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Autore: L o t t i e    24/10/2014    2 recensioni
«Sei una cretina», iniziò lui accomodandosi sul letto ad una piazza e mezza: aveva ancora la giacca. «Puoi accusarlo di tutto, tranne che non ti voglia bene... a modo suo.»
Ah, ecco.
William sottolineò, a mente, «a modo suo» un paio di volte, in rosso. Ripassandolo più volte.
Quelle semplici frasi stesero un velo scuro sul viso di porcellana della vampira, la quale preferì stare in piedi; se si aspettava la comprensione faceva prima a gettarsi dalla finestra, l'umano. Non dopo aver parlato al cellulare con una fanatica, non dopo aver ricevuto un bacio dal suo creatore ubriaco e con chissà quali sensi di colpa venuti a galla.
«Non ti permetto di parlarmi così», si impose pacatezza, danzando verso l'armadio per prelevare dei vestiti più leggeri. Vide il ragazzo schiudere le labbra, forse per parlare ancora, protestare. Fu più veloce.
[Da revisionare!]
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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A cena, come una bella famigliola.








«Mh-mh... ~» muoveva le gambe, avanti ed indietro, messa a testa in giù sul divano. «Oh, Trev! Sai che avevi ragione? Sono carini questi libri!» La testa del ragazzo sbucò dall'arco che collegava la cucina al soggiorno, sorridente e con un grembiule. «Eh, almeno non stai chiusa in camera così.»
L'albina alzò gli angoli delle labbra ed alzò il viso ― anche se era divertente vedere Trevor con i piedi al soffitto. I capelli le toccavano il tappeto che vi era ai piedi del divano, chiuse il libricino dalla copertina gialla. «Cucini di già?»
«Ci provo!» ridacchiò l'umano.
«Che testardo!» lanciò il libro sul tavolino e si raddrizzò, stiracchiandosi in seguito. «Guarda che posso pensarci io tra qualche ora... Non vorrei che appiccassi un incendio.» con tono ed aria puramente melodrammatica portò il dorso della mano destra alla fronte, sospirando. Poi rise, sotto lo sguardo fintamente scocciato dell'altro.
«Uccellaccio del malaugurio.» bofonchiò lui tornandosene in cucina.







* * *









«Quindi, ricapitolando...» e Samantha congiunse le mani sotto il mento, la penna tra le labbra. «Sei morta
«Hey!», la ammonì William, «Vacci piano con i termini.»
«...Qual è un sinonimo di morta?», sorrise sfacciata.
«Mph, cretina.» borbottò.
«Va bene», alzò le mani in segno di tregua «la smetto. Però non trovo una spiegazione logica!»
«Non c'è!»
«Ma―...»
L'albina le lanciò un'occhiataccia, zittendola. Erano sgusciate via dall'aula al primo suono della campanella, sorpassando ragazzi e ragazze, chiacchiere e puzza di sudore per raggiungere l'ultimo tavolo nell'angolo della Biblioteca. Là la luce non arrivava bene ed era anche pieno di polvere, ma faceva al caso loro quando non volevano essere sentite ― oltretutto per l'intervallo la maggior parte degli altri alunni preferiva uscire in cortile o starsene nei corridoi.
Samantha si era portata un quaderno, poi chissà perché.
«Ora se stai un attimo zitta, prima che finisce l'intervallo, avrai il tuo... riassuntino
La rossa le puntò la penna rosa con in cima un pompon e il pupazzetto di un micetto, con aria minacciosa ― tanto che l'altra arcuò un sopracciglio scettica, frenando un risolino.
«Poi voglio toccarti i denti.»
«Tu sei fissata.»

«Ma non esiste una specie di polizia dei vampiri?!» strillo la irlandese ad un tratto, tanto che l'altra dovette farle segno di abbassare la voce.
Ah, quanto aveva parlato! Un bicchiere d'acqua non le sarebbe dispiaciuto.
Sbuffò lasciandosi scivolare sulla scomoda sedia in legno, mentre Samantha incrociava le braccia, piccata.
«Perché non chiediamo a―...»
«No. Mai, scordatelo.»
«Bien. ...Allora è meglio avviarci, che abbiamo compito.»
«Cosa









* * *









«'Sera piccioncini!» Michela fece il suo ingresso con una vestaglia non propriamente sua, che lasciava intravedere un po' troppe cose. Fu presto linciata da due paia di occhi celesti, seccati ― e appena imbarazzati. La donna alzò le mani, in segno di resa. «Calma, non mi uccidete», ridacchio poggiandosi con i gomiti sulla penisola in legno scuro della cucina. «Allora, che preparate?»
«Veramente nulla, la carne si è bruciata.» mugugnò il ragazzo, colpevole.
«...Sto provando a salvare le parti non bruciate per farne un insalata.» l'albina scoccò un occhiata a Trevor, mentre tagliava via il bruciato dalle fettine, saccente. Se c'era una cosa in cui eccelleva, quella cosa era cucinare. Dolci, primi piatti, secondi, spuntini, di tutto.
E salvare gli alimenti bruciati dalla pattumiera.
«Claude?» domandò il corvino allontanandosi dai fornelli.
«È ancora su», miagolò l'altra. «Beh, a che ora viene quella... Sephora? Stefania?»
«Samantha! Ci vuole così tanto a ricordarlo?!»
«...Penso ce l'abbia ancora con te.» mormorò di seguito Trevor a Michela, che annuì.
«Ti ho sentito!» e si voltò con il coltello in mano, a mo' di serial killer, accigliata.
Il ragazzo deglutì rumorosamente e con una mezza risata isterica, disse: «Lo abbassi quel coso

Soddisfatta del lavoro compiuto, William si slacciò il grembiule color panna, per piegarlo ― perché alla fine Trevor e Michela si erano spostati in soggiorno per chiacchierare. La vampira si era, per fortuna, anche andata a cambiare ed ora aveva un vestiario molto più sobrio, dei jeans e un maglioncino nero.
Infine il principe, Claude, li aveva degnati della sua presenza nei dieci minuti precedenti al suono del campanello.
«Vado io!» e volò nell'ingresso.
Ora che Samantha sapeva chi aveva vicino, farla venire a cena non le sembrava più una così cattiva idea e l'aveva invitata volentieri ― anche per farle vedere in che razza di mostro abitava, Claude la chiamava semplicemente “villa”, lei gli aggiungeva un “mega” che non faceva mai male. Quando aprì la porta vide la rossa, appena più alta di lei, imbacuccata come quando da piccole andavano a giocare al parco. Una bella sciarpa di lana, berretto dello stesso materiale ed un enorme giubbotto beige.
«Colpa di mia madre.» bofonchiò entrando per liberarsi di quei indumenti superflui e che le avevano arrecato un enorme caldo per tutto il tragitto. Quando il tutto fu sull'appendiabiti e William smise di ridere, si scambiarono delle occhiate complici. Era intuibile che l'albina le avesse già parlato degli altri tizi con cui condivideva lo spazio vitale. I tre si erano messi sull'attenti, Trevor che si era addirittura sporto per ammirare i lunghi capelli rossicci della ragazza che era entrata. Effettivamente William gliene aveva parlato un sacco di volte, di Samantha e l'aveva anche descritta benissimo.
«Lui lo conosci», indicò il vampiro dagli occhi verdi, «lei è Michela e lui Trevor.» concluse sbrigativa con disappunto dei due.
«Samantha, piacere
«Bene, ora che ci conosciamo tutti, possiamo andare a cenare.» Claude si era alzato, lo sguardo languido, con sorpresa di William ― con passo, lento, leggero come sempre, si avviò in cucina.

Quando furono tutti accomodati in tavola, come una bella famigliola, Trevor che sembrava non mangiasse da un mese ― ed invece aveva pure messo su qualche chilo da quando la piccola vampira era arrivata ― si avventò su quella povera insalata di lattuga e bocconcini di carne e masticando bofonchiò «ottimo!», non era una bella visione.
Il tedesco, invece, mogio osservava con sufficienza il piatto punzecchiando di tanto in tanto la carne con la forchetta portandone ogni tanto qualche pezzetto alle labbra, Michela faceva lo stesso.
Che quadro triste, con qualche grande pennellata di rosso acceso, bianco e nero, schizzi di verde, marrone e celeste. Astratto e non proprio, vuoto e vivo. Un completo contrasto ― solo per i più temerari che si addentravano in quello strano museo.
«Mi fa piacere che tu sia venuta a cena, Samantha.»
Era sempre una scheggia in un occhio sentire quella voce pronunciare i nomi delle persone alla quale teneva.
«Anche a me, e mia madre ringrazia.»
«Uh, e di che! Anzi, se vuoi, William ti farà vedere la villa.» ovviamente, quale occasione migliore di metter in mostra il suo più bel cimelio e di levarsi dai piedi le due ragazzine? D'altro canto, all'albina conveniva se voleva parlare con Samantha senza esser sentita dagli altri due vampiri. Non ci penso quindi due volte a scattare sull'attenti. «Certo», disse poggiando la forchetta sul piatto, dando in contemporanea due piccoli calci all'amica vicino a sé ― che sobbalzò, recependo comunque il messaggio. «Ti giuro che questa villa è antichissima e gigante, ancora nemmeno io l'ho visitata tutta!»
«Solamente non dovete aprire la porta sotto le scale.» ecco che il tedesco aveva attirato tutta l'attenzione su di sé. Eppure non se ne curò, mentre posava il piatto sul ripiano della cucina per poi osservare gli altri come se si fosse accorto solo ora di loro. «Nulla di speciale, c'è un muro.»
«Ricevut―...»
«Perché un muro?», domandò Michela alzandosi pure lei.
Tutto tacque per un frangente anche io fastidioso rimuginare dell'umano.
Ed eccolo, il ghigno di Claude, come sempre, prese possesso del suo viso, scacciando quella maschera di cortesia che solitamente indossava in presenza di altre persone ― quasi le era mancato. Si appoggiò al tavolo, squadrando i presenti, come se volesse dire loro «ne siete sicuri? Volete davvero saperlo?». Con tutta sincerità metteva anche un po' di inquietudine con quell'ombra scura in volto, semplice effetto della luce artificiale del lampadario.
«Il pavimento della cantina è crollato, per questo ha fatto murare la porta.» tutti si mossero all'unisono verso colui che aveva parlato. L'umano stava giocherellando con una foglia di lattuga, tutto fuorché interessato alla loro discussione.
«Hai rovinato l'atmosfera.» si lamentò Claude.
«Pff, dai, andiamo. Ti faccio vedere la mia camera.» William prese il braccio della rossa e senza scrupoli la trascinò con sé facendola alzare dalla sedia, oltre il divano e la poltrona, verso le scale che portavano al piano superiore. Samantha pensò che stare con quei tizi era come respirare miasma.
«Tutto be―...»
L'albina alzò un dito, silenzio.
Portò la mano all'orecchio, ci possono sentire.
Non credeva potesse mai vedere William in quello stato: un enorme fascio di nervi tesi.
Avrebbe potuto pensare la capisco, non sarebbe stato vero. Oltretutto il suo cervello stava ancora elaborando la notizia datale qualche giorno prima.
William venne una volta a scuola.
All'uscita la vide rifugiarsi come un gatto scottato ― perché effettivamente era così ― nell'auto di Claude mentre si calava le maniche della maglietta sulle mani; il viso un po' più roseo, le faceva male.
Ricordava che in piena estate la incontrava sempre con il volto appena lucido, non era sudore ― un po' sì.
Doveva per forza usare la protezione solare su quella candida pelle color latte.
Ora non sarebbe bastato più.




Deliri Note dell'autrice:
Salve salve salve! °v°
Da dove iniziare? Uhm. Woah, siamo già al decimo capitolo, sono impressionata da me stessa. °-°
Oggi ringrazio Ida90 che ha messo la storia nelle preferite, I'm commossa, many thx. (?) ;u; Ovviamente nei ringraziamenti ci siete anche voi, lettori silenziosi! uwu
La mia Senpai ritardataria e chiunque abbia la pietà di leggere questa fic. ☆
―L o t t i e.
  
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