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Autore: Cyanide_Camelia    16/10/2008    3 recensioni
Hinata Hyuuga, una giovane parigina insoddisfatta dagli obblighi e dalla frivolezza della vita mondana, lascia PArigi con la sua dama di compagnia, TenTen, per trasferirsi con lei nella madrepatria della seconda...Ma i pettegolezzi, il vociare e, soprattutto, gli uomini di paese sanno essere altrettanto insidiosi di quelli che Hinata aveva lasciato a Parigi!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Hidan, Ino Yamanaka, Naruto Uzumaki, Tenten
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Secondo capitolo di questa AU, alla quale ho deciso di dedicarmi con energia, dato che le recensioni mi sono sembrate positive

Secondo capitolo di questa AU, alla quale ho deciso di dedicarmi con energia, dato che le recensioni mi sono sembrate positive. Le risposte si troveranno al termine del capitolo, nell’apposito “Spazio Cos”, presente in tutte le mie fanfiction.

 

 

Perdue.

 

Hinata sorrise gentilmente al Sindaco, un uomo distinto e solare, completamente fuori luogo in quel paesaggio sui toni del grigio.

“Bonjour, monsieur, lasciate che mi presenti: sono mademoiselle Hyuuga.”aveva sorriso con dolcezza, protendendo il braccio verso di lui in attesa di un baciamano.

Naruto era rimasto spaesato di fronte a quel gesto, e ci aveva impiegato circa una ventina di secondi –i più lunghi della sua vita- prima di realizzare cosa la donna si aspettasse da lui.

Una volta compiuto il gesto di galateo, Hinata si lasciò sfuggire una risatina civettuola, arrossendo, per la scaltra goffaggine del suo interlocutore.

“Volevo darle il benvenuto qui a Sainte-Marie-Vierge, il mio uffici si trova sulla piazza principale e…bene, beh, questo è quanto. Immagino ora dovrà ambientarsi, quindi la invito a riposarsi  e a non farsi scrupolo, per qualsiasi necessità, anche la più banale, a farmela sapere, e provvederò io stesso a riguardo.”

Naruto le aveva quindi stretto la mano con vigore, agitandola, come il capo di una fune, nell’aria.

Hinata era entrata, esitante nella sua nuova dimora.

Nel momento stesso in cui stava girando le chiavi nella toppa, si era sentita vibrare tutta di un’energia nuova e completamente estranea.

Aveva percorso a passi piccoli e lenti il corridoio, affacciandosi sulle varie stanze presenti sul primo piano: un salottino d’aspetto per gli ospiti, una grande sala da pranzo ed un laboratorio, mentre aveva trovato sul lato opposto una modesta cucina, il suo salotto personale ed un bagno piastrellato con ceramica smaltata di un bianco abbacinante. Aveva salito le scale, sollevando con grazia un lembo dell’abito di seta mista a cotone e lino color paglierino,la sottogonna di pizzo sangallo e la sottoveste di lana soffice.

Sul piano superiore aveva trovato la camera da letto, doppi servizi, una camera spoglia nella quale le sarebbe stato possibile, nell’evenienza in cui avesse desiderato una cameriera a gestire la cucina e a rassettare mentre lei fosse stata presa da altri lavori, sistemare la domestica, ed una bella stanza luminosa dove era stata sistemata la sua biblioteca, al centro della quale vi era un bel tavolo in piuma di noce con delle sedie abbinate e, a ridosso di un muro, il suo scrittoio.

Hinata aveva tirato un sospiro, soddisfatta e felice, prima di ridiscendere le scale e gettarsi a peso morto sull’ottomana presente nel suo salotto personale.

Quindi, le era venuta un’idea: avrebbe potuto andare dal Sindaco per chiedergli di pubblicare un annuncio nel quale avrebbe presentato la richiesta di una domestica.

Ripropostasi di fare ciò l’indomani, la giovane donna andò in cucina e preparò una tisana all’ortica.

Sentiva le palpebre farsi sempre più pesanti, mentre sorseggiava la bevanda che le solleticava, con il suo gusto dolcissimo ed asciutto, la gola. Aveva scocco un poco la testa per snebbiarsi la vista e, dopo aver sbattuto ripetutamente le ciglia, aveva bevuto l’ultimo sorso, posando con cautela la tazza sul piattino di porcellana.

Una volta alzatasi da tavola era andata, sorreggendo un lume, in camera da letto.

Una volta posata la lucerna sul comodino, aveva girato la chiavetta per aumentare l’illuminazione della fiamma ed aveva tirato fuori da un baule di legno massiccio una camicia da notte rosa pallido, in cotone sapientemente lavorato in India.

Aveva riposto l’abito su una gruccia nell’armadio situato sulla parete perpendicolare a quella del letto, ed aveva prontamente indossato gli indumenti per la notte.

Calzate delle delicate pantofoline candide come la sua pelle e messa una ricca vestaglia color avorio, impunturata con sottile filigrana argentata, aveva preso un libro e si era sdraiata a leggere sul letto. Dopo poco, il sonno ebbe la meglio sul desiderio di lettura, così Hinata tolse la vestaglia e le pantofole e scivolò sotto le coltri.

 

Si svegliò con il sole che schiariva il cielo notturno. La luce rosa si riversava, amplificata dai vetri irregolari delle finestre della camera da letto, in tutta la stanza come un incantesimo.

Hinata era felice.

Aveva indossato di nuovo le pantofoline e la vestaglia ed era scesa in cucina a scaldare sul fuoco un grande catino di rame pieno d’acqua, ed aveva versato del latte fresco da una latta in una tazza di ceramica.

Salì nella sua camera da letto, e tirò fuori dai bauli i suoi begli abiti, sistemò nei cassetti le sottovesti e le sottogonne, i corsetti ed il resto dell’intimo.

Scelse un vestito da giorno azzurro ghiaccio, di taffettà, ed una sottoveste di soffice cotone indiano celeste.

Ridiscese le scale e prese, coprendosi i palmi delle mani con due canovacci, ed afferrò i due manici del catino, andando con incedere incalzante verso il bagno per riversare l’acqua bollente nella vasca, prima di immergersi nella nuvola di vapore sollevatasi fino al soffitto.

 

Uscì di casa sorridente, con un cestino di vimini sottobraccio ed una pochette di velluto grigio nascosta in una piega dell’abito, e ben presto si imbatté, in una delle viottole lastricate di pietre lisce e scure disomogenee, nel negozio di fiori di Ino, aperto, pieno di boccioli promettenti e fiori rigogliosi, dai colori sgargianti.

Hinata entrò, titubante, con il suo solito modo schivo e col timore di disturbare.

 

“Buongiorno, Mademoiselle. ça va?” aveva domandato Ino da dietro un massiccio bancone di legno.

 

Ça va bien, merci. Volevo sapere se aveva dei semi di lavanda, buganvillea, giglio e rosa bianca, una piantina di rosmarino, salvia, alloro e assenzio. Ah, e dei bulbi di tulipani.”

 

“Naturalmente, e quanti sacchetti le occorrono?” disse la fioraia, prendendo in mano qualche sacchetto di fibra scura e ruvida.

 

“Tre di tulipani, uno di rose, uno di lavanda, due di buganvillea ed uno di giglio.”

 

Ino si era chinata verso le cassette di legno con i semi e li aveva velocemente gettati nei differenti sacchetti con una paletta, poi li chiuse con un cordoncino differente a seconda del contenuto.

Era dunque corsa nel retro ed aveva ammucchiato in un angolo le piantine che Hinata le aveva richiesto.

 

“Senta me, mademoiselle: questi -indicò i vasi con le piantine- sono troppo pesanti per lei. Lasci che glieli faccia recapitare a casa, così non dovrà affaticarsi.” Dalle labbra pallide della donna spuntò un sorriso materno.

Hinata rabbrividì. Quel sorriso. Lei lo aveva già visto da qualche parte.

Lo aveva già visto su un volto più che familiare, e costituiva l’ultimo ricordo della sua bellissima madre. Era stato l’ultimo gesto che Madame Hyuuga aveva compiuto, prima di addormentarsi per sempre, e lo aveva compiuto solo per lei, affinché la sua bambina la ricordasse per l’amore e non per il dolore che da tempo le squassava il corpo.

Ed era una strana casualità che quel cenno, che le comunicava sicurezza e protezione, fosse ricomparso dopo tanti anni in un luogo del tutto inaspettato.

In un paesino dimenticato da Dio, in un negozietto piccolo e stipato, sul volto di una giovane, malaticcia fioraia bellissima.

 

“I-io non so come ringraziarla, madame….lei…è davvero troppo gentile. Quanto le devo?” chiese Hinata, estraendo il borsellino dalle pieghe dell’abito, e introducendo l’indice ed il medio per serrarli intorno a delle monete fredde.

 

“Oh, non si preoccupi, di denaro ne parleremo poi. Ora vada, ne avrà di cose da fare!”

 

In men che non si dica, e senza ben comprendere il come ed il perché, la parigina si era ritrovata in strada con il cestino di vimini appesantito dai sacchetti.

Riprese il suo cammino, facendo qualche altra pausa: in panetteria per acquistare una baguette ed un paio di quiches, una al timballo di manzo ed una alle cipolle rosse, in una pescheria, il cui lezzo di pesce morto era percepibile da circa duecento metri, ed aveva acquistato delle ostriche opulente; nella macelleria, per comprare della carne di vitella fresca da mettere nella ghiacciaia e delle salsicce.

 

Al termine della mattinata, una volta suonate le undici, Hinata si era diretta verso il palazzo comunale, ed aveva scoperto con suo grande sconcerto che il suo cuore aveva preso un’inclinazione decisamente tachicardia. Aveva stretto in grembo le mani gelide e, dopo una breve esitazione, aveva bussato alla porta.

Dall’interno della stanza si sentiva un animato vociare, e provenivano alcune esclamazioni in un idioma stridente e rigido.

 

Entrez, entrez. –era la voce del sindaco Uzumaki, inconfondibile al finissimo orecchio di Hinata- Bonjour, Mademoiselle. Le presento due colonnelli dell’esercito Tedesco, mosieur Hidan, monsieur Kakuzu ed il generale Pein con la sua signora, madame Konan.”

 

La donna si era profondamente inchinata ai quattro individui, che avevano risposto con un freddo cenno del capo. Il primo uomo, quel tale Hidan, aveva però attirato la sua attenzione con la sua bellezza algida ed altera, ed in particolare per quei suoi capelli albini e gli occhi intensi e purpurei.

Le guance candide di Hinata si erano fatte di un innaturale scarlatto.

 

Bonjour, monsieur..Ero venuta a…a portarle una l-lettera scritta d-di mio pugno e mi chiedevo se a-avreste potuto pubblicar-la….Si tratta di una o-offerta d’impiego per una domestica…Vitto ed alloggio inclusi.” Concluse la frase, contaminata da un nevrotico balbettio, ed alzò gli occhi davanti a sé.

 

Fu immobilizzata da due sguardi. Gli occhi cerulei ed allegri del sindaco, le indecifrabili iridi viola del severo tedesco.

 

“Prego, mi dia pure e provvederò quanto prima.” L’uomo le strinse la mano piccola ed intirizzita, e la bocca della giovane si prosciugò completamente.

Sapeva quanto ciò fosse sconveniente: una donna nubile che lasciava che un uomo celibe le stringesse la mano, e che non la ritraeva immediatamente, con pudicizia.

Sapeva che a Parigi una disattenzione tale le sarebbe costata la reputazione.

Sapeva tutto, eppure non riuscì a riprendere controllo di sé, se non qualche secondo dopo.

Naturalmente, troppo tardi.

 

Merci beaucoup.” Strinse le mani giunte al petto, e nel voltarsi frettolosamente urtò il colonnello albino. “Ah! Je…je…je regret, monsieur…” indietreggiò, spaventata da qualsivoglia reazione di quell’uomo statuario e dall’aria irreprensibile.

 

“Non c’è problema, mademoiselle.” Rispose questi con voce suadente, chinandosi per concludere con un baciamano.

 

Le labbra di quell’uomo, calde e morbide, sulla sua pelle lasciarono un impatto di seta indimenticabile.

Hinata uscì di corsa dall’ufficio del Sindaco, e tornò a casa in preda ad un turbine di emozioni tanto forte quanto preoccupante.

 

Je suis perdue.”

 

Sospirò, e poi si tuffò nel ricordo dell’enigmatico, sensualissimo Hidan.

Era perduta.

Perduta in una sentiero a lei sconosciuto: l’amore ed i sensi.

Tutto quel che poteva sperare, a quel punto, era solo di poter contare su qualcuno che la sostenesse.

Un nome infranse lo specchio delle sue ansietà: Ino.

 

 

 

 

.:Spazio Cos:.

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno messo questa storia nei preferiti, e chi ha fatto lo sforzo di recensire. Sono molto gratificata dalle vostre opinioni. Sfortunatamente, non posso in questo momento rispondere ad ogni singola persona, ma sappiate che avete tutti contribuito alla nascita di questo nuovo capitolo, primariamente dandomi lo stimolo a procedere, e poi naturalmente con le osservazioni ed i complimenti, che mi hanno fatto capire dove cambiare e dove invece avrei potuto continuare su questa linea.

Grazie mille a tutti, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo!

 

Un bacio gente!

 

Costanza.

  
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