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Autore: x_Secrecy_x    23/10/2014    3 recensioni
|One-Shot |Introspettivo |Esperimento (?) |Titolo dato un po' a caso| Modern!AU |Doctor!Gilbert |Patient!Oz| Tematiche delicate, forse|
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Qualche volta la sua amica Sharon lo prendeva in giro ridacchiando che era davvero strano vederlo nei panni di dottore, soprattutto specializzato nella psiche umana: Gilbert Nightray era una delle persone più apprensive e impacciate che conoscesse. Con quel suo inspiegabile istinto materno nei confronti di tutti, il complesso di inferiorità e la terribile ailurofobia era quasi impossibile figurarselo come un esperto nella cura di patologie mentali. Forse non aveva neanche tutti i torti, eppure c'era anche da dire che era piuttosto conosciuto nella cittadina di Sabriè, forse anche perchè era l'unico psicopatologo nei dintorni.
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Magari ci si becca dentro,
Macca
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gilbert Nightray, Jack Vessalius, Oz Vessalius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I'll Save You

-Dottr Gilbert! Mattiniero come sempre, vedo.-
-Sa, il lavoro chiama.-
-Ah, cosa non si fa per portare la pagnotta a casa?-


Gilbert si grattò preoccupato la testa mentre controllava attentamente la sua agenda. Quella, lo sapeva, si prospettava come una giornata decisamente impegnativa. Tra meno di quindici minuti il suo studio si sarebbe trasformato in una gabbia di scimmie come, d'altronde, capitava quasi tutti i giorni. Ma dopotutto non poteva neanche lamentarsi: aveva deciso lui di diventare uno psicopatologo, non l'aveva costretto proprio nessuno. Oltre al fatto che dopo aver concluso gli studi aveva deciso di diventare indipendente dalla sua famiglia, che i soldi per sostenerlo in caso di ripensamenti li aveva.

Qualche volta la sua amica Sharon lo prendeva in giro ridacchiando che era davvero strano vederlo nei panni di dottore, soprattutto specializzato nella psiche umana: Gilbert Nightray era una delle persone più apprensive e impacciate che conoscesse. Con quel suo inspiegabile istinto materno nei confronti di tutti, il complesso di inferiorità e la terribile ailurofobia era quasi impossibile figurarselo come un esperto nella cura di patologie mentali. Forse non aveva neanche tutti i torti, eppure c'era anche da dire che era piuttosto conosciuto nella cittadina di Sabriè, forse anche perchè era l'unico psicopatologo nei dintorni.

Alla fine però doveva ammettere che il suo mestiere gli piaceva. Gli permetteva di conoscere molte persone e le loro particolari situazioni: gli erano capitati casi di licantropia clinica, vampirismo, sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie e anche quella del Morto Vivente. Poi c'erano i pazienti fissi, come Xerxes Break, un eccentrico signore con un particolare disturbo alimentare o Reim Lunettes, un uomo molto saggio più o meno della sua età che soffriva di una mania ossessiva compulsiva, e aveva anche finito con il fare amicizia con i due. C'era poi chi veniva da lui semplicemente per sfogarsi un po' e chiedere consiglio come capitava a suo fratello Elliot e il suo fidanzato, Leo (che, se proprio doveva essere franco con se stesso, Gilbert aveva pensato più volte che avesse bisogno delle sue cure, ma a quanto pare suo fratello era una terapia più che efficace per i suoi scatti di rabbia e gli sbalzi d'umore).

Continuò a guardare l'agenda. Oggi avrebbe incominciato proprio con Xerxes, poi ci sarebbero state delle visite di controllo e, infine, nel primo pomeriggio avrebbe avuto una seduta di due abbondanti ore con Oz. Sempre se fosse stato Oz, ovviamente.

La persona in questione era un ragazzo un po' più piccolo di lui, abbastanza basso ed esile, capelli biondi spettinati e affascinanti occhi verdi. Era davvero meraviglioso secondo Gilbert: gentile, disponibile, forte, anche. Qualche volta nei suoi occhi l'uomo poteva vederci delle scintille di vitalità e allegria, sprazzi di quel carattere che una volta doveva possedere e che tentava di mantenere anche in quel periodo, orami cosciente del suo disturbo e in cura da un tempo più che discreto. Sarebbe stato bello poter dire che sarebbe sicuramente guarito presto, che la sua terapia non sarebbe durata troppo tempo, ma la cosa era quasi impossibile: di tutti i casi di cui si occupava il suo era decisamente il più delicato, come i petali di un fiore, un prezioso oggetto di cristallo, eppure era quello in cui Gilbert sperava di più, quello in cui riponeva più fiducia. E, passando molto tempo con lui, era arrivato a provare un profondo affetto per il ragazzo. Lui voleva che guarisse, lui doveva guarire. E a lui spettava il compito di aiutarlo nella difficoltosa impresa. Dopotutto i progressi c'erano dalla prima seduta, risalente a ormai due anni prima.


~◊~

-Vorrei sottoporre mio nipote ad una visita.-
-Certamente. Mi potrebbe descrivere il suo comportamento e gli eventuali sintomi?-
-Il problema è proprio questo: non riusciamo a capire cosa ci sia di sbagliato in lui.-


Era iniziata così la chiacchierata con Oscar Vessalius quando si era presentato, in una soleggiata mattinata di Aprile, nel suo studio con il nipote poco più che ventenne. Sembrava preoccupato. Continuava a ripetere che Oz, era questo il nome del ragazzo, semplicemente qualche volta non sembrava Oz, che usciva di casa per poi rientrare completamente scombussolato e aveva grandi buchi temporali nell'arco della giornata: era possibile che si dimenticasse azioni compiute poco prima o addirittura intere ore. Gilbert ammetteva che la situazione turbava anche lui. Non gli era mai capitato un caso simile, ma c'era anche da dire che aveva da poco aperto lo studio ed iniziato a lavorare e pensava che  la sua mancanza di una spiegazione per quei sintomi fosse abbastanza normale, l'inesperienza. Aveva accettato di parlare con Oz perchè era dell'idea che magari l'avrebbe aiutato a comprendere la situazione. Aveva fatto accomodare il biondo su una poltrona davanti alla sua scrivania e, penna e blocchetto in mano, aveva iniziato a fargli delle domande.

-Allora, Oz, come ti senti?- aveva iniziato con quella domanda pensando che fosse una delle più semplici, oltre che la migliore con cui cominciare.
Aveva ricevuto un'occhiata disorientata, frustrata e anche un po' stanca, come se quel quesito gli fosse stato posto più volte e lui, un po' per inerzia e un po' per non far preoccupare le persone a lui vicine, avesse sempre risposto nella stessa maniera.
Si era poi sciolto in un risolino a metà tra il nervoso e il divertito. -Devo essere sincero?- aveva semplicemente ribattuto. Alla risposta affermativa di Gilbert, un semplice cenno con il capo che stava anche ad incitarlo, il ragazzo era tornato serio.

-Non lo so.-

Ed è stato così che aveva iniziato il suo racconto sotto sua richiesta. Aveva affermato ciò che gli era stato riferito da suo zio, con l'aggiunta che solitamente non si ricordava quando usciva né perchè uscisse, ma semplicemente si ritrovava per strada, su un marciapiede o in qualche vicolo. Aveva iniziato a soffrire d'ansia, aveva confessato, perchè aveva sempre la terribile paura di dimenticarsi cose importanti o ritrovarsi chissà dove. Qualche volta sentiva una voce nella sua testa che sicuramente non gli apparteneva, aveva detto, e gli dava suggerimenti assurdi.
Il ragazzo oltre a quello sembrava assolutamente normale: non aveva tic, non era ossessionato dall'ordine, la pulizia o cose simili e nemmeno aveva sintomi che potessero portare a schizofrenia o patologie minori, e da lato medico non poteva neanche soffrire di Alzheimer. Poteva venirgli in mente solo un disturbo da ansia generale, qualcosa di poco grave, insomma, ma era confuso e, dopo un'intera ora passata a interrogare, per così dire, il ragazzo senza venire a capo di niente, decise di chiedere se potevano rivedersi per una seconda seduta, speranzoso di riuscire ad aiutarlo.

~◊~

-Ti prego, Jack, lascia quel fermacarte da dove l'hai preso.-
-Oh, che bravo! Mi hai riconosciuto! E a pensare che fino a qualche secondo ero sicuro che sarei riuscito ad ingannarti.-


Il disturbo di Oz era venuto fuori con una lentezza esasperante, quasi logorante. Non era così irrilevante come avevano pensato all'inizio, né così semplice e facile da trattare. Il problema del giovane Vessalius era grave, straziante e terribilmente difficile da sopportare. Era un Disturbo della Personalità Multipla. Il lato positivo era che, per fortuna, di personalità ne aveva semplicemente due: la sua e quella di Jack. I lati un po' più preoccupanti erano che non si sapeva a cosa fosse dovuta e che la personalità secondaria del ragazzo non era per niente facile da gestire.

Jack Vessalius aveva circa una decina di anni in più di Oz. Era convinto di essere lui la personalità ospite, quella principale, e cercava in tutto per tutto di far male alle persone a cui l'altro teneva. Si era presentato per la prima volta durante la loro terza seduta quando, ad un certo punto, mentre stava parlando, Oz si era interrotto, aveva sbattuto ripetutamente le palpebre e si era guardato intorno. Gilbert gli aveva chiesto se c'era qualcosa che non andava e quando non aveva risposto l'aveva chiamato più volte. Il ragazzo si era girato verso di lui e, scrutandolo attentamente come se fosse stata la prima volta che lo vedesse, aveva semplicemente emesso un risolino e detto:- Mi chiamo Jack, non Oz. Si può sapere chi sta chiamando?-.

Gilbert si era così messo a parlare con Jack. Si era accorto che lui era pienamente consapevole di Oz ma non viceversa e che l'uomo non perdeva mai l'occasione per scimmiottarlo o prenderlo in giro. Dai suoi discorsi aveva intuito un eventuale pensiero ossessivo nei confronti di una certa Lacie, di cui però ripeteva solamente il nome ma non dava indicazioni pienamente chiare. Aveva citato anche un tale di nome Glen, ma in modo decisamente più sporadico, e neanche di lui aveva ricevuto descrizioni o dettagli, tanto da preoccuparsi che potessero essere altre due personalità. L'aveva domandato al diretto interessato, ma gli aveva spiegato che no, loro non erano là con lui. Aveva chiesto ancora. Chi erano Glen e Lacie? La risposta era stata del tutto inaspettata.

-Erano dei miei cari amici.- aveva detto con aria nostalgica. -Adesso però non ci sono più. Sa, sono passati più di cento anni da quando ho ucciso Glen.-.
Ed era stato a quel punto che Gilbert era arrivato alla conclusione che Jack fosse completamente pazzo.

Con Jack aveva passato una discreta quantità tempo, ma rimaneva nulla in confronto alle ore che aveva passato con Oz, anche perchè aveva iniziato a provare un terribile senso di fastidio quando c'era lui. Sempre a parlare in quel modo vacuo, superficiale, senza mai focalizzarsi su qualcosa di minimamente importante che potesse aiutare lo psicopatologo a capire qualcosa della situazione, con quel suo tono scaltro e manipolatore e la calma costante che manteneva anche quando Gilbert, nei momenti peggiori in cui non riusciva più a trattenersi, gli urlava contro.
Erano state vane le sue tecniche di persuasione per cercare di convincerlo a rivelare qualcosa, così aveva deciso di passare al sodo: avrebbe cercato di aiutare Oz, si sarebbe preso cura di lui e l'avrebbe guarito con o senza l'aiuto di Jack, anche se rimaneva un'impresa titanica senza avere delle basi certe e, lo sapeva benissimo, per curare un disturbo serio come quello la ricostruzione degli eventi passati era fondamentale.

~◊~

-Tu lo ami?-
-Non lo so, Sharon. La considererei una specie di ossessione.-
-Ma l'amore non è anche ossessione, Gilbert?-



Sospirò mentre sistemava la propria scrivania. Era tutto totalmente a soqquadro. Certo, avrebbe dovuto mettere in ordine prima della pausa pranzo, ma era andato a mangiare nella caffetteria accanto allo studio con suo fratello Vincent, che l'aveva praticamente trascinato fuori dalla stanza mentre stava ancora compilando alcuni moduli su uno dei suoi ultimi pazienti. Guardò l'orologio appeso alla parete e controllò l'orario. Mancava poco più di un quarto d'ora all'arrivo di Oz. Sorrise. Quelli erano diventati i momenti migliori della settimana. Stare vicino a quel ragazzo piuttosto travagliato gli piaceva. Chiacchierare, consolarlo, semplicemente ascoltarlo mentre gli raccontava la settimana, i fatti accaduti. Sapeva che non doveva affezionarsi più di tanto ai suoi pazienti, eppure Gilbert non era stato in grado di non attaccarsi sentimentalmente al Vessalius.

Sharon, che era una grande appassionata di romanzi d'amore, qualche volta diceva che al solo pronunciare il nome del biondo, gli occhi del corvino iniziavano ad accendersi e sulle sue labbra si increspava, forse involontariamente, un sorriso. Amore, Gilbert, è amore! blaterava tutta allegra. Gilbert le rispondeva sempre che stava fraintendendo tutto, che aveva confuso un profondo affetto materno per qualcos'altro, che erano due maschi e probabilmente non sarebbero stati visti di buon occhio dalla società e, in primis ancora, dalle loro due famiglie, che avevano un rapporto di odio-amore da anni. Ma poi si mordeva sempre la lingua accorgendosi che, oltre a stare mentendo alla propria amica, stava mentendo anche a se stesso. Si ritrovava quindi a fare lunghe sedute di riflessione, da solo, spesso nel suo studio, qualche volta in camera sua, disteso sul letto a guardare il soffitto facendosi domande che spesso rivolgeva ad alcuni dei suoi pazienti o che gli facevano ricordare tanto i pensieri di una ragazzina in piena crisi adolescenziale.

Alla fine però aveva fatto il punto della situazione e, arrendendosi all'evidenza, si era diagnosticato il problema: era chiaramente innamorato di Oz Vessalius.
Il suono di un campanello lo fece destare dai suoi pensieri. Era arrivato. Sistemò ancora un po' la scrivania per poi andare verso la porta. Non importa quanto fosse stato difficile, si disse mentre girava la maniglia. Lui sarebbe sicuramente riuscito a salvare Oz. Magari sarebbe stato un percorso lungo, quello da intraprendere, ma l'avrebbe percorso tutto senza esitazioni. Glielo doveva a lui, a suo zio Oscar, alla sua sorellina Ada e a tutte le altre persone che stavano introno al ragazzo.
Sarebbe riuscito a fare chiarezza su tutto, non si sarebbe arreso, non si sarebbe tirato indietro.
Per lui.
Sorrise mentre apriva la porta e faceva accomodare il suo paziente nello studio.

Era il momento di cominciare.


~L'angolo di Macca
Salve♪
Eccomi di nuovo qua!
Devo ammettere che questa storia era nata per essere piuttosto corta, ma si è trasformata in un testo di circa duemila parole.
Diciamo che la Gil*Oz non è proprio una mia OTP, ma per questa storia era sicuramente la più adatta.
L'idea mi è venuta in mente mentre stavo rileggendo l'ultimo volume di Pandora Hearts uscito in Italia: Jack sembrava così tanto una seconda personalità di Oz (cosa che più o meno è) che non ho resistito (questo grazie anche al libro che sto leggendo che parla prprio di questo particolare disturbo). Per lo più questa storia è stata una specie di esperimento grafico, basti guardare i paragrafi con l'introduzione dialogata in corsivo (?).
Bene! Vorrei ringraziare la mia adorabile cuginetta che mi ha tenuto compagnia mentre scrivevo, la mia consulente, aka P s i c h e, chi avrà la bontà di lasciare un commentino alla storia and you! che hai letto questo papiro e sei arrivato fino a questo punto!
Informatemi anche di eventuali errori.
Grazie per aver letto,
Ditemi un po' che ne pensate,
Macca~♪

  
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