Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: fedetojen    23/10/2014    2 recensioni
Una ragazza di nome Mya, che frequenta una scuola in cui le diversità di etnie, non erano dei problemi per il preside. Lei, una ragazza dalla media alta, che frequenta il quarto anno, verrà sconvolta da una strana sensazione, si sente osservata e questo la preoccupa, fino a quando non capisce che la causa di tutto ciò è un ragazzo misterioso.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE: Scusate il ritardo >-< eccovi il capitolo spero vi piaccia :D Buona Lettura

Capitolo 7
 
Quel bacio fu bello, intenso e lungo. Sentii delle voci provenire dal corridoio e entrarono in classe. Io e Suga ci guardammo.

“Che vi avevo detto! Alla fine se l’è scopata quella puttanella!!” disse un ragazzo ridendo con gli altri.

Suga non aveva ancora lasciato la presa e non guardava più me, ma il suo sguardo era rivolto ai ragazzi: il suo sguardo cambiò, divenne pericoloso in pochi attimi e se con lo sguardo avesse potuto ucciderli, sarebbero crollati tutti a terra.
Di colpo Suga mi lascia e mi passa di fianco. Mi giro di scatto e vedo quella scena: Suga prende per il collettino il ragazzo che ha appena detto quella frase su di me.
Non riesco a vedere che sguardo ha Suga ma il ragazzo di fronte a lui ha un sorriso strafottente.

“Ripeti ciò che hai detto se ne hai il coraggio” dice Suga con rabbia.

“Putta-” Suga lo sbatte a terra e inizia a dargli pugni in faccia. Ad ogni pugno alza di più il gomito dando sempre più forza.

“Suga! Smettila!” gli grido, ma niente. I ragazzi che poco prima ridevano sono terrorizzati da quella scena: Suga a terra che dava pugni al ragazzo che prima aveva un sorriso strafottente e ora la faccia ridotta a uno schifo. Mi avvicinai a Suga e lo presi per il braccio.

“BASTA!”gli dico tirandolo via da vicino al ragazzo. Suga si stacca e mi guarda soddisfatto di ciò che ha appena fatto. Aveva un sorrisetto sulle labbra, e mi spaventava.

Lo guardai terrorizzata da ciò che aveva appena fatto.
Mi guardò e si rese conto di quanto fossi spaventata da ciò che aveva appena fatto.
Il suo sguardo divenne preoccupato e mentre diede un ultimo sguardo al ragazzo a terra ansimante, mi prese per la mano e mi portò fuori dalla scuola.
Prendemmo la macchina e mi portò a casa.

“Vieni dentro” gli dico mentre mi segue fedelmente. Era sporco di sangue, così come la sua camicia bianca.

“Aspettami in bagno, è la prima porta a destra al piano di sopra.”

Gli dissi mentre cercai nella stanza di mio padre una camicia bianca come cambio.
Arrivai in bagno e lo trovai già senza maglia e che si lavava le mani e la faccia sporche anch’esse di sangue.
Aumentarono i battiti alla vista di Suga senza maglia. Bianco come il latto, magro e con i giusti muscoli, capelli rossi e faccia bagnata.
Era proprio bello, ma ero ancora sconvolta dalla reazione precedente di lui. Mi guardava ancora preoccupato.

“Sputa il rospo” mi dice mentre si asciuga la faccia e s’infila la camicia.

Mi giro e me ne vado in camera e mi siedo sul letto.
Mi raggiunge e si mette appoggiato alla soglia della porta con le braccia conserte.
Il suo sguardo era sexy, accattivante e provocatorio.

“Suga…perché hai reagito così?” gli chiesi guardandolo e aggiustandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio.

“Secondo te perché ho cambiato scuola per 4 volte di seguito?”

“Hai cambiato la scuola per 4 volte di seguito!?!?” gridai e sgranai gli occhi.
Chiuse gli occhi, respirò e si diresse verso di me. Mi prese una mano e la appoggiò sul suo petto.

“Vedi come batte quando sono con te?” mi dice ascoltando il battito accelerato di Suga, come il mio. I nostri occhi si scontrano e s’inseguono.

“Secondo te, potevo stare fermo dopo che ti avevano detto una cosa del genere?” divenne di colpo serio e intrecciò le nostre mani, che prime erano una sopra all’altra sul suo petto.

“Nessuno può offendere la MIA/MYA ragazza” disse giocando con il mio nome e sorridendomi. Sorrisi anche io e mi sentii un po’ meglio dopo quello che mi aveva detto.

“Amore siamo a casa” sgranai gli occhi. Sono arrivati i miei genitori.

“Suga! Muoviti mettiti nell’armadio!” gli dico prendendolo per il braccio e sbattendolo dentro l’armadio.

“Ma perché?” mi dice quasi gridando. Gli chiudo la porta dell’armadio in faccia e si azzittisce.

“Amore tutto ok?” mi chiede mia madre entrando in camera.

“Si stavo sistemando le robe. A voi a lavoro come va?” chiesi mentre mi avvicinai a mia madre e chiusi la camera così da farla allontanare da li.

“Il solito” mi dice mentre scendiamo le scale. Pericolo scampato.

“La mia bambina!” mi dice mio padre mentre mi stringe nel suo abbraccio.

“Papà mi soffochi!” gli dico mentre cerco di staccarmi da quel suo abbraccio stritolante.

“Vado a riposarmi ok?” dico verso i miei avendo come risposta dei cenni con il capo.

Mi fiondo in camera e chiudo silenziosamente la porta. Mi dirigo vero l’armadio e lo apro. Era vuoto. Dov’è finito Suga? Mi guardo intorno.

“Ehi sono qui” mi giro e lo vedo rientrare dalla finestra.

“Mi hai fatto spaventare” gli dico mentre mi siedo sul letto.

Lui entra in camera si mette sulla sedia con le ruote e si spaparanza su di essa a gambe aperte. Incrocia le braccia e mi fissa.
Mi fissa con quel suo sguardo che ti fa sciogliere e ti ricompone in pochi secondi, che ti imbambola, ti viene voglia di andare da lui e baciarlo fino a morire di fame e di sete, solo per il gusto di non staccare le tue labbra dalle sue.

“Smettila” gli dico.

“Di fare cosa?” mi dice sorridendomi.

“Quello sguardo” gli dico indicandolo. Si alza e si avvicina a me. Mi prende il volto con le mani e si avvicina.

“Quale? Questo?” mi dice vicino al mio volto. I nostri nasi si toccano, i nostri occhi si scontrano e si fissano.

“Si” gli dico soffiando sulle sue labbra. Si avvicina baciandomi dolcemente. Assaporo quel bacio dolce che mi da con gentilezza e delicatezza.

“Non posso stare lontano dalle tue labbra” mi sussurra guardandomi negli occhi.
Mi accarezza le guance e mi da un piccolo bacio sul naso. Sorrido e lo fa anche lui, risedendosi sulla sedia e fissandomi di nuovo.

“E ora?” gli chiedo. Mi guarda stupito.

“Ora cosa?” chiede curioso mentre si aggiusta la bandana al collo.

“Come la mettiamo la situazione di oggi? Ti sei incavolato e hai picchiato a sangue quel ragazzo. Domani lo farai con tutti quelli della nostra classe incluso le ragazze?” gli chiedo guardandolo inclinando la testa e incrociando le braccia e le gambe.

“Be se è proprio necessario si” mi dice serio. Lo guardo con sguardo contraddittorio. Scoppia a ridere.

“Scherzo! O forse no. Cercherò di limitare le perdite” mi dice sorridendo.
Avrei voluto picchiarlo, ma quello che aveva fatto a scuola, mi aveva fatto capire quanto ci tenesse a me.

“Devi controllare la tua rabbia” gli dico mentre mi alzo e mi sistemo la maglia. Mi guarda con sguardo malizioso.

“Sei tu che mi fai impazzire” mi dice facendomi l’occhiolino.
Scoppio a ridere e cerco di limitare i rumori mettendomi una mano davanti alla bocca, avevo detto ai miei che stavo andando a dormire e poi stavo ridendo.
Un controsenso insomma.

“Be ci vediamo domani” mi dice dandomi un piccolo bacio e scappando via come un ladro dalla finestra.

Lo guardo mentre se ne va e rido appena sento il rombo della sua ‘bambolina’ che va via di corsa.
Quella sera mi addormentai con il sorriso sulle labbra. Sapere che qualcuno ci tiene a te, fa molto, credetemi.
Lui è un bellissimo ragazzo, forse troppo playboy e anche troppo geloso, ma mi piace così com’è.
Amo quando mi guarda con quei suoi sguardi che sono solo per me, quei suoi dolci baci e quelle battute squallide che ogni tanto fa.
La mattina seguente mi svegliai e trovai al telefono un messaggio.

“Fatti trovare pronta alle otto meno un quarto sotto casa.”

Vidi l’orario ed erano solo le sette. Avevo tutto il tempo necessario per fare colazione e prepararmi.
Sentii il rombo distinto della macchina di Suga e mi affrettai a mettermi la maglia e ad uscire di casa.
Lo vidi nell’auto con le mani sul volante che mi guardava dal finestrino. Appena entrai, mi accolse con bacio.

“Buongiorno bellezza” mi dice mentre parte come un pazzo.

“Guidi sempre così?” gli dico mentre cerco di mettermi la cintura, ma non faccio in tempo che siamo già arrivati a scuola. Scendiamo e Suga mi prende per mano ed entriamo a scuola. Nei corridoi abbiamo gli occhi di tutti puntati addosso.

“Guardatela quella puttanella!” dice qualche ragazzo.

Sento che Suga inizia ad allentare la presa dalla mia mano. Di scatto metto anche l’altra mano sulle nostre e lo guardo impaurita.

“Limita le perdite” gli dico sottovoce.

Mi guarda e fortunatamente si calma. Chiude gli occhi e fa un grande respiro.
Riusciamo così a recarci nella nostra classe e tutti iniziano a guardarci e a chiamarmi in quella maniera.
Suga di scatto si alza e si avvicina davanti al gruppetto di ragazzi che continuava ad insultarmi.

“Allora ascoltate bene tutti!” dice mentre si gira anche verso gli altri della classe.

“Vedete quel ragazzo?” indicò il ragazzo della nostra classe che il pomeriggio prima aveva picchiato.

“Lui ha detto le stesse cose che ora voi state dicendo. Ve lo dico ora e non lo ripeterò mai più: IO e Mya stiamo insieme, se oserete chiamarla ancora ‘puttana’, sarete ridotti come quel ragazzo e anche peggio” dice prima di sedersi affianco a me e prendermi per mano e tranquillizzarsi.

Nessuno fiatò e si sedettero tutti al loro posto appena videro il professore entrare. Stranamente nessuno parlò anche nelle ore di classe.
Si limitavano a parlare fra loro a bassa voce ogni tanto. Io lo fisso, lui se ne accorge e mi guarda accarezzandomi una guancia e facendomi ritornare alla realtà e facendomi voltare la faccia per l’imbarazzo.

“Oh-oh t’imbarazzi anche? Quante volte ti ho accarezzato?” mi dice vicino all’orecchio. Lo guardo stupita.

“Ora è diverso, abbiamo gli occhi di tutti addosso e mi da un certo fastidio e imbarazzo.” Gli dico abbassando lo sguardo.

“Vedo che siete una coppia felice” di scatto alzo lo sguardo e vedo la biondona di Deborah con le mani incrociate e lo sguardo dritto verso di me.

“Si problemi?” dice Suga alla bionda.

“Non sto parlando con te” gli dice irritata Deborah.

“Ehi! Abbassa i toni barbie!” gli dico rispondendo a tono e guardandola con sguardo serio. Mi fa una piccola smorfia e ritorna a parlare.

“Non sei diversa da me infondo” mi dice facendomi un sorrisetto. Mi alzo di scatto ma subito Suga mi blocca non facendomi avvicinare più di tanto a lei.
Non guardo Suga ma continuo a guardare storta la bionda.

“Ritieniti fortunata che mi ha bloccato Suga, se no saresti già in infermeria.” Gli dico mentre mi risiedo con calma.
La bionda mi continua a sorridere, avrei voluto togliergli quel sorrisetto falso dal volto una volta per tutte.

“Va via Deborah” dice Suga. Ma la bionda ha davvero coraggio nel restare ancora li davanti a noi.

“Non sono più la tua puttana” dice Deborah a Suga. E no, ora basta. Mollo la presa di Suga e butto uno schiatto a Deborah.

“Ora ti conviene davvero sparire prima che ti pesto a sangue e non ti riconoscerai nemmeno più allo specchio” gli dico infuriata come una bestia.

Suga mi mette una mano sul polso cercando di calmarmi ma ormai la giornata era stata rovinata.
La bionda con ancora i segni visibili delle mie cinque dita e con il suo solito sorrisino sul volto, se ne va con la coda fra le gambe senza fiatare.

“A me hai detto di contenere le perdite” dice ironico Suga.

“Non puoi capire Suga” gli dico mentre guardo fuori la finestra.

“Certo che capisco” mi dice stringendomi la mano nella sua.

La giornata a scuola dopo quel piccolo disguido con Deborah passò tranquillamente.
La mattina seguente mi svegliai ma non guardai la sveglia.
Mi vestii e mi diressi verso la fermata. Poco prima di arrivare alla fermata, il pullman era appena arrivato e così com'era arrivato se né andò.
Non feci in tempo a prenderlo, anche se avevo corso, così decisi di aspettare il prossimo.
Alla fermata tirava parecchio vento e la maglietta leggera della divisa era come uno strato della mia pelle: troppo sottile contro il vento gelido di fine ottobre.
Finalmente dopo non so quanto arriva il pullman e mi ci fiondo dentro, in cerca di un po’ di calore.
Arrivo a scuola e prendo il telefono dalla tasca e controllo l'orario: erano appena le sette e dieci.
Guardai sconvolta il telefono e mi chiedevo come mai scesi di casa con tanta foga e poi ritrovarmi lì ad aspettare per più di mezz'ora, finché la scuola aprisse.
Rimasi imbambolata a guardare l'orario e mi accorsi che qualcuno mi stava chiamando.

“Pronto?” dissi con voce tremante a causa del gelo e del freddo che avevo.

“Buongiorno” lo riconosco da subito.

“Suga ma per caso sei già pronto?” gli chiedo con voce flebile.

“No perché?” mi chiede con un accenno di curiosità.

“Perché non ho visto l'orario e sono già davanti a scuola” gli dico cercando di riscaldarmi camminando. Lui scoppia in una risata dall'altra parte.

“Non ridere che sto congelato!” gli urlo al telefono. Sento che si ammutolisce.

“Ho capito dammi dieci minuti e sono li da te” mi dice serio chiudendo infine la chiamata.

Appena chiudo la chiamata sento un rombo troppo familiare e mi volto. La macchina si ferma vicina a me e si abbassa il finestrino.

“Brian!” esclamo sorridendo. Lui mi sorride illuminando la giornata. 
   
 
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