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Autore: Nadie    24/10/2014    3 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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7. Distratto


«Ma perché sei così distratto?»
La voce cristallina di Franziska arriva precisa alle sue orecchie e spezza la lastra di pensieri sovrapposti che si rincorrono nella sua testa.
Occhi Bui alza lo sguardo dal piatto con ancora dentro una bistecca integra e ormai fredda e incontra un paio di occhi di ghiaccio che cercano risposte che non ha assolutamente voglia di dare.
«Non sono distratto.»
«Ti comporti così da sempre e a volte sembra quasi che tu sia… assente. Completamente assente.»
Lui scrolla le spalle e taglia un pezzo di bistecca, affonda il coltello nella carne con un gesto lento e meticoloso, poi afferra il pezzetto tagliato con la forchetta e se lo porta alla bocca.
«Puoi dirmi qual è il problema?»
«Nessun problema.» dice, mandando giù la carne con un sorso d’acqua.
«Davvero?»
«È tutto perfetto.» forse troppo perfetto. Dannatamente perfetto. Maledettamente perfetto. Schifosamente perfetto ed io odio tutto questo perfetto, perfetto, perfetto.
«Ben, spiegami perché stiamo insieme.» Franziska lascia cadere le posate nel suo piatto e si abbandona contro lo schienale della sedia, fissando Occhi Bui con un’espressione impaziente e tenendo le braccia conserte.
«Cosa vuoi che risponda?»
«’Per amore’, vorrei rispondessi così.»
«Va bene, allora: stiamo insieme per amore.»
«Stai mentendo.»
«Credi?»
Franziska appoggia le mani sul tavolo, ai lati del piatto, e si sporge in avanti tanto che Occhi Bui riesce a sentire il suo profumo forte e quasi vorrebbe allontanarsi.
«Questo non è amore.» gli dice, e la sua voce è così piatta che sembra una linea sottile e spessa e incancellabile.
«Perché secondo te cosa lo è? Qual è la definizione esatta di ‘amore’?»
«Come posso saperlo se tu non mi ami?»
«Vuoi sapere da me cos’è? Vuoi che ti dica cos’è? Bene: Amore è una merda, certamente la più bella merda del mondo, ma comunque una merda. E l’amore fa delirare la persone, fa scrivere stupide frasi in francese sui muri e fa spendere stipendi interi dal fioraio. Ma credimi, se ti capita di vederlo nei paraggi cambia strada, cambia immediatamente strada perché l’amore ti riempirà solo di stronzate e di domande esistenziali sul mondo, sull’acqua, la vita o chissà che altro ma poi alla fine ti dirà che è meglio se vai in Nuova Zelanda a fare il lavoro dei tuoi sogni e ti lascerà con solo una stupida lettera! E se per caso ti azzarderai a chiedere spiegazioni ti verrà detto che sprechi tempo per avere qualcosa che non otterrai mai!» sputa fuori le parole una ad una e poi riprende fiato, mentre Franziska lo guarda con un sorriso.
«Allora sei già innamorato?» gli chiede e lui alza lo sguardo e poi scuote la testa.
«No.» nonononono e vorrebbe che il suo no fosse tagliente come un mai.
«Ben...»
«Non mi va di parlare adesso.» e taglia la discussione e uccide parole che dovevano ancora essere pronunciate, ma non gli va di parlare, non vuole più nessuna parola ma solo un silenzio statico che gli piombi addosso, che gli entri in testa e tolga la voce anche ai suoi pensieri che strillano, strillano, e come strillano!
E lei lo guarda accigliata e sembra abbia capito tutto, sembra abbia sentito tutte le parole radicate nella sua testa o visto quei due occhi verdi e masticato quelle sillabe appuntite, as-pet-to un bam-bi-no maimaimai e labbra carnose come armi letali.
Franziska si alza in piedi ed indossa la sua giacca di jeans.
«Torno in hotel a domire un po’.» dice e lui annuisce senza nemmeno guardarla.
Franziska se ne va, lui finisce la sua carne e la sua acqua e poi si alza e paga il conto.
Grazie di aver pranzato da noi.
Grazie a lei.
Un sorriso.
Esce fuori.
Gira per Dublino illuminata da un sole debole, calpesta strade grigie, si siede su panchine fredde, cammina su ponti sospesi sopra fiumi scuri e pensa a cosa fare mentre metropolitane non troppo affollate lo portano da un punto all’altro della città.
Cosa fare? Cosa deve fare? Cosa può fare?
Smette di chiederselo quando i suoi piedi lo portano davanti ad una biblioteca.
Occhi chiusi.
Un respiro profondo.
Occhi aperti.
Spinge la porta e si fa avanti.
Ci sono poche persone che leggono libri di sfuggita o scrutano attenti tra gli scaffali, alla grande scrivania circolare posta al centro della stanza, siede una donna che ha capelli neri e dritti ed un paio di occhiali quadrati poggiato sul naso un po’ pronunciato.
Si avvicina alla donna e si schiarisce la voce, lei alza il capo e gli rivolge un sorriso cordiale.
«Ha bisogno di qualcosa?»
«Sì, di Prudence.»
La donna curva le sopracciglia e si sistema gli occhiali scivolati troppo in giù.
«Prudence?»
«Sì, ha presente? Capelli lunghi, labbra carnose, occhi verdi…»
«Sì, sì, certo che ho presente… venga.» si alza e gli fa cenno di seguirlo, attraversano una sala piena di libri e salgono una rampa di scale che scricchiolano ad ogni passo.
«Dovresti trovarla qui.»
«Grazie.» le dice prima che se ne vada.
La ragazza con gli occhi verdi sta sistemando altri libri, la luce fioca che entra dalla finestra aperta basta ad illuminare la sua pelle bianca, bianchissima che vorrebbe così tanto accarezzare.
Si avvicina deciso e spera soltanto che nessun’altra parola gli tagli la carne.
«Salve!»
Lei sobbalza spaventata e appena lo vede sbuffa.
«Non credi di stare un po’ esagerando, Benjamin?»
«Non è colpa mia.»
«Ah no?» dice, senza guardarlo, ma continuando a mettere i libri al loro posto.
«No, è il mio inconscio. Sono inconsciamente innamorato di te.»
Occhi Verdi cerca di trattenere un sorriso che riesce comunque ad affiorare, appena accennato, sulle sua labbra.
«Allora di’ al tuo inconscio di smetterla.»
«Perché non gli scrivi una lettera?»
«Perché ho cose più importanti da fare.»
«Tipo?»
«Tipo lavorare.»
«Posso fare qualcosa per aiutarti?»
«Andartene.»
«Non posso.»
«Perché?»
«Te l’ho detto: l’inconscio.»
Occhi Verdi scuote la testa e si avvicina con altri libri ad un altro scaffale, lui la segue rapido.
Lei sta per mettere un libro al suo posto, ma lui glielo toglie di mano e lo apre.
«Benjamin, davvero, ridammelo.»
«Aspetta, aspetta, vediamo un po’ che cosa ci dice…» legge la copertina per capire chi lo abbia scritto «che cosa ci dice Ortega y Gasset… dunque… “tutto ciò che amo perde metà del suo piacere se tu non sei là a dividerlo con me”.»
«Ben…»
«Poi qui dice…» Occhi Verdi gli chiude il libro con forza e fa per riprenderselo, ma lui lo butta per terra e la afferra per i polsi.
Lei china il capo ed Occhi Bui le bacia la fronte e le stringe i polsi sempre di più, sempre di più, fa risalire la mani sulle sue braccia, sopra le spalle, dietro, dietro la schiena, contro le scapole, la spinge verso di lui, la stringe in un abbraccio a metà e pensa che avrebbe dovuto farlo anche otto anni prima, pensa che non avrebbe dovuto lasciarla scivolare via così facilmente, ma non si può cancellare il passato, non possiamo tornare indietro ma adesso tu sei qui ed io sono qui, e la mia pelle e la tua pelle e le mie mani sulla tua carne ti terrò stretta, stretta e non proverai nemmeno a pensare di potertene andare, stretta sempre più stretta, e basta con le parole, non ne abbiamo neanche più di parole ma ci resta la pelle e solo la pelle e se potessi mi raggomitolerei sulla tua pelle, sarei un puntino invisibile sulla tua pelle e resterei trasparente e concreto su di te.
Passi scricchiolano sulle scale, Occhi Verdi si allontana bruscamente e si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Mamma!» una voce argentina si avvicina, lui volta il capo e vede una bambina mingherlina che corre sulle scale tenendo stretta contro il petto una piccola alce di peluche.
Occhi Verdi sorride radiosa e le tende le braccia.
La bambina velocizza il passo ma inciampa sugli ultimi tre scalini, lui li scende celere e la afferra prima che perda l’equilibrio e cada.
Occhi Verdi si avvicina e prende la bambina in braccio.
«Ti sei fatta male, pulce?» e le dà un bacio sul naso.
La bambina scuote la testa e i suoi capelli ondeggiano.
«Come si dice?» le chiede ed indica Occhi Bui.
«Grazie.» farfuglia, mangiandosi qualche lettera.
Lui sorride e le fa l’occhiolino.
«Di niente! Come ti chiami?»
La bambina guarda la mamma con un’espressione confusa ed Occhi Verdi le fa un sorriso di incoraggiamento.
«Dai, diglielo.»
«Le.i.la.» scandisce per bene.
«Leila?» Occhi Verdi annuisce.
«Molto piacere Leila, io sono Benjamin ma puoi chiamarmi Ben.»
Le tende la mano e Leila gli stringe l’indice e ridacchia.




Bonsoir!
Daje che alla fine ce l'ho fatta ad aggiornare!
Dunque, non posso anticiparvi nulla comunque nel prossimo capitolo i due sfigatoni dovrebbero parlare per bene bene bene!
E nulla, ringrazio come sempre tutti i lettori, silenziosi e non, e smammo!
C.
  
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