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Autore: Magali_1982    24/10/2014    4 recensioni
"Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità." Mai come dopo una distruzione totale servono punti di riferimento. Persino a un uomo definito "Leggenda Vivente". Steve e Captain America ora sono due entità divise, in conflitto. Sole. Alla ricerca di un modo per convivere e di un nome creduto perso in una tormenta di neve. A volte, l'unico modo per andare avanti è tornare indietro, a casa e scoprire di non essere stati i soli a farlo perché esiste un altro Soldato dilaniato tra due nomi. La loro guerra è la stessa e ciascuno cerca di punti fermi per non precipitare; un viaggio lungo e allo stesso tempo brevissimo, scandito da una lista.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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"Da quando è diventato un esperto di Astrofisica termonucleare?"
"Ieri sera."

Il mondo a volte era davvero un unico concentrato di ostinazione, pensava Tony Stark. Avrebbe mai visto sorgere il sole sul giorno in cui qualcuno, chiunque, si sarebbe accorto di come la sua mente non dormisse mai o non compisse mai meno di trenta ragionamenti finiti al minuto?
Era la croce e la delizia dei geni, amava ripetere quando era in vena di dare sfogo al suo ego, in modo tale da ricondurlo a una dimensione tollerabile per chi viveva con lui.
Solo una persona poteva comprendere quanta verità ci fosse dietro una battuta da spaccone millantatore e ora, stava passando un braccio attorno alle spalle della Ragazza-Destinata-A-Stevie-Caro.
Pepper stava cercando di fare forza ad Andy; la breaking news della ABC doveva averla colpita allo stomaco con la potenza della miglior sventola rifilabile da un Dio Norreno che ora, presumibilmente, stava facendo tutti i suoi bravi compiti per arrivare a una richiesta di cittadinanza in terra britannica.
Occorreva un rapido riassunto dei fatti.
Notizia del rapimento.
Informazioni di rito.
Numeri di telefono di famigliari e amici.
Stop!

Ecco la variabile.
La ragazza, che in un primo momento si era limitata a impallidire rimanendo immobile, aveva avuto uno scatto rabbioso solo all'ultimo numero passato sullo schermo.
La nuova variabile schizzò debitamente al suo posto e l'equazione si risolse in un secondo: quello doveva essere il contatto del famigerato ex, quello di cui lei aveva parlato con Steve.
Nella sua testa si aprì un piccolo corollario: Andy purtroppo non era ancora insieme a un bisognoso Capitano con all'attivo settant' anni di arretrati ma se aveva interpretato correttamente certe allusioni di Pepper, certi suoi arricciar di labbra, il problema si sarebbe risolto e senza che lui fornisse preziosi consigli su come rimanere senza vestiti e in piacevoli posizioni scarica-stress.
Perché Pepper arriva ad alcune cose prima di me?!
Corollario da chiudere, subito.
Tornando all' equazione principale, era chiaro che la loro illustratrice non aveva fatto salti di gioia nel sapere coinvolto quel ragazzo nella sua sparizione. Un punto in più per il suo attempato amico.
Non c'erano rischi di ritorni di fiamma.
Era tempo di passare al resto dei problemi. Doveva pur riempire i circa due secondi preventivati per la prima soluzione.
Con quella notizia e quei filmati in mano ai media, rischiavano di saltare diversi effetti a sorpresa su cui contava per imbastire il colpo mortale all' HYDRA: avevano scoperto le basi, la loro locazione approssimativa, lo scopo ma rimanevano alcuni dubbi. Jarvis stava ancora lavorando alla tracciabilità dell' hosting dei loro nemici, anche se era chiaro fossero stati una serie di server paralleli e segreti a fornirlo, in modo che le informazioni necessarie venissero travasate senza tema di venir scoperti.
In secondo luogo, avevano una bomba pronta ad esplodere proprio tra loro.
Pare proprio abbia trovato una nuova amica, mh?
Come già ripetuto più volte dalla sua arguta, amabile, impossibile e insostituibile fidanzata, Mr. Stark non era poi tanto un genio nelle questioni riguardanti sentimenti ed empatia ma persino lui si sarebbe accorto di come il Sergente Barnes si fosse affezionato ad Andy.
Anzi, ad Andunie.
Anche adesso era combattuto tra l'avvicinarsi a lei per esprimerle solidarietà o rimanere fermo dove si trovava, con un piatto in mano e delle inutili bacchette nell' altra.
Qualcuno non così amante della discrezione, requisito richiesto in ogni colloquio di lavoro per le Stark Industries, avrebbe potuto ricordare l'arrivo non proprio pacifico del Soldato d' Inverno al grattacielo e riconoscere nella ragazza sporca, ferita e fradicia di pioggia al suo seguito proprio quella andata via con Pepper nemmeno tre giorni prima. Questo significava solo una cosa.
CIA.
FBI.
Consiglio Nazionale per la Difesa.
Guai.

E i guai erano pessimi rallentamenti sulla strada della loro missione. Ah, a questa doveva ancora trovarci un nome, un nome pomposo e d' effetto ma non dubitava di assolvere alla lacuna al più presto.
Messo in temporaneo stand-by quell' inghippo veniale, occorreva risolverne uno urgentissimo.
"Maggiore Wilson?" lo raggiunse con fare amabile, battendogli una mano sulla spalla.
"Mi rendo conto che non faccia ufficialmente parte del club ma ho una cosa da chiederle."
Gli occhi scuri del soldato erano una perfetta sintesi di perplessità e curiosità. Accennò col capo verso Tony.
"Se, ipoteticamente, occorresse andare a fare una gita fuori porta a Brooklyn, lei sarebbe dei nostri?"
"Certamente!"
"Ma non avrebbe il suo cestino per il pranzo sull' erba."
Il fuoco appena acceso venne spento da una pesante, soffocante coperta. Sam dovette annuire, le labbra tese come i muscoli del suo collo, di colpo rigido.
Le sue ali erano andate distrutte e perdute nello scontro di Washington, sul ponte dell' ultimo Helicarrier e il responsabile di tale scempio adesso non poteva nemmeno venir incolpato direttamente; più di non potersi vendicare, gli bruciava la prospettiva di dover addossare nuovi capi d' imputazione a un uomo come il Sergente Barnes.
"Purtroppo dovrei stare a digiuno."
"Non è detto."
Stranito e diffidente, Sam ricambiò lo sguardo di Tony, già scintillante alla prospettiva che si stava edificando tra le quattro ossa craniche destinate a proteggere un cervello da milioni -se non miliardi- di dollari.
"Abbiamo il tempo necessario?"
Davvero in gamba, il Maggiore.
"Dove pensa di trovarsi?"
"Ma i permessi e i progetti-"
Spintonandolo verso l'ascensore, Tony scacciò quella blanda protesta con un pigro cenno della mano.
"Quello era il tempo dello SHIELD vecchia maniera. Adesso ci siamo noi e ho appena deciso che la burocrazia federale è noiosa e fuori moda."




Sam e Tony non furono gli unici ad abbandonare la cena prima della sua naturale conclusione.
Se la loro sparizione fu rapida e silenziosa, quella di Andy seguì i più classici dettami dell' educazione. Borbottò una scusa a Pepper, posò quanto stava mangiando e chiese di potersi ritirare in camera sua. Non ottenendo risposta, si voltò e trovò da sola l' uscita, senza che nessuno trovasse un modo efficace per fermarla.
Steve avrebbe voluto seguirla; la sua espressione nel vedere quel servizio televisivo gli aveva chiuso lo stomaco e per nulla al mondo avrebbe voluto lasciarla sola in un momento simile. Una mano d'acciaio lo prese alla spalla sinistra.
"So che sei animato dalle migliori intenzioni" mormorò Bucky, cercando i suoi occhi "ma non è una principessa in pericolo, né una bambina bisognosa di aiuto. Lasciala andare, vuole rimanere da sola."
Si conoscevano da pochi giorni ma il Capitano si era figurato di avere a che fare con una ragazza capace di far capire chiaramente cosa volesse o no. Il suo incedere era stato fermo, per quanto rigido e stillante gelo e non si era mai voltata indietro. Non stava cercando qualcuno che le offrisse conforto ma solo un momento, un rifugio isolato dove potersi riparare e constatare il danno delle nuove ferite.
"Ora siamo noi gli estranei che non possono capire" mormorò abbassando il capo. Sulla lingua, la frustrazione aveva un pessimo sapore.
"Esatto. Ha deciso di andarsene, non portarle via la dignità di questa scelta."
Steve sorrise; un sorriso triste che preoccupò James, non capendo da dove nascesse. L'amico se ne accorse e posò su quella mano artificiale la propria.
"Una volta, una persona mi disse qualcosa di molto simile. Riuscì a tenermi buono il tempo di organizzare il più grosso attacco degli Howling Commandos contro il Teschio Rosso."
"Questo perché sei un maledetto testone; avrei altri epiteti in mente ma ci sono delle signore presenti. Ti aspetto più tardi."
Se ne andò anche lui, seguito da un'occhiataccia di Natasha.
"Nemmeno io sono una delicata statuetta di porcellana. Non ha idea di che imprecazioni ho imparato, in Afghanistan!" sentenziò brusca. Steve scrollò il capo.
"Pepper, ci dispiace di aver rovinato la cena. Credo sia meglio andare a riposare, per quanto possibile."
La donna sospirò e annuì. "Tenetevi pronti; con le indagini della Polizia in corso, forse saremmo costretti a ben altro tipo di azioni."
Toccò al Capitano l'onore di mostrare gli alloggi privati dei Vendicatori a Occhio di Falco e alla Vedova Nera.
I loro appartamenti si trovavano sotto il suo, dotati ciascuno di una camera da letto, un soggiorno e un bagno personale. Jarvis si premurò di chiarire che al minimo bisogno di aiuto, avrebbe provveduto a qualsiasi esigenza.
Clint sbottò una risata a denti stretti, quando prese possesso della sua stanza: era stata progettata perché avesse un soffitto più alto, in modo da ricavare un soppalco dove troneggiava un letto-futon poggiato sopra una struttura di legno laccato di nero.
"Non ho mai avuto un nido con una vista simile su Manhattan!" commentò divertito, prima di soffocare uno sbadiglio; era il suo ritorno negli Stati uniti dopo la falsa missione, la fuga per le contee d' Inghilterra e la sua riunione fortunosa con la compagna e Nick Fury. Persino un agente preparato e dotato come lui poteva risentire di un periodo simile.
"Niente sgabuzzino delle scope" notò Natasha piantando le mani sui fianchi e osservando l'eleganza della sua camera.
"Forse Stark non ti trova tanto odiosa."
"Controllerò comunque che non abbia piazzato cariche esplosive sotto il materasso. Buonanotte, Steve."
Stavano per lasciarsi, quando la mano destra della Vedova Nera lo afferrò per il polso; una sorella recalcitrante a definirsi tale che bloccava premurosamente un fratello.
"Per quanto il Sergente Barnes sia stato saggio nel consigliarti, accertati che Andy stia bene."
Il Capitano sorrise sornione. "Sai che lo avrei fatto."
"Meglio così, non avevo alcuna voglia di costringerti!" E chiuse la porta.
Steve si trovò solo; ne approfittò per darsi una lavata alla faccia e recarsi all' appuntamento con Bucky.
Non negava di essere curioso di conoscere il motivo di tanta segretezza per il loro incontro ma con l'antica complicità rimasta intatta dopo tutto quel tempo, aveva intuito ce ne dovesse essere uno molto serio.
La palestra era immersa nel buio fasullo di un ambiente sospeso sopra le luci di una delle città più popolose del mondo; il chiarore senza mai fine di New York galleggiava sul pavimento, formando pozze chiare e riverberi strani sui macchinari per gli allenamenti cardiocircolatori e sul ring al centro.
Steve assottigliò gli occhi; Bucky aveva trascinato una delle panche verso le vetrate e ora stava fissando uno spettacolo certamente nuovo per lui.
"Una volta sono salito con mio padre sull' Empire State Building."
"Sì, me lo ricordo; mi raccontasti tutto quella sera mentre mangiavamo insieme; eri dispiaciuto non fossi potuto venire e volevi dirmi ogni dettaglio di quanto avevi visto."
James mosse il capo per guardarlo sedersi vicino. "Avresti dovuto esserci anche tu."
"Era impossibile, con la mia asma."
"E' sempre stata una città piena di luci ma adesso...é persino troppo."
Steve poggiò i gomiti sulle ginocchia, lasciando vagare lo sguardo sui grattacieli. "Alla fine ci si fa l' abitudine."
Sentì gli occhi dell' amico spostarsi dal panorama al suo profilo.
"E' il tuo caso?"
"Lo sarà a breve, Buck. Sono tornato relativamente da poco e al mio risveglio, due anni fa, non sono rimasto qui per molto tempo."
New York sarebbe sempre stata l'unità di misura del suo rimpianto. Il metro di paragone per stabilire quanto aveva perso per sempre. Tornarci a vivere in pianta stabile, senza ricordare i volti di gente amata e perduta nel terribile scorrere di un tempo a lui negato, sarebbe stato troppo.
La vittoria contro Loki e il suo esercito alieno aveva portato alla scoperta di poter essere ancora un Eroe.
Un Eroe utile, con la sua forza e il suo scudo. Tolti quelli però, cosa restava?
Era una rivincita dell' ironia il porsi la domanda che aveva sdegnosamente rifilato a un milionario fatuo ed egocentrico.
Per non chiederselo, aveva accettato il trasferimento a Washington e un impiego stabile nello SHIELD, che lo aveva messo a capo delle missioni più complesse fino alla scoperta del progetto Insight.
"Non riuscivi a rimanere qui, vero?" chiese una voce monocorde. L'uomo sotto una divisa scintillante annuì, sancendo un silenzio più significativo di mille discorsi.
"Di cosa volevi parlarmi?" lo interrogò dopo qualche minuto.
"Di Natasha."
Bucky si alzò con tanta rapidità da non dargli il tempo di sconcertarsi. Stava già puntando il ring, quando Steve si riprese e lo seguì.
"Nat? Senti, alla fine ti ha aiutato con la ferita. Non avercela con lei."
James fece spallucce e scavalcò le corde, entrando nel perimetro di combattimento. Doveva dirlo, senza perdersi in inutili preamboli o per la prima volta dopo il suo ritorno in se, si sarebbe macchiato di vigliaccheria. Guardò Steve dall' alto in basso.
"Il suo vero nome é Natalia e io la conoscevo. Da ben prima che le sparassi, cinque anni fa, in Iran."




L'acqua era calda, il vapore profumato dagli estratti di lavanda e miele del bagnoschiuma.
Natasha chiuse gli occhi, tirò indietro la testa e si mise sotto il getto, lasciando che i capelli si lavassero dello shampoo.
Era strano, non avere più tanto freddo. Si era abituata a quella sensazione, così tanto da sentire fisicamente il vuoto lasciato dalla sua mancanza. Era un persistente angolo di buio, vivo e pulsante come un cuore, in attesa di venir riempito.
Chiuse il rubinetto e tornò a vedere. Aprì le vetrate a scorrimento della doccia e nuda, andò davanti allo specchio del lavandino. La superficie appannata non riusciva a nascondere il riflesso di un corpo di donna meraviglioso, reso più umano e fragile da due tonde cicatrici: una all'altezza del fianco sinistro e la seconda, poco più in alto, tra l'articolazione della spalla col collo.
Sfiorò quest'ultima mentre lo sguardo diveniva più duro.
Aveva avuto paura.
Quando la pallottola le aveva attraversato con la sua scia di fuoco e dolore il muscolo trapezoidale, abbattendola di schianto contro la fiancata di un SUV abbandonato su una strada di Washington, per quel foro minuscolo era passato un dardo di gelo tale da spazzare via l'incendio generato dal trauma del colpo.
Si era trovata braccata, a un passo dalla morte. Come nel deserto iraniano, come prima.
Un prima conosciuto solo perché, da qualche parte, era esistito un corposo dossier sulla Vedova Nera e il suo operato antecedente il suo ingresso nello SHIELD.
Un prima che era stato la causa scatenante dalla sua fuga dalla Ex Unione Sovietica.
Qualche tempo dopo il suo risveglio, con Clint seduto accanto al suo letto d' ospedale, le era stato detto che aveva trent' anni e di essere stata addestrata negli Stati Uniti. Slavate origini russe, una cittadinanza onoraria, la capacità di parlare correttamente svariate lingue e un talento innato per portare la morte con i suoi occhi da gatto.
Non le serviva sapere altro e da donna pragmatica quale era, si era fatto bastare un castello di bugie per dimenticare quanto aveva sperato di ottenere sottoponendosi volontariamente alle sedute di riprogrammazione mentale.
Lasciare che degli scienziati giocassero col suo cervello, per svuotarlo e riempirlo d'altro; l'ultimo tentativo disperato di aprire una porta coperta di ghiaccio e scoprire cosa nascondesse di tanto terribile da sigillarla per sempre.
Aveva perso la partita e non vi aveva più pensato fino a Loki.
Poteva essere un gran vanto, quello di sapere di essere stata l' unica donna mortale in grado di sconfiggere il Dio dell' Inganno ma la fierezza della vittoria non era mai stata assaporata veramente. Forse per colpa del rumore secco provocato da una crepa che si era aperta lungo una porta diventata ormai parte di un paesaggio coperto di neve. La seconda si era creata un varco accanto alla prima sull' eco di uno sparo.
"Non ho paura dell' Inverno."
"Certo che no; tu sei la sua Bambina di Neve, Natalia."

Non riusciva a ricordare quando era avvenuto quello scambio di battute e con chi. Una ruga segnò la fronte nivea, mentre brandiva furiosamente un pettine, cominciando a districare i capelli.
Il freddo era arrivato ed era sparito; a portarlo per poi farlo svanire, era stata la stessa persona.




Steve si mosse con l' istinto collaudato del guerriero.
Fletté le ginocchia, la schiena leggermente curva, i muscoli tesi e gonfi sotto la maglia. Il braccio sinistro scattò in alto con un movimento ad arco e bloccò la mano di James che stava calando di piatto.
Nessuno dei due aveva proposto di allenarsi. Erano finiti entrambi sul ring e l'unico modo per parlare della rivelazione data prima dal Soldato era sfogare altre energie combattendo. Il Capitano ricordava di non aver mai fatto una cosa simile, nemmeno negli anni della guerra. Forse perché non ce n'era stato il tempo; forse perché, all'epoca, certe discipline di lotta libera non erano state ancora inventate.
Ad esempio il Krav Maga.
"Come è possibile?" domandò stupefatto, portandosi indietro di un passo e assumendo una posa di guardia con i gomiti piegati all'altezza dello stomaco.
James aveva sorriso ferino, nel vedere il suo attacco parato con tanta abilità. Quella la rammentava bene, assieme all' agilità di Steve durante il loro primo, terribile scontro a viso aperto a Washington.
"Cosa sai di lei?" gli domandò portando repentino il peso sulla gamba sinistra; con una torsione del busto, sollevò la destra, trovando come in risposta la granitica, perfetta difesa delle braccia dell' amico.
Tornarono a studiarsi. Ad alta voce non lo avrebbero mai ammesso ma entrambi stavano ammirando le capacità l'uno dell' altro.
Prima di partire per l' Europa, quando era ancora una semplice scimmietta addestrata da esibire negli show di propaganda per le truppe mandate contro l'esercito tedesco, Steve non aveva completato la sua formazione come un vero soldato, a differenza di Bucky. Per salvare lui e quelli destinati a diventare i suoi compagni negli Howling Commandos, aveva dovuto affidarsi solo alla nuova forza sbocciata grazie al Siero.
Dopo il suo risveglio, la Battaglia di New York e l'ingresso nello SHIELD, le sue naturali attitudini erano state debitamente sviluppate con un addestramento mirato.
"E' stata reclutata da Nick Fury dopo il suo arrivo negli Stati Uniti" prese ad elencare, provando a sferrare un attacco. "Prima lavorava per il KGB."
"Sbagliato." La risposta di James fu lapidaria, come compatto fu il suo braccio con cui bloccò il gancio in arrivo. Fulmineo, fece scattare il destro dal basso verso l'alto con l' intento di puntare all'osso mobile della mandibola; senza il minimo sforzo, Steve aprì la posizione raccolta d'attacco con uno scarto laterale. Sfruttò l'arto robotico per usarlo come leva e alzare da terra l'avversario; la proiezione in aria funzionò ma la prontezza di riflessi da felino di Bucky lo aiutò, guidandolo in un atterraggio pieno di una grazia letale. Si alzò, soffiando via dalla fronte alcune ciocche di capelli scuri sfuggite all' elastico.
"Non era il KGB, Steve ma una sua divisione: la chiamavano Red Room. Non era solo il regime nazista ad avere dei fanatici guerrafondai di stampo terroristico."
Il Capitano sgranò gli occhi. Il Soldato sogghignò senza divertimento.
"Esatto; lo so proprio perché ero stato chiamato da loro a Kiev e da lì mi hanno mandato nella Kamcatka, in piena Siberia."
"Per fare cosa?" Rammentava fin troppo bene i particolari del dossier datogli da Natasha. Gli erano stati raccontati poche ore prima; dopo un primo periodo a Kiev, dove era stato ufficialmente battezzato col suo nome in codice e forgiato da un addestramento comprensivo di ogni tecnica per arrivare alla rapida e totale eliminazione di qualsiasi nemico e quelli trascorsi agli estremi confini del territorio russo, si trovava l' orrore dei primi esperimenti di manipolazione cerebrale portati sul suo amico.
"Per addestrare una vera rarità."
Il pugno di Bucky saettò verso di lui, elegante, terribile e velocissimo. Soffiando aria fuori dai denti serrati, Steve si difese alzando il braccio piegato e inarcò la schiena indietro; il ginocchio impattò contro la mano sinistra di metallo. Il suono delle micro-placche che stringevano e imprimevano spinta fu l'ultimo che sentì prima di subìre lo stesso volo inferto prima. Compiendo una capriola aerea per controllare la caduta, sentì il sorriso nascergli sulle labbra. La sfida stava solleticando lo spirito di Captain America, rimasto a digiuno di certe emozioni adrenaliniche per un tempo ingiustamente lungo.
"Erano un gruppo di ventotto ragazzine. Alcune molto giovani. Provenivano da tutte le provincie della Repubblica Sovietica, portate in una base segreta dopo essere state strappate via, o cedute, dalle loro famiglie."
Nel buio ingannevole della palestra, Steve si accorse di non star fissando più gli occhi di Bucky; erano quelli del Soldato d' Inverno, dell' uomo annientato che stava provando in ogni modo a ricostruire una coscienza attraverso l'inferno patito.
"Natalia Alianovna Romanoff fu l' unica a sopravvivere alla prima fase dell' addestramento. La seconda ero io."
"Aspetta!"
Fu una richiesta e anche una nuova difesa; stavolta Bucky lo sottopose a una serie di fendenti micidiali, mirati al volto, poi alla compressione della carotide e infine allo stomaco; un frenetico, saettante scambi di colpi, con i piedi di entrambi impegnati ad arretrare ed avanzare. Smisero solo dopo essere rimasti senza fiato, trovandosi uno di fronte all' altro divisi da meno di un metro.
"Erano gli anni Settanta, Buck." esalò ignorando la fronte imperlata di sudore e la t-shirt incollata sulla schiena.
"Piena Guerra Fredda, come l'ha chiamata Jarvis."
"Non può trattarsi di Natal- Natasha. E' nata nel 1984!"
James scrollò il capo. "Sai cosa hanno fatto a me. Pensi non possano aver fatto lo stesso su altre persone?"
A dire il vero, Steve stava pensando a troppe cose e tutte insieme.
Natasha aveva cominciato a lavorare in team con lui dal suo ingresso nello SHIELD e non poteva dire di conoscerla bene, nonostante l' amicizia sincera nata di recente; lo spiazzava sempre il suo modo di fare, così scanzonato e pragmatico, in contrasto con le sue abilità. Una perfetta assassina in grado di passare con disinvoltura tra mille maschere diverse, tutte indossate con disincanto.
Per quanto potesse ricordare, solo una volta non era riuscita nel suo gioco di interpretare un' emozione e indossarla per portare avanti una missione.
"Non farmi questo Nick."
Una supplica ripetuta con un filo di voce, tante volte, sempre più veloce, addosso al vetro che la separava dall' uomo a cui, evidentemente, doveva molto più del suo grado di agente.
La donna impossibile e impenetrabile si era fatta piccola, lasciando intravedere i contorni di una ragazza spaurita i cui occhi sbarrati non riuscivano a contenere tutta la paura scatenata dall' eventualità di ritrovarsi da sola.
James afferrò l' indecisione dell' amico, impugnandola come un' arma. Si scagliò contro di lui tenendo basso il baricentro e con le braccia lo imprigionò in una morsa letale. Steve sentì i polmoni svuotarsi nell' impatto della testa contro la sua gabbia toracica; venne trascinato contro le corde elastiche, con meno di un secondo per raccogliere le forze e sovvertire la forza centrifuga. Riuscendo a non aprire la difesa, fece presa sulle spalle di Bucky per liberarsi e scavalcarlo. L'avversario non riuscì a tenere l'equilibrio. Si ritrovarono stesi sulla pedana dopo un maldestro atterraggio, il fiato corto e gli occhi dalle pupille dilatate fissi sull' alto soffitto dove danzava il riverbero delle luci di Manhattan.
"Le hanno riprogrammato la memoria?" chiese col fiatone.
"Sì. Almeno credo, non ricordo tutto."
"Perché?"
Il cuore del Soldato ebbe uno spasimo. Nulla di fisico ma anche nella sensazione provata a livello inconscio, fu un contorcimento di dolore elettrico.
"Ci avevano scoperti. La Red Room seppe della nostra relazione e ci separarono."
Steve rimase immobile; tutto il mondo sembrò arrestarsi, nel lodevole tentativo di assimilare tutte le implicazioni che una simile ammissione metteva sul tavolo sempre ingombro del Destino.
Avrebbe dovuto sentirsi felice?
Pur ridotto a un fantoccio privo di ricordi e coscienza, il suo migliore amico era riuscito a preservare un cuore. E quel cuore era riuscito ad-
"L'amavo moltissimo" ammise una voce piena di ruvida sabbia. "Potrò non ricordare tutto di lei ma questo lo porto qui."
Steve non si alzò ma con la coda dell' occhio, vide James posare una mano al centro del suo petto.
Avrebbe voluto chiedergli tante cose: come Natasha riuscisse a essere così giovane. Perché fosse finita in una base segreta nel cuore più gelido della Russia. Come doveva essere la ragazza da cui era nata la Vedova Nera.
Una a una, con un lavoro paziente, prese quelle domande per tenerle tutte da parte. Ci sarebbe stato il tempo di farle; ora doveva concentrarsi solo su Bucky.
"Grazie del tuo silenzio. Sapevo non mi avresti subissato di richieste di spiegazioni."
Il Capitano rise e si mise a sedere, passandosi una mano tra i corti capelli biondi, scompigliandoli.
"Non so quanto ci sia dell' uomo che chiamavo Buck qui accanto a me ora." La tristezza del suo tono era un proiettile che si macerava nell' organismo del Soldato. "Ma per quello che ho ritrovato e per l'affetto che provo, sono disposto a seguirlo ovunque."
Era la loro promessa.
James sbatté lentamente le palpebre e poi, inaspettatamente, rise.
"Santo Dio! Sempre in cerca della frase ad effetto, vero?"
"Ho avuto un buon maestro" ribatté sogghignando.
Perché sarò con te fino alla fine.
"E cosa mi dici di te e della figlia segreta del Re degli Elfi?"
"Non è che stai prendendo troppo da Tony?"
"Non è che stai tentando di deviare il discorso?" gli fece il verso; Steve dovette arrendersi al fatto che il sarcasmo era duro a morire. Era stato uno dei tratti distintivi di James Buchanan Barnes fin da bambino e stava dimostrando una tenacia ammirevole nel riemergere.
"Lei ti piace davvero, Buck?"
"Scherzi? Ha tutte le qualità che un uomo capace di ragionare potrebbe apprezzare. E non si fa incantare dal tuo essere Captain America. A dire il vero, non si fa incantare da nessuno."
O spaventare.
Gli mollò un pugno sulla spalla. "E poi non hai bisogno del mio permesso; al massimo, sono pronto a concederti una spinta, se non ti darai una mossa."
Steve si nascose dietro il suo tiepido sorriso; il tempo necessario per rammentare chi stava sdraiato accanto a lui, tenendogli puntato addosso uno sguardo foriero di sventura e nuovi cazzotti, se avesse osato chiudersi da qualche parte col suo riserbo.
"Stasera mi ha fatto paura. Si è raggelata e non so perché."
Lo sospettava ma non ebbe il coraggio di dar corpo a quell' angoscia. La gelosia era una granata molto sensibile e difficile da maneggiare.
"C'è un solo modo per fugare ogni sospetto" osservò James, andando a fissare un punto indefinito molti metri più in alto. La pedana vibrò, sotto la spinta con cui Steve si rimise in piedi.
"Tu che farai? Parlerai con...Nat?"
"Forse. Quando avrò ricordato tutto e mi sentirò totalmente un bastardo egoista senza remore a rovinarle la vita."
Era un modo molto articolato per dire sarebbe stato impossibile: pur di non farle male, pur di preservare la vita che ora aveva, avrebbe taciuto. I suoi occhi grigi perdevano ogni freddezza, ogni timore al solo pensare a lei e Steve conosceva abbastanza bene quel lato del cuore di Bucky da poter affermare di non averlo mai visto così nemmeno da ragazzi, quando il mondo femminile si era svelato loro molto meno astruso e petulante di quanto temuto. Non che Bucky si fosse permesso di condurre il gioco della seduzione e del piacere oltre i confini posti dalla loro educazione vecchio stampo ma era sempre stato lui ad affascinare e farsi affascinare di rimando.
"Vado a controllare che tu non mi abbia lasciato qualche brutto livido."
"Giusto; bisogna essere sempre al meglio, con una donna."
"Sei sempre un maledetto cretino."
"Tu uno scemo. Siamo pari."
Era l'unica lingua con cui riuscivano ad ammettere il loro affetto reciproco; realizzandolo, mentre ascoltava i passi di Steve allontanarsi, James comprese di aver voglia di piangere. Per il sollievo di non trovarsi totalmente da solo in un momento così delicato della sua vita ritrovata. Per la rabbia e la frustrazione serpeggianti nella sua coscienza decisa a tutto pur di ricordargli che non aveva fatto niente per meritarsi Steve, il perdono di Natasha, i sorrisi sinceri di Andy.
"Andunie, eh?" borbottò nell' oscurità.
Poteva solo augurarsi che qualcuno seguisse il suo consiglio. Abbassò le palpebre e cominciò a mormorare una canzone, quella imparata da un soldato irlandese dalla risata poderosa come i suoi pugni.




"Jarvis?"
"Sì, signorina Martin. Non riesce a dormire?"
Andy si ritrovò a sorridere suo malgrado, finendo di asciugarsi il viso. Lo specchio le aveva appena confermato che il suo lungo pianto di rabbia, soffocato contro i cuscini del letto, le avrebbe lasciato per diverse ore gli occhi gonfi, umidi e arrossati.
Erano le tre di notte e il sonno non aveva avuto pietà di lei; dopo essersi sfogata aveva tentato di addormentarsi ma lo stomaco pressoche vuoto, unito alla frustrazione accumulata, avevano dissipato ogni stanchezza.
"Ti ringrazio per il tatto con cui non sottolinei le condizioni in cui mi sono ridotta. Avrei bisogno di-" un caffè, Signore, forte! " poter bere qualcosa di caldo. Posso scendere nell' attico?"
"Certamente, il signor Stark mi ha dato preciso ordine di soddisfare ogni richiesta dei suoi ospiti."
Stava cominciando a conoscere Tony ed era sicura dovesse trovare un sott' inteso a tanta disponibilità. A proposito, lui e il Maggiore Wilson dove erano finiti?
Prese dal suo armadio una felpa con zip, tralasciando volutamente l'ampia scelta di capi di cui si era ritrovata padrona mentre era a cena, la indossò e uscì dalla camera a piedi nudi.
Le luci si accesero non appena entrò nel grande soggiorno dell' open space.
Pepper aveva fatto sparire gli avanzi del pasto; la cucina a vista era in perfetto ordine ma da un genio milionario non ci si poteva aspettare semplici elettrodomestici. Appena Andy diresse i suoi passi strascicati verso la caffettiera, questa si accese da sola.
Quando tutto fosse finito - un brivido le gelò le ossa - e in quale modo non sapeva dirlo, sarebbe stata dura tornare a un mondo di moke da riempire manualmente, dove nessuna voce gentile avrebbe scovato la più rara registrazione della summa delle opere di Bach da farle ascoltare.
Volendo azzardare un paragone letterario, si sentiva come Eowyn, la coraggiosa dama di Rohan, appena destata dall' incubo premonitore prima della battaglia del Pelennor.
L'oscurità gorgogliava ai limiti più remoti di un' ampia vallata, i tuoni brontolavano sulle creste scabre di montagne poste a Occidente, vomitanti orchi ed altri eserciti ripugnanti. Il pericolo era là, pronto a inghiottirla e alle spalle, una pallida luce. Sempre più forte.
Con una tazza colma di caffè appena fatto, Andy cercò un posto dove rannicchiarsi, più che sedersi.
La donna creata da J.R.R. Tolkien era una guerriera, una Scudiera del suo popolo scesa a combattere una guerra disperata. Lei non sapeva reggere in mano una spada, nemmeno combattere eppure era lì: scampata a un rapimento, ferita, esausta, armata solo della sua testa dura e poco altro. Non era in grado di affermare quanto avrebbe resistito ancora ma sentiva di non poter fare diversamente: fronteggiare l'oscurità, certa di avere la speranza alle sue spalle.
Le lacrime dovevano stare a macchiare un cuscino che si poteva nascondere sotto le coperte.
Trovò la poltrona perfetta, quella con la vista su Park Avenue. Raccolse le gambe contro il petto e osservò lo scorrere del tempo mentre il buio raggiungeva il suo culmine, pronto a lasciare posto al primo chiarore dell' alba.
Non si accorse di non essere più sola.


Angolo (tetro e buio dell' autrice): allora? tutti salvi dalla visione del trailer di Age of Ultron? Senza fare spoiler e senza supposizioni (non le voglio fare, come non voglio mettermi a caccia di ipotesi o spiegazioni per non rovinarmi la futura visione), sono ancora qui a balbettare. Spero sarà un film degno di WS e del primo Avengers ma come ho già detto, per potermelo godere voglio solo vedere i trailer, urlare interiormente la mia estasi e attendere. Pazientemente. ...O almeno provarci!
Vi va un angolo di "Ulisse, il piacere della Scoperta?" Vai!
Krav maga: disciplina di combattimento ideata dopo la Seconda Guerra Mondiale da un capo del Mossad israeliano, non è materia di sport. Qui si colpisce per fare male, preferibilmente uccidere, prendendo di mira i punti vitali. Ed è stata usata in WS, come si può notare nel combattimento corpo a corpo tra Steve e il Soldato.
Red Room: questo elemento viene dalla story-line dei fumetti del Soldato d' Inverno e della Vedova Nera. Ogni regime ha i suoi fanatici; se il Nazismo aveva l' HYDRA, il Soviet aveva la Red Room. Fu qiesta ad occuparsi dell' addestramento di Natasha. Ho preso questo dettaglio e l'ho aggiornato e modificato per il mio Universe.
Bene, comunicazione di servizio dopo questo papiro: eccezionalmente, il prossimo aggiornamento di The List slitterà a lunedì 3 Novembre sera. Sarò al Lucca Comics and Games e sapendo della congestione del traffico internet e della sicura baraonda fieristica, preferisco essere a casa per fare le cose con calma. Sarò là col mio stand e le mie matite, più affilate che mai!
Un grosso abbraccio,
Maddalena.









 
  
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