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Autore: Peppe_97_Rinaldi    25/10/2014    1 recensioni
L’organizzazione paramilitare del Red Ribbon… e la sua distruzione ad opera di un misero ragazzino.
Quello fu l’inizio di tutto… Quello portò alla nascita di due efferati cyborg…
"Idiota": questo è quello che C-18 pensa di Crilin, inizialmente. Eppure arriveranno a sposarsi, e ad avere anche una famiglia. Come? Perchè? E C-17... cos'è lui per la bella C-18?
Il dottor Gelo li trasformò in cyborg, privandoli della loro umanità: perchè? Su 19 androidi, gli unici due ad avere base umana: qual è la ragione di ciò? In questo stato di robot, ha ancora senso la vita?
E cos'è la vita, l'amore? Dove sono nati? Avevano una famiglia come tutti?
“Dunque quella missiva è stata inviata dal Red Ribbon, o meglio… da uno dei sopravvissuti…”
Il ki… E’ un bene saper controllare questo potere?
Ma il dottor Gelo… fece tutto ciò solo per pura vendetta? Qual era il suo scopo?
“Se lo conoscevo, dici? Ovvio. Era il mio androide numero 13!”
“Mamma… papà… Mi mancate…”
Segreti da svelare, occultate verità, riscoperta dei valori, nuovi personaggi... e soprattutto uno strano ragazzo porteranno questi giovani a scoprire il loro presente, passato e futuro... quali misteri si celano nelle loro figure?
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Dr. Gelo, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: 18/Crilin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Destino freddo e calcolatore, oh quante vittime vengono colpite dal tuo squallido avanzare, funesto e imprevedibile. Talvolta porti felicità e speranza, oppure dolore e morte… E in ogni caso corri inesorabile verso la tua meta, che giammai arriverà se non alla fine dei tempi…
 
Era il 14 settembre: questa la data che segnò un ulteriore passo verso la fine. Intorno alle ore 23:30 circa, Jason e Jodie ricevettero le loro prime pistole.
In casa loro nessuno li sapeva membri di una baby gang, e un ovvio scandalo sarebbe oltretutto scaturito dalla presa di coscienza circa le loro nuove armi. Pertanto le custodirono sempre ben nascoste, cercando anche di comportarsi come se nulla fosse… Ma ciononostante, il sospetto e il timore del dubbio non tardarono a penetrare nell’impenetrabile cuore del giovane Kimley, il quale cominciò a vacillare fuoriuscendo dalla sfera di fiducia che riponeva nei confronti dei fratelli.
Del resto, Jason e Jodie sapevano che era solo una questione di tempo prima che Kim venisse a conoscenza della baby gang: era loro fratello, e anche volendo non sarebbero mai riusciti a nascondergli la verità per sempre. Indipendentemente dalla loro volontà, gli atteggiamenti li tradivano con spontaneità, e i sentimenti più sinceri raggiungevano il cuore del fratello, timidi, ma speranzosi di comprensione.
 
 
Il giorno 15, sfortunatamente, la scuola ebbe inizio. Quell’anno Jodie, Kim e Jason dovevano affrontare un nuovo istituto e, conseguentemente, dei nuovi compagni.
Kim era un tipo riservato, quindi non conosceva molti dei suoi nuovi colleghi di disavventura, però ne sapeva abbastanza per aver potuto provare dispiacere nel momento in cui aveva scoperto che nella sua nuova classe avrebbe incontrato certi individui… dalla fama non molto buona. Tuttavia aveva notato una cosa, o almeno era stata solo una sciocca impressione.
Quando, alcuni giorni prima, si erano recati in quella che sarebbe stata la loro scuola per consultare l’elenco degli alunni, pensò di aver intravisto nei volti dei due gemelli una manifestazione di sbigottimento, uno stano stupore… Bè, forse perché neanche loro gradivano la presenza di certi ragazzi. Questo almeno lo rincuorava, anche se era stata probabilmente solo un’impressione. Forse, addirittura, aveva solo voluto avere quell’impressione…
In quel periodo era molto preoccupato per loro, si comportavano in maniera starna, stavano diventando scostanti, e passavano sempre meno tempo in casa.
 
Sospirò. << Bè, perlomeno cominciamo le superiori >> esclamò Kim. Si trovavano nei pressi dell’ingresso, inesorabilmente vicini al momento tanto temuto.
<< Ma io non voglio cominciare un altro anno… >> si lamentò Jason con l’aria annoiata.
Jodie levò gli occhi al cielo. << Ormai sei qui, brutta testa di cretino, non puoi farci nulla. Affrontalo >> si lisciò i capelli dietro l’orecchio << con coraggio >> .
<< Ma che dolcezza… >> commentò il corvino, lasciando che Kim e la sorella lo precedessero.
Mentre stava varcando l’ingresso, da dietro un ragazzo gli si accostò minacciosamente. Gli diede pesantemente una pacca sulla spalla. Jason si voltò di scatto pronto a reagire, ma si paralizzò notando degli inconfondibili ciuffi biondi. << John! >> esclamò, ravvivandosi.
Il ragazzo ridacchiò. << Allora siamo compagni di classe, da oggi! >>
Jason fissò Kim e Jodie, davanti. << Sisì, ma ti ho detto che dobbiamo fare finta di non conoscerci. Non ti avvicinare quando c’è Kim nei paraggi >> .
John lo schiaffeggiò sul petto, discostandosi. << Eccolo che ricomincia. Vabbè… A dopo, bello! >>
<< Ma dov’è Jason? >> si chiese Kim, e in quell’istante si voltò. Indugiò un secondo. Osservò quel ragazzo biondo che si stava allontanando in direzione opposta… Aveva avuto quasi l’impressione…
<< Jason! >> chiamò. Ma no, si stava facendo troppi film… Doveva proprio rilassarsi un po’.
 
 
<< Ecco il tè, signore >> disse gentilmente Alphonse mentre finiva di versare la bevanda nella tazzina del dottor Gelo.
<< Grazie >> rispose questi. Indossava una calda maglia grigia che impediva al freddo di trasparire, abbinata con dei rinomati jeans di marca.
<< Come ti stavo dicendo… Mi piacerebbe molto comprare quella borsa che è appena arrivata al negozio, che ne dici? >> riprese Susan sorseggiando il tè. Il suo delicato corpo era rivestito da un candido vestitino rosa, e il collo imperlato da una lunga collana bianca. Erano in cucina, e come sottofondo ascoltavano distrattamente la televisione.
<< Per me va bene, in fondo è bella >> asserì Gelo, quando nelle sue orecchie risuonò la voce proveniente dallo schermo.
 
     Altre vittime del terribile Red Ribbon, l’organizzazione militare che nessuno a quanto pare è in grado di contrastare. Anche oggi, dicevo, è stata rasa al suolo un’intera città…
 
Sul volto di Susan si ombreggiò un’ombra di cupa amarezza. << Quegli schifosi… nessuno riesce a prenderli… >> La sua voce era molto triste. Ogni qualvolta che pensava al Red Ribbon, immediatamente la mente saltava con enorme dolore alle figure di Hilary ed Edward, i suoi migliori amici così coinvolti nella loro ricerca.
<< Anche loro li cercavano, ma non ci sono mai riusciti >> ricordò Susan, con gli occhi fissi nel vuoto.  << Io l’ho sempre detto… Non ci credo che sono stati uccisi così, è impossibile, deve esserci una spiegazione >> esclamò, scuotendo la testa. << Quell’uomo che si costituì doveva essere stato pagato dal Red Ribbon, tant’è vero che una volta in carcere l’hanno fatto fuori. Lo sai cosa penso… Sono sicura che Edward e Hilary siano stati assassinati da quei luridi folli, ne sono sicu… >>
<< Io devo andare >> tuonò d’improvviso il dottor Gelo. Si levò in piedi, e senza aggiungere altro salì a piano di sopra, silenzioso.
<< O – ok… Ciao >> rispose stupita Susan. Con gli occhi sprofondati nello smarrimento, incrociò il volto preoccupato di Alphonse. Entrambi stavano pensando la stessa cosa.
Ogni volta che si parlava di Edward o Hilary, Gelo se ne andava, e solo lui sapeva dove. Con la sua stessa invenzione a forma di cilindro che gli permetteva di teletrasportarsi si recava direttamente sul posto di lavoro, ma per motivi di segretezza nessuno sapeva precisamente dove andava. E adesso, era andato via di nuovo, ancora un’altra volta…
 
 
 
Kimley sgranò gli occhi. I suoi terribili dubbi erano appena stati confermati.
<< Ahh… ieri sera la festa in discoteca è stata un vero sballo, ragà >> stava felicemente ghignando un ragazzo di due anni più grande di lui ai suoi amici. Ecco, occorre precisare che stava trascorrendo oramai molto tempo dall’inizio della scuola, e solo adesso Kim stava capendo tutto. Questo perché al centro di quel gruppo di teppisti… vide anche loro.
<< Già, e forse avevi bevuto troppo, perché se non te nei sei accorto c’eravamo anche noi >> replicò con superbia Jason.
<< Ora basta idioti, ho detto che non ci dobbiamo far vedere insieme >> predicò furentemente Jodie, stringendosi con gelosia dei libri al petto.
Kim deglutì sbigottito. I suoi fratelli erano lì, assieme… a quelle persone. Per carità, non voleva certo decidere da sé le amicizie dei due gemelli, però… quelli erano tutti ragazzi conosciuti in città per il loro carattere difficile, prepotente, o perfino violento.
Alcuni li conosceva solo di vista, tuttavia poté riconoscere John e Mike, due ragazzi che, tra l’altro, erano anche suoi compagni di classe. Il primo era un ripetente, il secondo invece loro coetaneo, ma da entrambi avrebbero dovuto stare alla larga, volendo seguire un consiglio di Alphonse che, vista l’età, conosceva l’intera città.
E invece con tutti quei ragazzi ecco anche Jason e Jodie…
Scrupolosamente nascosto dietro l’angolo del corridoio, era dunque concentrato nello spiare quella molteplicità di ragazzacci, i quali sostavano con fare arrogante, in mezzo al corridoio, non troppo distanti da lui.
A un tatto, la sorella si voltò rabbiosa, e lui fece appena in tempo a ritirarsi, evitando per poco di essere visto.
<< Jodie… sei troppo tesa >> la rimproverò un ragazzo di quattordici anni. << Se veramente vuoi stare con noi devi accettarlo. Tanto, prima o poi quel babbeo del tuo fratellino verrà a saperlo >> .
Fu Mike a prendere la parola a quel punto. << Che pena… Vi fate troppi problemi. Se anche quell’incantato venisse a saperlo che potrebbe farci? Lo dice a papi…??? >> Sfoderò una risata entusiasta, divertendosi a riempire la ragazza di infinite smorfie.
<< E’ solo un deficiente. Sinceramente lo compatisco, non ha la forza di reagire nemmeno se qualcuno gli ruba le caramelle da sotto il naso; è così stupido che anche dei bambini riuscirebbero a fregarlo… anzi, dobbiamo provare! Devo dire a dei bimbi di abbassargli i pantaloni davanti a tutti, vedrete come si metterà a piangere! E’ assurdo pensare che voi siete fratelli… Ah, no >> si asciugò una lacrima nata dal vivo divertimento, prendendo il respiro << voi non siete veri fratelli. Bè, del resto è troppo rimbambito per essere un vostro parente. Senti Jodie, prendi esempio da Jason >> le suggerì il ragazzo in tono da vero amico, sgomitandole sul fianco. << Vedi, lui se ne sta calmo, non gl’importa un fico secco se quel secchione viene a sapere qualcosa… Non lo considera affatto; al contrario di te, lui se ne sbatte di quello… >>   
Kim chinò la testa, stringendosi nelle braccia. Mosse un passo. Fece per andarsene… quando fischiò il duro tonfo di un pugno.
Spaventato tornò di fretta a spiare la combriccola, e si ritrovò a spalancare gli occhi.
Il giovane che lo stava sfottendo era disteso per terra, e con la mano si manteneva pesantemente la guancia. Jason, ritto dinanzi a lui, si avvicinò al petto il pugno ancora serrato. Il suo sguardo era terrorizzante, anche le sopracciglia avevano deciso di fuggire prendendo le distanze dagli occhi, recipienti di quelle pupille diaboliche, immobili, spietate.
Mike lo fissò scandalizzato. Più che da Jason, da se stesso. Che diavolo gli era saltato in mente? Si era fatto prendere dall’euforia del momento, e aveva voluto pensare che solo Jodie tenesse a cuore Kimley… Ma invece lo sapeva, tutti lo sapevano, e a tutti conveniva ricordarsi che, nonostante non fosse il tipo che lo avrebbe ammesso, ciò che Jason provava nei confronti di quel ragazzo non era per nulla diverso da ciò che provava Jodie.
Lui se n’era stoltamente dimenticato, e adesso rischiava di pagarne le conseguenze.
Ebbe un tremito. << J-Jason, scusa, io non… non è vero, stavo scherzando… >>
Ma il ragazzo non volle più ascoltarlo; lo rialzò a forza da terra sollevandolo per il colletto, lo sbatté bruscamente al muro e senza aspettare ulteriori scemenze profilate come scuse cominciò impetuosamente a prenderlo a pugni.
Kim squadrava la scena con orrido smarrimento, combattuto tra il dovere di andare a interrompere quell’assurdo litigio, e la consapevolezza che i suoi fratelli si sarebbero infuriati al sapere che erano stati spiati.
E comunque il gran casino stava attirando una vivace folla sempre più imponente, e di conseguenza più capace di esibire un forte potere attrattivo.
Era preoccupato, ma… per un attimo si sentì sollevato: era felice che Jason non pensasse quelle cose. E questo sentimento lo fece sentire un egoista.
Per fortuna dovette intervenire John per fermarli. Si slanciò al centro tra di loro e parò prontamente un pugno di Jason, il quale non restò fermo e rapidamente lo tirò per il collo della vecchia camicia a quadri.
 
     E fu allora che Kim la vide.
 
<< Ne vuoi anche tu, eh? >> gli urlò il corvino.
<< Calmati, Jason, non è il caso di prendersela tanto… >> riuscì a dire John con un filo di voce, mentre iniziava a sentirsi strozzato.
 
     La poté vedere solo per esigui attimi, fugaci e violenti…
 
Jason tirava a sé il biondino per il collo della camicia; di conseguenza questa si sollevò di pochi centimetri rispetto al corpo del ragazzo, lasciando la parte bassa del torace scoperta.
Accadde tutto in un istante. Le pupille si ridussero a fessure. Sgranò gli occhi, smise di respirare. In quella scena convulsa, Kim paralizzò il suo sguardo su quell’assurda pistola che fuoriusciva dal jeans del ragazzo.
 
Mille pensieri gli invasero la mente, il cuore impazziva con fragore.
John aveva una pistola, era sicuro…! Ed era un suo compagno di classe, allora non si sbagliava, allora faceva bene a mantenersi alla larga da certe persone… Ma adesso era lì, con quell’arma: se l’avesse usata? Se Jason lo stesse facendo arrabbiare, e magari dopo la scuola John gli puntava contro quell’arma? No… se fosse stato il tipo da fare una cosa del genere a Jason non si sarebbe intromesso in quel litigio… Oppure l’aveva fatto solo per il bene di Mike? E se dopo la scuola entrambi i ragazzi se la fossero presa con Jason?
No, erano tutte scappatoie… Per quanto orribili fossero, una parte dell’anima di Kim voleva che quelle ipotesi fossero vere, perché se così fosse accaduto allora Jason sarebbe stato la vittima in quel gruppo malfamato, e non un loro pari, non un arrogante che si comportava da bullo con gli altri esattamente come John o Mike…
Per quanto orribile fosse l’idea di vedere Jason una vittima lo sperava, perché sapeva che era impossibile. Non era il tipo che si faceva mettere i piedi in testa da qualcuno, ma soprattutto… Se stava in compagnia di quei ragazzi significava che gli piaceva quel gruppo, anche perché lì con loro c’era anche Jodie, ed entrambi per com’erano di carattere non sarebbero mai stati in compagnia di gente che non li piaceva.
E se Jason era amico di quei tipi… E John possedeva una pistola… E se tutti in quel gruppo avessero avuto una pistola – del resto, perché uno sì e gli altri no – allora… Jason… Ma anche Jodie…
Si portò una mano alla bocca. Aveva appena capito che i suoi fratelli possedevano anch’essi delle proprie pistole. Chissà, magari l’avevano con sé, oppure nascoste in casa… E la conferma delle sue ipotesi già confermate dai fatti piombò immediatamente.
 
Jodie – ragazza sempre accorta e precisa, e ciò stavolta si rivelò decisivo per salvare la reputazione, quella propria e altrui – si accorse dell’arma di John.
Istantaneamente gli si parò di fianco, nascondendo da scomode occhiate la vista di quel prezioso dettaglio.
Kim si scansò i ciuffi dagli occhi. Lo sapeva, Jodie aveva notato quella pistola e prontamente si era posizionata in modo tale da non farla osservare da nessun’altro. Aveva agito subito, svelta, senza avere il tempo di rimanere sorpresa. Eppure è impossibile rimanere impassibili quando vedi che un tuo amico ha con sé una pistola. Era ovvio… Jodie sapeva di quella pistola, ne era a conoscenza…
Forse era una piccola conferma, ma temeva – ed era certo di poter ben temere – che non ne servissero di ulteriori.
Mescolò alla sua tesi i ricordi degli strani atteggiamenti dei due ragazzi tenuti da non poco tempo a quella parte, le volte in cui rincasavano tardi, ed erano restii a raccontare dov’erano stati. E Kim ne soffriva, perché non desiderava altro che uscire con loro, ma non era sicuro che essi volessero lo stesso. Alcune volte lo concedevano, certo, ma ovviamente erano solo loro tre, senza “gli sconosciuti amici” dei suoi fratelli che tanto era curioso di conoscere.
Lui ne soffriva, soffriva nel vedere il dolore nel cuore di Jason e Jodie che non riusciva ad affievolirsi quanto a celarsi… e adesso sapeva il motivo.
 
<< Jason, basta >> ordinò in tono perentorio Jodie. Il corvino si immobilizzò con il pugno a mezz’aria, fissando con gli occhi colmi di ira il volto spaventato di John.
Il ragazzo deglutì. “Pheew… Pur di farla pagare a Mike stava per prendersela con me… Meno male che sei intervenuta tu, Jodie!”
In una manciata di secondi una massa scalpitante di ragazzi di età diverse si era radunata lungo tutto il corridoio, ed anche chi aveva inizialmente deciso di rimanere in classe durante la ricreazione era fuoriuscito dalla propria aula.
Il gruppo di Jason e Jodie si disperse frettoloso, evitando di essere chiamato da qualche insegnante ficcanaso.
“Oddio, vengono da questa parte!” capì Kim, e lesto balzò a nascondersi dietro a dei tizi dell’ultimo anno. In quel momento, dei ragazzi che non conosceva – potevano avere la sua età, ma comunque erano di quelli che stavano in compagnia di Jason – passarono davanti, e per sua fortuna non si accorsero di lui.
<< Cavolo… Jason si è infuriato un casino >> commentò uno di essi.
L’altro fece un’espressione furbesca – doveva essere un misto tra divertimento e paura. << Sono curioso di vedere cosa dirà Roy, quando verrà a saperlo! >>
Kim aggrottò la fronte, sperando frattanto che lo spilungone dietro cui stava celandosi non si sarebbe messo a urlargli contro. “Chi è Roy?” si domandò.
L’altro ragazzo annuì con fare pettegolo. << Già… Che poi ti ricordi, proprio stasera ha detto di volerci vedere tutti per darci le ultime direttive per domani… >>
Il compagno lo zittì, schiaffeggiandolo in piena faccia. << Abbassa la voce scemo! >>
E continuando a lamentarsi – ognuno per la stupidità dell’altro – si allontanarono nella folla.
Kim era rimasto spaesato. Continuava a ripetere in mente ciò che i due si erano detti. “Stasera… direttive per domani??? Ma che…”
<< Ehi ragazzo, cerchi qualcuno? >> gli chiese all’improvviso il giovane che si trovava davanti a lui, quello che Kim stava usando come riparo.
<< Ehm… no, niente. Anzi… devo proprio andare… >> rispose frettolosamente abbozzando un imbarazzato sorriso, e con il cuore che gli pulsava forte si congedò in preda al panico.
“Domani…” Non sapeva perché, ma sapeva che il giorno dopo Jodie e Jason si sarebbero certamente cacciati in qualche guaio. E in guai seri.
 
 
 
 

Quella sera

 

   Giorno: 16 Dicembre
   Ore 21:17

 
 
Erano tutti seduti intorno al tavolo. Erano un’unica famiglia, ma ciascuno pensava cose che nessun’altro avrebbe immaginato.
 
“Domani è il compleanno dei ragazzi... Spero che sia una bella giornata” pensava Susan, fissando dubbiosa il marito, lanciando fugaci occhiate al maggiordomo.
Non poteva esporre a nessuno i suoi pensieri… Del resto, con chi poteva parlarne? Proprio con i tre ragazzi? No, e così aveva parlato solo con Alphonse. E oltretutto… Non sapeva neanche lei cosa pensava, quindi era inutile allarmare qualcun altro…
“In questo periodo Gelo è così strano… Mi pare sfuggente… Che sia solo una mia impressione? No, anche Alphonse la pensa così. Probabilmente, può essere legato al Red Ribbon… Lo sanno tutti che quell’organizzazione sta diventando sempre più potente, e noi ne siamo coinvolti… Purtroppo” .
Pensò ad Edward e Hilary. I loro migliori amici erano morti – almeno secondo una sua ipotesi, che considerava molto plausibile – per mano del Red Ribbon, ma indipendentemente da ciò quei poliziotti avevano impiegato tutte le loro forze per riuscire a stanare i criminali… Senza però nessun esito. Forse il peggiorare della situazione faceva molto soffrire Gelo, che vedeva sempre più inutile il motivo per cui i suoi amici erano morti. Ma tutto ciò… solo secondo una sua ipotesi. E comunque, perché non ne parlava con la moglie? Invece era schivo, tendeva ad innervosirsi sempre più spesso… Forse era lo stress. Forse…
 
Il dottor Gelo sorrise. “Domani… E’ il grande giorno!”
 
Kim squadrò i due gemelli. “Fra pochissimo usciranno di casa per incontrare i loro amici. E io… li seguirò!” esclamò in pensiero, stringendo il pugno. Per un istante provò un senso di sollievo per essersi confidato con Alphonse, quel pomeriggio. Gli aveva raccontato della pistola di John, di cosa era accaduto a scuola, e di tutti i suoi timori e le sue intenzioni.
Ora, prova a immaginare: da quando sei nato – quindi da sempre, dal momento in cui hanno inizio i tuoi ricordi – conosci un uomo molto protettivo nei tuoi confronti, sempre ben disponibile e sinceramente affettuoso, che per tua gioia vive in casa tua come tuo maggiordomo. Era naturale che tra Kim e Alphonse si fosse stabilito un bellissimo rapporto, intimo e molto confidenziale. Kim sapeva che sempre e comunque poteva fidarsi di Alphonse, ed era sicuro di poter asserire che, se il dottor Gelo non fosse stato suo padre, avrebbe considerato Alphonse come suo genitore.
Ovviamente non poteva dire alla madre: << Sai mamma, stasera esco per andare non so dove per tornare non so quando. Ah sì, perché devo spiare Jason e Jodie che devono programmare con i loro amici un chissà cosa di ultra mega pericoloso >> . Bè, no di certo. E per questo era tranquillo che, qualora fosse accaduto qualcosa – tipo super ritardo o altro – ci sarebbe stato il maggiordomo a inventare qualche scusa per lui. 
 
“Ok!” pensò Jason, e fece un cenno alla sorella.
<< Noi usciamo >> annunciò questa, alzandosi in fretta.
<< A quest’ora? >> chiesa perplessa Susan. << Mi raccomando, non fate tardi >> .
<< Certo >> rispose in tono annoiato il corvino, e cercando di nascondere la sua eccitazione si affrettò ad uscire di casa.
Passarono solo pochi secondi, che anche Kim – fingendo di improvvisare ciò che in realtà era premeditato – esclamò: << Oh già, giusto, anch’io devo uscire! >>

Si rizzò in piedi con trepidazione. Si portò a tracolla il marsupio da sera, e fu lieto nel notare un cenno d’intesa dipinto sul volto di Alphonse. Gli rispose con un concitato sorrisetto. Era piuttosto teso. Non sapeva dove stava per andare o cosa avrebbe fatto quella serata, ma la consapevolezza di agire per il bene dei suoi fratelli gli riscaldava il cuore, mettendo in moto i suoi muscoli e spronandolo a muoversi con determinazione. Sapeva che stava facendo la cosa migliore. Per Jason, per Jodie, ed anche per se stesso: se fosse rimasto in casa in quella serata era certo che avrebbe sentito un pesante rimorso per tutto il resto della vita.
Spalancò gli occhi. Si portò sul capo un confortevole berretto invernale. Appena fuori di casa, i ciuffi che ricadevano sugli occhi cominciarono ad ondeggiare con frenesia.
Notò i due ragazzi svoltare un angolo. “Eccoli!” esclamò, e svelto ma silenzioso si affrettò nella loro direzione.













Appuntamento al prossimo capitolo: "Pedinamento" !!!!!

*saluta con la mano abbastanza imbarazzato. Ehilà :))) Ecco, ho pubblicato questo capitolo. So che non basteranno, ma chiedo mille e infinite scuse a tutti, perchè era da troppo tempo che non pubblicavo niente. Chiedo veramente mille scuse per quest'orrido ritardo, sul serio, mi dispiace, e chiedo umilmente scusa a tutti...

Quindi spero che il capitolo vi sia piaciuto, e voglio assolutamente rinnovare i miei ringraziamenti a Luu per le sue recensioni :) :3

Veramente, scusate, scusate, mi dispiace, scusate!!!!!!! :( :( :( :(

Quindi vedrò assolutamente di essere puntuale le prossime volte, e spero che continui a piacervi. Fatemi sapere cosa pensate :)
Ecco, un'altra cosa. Questo è il primo capitolo che pubblico con il nuovo nickname. Avevo bisogno di modificarlo :) Grazie, e tantissimi saluti :D :D Alla prossima!!!!!!! :D ;) ;) ;) :D :DD





 
   
 
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