. Le luci intense lo accecarono per un momento e le coppie che ballavano lo trascinarono al centro della sala, ma da lì Kariya riuscì a riprendere il senso dell’orientamento e si tuffò nella folla, sperando di esserne inghiottito al punto tale da non essere più visto.

Era passato qualche minuto e nessuno era venuto a cercarlo. Ottimo. Scrutando la direzione da cui era venuto, Kariya non riusciva a scorgere né Kirino, né Kurama, né Minamisawa, il che non poteva che essere una cosa buona.
Tra le tante cose che lo preoccupavano, il senpai Kirino costuitiva uno dei pià grandi punti interrogativi: Kariya non riusciva a spiegarsi la sua reazione di poco prima. Kirino si era sempre mostrato protettivo nei suoi confronti, né più né meno di quanto lo sarebbe stato nei confronti di altri kouhai o del senpai Shindou. Il suo gesto improvviso, invece, lo aveva colpito perché era diverso. La parola protettività suonava inesatta, non descriveva precisamente quel che era successo, doveva essercene un’altra migliore.
Kariya si distanziò un po’ dalla gente e camminò all’indietro verso un muro mentre si arrovelava per trovare il termine che cercava.
La mano che si strinse intorno al suo polso lo colse alla sprovvista e, prima che potesse urlare, qualcuno gli tappò la bocca e bisbigliò al suo orecchio.
-Stai calmo, sono io.- La voce era calda e familiare. Kariya alzò lo sguardo e sbatté le palpebre, sorpreso e infuriato con Kirino.
Mugugnò di lasciarlo andare, ovviamente le parole uscirono come borbotti incomprensibili contro il palmo del senpai premuto contro le sue labbra, però Kirino parve comprendere ugualmente. Si guardò intorno nervosamente, poi annuì e disse:- Vieni.
Lo trascinò in uno spazio più appartato, dietro una fila di colonne, lo spinse in un angolo e solo allora rimosse lentamente la mano dal suo viso, lasciandola cadere casualmente sulla sua spalla.
-Che cavolo fai, senpai? Sei impazzito?- gli sibilò Kariya. Kirino lo ignorò e continuò a guardarsi intorno con sospetto, come se si aspettasse di vedere venti ninja calarsi dal soffitto o le colonne cominciare a muoversi (beh, nulla era troppo scontato nel gioco).
-E cosa diavolo stai guardando?- incalzò Kariya, sempre più irritato.
Kirino tornò a guardarlo con un’espressione accigliata.
-Mi assicuravo che nessuno ci osservasse- disse. -Non voglio saltare all’occhio.
-Non credo che qualcuno ci abbia notato. Hai visto quanta gente c’è? E scommetto anche che sono troppo concentrati su se stessi per vedere chiunque altro. Perché credi che dovremmo saltare all’occhio proprio noi?- osservò Kariya scettico. Kirino lo guardò come se fosse stupido.
-Ah, non saprei. Forse perché io ho una coda e delle orecchie da lupo. O perché tu hai appena conquistato il cuore del principe, che ora pare intenzionato a sposarti. Ah, non so davvero perché mi preoccupo. Sono certo che nessuno ci noterebbe- ribatté Kirino con pesante sarcasmo. Kariya non poté fare a meno di arrossire per la vergogna: messa così, la sua era stata davvero un’osservazione stupida. Ma riconoscere di aver sbagliato non era qualcosa a cui Kariya era abituato, o alla quale si rassegnava facilmente, soprattutto non in una discussione con Kirino, perciò ribatté, stizzito:- Se tu non fossi sparito chissà dove, tanto per cominciare, io non mi sarei mai cacciato in questo guaio! Non sarei rimasto da solo e non sarei stato costretto a venire a questo stupido ballo con questo stupido principe!
-Non mi pare che lo trovassi tanto stupido, prima, mentre ti abbracciava.- Kirino fece una smorfia e la stretta delle sue dita sulla sua spalla aumentò d’intensità. Solo allora, Kariya si ricordò anche della mano che gli manteneva il polso e ancora una volta quel contatto gli sembrò lievemente diverso dal solito. Kirino non si era mai posto il problema di toccarlo, anzi, sembrava che per lui il gesto non aveva alcun significato. Questa volta però il contatto non era casuale, né leggero. I polpastrelli di Kirino bruciavano contro la sua pelle, affondavano nella sua carne con una strana urgenza.
-Senpai, lasciami...- disse Kariya, ma Kirino lo interruppe:- Se lo faccio, tornerai da lui?  
Kariya alzò il volto, stupito da quella domanda, ma ancor di più dal tono di voce quasi angosciato dell’altro. L’espressione di Kirino era un misto di rabbia, sorpresa, spavento, desiderio; lui stesso appariva spaesato da quel groviglio di emozioni che lo attraversavano, e d’improvviso Kariya ebbe paura di lui. Sollevò il braccio e cercò di liberarsi con uno strattone, così come aveva fatto prima, ansioso di allontanarsi da lui. Kirino dovette leggergli la paura negli occhi perché rafforzò la presa.
-Senpai, mi stai facendo male…- si lamentò Kariya. Kirino scosse il capo, nervoso.
-Non puoi andare da lui. Lui non può averti. Tu sei…- Si bloccò e lo guardò come se fosse stato colpito da un fulmine. –Stai bene con questo vestito- disse.
Kariya non rispose, riuscì solo a sbattere le palpebre, basito. –Cosa…?
Il fiato gli si mozzò in gola quando Kirino lo spinse con delicatezza contro il muro, si posizionò davanti a lui riducendo al minimo la distanza tra i loro corpi e affondò il volto nei suoi capelli. Respirò a fondo, la mano sulla sua spalla scivolò sul suo collo e Kariya rabbrividì percependo le dita premersi sulla sua gola, alle quali le labbra di Kirino si unirono poco dopo.
Kariya trattenne il fiato così rapidamente che per poco non si morse la lingua. Kirino premette più volte la bocca sulla sua gola e, quando questo parve non bastare più, scoprì i denti e lo morse. Kariya sussultò e si lasciò sfuggire un gemito: l’ossigeno venne a mancare, il sangue gli salì al volto e la testa iniziò a girargli per l’eccesso di stimoli.
-Senpai- balbettò, odiando la debolezza che la sua voce tradiva –cosa stai facendo?
Kirino sfiorò il suo mento con i denti, le sue mani scivolarono entrambi sulle sue spalle e si staccò per fissare Kariya negli occhi, il suo sguardo incerto e combattuto.
-Non… non lo so. Scusa, a dire il vero non ci capisco molto nemmeno io- mormorò, genuinamente confuso. –So solo che non voglio lasciarti a Minamisawa. Tu sei… sei già mio- aggiunse, possessivo.
Ah, si rese conto Kariya, possessività era la parola.
Deglutì a vuoto notando come i suoi occhi si fossero spostati sulla sua bocca e si chiese se il gesto di leccarsi le labbra fosse inconsapevole, dopotutto il senpai non sembrava nel pieno possesso delle sue facoltà mentali al momento. Kirino si chinò verso di lui e Kariya sapeva cosa stava per succedere, ma non era sicuro di poterlo, o volerlo, prevenire.
Le loro labbra si sfiorarono appena, senza pressione, e proprio quando Kariya si sporse in avanti, deciso a pretendere di più, un rumore assordante li fece sobbalzare e allontanare di scatto. Kariya stava per dire qualcosa, ma s’interruppe. Vide un luccichio argenteo, qualcosa tagliò l’aria con un sibilio e Kirino arretrò di scatto, con una mano che gocciolava sangue.
Il ragazzo se la portò alle labbra e si leccò lentamente il sangue che scorreva lungo il braccio senza staccare gli occhi rabbiosi da quelli del principe che l’aveva ferito.
-Ti ho trovato, bestiaccia- il sorrisetto di trionfo sulle labbra di Minamisawa mutò in una smorfia.
-Per aver osato toccare la mia promessa sposa, sarai punito gravemente, lupo. Scegli: la morte, o l’esilio- aggiunse, ostile. Kirino lasciò cadere il braccio lungo il corpo e digrignò i denti.
-O magari potrei prenderti a calci- suggerì, sarcastico.
Minamisawa fece roteare nuovamente la spada in aria e affondò, ma il suo attacco si rivelò meno efficace in assenza dell’effetto sorpresa; Kirino lo evitò facilmente con un balzo, atterrò alle spalle del principe e gli diede un calcio nella schiena, facendolo cadere in ginocchio.
-Hai scelto la morte, dunque- sibilò questi rimettendosi in piedi. Si slacciò il mantello dalle spalle e lo fece cadere teatralmente, poi partì di nuovo all’attacco.
Kariya restò ad osservare la loro battaglia senza sapere esattamente cosa fare. Si passò una mano sull fronte e strizzò gli occhi, esausto, cercando di recuperare il raziocinio che Kirino aveva così facilmente spazzato via. Voleva solo un po’ di pace per riflettere.
-Eccoti finalmente, ladro di scarpette!
Ma avere un momento di tranquillità, apparentemente, era chiedere troppo.
Kariya si girò di scatto, giusto in tempo per bloccare le mani del senpai Kurama; il ragazzo fu colto alla sprovvista, ma appena si riprese dal momentaneo shock iniziò a spingerlo e Kariya fu costretto ad impuntare i piedi per non ruzzolare via. Non sembrava che Kirino e Minamisawa li avessero notati, quindi doveva sbrigarsela da solo.
-Si può sapere qual è il tuo problema? Io non ho rubato niente a nessuno!- gridò Kariya, stanco ed altamente irritabile. Le mani erano sudate e gli facevano male per lo sforzo, per non menzionare le unghie di Kurama che si erano inficcate nella sua pelle.
-Ah, sì? E quelle scarpe dove le hai prese, allora?- disse Kurama, sarcastico. –Le scarpette di cristallo non si trovano ovunque, sai?!
-Oh, santo cielo, non le ho rubate! Me le ha regalate una stupidissima fata madrina!
A quelle parole, inaspettatamente, Kurama si bloccò e smise di spingerlo. Kariya lo guardò, senza fiato, e lo vide arrossire di rabbia; due secondi dopo, Kurama gli lasciò le mani e, a tradimento, gli diede un calcio nel ginocchio: Kariya si piegò di scatto e non poté trattenere le lacrime che salirono spintaneamente agli occhi.
-Ouch! Ma cosa stai…- ammutolì quando notò una lacrima cadere a terra ed estendersi magicamente fino a formare una pozza d’acqua, dalla quale apparve un familiare mulinello azzurro e Hamano, vestito esattamente come prima e con una bacchetta in mano.
-Chi piange? Chi ha bisogno del mio aiuto?- esclamò allegramente. Kariya lo guardò a bocca aperta, ma prima che potesse dire qualcosa Kurama avanzò rapidamente verso di lui e lo afferrò per il bavero della maglia, avvicinandoselo abbastanza da potergli dare una testata, se avesse voluto.
-Tu- disse, accusatorio, imbronciato. –Sei stato tu a regalargli le scarpette?
Hamano si girò verso Kariya e il suo sguardo si posò sulle luccicanti scarpe di cristallo che sporgevano sotto la gonna.
-Oh, sì, le mie bambine- ammise col tono amorevole di una madre. Kariya alzò gli occhi al cielo. Kurama parve seriamente tentato di mollargli un ceffone.
-Ma erano mie! Le avevi date a me!- protestò, veemente.
Hamano lo fissò curiosamente.
–Beh, le regole dicono solo che una ragazza deve conquistare il principe. Visto che hai lasciato le scarpe, ho pensato che non ci tenessi più e ho dato le scarpe ad un’altra.
-Siete tutti ciechi? Siamo entrambi maschi- obiettò Kariya. Gli altri lo ignorarono.
-Non le ho lasciate! Le ho perse! Stavo tornando a riprenderle!- protestò Kurama, disperato.
Hamano scosse il capo. –Non posso farci niente, ormai il principe è innamorato di lei- disse, indicando Kariya. –Non che avesse altra scelta, in effetti…
-Cosa vuoi dire?- Kariya si irrigidì subito.
-Beh, la magia è nelle scarpe- rivelò Hamano. –Chiunque le indossi diventa “Cenerentola” agli occhi del principe.- Kurama lo lasciò andare, sconfitto.
-Ah… ecco perché non mi guarda più- bisbigliò. Aveva l’aria di aver appena ricevuto uno schiaffo. D’altra parte, tutto acquisiva un senso; a Kariya era parso bizzarro fin dal principio l’attaccamento che Minamisawa-senpai aveva mostrato per lui, si erano appena incontrati e lui già professava amore nei suoi confronti.
-E funziona solo sul principe? Perché, santo Graal, comincio a trovarlo attraente persino io, e lo conosco da solo mezz’ora- brontolò Kurama, squadrando Kariya con un misto di ansia e un sentimento che l’altro non riusciva a definire.
-No, certo, le scarpette potrebbero far innamorare anche altre persone. O almeno farle comportare in modo strano- disse Hamano, ed il cuore di Kariya affondò come un sasso.
Ora si spiegava anche il comportamento di Kirino, la sua confusione -era sotto il potere delle scarpette, ed il pensiero che l’altro lo avesse baciato senza provare veri sentimenti nei suoi confronti lo faceva sentire miserabile. Era patetico anche solo per averci sperato. Ma perché ci aveva sperato? Era quasi come se…
Come se fosse innamorato di lui.
Kariya bloccò quel pensiero subito dopo averlo formulato, perché non voleva farsi ulteriormente male e perché era qualcosa di totalmente assurdo ed inaccettabile.
Sotto lo sguardo scioccato di Kurama e Hamano, cominciò a scalciare con rabbia per sfilarsi le scarpe. Le odiava, le odiava e non voleva vederle mai più. Si chinò di scatto e se le tolse saltellando prima su un piede e poi sull’altro. Hamano impallidì leggendo nella sua espressione cosa stava per fare.
-Aspetta, ehi, ehi, ehi!- gridò. –Guarda che sono speciali, non puoi…
-Me ne frego! Mi hanno causato anche troppi guai!- ribatté Kariya, asciugandosi le lacrime con il dorso del braccio.
Poi alzò le scarpette e le scagliò il più lontano possibile.
Il cristallo si disintegrò non appena toccò terra e liberò la magia che conteneva, causando un’esplosione; si sollevò una raffica di vento e una strana luce fluorescente s’insinuò nel salone principale e investì ogni cosa. Hamano, Kurama e Kariya indietreggiarono , proteggendosi il viso dai frammenti di vetro che furono scagliati in aria.
Quando riuscirono a riaprire gli occhi, uno strato di vetro azzurro si era arrampicato su pareti e colonne, avvolgendole in un involucro spesso e rigido, e aveva formato un’unica riga verticale sul pavimento, che andava dal punto in cui si erano rotte le scarpe fino al centro del salone.
-Cosa diavolo…?- esclamò Kurama, senza fiato. Hamano si morse il labbro inferiore.
-Oh, no- rantolò –se è come credo, siamo nei guai…- Spiccò un salto ed atterrò nel mezzo del salone, poi scrollò il capo sconfortato. Kariya si sporse a vedere perché si fosse incupito e rimase a bocca aperta. La musica si era fermata, le persone avevano smesso di ballare e nel salone regnava un silenzio freddo ed innaturale: tutti si erano trasformati in statue di cristallo.
Hamano si girò verso di lui. -Le scarpette sono… erano speciali. Sono magiche, e la magia è qualcosa di molto delicato- disse in tono triste. –La magia può realizzare i nostri desideri. Ma se ci rivoltiamo contro di lei…- Tacque e scosse di nuovo il capo.
Kariya rabbrividì e si guardò subito intorno in cerca di Kirino: per quanto fosse arrabbiato con lui in quel momento, non avrebbe sopportato di vederlo in pericolo per colpa sua. Entrò quasi nel panico, non vedendolo da nessuna parte, ma poi riuscì a scorgerlo mentre vagava spaesato fuori ad un balcone. Kariya li raggiunse di corsa e si fermò davanti a lui, squadrandolo allarmato.
-Sembra che tu stia bene- disse, non riuscendo a nascondere il proprio sollievo.
 –Sì… sono solo un po’ confuso. Non ricordo cosa stavo facendo un minuto fa- rispose Kirino, e il cuore di Kariya affondò un altro pochino. Distolse lo sguardo prima di scoppiare in lacrime.
-Che bello- mormorò. Kirino notò che era sul punto di piangere e gli mise una mano sulla spalla, amichevole, non aveva la minima idea di essere l’ultima persona al mondo in grado di consolarlo, in quel momento. Kariya se lo scrollò di dosso: gli faceva troppa rabbia.
Ma per il momento era meglio lasciare da parte quei sentimenti; il vero problema era un altro.
Kariya osservò con orrore la pelle luccicante del principe, liscia ed incolore, i suoi abiti rigidi, il volto senza espressione… Minamisawa si era trasformato in una statua di cristallo.
-Oh, no- la voce di Kurama dall’altra parte della stanza, nel silenzio, risuonò forte e chiara. Il ragazzino corse verso Minamisawa, rischiando di inciampare più volte nel vestito; gli si fermò davanti, fissandolo orripilato, e ripetendo solo una sillaba, -No, no, no, no, no- l’ultima era un rantolo. Anche Hamano si avvicinò, e l’ombra che gli comparve non prometteva nulla di buono.
-È un brutto affare, un brutto affare- ripeteva, talmente agitato da non rendersi conto di starlo dicendo ad alta voce.
-Cosa è un brutto affare?- disse Kirino. –Non puoi rimettere tutto a posto?
Hamano scrollò il capo, sconsolato. -Le magie non sono mai semplici da annullare, soprattutto quando sono senza controllo. Il principe potrebbe rimanere così per anni… Il suo cuore è diventato di vetro, è più freddo del ghiaccio ormai...
Kurama crollò a terra. -Ma io lo amo- sussurrò. –Cos’altro devo fare?
Kirino sobbalzò, come se le parole dell’altro avessero fatto accendere una lampadina nella sua testa. –Ma certo, è ovvio! Il vero amore non risolve tutto, nelle fiabe?- esclamò.
Gli altri tre lo guardarono sorpresi. Kirino si girò verso Kariya e proseguì:- Se di solito è il principe a salvare la principessa, vorrà dire che stavolta accadrà il contrario. Non hai con te il libro…?
Kariya si ricordò solo in quel momento del cestino: lo aveva con sé durante il viaggio nell’acqua, quindi doveva averlo perduto sulle scale, nella confusione che si era creata poco prima.
-Un momento- borbottò, si girò e corse attraverso la sala. Uscì fuori al balcone e lo vide subito, il cesto era rotolato in un angolo e Kariya si chinò rapidamente a prenderlo. Quando sfogliò il Libro, non si stupì tanto del fatto che fosse comparsa la carta di Cenerentola quanto del fatto che Kirino ci fosse arrivato prima di lui.
Tornò subito indietro, si schiarì la voce e disse la formula per evocare la carta, ad alta voce.
-Cenerentola, io ti evoco!- non appena pronunciò quelle parola la carta e Kurama si illuminarono e nelle mani del ragazzino comparve magicamente la spada del principe. Kurama si alzò in piedi, reggendone l’elsa con entrambe le mani, e si guardò intorno confuso.
-Trafiggi il cuore- disse Hamano, ispirato. –Solo tu puoi farlo, se lo ami davvero. Se sarai tu a farlo, sono sicuro che il principe non morirà.
Kurama annuì e fece un grande sforzo per sollevare la spada e mantenerla alzata, verticale, con la punta rivolta contro il petto del principe. –Ti prego- bisbigliò –Vivi…- Lo baciò teneramente sulle labbra di vetro e spinse la spada nel suo petto: come se fosse stata neve il cristallo iniziò a sciogliersi gradualmente, aprendo la strada vero l’interno, e nel momento in cui la punta della spada entrò nel cuore del principe l’involucro di cristallo che lo avvolgeva si incrinò e si distrusse in mille pezzi, restituendo a Cenerentola un ragazzo in carne ed ossa. Kurama lasciò cadere la spada, che cadde a terra con un clangore, nitida e pulita come se non avesse mai trafitto nessuno, e gettò le braccia al collo di Minamisawa in un abbraccio che gli tolse il fiato.
Kariya tirò un sospiro di sollievo e, mentre la carta di Cenerentola tornava al suo posto, girò la pagina e trovò senza sorpresa quella della Fata madrina.
-Ora dovresti davvero fare il tuo lavoro- disse. Hamano sorrise.
-È tutta la sera che non faccio altro. E non mi pagano nemmeno gli straordinari!
 
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Con l’aiuto della carta evocata da Kariya, che potenziava la sua magia, Hamano riuscì infine a far tornare normale castello ed invitati, giusto in tempo perché il principe Minamisawa annunciasse il suo fidanzamento e matrimonio-a-breve con Cenerentola. Kurama gli aveva pestato un piede, imbarazzato e arrabbiato di tutto ciò che gli aveva fatto passare, ma lo perdonò perché apparve presto chiaro che Minamisawa non conservava alcun ricordo dell’amore Kariya inculcatogli dalle scarpette: quel sentimento era nato e scomparso con quella magia.
E così era anche per Kirino.
Abbandonato il castello, Kariya tornò con il senpai al punto di salvataggio. Per tutto il tragitto e anche una volta sistematisi per dormire nella baita, i due non si rivolsero la parola, anche perché non sapevano cosa dirsi. Kariya fece finta di essere troppo impegnato a sfogliare il Libro, analizzando i loro progressi: le carte di Cenerentola e della Fata madrina erano tornate al loro posto, insieme alle altre, e alla prima pagina era comparsa la loro quarta, sudata stella. A giudicare dal poco spazio rimasto a bordo pagina, gliene mancava soltanto una per terminare il gioco; circostanza perfetta, considerato che Kariya non voleva restare un secondo di più intrappolato lì con Kirino.
-Buonanotte- disse Kirino, da qualche parte vicino a lui. Kariya non si voltò a guardarlo, né gli rispose. Era certo che, non appena avrebbe chiuso gli occhi, le immagini di quella sera gli sarebbero tornare vivide in mente, mentre il senpai dormiva beato, ignaro di tutto.
E il fatto che ciò che provava per Kirino potesse essere amore era a dir poco terrorizzante. 


 
**Angolo dell'Autrice**
Buonasera! Come avevo detto, anche questa fiaba è stata modificata per adattarsi alla storia del gioco. L'idea di dare alle scarpette un ruolo di maggiore spicco mi intrigava molto e alla fine sono diventate il "motore" della vicenda, più nel male che nel bene. Kariya non pensa mai alle conseguenze delle proprie azioni, tra loro due quello calmo e riflessivo è Kirino, ma in questo capitolo anche lui ha dato di matto (ops). Spero abbiate apprezzato la scena RanMasa perché è da tanto che la immaginavo e volevo scriverla ♥ Il loro rapporto è arrivato finalmente ad un vero e proprio punto di svolta.
Sicuramente avrete anche capito che il creatore di Fairytale non aveva tutte le rotelle a posto(?), ma se ne riparlerà xD
Avanti tutta verso la quinta stella!
Kisses,
     Roby

P.s. Purtroppo non ho avuto il tempo di completare le carte di Hamano e Kurama, pertanto le linkerò assieme al prossimo capitolo :')
   
 
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