Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: IceQueenJ    25/10/2014    2 recensioni
Bella e Edward si conoscono da quando erano bambini, ma un giorno Bella deve trasferirsi con in genitori in Italia. Passano gli anni e i due continuano a tenersi in contatto, questo grazie alle loro famiglie.
Tutto cambia con una visita inaspettata.
Cosa accadrà quando Edward rivedrà Bella?
Cosa accadrà quando Bella lascerà il suo ragazzo e dopo qualche mese tornerà a Forks a conoscenza di cose che non dovrebbe sapere?
E come reagirá Edward?
Riusciranno a risolvere i loro problemi?
Riusciranno a superare tutte le sfide che gli si presenteranno?
-Questa storia è stata pubblicata anche su Wattpad.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! Eccomi con il nuovo capitolo della storia!

Oggi sono di poche parole, quindi vi lascio direttamente al capitolo, anche perchè non c'è molto da dire come premessa.

Un bacio e buona lettura!

Capitolo 21: Hard Decision

Pov Bella

“E così hai deciso di lasciarmi … sparire senza dirmi niente?”.
La voce di Edward mi arrivò chiara e limpida alle orecchie.
Non sapevo fosse qui e per un attimo pensai fosse frutto della mia immaginazione, ma poi, notando l’espressione che il suo viso assume sempre quando è arrabbiato, capii che era lì, davanti a me, ed era molto arrabbiato … con me.
“Allora? Parli da sola oppure devo arrabbiarmi ancora di più e farti dire la verità con la forza? Avevamo detto niente segreti e ancora una volta mi nascondi qualcosa di importante”.
Non risposi. Semplicemente presi le lettere delle due università e gliele mostrai.
“Che significa? Perché non me lo hai detto prima?”.
“Significa che non mi hanno presa e che quindi dovrò tornare a Volterra. Le lettere mi sono arrivate solamente due giorni fa”.
“Bene allora verrò con te”.
“No Edward, non voglio, non puoi. Non è giusto che lasci tutto per venire con me. Troveremo un modo”.
“NO!”, urlò. “Il modo non c’è. Saremo a più di mille chilometri di distanza e tra di noi ci sono nove ore di fuso orario. Come faremo a vederci? Sarà un’impresa titanica”, urlò fuori controllo.
“Bella, Edward ha ragione. Sarà impossibile. Spenderete un patrimonio solo per i biglietti aerei e potrete stare insieme al massimo per un giorno”, intervenne Christian.
Abbassai lo sguardo non riuscendo più a sostenere quello arrabbiato e preoccupato del mio ragazzo che, nonostante la rabbia, si precipitò ad abbracciarmi.
“Ti prego amore, ragiona. Se verrò con te, sarà tutto più semplice, potremo stare insieme e in più saremo liberi da tutti i paparazzi. Avremo una vita normale e poi tra un anno torneremo qui”.
“Edward, ma tu non capisci. Io non voglio che lasci la squadra per me. Qui hai i tuoi amici, la tua famiglia. Hai quella che è stata la vita fino ad ora, non è giusto che rinunci a tutto per colpa mia. So quanto ami il baseball”.
“Non sentirti in colpa, perché se non mi fosse importato nulla di te, di noi, ti avrei lasciata andare e non mi sarei fatto mille paranoie per quello che è successo ieri. Ti prego Bella. Io non riesco a stare lontano da te. Impazzirò”.
“Anche tu sei importante e mi mancherai, ma non posso chiederti questo. Non posso e mi dispiace, perché questi mesi sono stati i più belli della mia vita”.
“E allora non arrenderti. Vedrai ce ne saranno di altri, ancora più belli”.
Strinsi le braccia attorno alla sua vita e fui felice del fatto che, nonostante fosse arrabbiato, non mantenesse le distanze da me.
Non lo avrei mai sopportato.
Continuammo ad abbracciarci fin quando fui io a interrompere il contatto tra noi e a dire ciò che non pensavo.
“Allora è deciso, verrò con te Bells”.
“No, tu non verrai”.
“Perché?”.
“Perché non voglio che tu venga con me. Non ti voglio con me”.
Fu a quelle parole che qualcosa dentro di noi si spezzò. Potei sentire chiaramente il rumore che il mio cuore e quello di Edward fecero in contemporanea.
Nello stesso istante lui si allontanò da me e andò in panico.
“C – che significa? Perché non vuoi? Hai appena detto che ti mancherò e …”.
“Mi dispiace Edward i – io non so cosa, ma … credimi, è giusto così”.
Quando mi guardò negli occhi era rassegnato e ferito. “Hai deciso tutto tu. Hai ragione è giusto così”. Si avviò verso la porta e, una parte di me avrebbe voluto corrergli incontro e dirgli che era tutta una bugia e che volevo che venisse con me, ma non ci riuscii.
Restai immobile a guardarlo uscire e poi fermarsi per dire qualcosa.
“Ho una richiesta. L’anno prossimo … non scomodarti a fare domanda qui. Sarà più facile dimenticarti”.
Neanche a quelle parole mi risvegliai.
Mi limitai solamente ad assorbirle e a guardarlo uscire.
Non mi accorsi nemmeno che Christian mi abbracciava e che cercava di consolarmi.
“Si sistemerà tutto, vedrai. Manca ancora una lettera. Hai ancora una possibilità”.
“No, non ci sarà nessuna possibilità. Non si sistemerà niente”.


Pov Edward

“Ho una richiesta. L’anno prossimo non scomodarti a fare domanda qui. Sarà più facile dimenticarti”, mai parole furono così sbagliate.
Avrei voluto dirle altro.
Magari qualcosa come ‘Se andrai via, io impazzirò’, oppure avrei voluto inginocchiarmi davanti a lei e pregarla di portarmi con se, perché io senza di lei non riesco a stare.
Non riesco a credere che dopo anni passati ad amarla di nascosto, ora che finalmente possiamo stare insieme, lei andrà via.
Che rabbia!
Perché la vita mi sta facendo questo?
Non è giusto.
Lei è mia e deve stare con me. Solo con me.
Non può partire e tornare in quella gabbia di cretini che non hanno fatto altro che ferirla.
Ecco adesso che il mio peggiore incubo diventa realtà.
Già so che se lei partirà, la perderò e stavolta per sempre.
Mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciato e invece scopro che voleva andarsene senza dirmi niente.
Ma dico io, più stupidi di così si può essere? Non so se arrabbiarmi con lei o perdonarla per averlo solamente pensato.
Dio! Sono così arrabbiato.
Con lei, con il mondo, con me stesso.
Una parte di me vorrebbe piangere e correre da lei, ma la parte dominante, quella arrabbiata, non riesce a comprendere.
Sta davvero cercando di capire ma non ci riesce.
Vorrei fare a pezzi tutto e urlarle cose orribili che le farebbero provare ciò che ho provato io quando mi ha spezzato il cuore.
Mamma mia, quanto sono diventato melodrammatico.
“Perché non voglio che tu venga con me. Non ti voglio con me”, mi ha detto meno di un’ora fa.
Non riesco a credere che Bella, in due mesi, abbia avuto la capacità di farmi diventare un emerito idiota.
‘No cretino, non è stata Bella. È stato l’amore a farti diventare così e poi cosa ti fa credere che Bella non stia soffrendo allo stesso modo? Magari la situazione pesa anche a lei e ha detto quelle parole solo per evitare di farti soffrire’.
Ecco! Ci mancava solo la voce nella mia testa. Adesso posso dire che siamo proprio al completo.
Stavolta, però, non sono d’accordo con te, cara la mia vocina.
E sai perché?
Perché la situazione non le pesa per niente, perché altrimenti me lo avrebbe detto subito e invece ha preferito, ancora una volta, tenerselo per se e tenermi all’oscuro di tutto, ignorandomi come si fa con un perfetto sconosciuto.
In tutto questo pensare, non mi sono neanche accorto di essere arrivato sotto casa mia e di essere seduto dentro questa macchina da non so quanto tempo.
Entro in casa e trovo la famiglia al completo, i miei genitori e i miei fratelli con i rispettivi consorti. Credo proprio che Christian abbia avvisato i miei genitori che, quando sono andato via da casa sua, ero sconvolto.
Dopo essere stato zitto a fissarli per un po’, decido di sdrammatizzare, perché sinceramente non ho proprio voglia di ascoltarli.
Magari domani.
No … nemmeno domani.
Voglio solamente stare da solo, finché … finché non so.
“C’è una riunione di famiglia di cui non sono stato informato?”.
A parlare fu mia madre. “Edward, tesoro. Christian ha chiamato per chiedere se eri arrivato a casa, perché era preoccupato per te. Ha detto che eri sconvolto quando sei andato via. Dove sei stato?”.
“I – io sono rimasto seduto in macchina a pensare per non so quanto tempo. Scusa mamma, ma non mi va di parlare. Sono troppo arrabbiato per pensare lucidamente”.
Alice corse ad abbracciarmi. “Fratellone mi dispiace. Sai che Bella non p –”, ma la interruppi, allontanandola.
“No Alice per favore, Bella niente. Non mi va di ascoltarti. Non mi va di ascoltare tutti voi. Lasciatemi in pace”.
“No tu mi ascolterai. Anche Bella sta male, non solo tu”.
Alzai gli occhi al cielo esasperato.
“Non m’importa. Sto male anch’io e per quel che mi riguarda, può andare dove vuole e fare quello che vuole. Ormai quello che fa non mi riguarda più. Io ho chiuso con lei. Chiaro? E che nessuno si azzardi a seguirmi. Voglio stare da solo”.
Dopo essere arrivato nella mia stanza, mi catapultai sul letto e chiusi gli occhi.

Non so dopo quanto tempo mi risvegliai.
Guardai la sveglia sul comodino e mi accorsi che erano solamente le undici di sera e che casa mia era ancora in piena attività.
Alice che correva su e giù come un’ossessa e mia madre che le diceva di calmarsi e mio padre che, insieme a Jasper, guardava una partita.
Meno male che il campionato è finito e riprenderà a novembre, perché non ho proprio voglia di andare ad allenarmi.
Non con l’umore che mi ritrovo adesso.
Uscii dalla mia stanza deciso a mettere qualcosa sotto i denti, visto e considerato che è da dodici ore esatte che non mangio, ma mia sorella mi intercettò e mi si parò davanti, iniziando ad urlarmi contro. “Si può sapere dove hai il cervello? Mi hai fatto preoccupare. Sei rimasto chiuso in quella camera per tutto il giorno. Hai idea di quanto io e la mamma siamo state preoccupate?”.
Alzai gli occhi al cielo.
Nonostante ami mia sorella tanto quando Bella, Alice non è nessuno per dirmi cosa devo fare.
Sono sicuro che il motivo della sua rabbia e preoccupazione sia dovuto al fatto che io e Bella abbiamo litigato.
Okay! Non abbiamo propriamente litigato, ma credo che per il momento sia meglio non vederci. Forse ci siamo lasciati, senza essercelo detti nemmeno apertamente.
“Alice … sorellina adorata, ascoltami attentamente. Non mi va di ascoltare ciò che Bella ti ha chiesto di dirmi. Quando e se avrò intenzione di ascoltare ciò che ha da dirmi, la chiamo e ci incontriamo. Chiaro il concetto? Adesso perché non vai di sotto, prendi il tuo fidanzato perfetto e ti togli dalle scatole?”.
La mia voce … ingannevolmente dolce. Di solito uso questo tono quando cerco di trattenere la rabbia e voglio evitare di mettermi a urlare.
Avevo, però, dimenticato chi avevo di fronte, perché Alice mi rispose a tono, come sempre.
“Eddy … caro, non avevo alcuna intenzione di parlarti di questo, anche perché, quando ho parlato con Bella, non mi ha chiesto di dirti nulla. Sono davvero preoccupata per te, come lo sono per Bella. Penso che siate entrambi dei bambini poco cresciuti che fuggono dai problemi e non li affrontano. Non mi intrometterò, anche perché non voglio litigare con mio fratello e la mia migliore amica in un colpo solo. In tutti i casi, che tu lo voglia sapere o meno, io te lo dico lo stesso. Bella tra due giorni partirà e non so quando e se tornerà. Se la ami come dici allora, prima che salga su quell’aereo, tu andrai da lei, ci parlerai e cercherai di capire il motivo della sua scelta e del perché ti ha detto quello che ti ha detto. Chiaro?”.
Tutto questo detto mentre mi puntava un dito contro e mi costringeva a indietreggiare.
Io, da parte mia, continuai a guardarla freddamente e facendo finta che quelle parole non avessero avuto alcun effetto.
“Bene … augurale buon viaggio anche da parte mia. Forse il concetto non è chiaro a te. Io non ho la minima intenzione di andare da lei”.
Alice mi abbracciò senza preavviso. “Mi dispiace che sia finita in questo modo, ma tutti si risolverà per il meglio. So che farete pace, prima o poi. So che sei arrabbiato con lei, anche lei lo è con se stessa. Buona notte, Edward”.
Tornai nella mia stanza e mi richiusi la porta alle spalle.
Il discorso di Alice mi ha fatto passare di nuovo l’appetito.
Non pensavo partisse così presto o forse … ha anticipato la partenza perché abbiamo avuto quella discussione?
Avevo voglia di correre da lei e chiederle il perché, ma la rabbia era troppa e non riuscivo ad alzarmi da quel letto.
Decisi di farmi una doccia, magari avrei scaricato un po’ di tensione e sarei anche riuscito a mettere qualcosa sotto i denti.
Entrai sotto il getto dell’acqua e proprio in quel momento i ricordi decisero di tornare a galla, così come nel pomeriggio.
La sua risata allegra risuonò nella mia testa come se lei fosse davvero qui.

“Hahahahah … oddio Edward! Ti prego smettila! N – non respiro, ti prego! Hahahahah … oh mamma!”.
Bella riuscì a sfuggire alla mia presa stritolatrice e a nascondersi nel bagno della mia stanza.
Le corsi dietro, intenzionato a darle il tormento fin quando non mi avesse detto quello che volevo sentire.
“Bella! Apri subito questa porta! Bella! Non farmi arrabbiare su … potresti pagarne le conseguenze. Amore …”.
“No, apro solo se prometti di smetterla”.
Testarda! Testarda! Più testarda di lei non c’è nessuno.
Decisi di assecondarla.
“D’accordo la smetto, ma tu prometti che mi dirai cosa ti ha chiesto Alice. Ho il presentimento che sia qualcosa che non mi piacerà”, dissi sconsolato.
Quando mia sorella e la mia ragazza si alleano c’è sempre da scappare.
Un consiglio per tutti: mai diventare il migliore amico della migliore amica di vostra sorella e poi innamorarsi di lei.
D’accordo è un ragionamento contorto, ma fidatevi se vi dico che passerete le pene dell’inferno.
Lei ricominciò a ridere, forse per il mio tono di voce, ma per fortuna allentò la presa sulla maniglia ed io potei aprire la porta.
Mi fiondai su di lei e la incastrai tra il muro e il mio corpo.
“Allora? Sto aspettando e smettila di ridere!”.
Circondò il mio collo con le braccia cercando di trattenere le risate, cosa che, però, non gli riuscì.
Ripresi, quindi, a farle il solletico sui fianchi.
“No no smettila, Eddy … ti prego”.
“Allora dimmelo. È qualcosa di brutto vero?”.
“Oh sì … è qualcosa di davvero orribile”, disse continuando a ridere.
Mi lamentai, perché continuava a prendermi in giro.
“D’accordo, te lo dico. Mi ha chiesto di lasciarti libero domani, perché ha da fare qualcosa con te”. Oddio! Oddio! Fa che non sia quello che penso.
Mi sta tornando in mente una vecchia scommessa fatta con mia sorella qualche mese fa.
“Ti prego amore, dimmi che non è quello che penso”.
“Mi dispiace Eddy, ma credo proprio riguardi quella scommessa che tu hai perso. Non chiedermi di cosa si tratta perché non ha voluto dirmelo. Conosci tua sorella, pensa che io sia troppo dolce con te”.
“Oh povero me! Amore se domani sera non dovessi tornare allora ricordati che ti amo, d’accordo?”.
“D’accordo amore, ricordati che anch’io ti amo”.
Piano, avvicinò il suo viso al mio e mi baciò.
Ricambiai il bacio, attaccandomi ai suoi fianchi per portarla il più vicino possibile al mio corpo e baciarla sempre più intensamente e portarla in un altro universo.

‘Basta Edward! Adesso smettila. Ti farai solo più male, in questo modo’.
Ah cara coscienza, mi sa che hai perfettamente ragione, ma cosa posso farci? Quella ragazza mi ha stregato e non riesco a stare senza di lei, senza il suo viso, il suo profumo e i suoi occhi, ma sono molto arrabbiato con lei e ora come ora non voglio proprio incontrarla.
Chiusi il getto dell’acqua e mi precipitai fuori dal bagno.
Un’altra ondata di ricordi m’invase la mente.
Mi sembrava di impazzire.
Ovunque guardassi … qualunque cosa guardassi, potevo sentire la sua voce o il suono della sua risata e potevo vedere i suoi occhi e il suo sorriso.
Il letto dove avevamo fatto l’amore la prima volta, la bacheca con alcune nostre foto … tutto in quella stanza mi ricordava lei … mi ricordava noi.
Una gran confusione regnava nella mia testa.
‘Credo che tu mi piaccia, ma sono così confusa’.
‘Ehm … io … mi-sono-resa-conto-che-tu-mi-piaci-molto-e-che-quindi-voglio-provarci’.
‘Ti amo, Cullen’.
‘Oh Ed, non potrei mai scherzare su una cosa del genere. Voglio fare l’amore con te, adesso’.
‘Sì … sì … sì … sì, mille volte sì. Sarà meraviglioso. Per un attimo ho pensato che volessi chiedermi di sposarmi’.
‘Uffa, ma perché riesci sempre a farmi capitolare, tu e il tuo stupido, meraviglioso sorriso. Andiamo dagli altri, che è meglio. Non voglio che ti comprometta ulteriormente, potresti lasciarci le penne’.
La sua voce … le sue parole … continuavano a rimbombarmi nella testa e non riuscivo a farle smettere.
“Basta! Basta!”, urlai. “Non ce la faccio più”.
Presi una tuta dall’armadio e uscii di casa, ignorando la voce preoccupata di mia madre che mi chiamava.
Avevo bisogno di pensare e di stare solo.
Lontano dai ricordi … lontano da lei.
Decisi di correre. La corsa mi aveva sempre aiutato a sfogarmi e a scaricare la tensione.
Poco importava che ero appena uscito dalla doccia, ne avrei fatta un’altra.
Volevo solo scappare … scappare da lei … scappare da tutte quelle voci.


Pov Bella

Seattle, Casa Swan, 27 Settembre 2014
Da quando Edward è uscito da quella porta, il tempo sembra essersi fermato. Nulla ha avuto più senso.
Ho passato tutto il pomeriggio a prendermi mentalmente a pugni per quello che gli ho detto eppure non sono riuscita a trovare una scusa per chiamarlo e costatare io stessa i danni del mio comportamento.
E lui nemmeno si è fatto sentire, ma quel comportamento non è certamente da biasimare.
‘Ho una richiesta. L’anno prossimo non scomodarti a fare domanda qui. Sarà più facile dimenticarti’. Dopo quelle parole, questo lungo silenzio può significare solamente una cosa.
Per tutto il pomeriggio e la notte (insonne) trascorsi avevo sperato di ricevere una sua chiamata, ma così non era stato e così ho deciso di anticipare la partenza.
Non ha senso restare qui e rovinare la quotidianità di tutti.
Sarebbe stato meglio se fossi andata via prima, così tutti sarebbero potuti tornare alla normalità e Edward sarebbe potuto venire da Christian liberamente, senza paura di incontrare me.
Christian e Alice hanno provato a farmi cambiare idea, così come Emmett, ma sono stata irremovibile. Se due giorni fa ero stata titubante nel cliccare “prenota” sul sito della compagnia aerea, ieri pomeriggio, dopo essermi alzata dal letto, era stata la prima cosa che avevo fatto.
Per tutto il giorno non ho fatto altro che chiedermi cosa stesse facendo Edward in quei momenti.
Se fosse arrabbiato.
Se stesse pensando a me.
Se fosse uscito con qualcuna che non fossi io.
Fu in quel momento che davanti agli occhi mi apparve il suo sorriso e mi maledii per quello che avevo pensato. Poteva essere molto arrabbiato con me, ma non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere. Le parole della sua confessione tornarono nella mia mente.
‘Sono innamorato di te, Bella. Ti amo da quando ti ho rivisto due anni fa. Non ho smesso un attimo di pensare a te’.
Fu in quel momento che decisi di chiamarlo.
Non sapevo nemmeno cosa gli avrei detto, ma avevo bisogno di sentire la sua voce.
‘Rispondi cavolo! Rispondi!’.
La sua segreteria mi informò che non era raggiungibile, cosa a cui poco credei. Molto probabilmente aveva rifiutato la mia chiamata.
Mi alzai dal letto e ripresi a preparare i bagagli.
Con tutta la calma possibile, presi i miei vestiti dall’armadio e li riposi con cura in valigia.
Non feci caso a ciò che prendevo. Non volevo lasciarmi sopraffare dalle emozioni.
Lasciai alcune cose in quella stanza perché non avevo spazio, altre perché mi sarebbero potute servire quando sarei tornata a far visita a Christian.
Quella era sempre stata la mia stanza da quando Christian si era trasferito in questa casa.
Nonostante fossimo lontani, aveva voluto il mio consiglio personale sulla casa che stava acquistando, tanto che mi aveva letteralmente costretta a volare fino a Seattle per aiutarlo nella scelta, prenotando un volo aereo senza che io sapessi nulla.
Da quando i suoi genitori sono morti in un incidente stradale, Christian si è legato ancora di più a me e ai miei genitori, che hanno trovato in lui un altro figlio e io il fratello che non ho mai avuto. Non che prima non fossimo legati, ma quella tragedia ci ha uniti ancora di più.
Christian aveva diciotto anni quando i suoi morirono e i miei genitori gli chiesero più volte di trasferirsi da noi a Volterra, dove avrebbe avuto qualcuno a cui appoggiarsi, ma lui non ne aveva voluto sapere e così Carlisle ed Esme erano stato ben contenti di aiutarlo, quando e se avesse avuto bisogno di qualcosa.
Dopo aver finito di preparare i bagagli, andai alla ricerca di mio cugino che anche oggi, per colpa mia non era andato in ufficio e quindi lavorava dal suo studio.
Nonostante non fosse d’accordo, si era preso il compito di andare a ritirare il mio biglietto aereo e di preparare tutti i miei documenti.
Entrai nel suo studio e mi sedei sulla poltrona, aspettando che terminasse la chiamata.
Alzò lo sguardo dal suo notebook e mi chiese cosa volessi.
Alla mia domanda, sbuffò.
“Ho mandato Dean a prenderlo. Se fosse stato per me, non sarei andato a prenderlo. Per quanto odi l’idea che tu te ne vada, non posso tenerti qui con la forza. Anche se non siamo figli degli stessi genitori, tu sei la mia sorellina e non voglio che vada via di nuovo. È stato bellissimo vivere con te”.
Mi alzai e girando intorno alla scrivania, lo abbracciai.
“Oh Christian … anche per me e poi per la legge tu sei mio fratello. Mamma e papà ti hanno adottato nonostante tu fossi maggiorenne, ricordi?”.
“Sì, lo so. I nostri padri erano fratelli e mio padre nel testamento aveva espresso il desiderio che tuo padre mi adottasse se un giorno gli fosse successo qualcosa”.
Gli diedi un bacio sulla guancia e mi accoccolai sul suo petto. Lui strinse le braccia intorno a me.
Mi sarebbe mancato davvero molto il conforto delle sue braccia.
“Comunque, ecco il tuo biglietto. È rimborsabile, nel caso tu decida di non partire. Stamattina ho chiamato la compagnia e mi hanno detto che se non partirai, ti faranno una specie di buono di cui potrai usufruire in un viaggio futuro”.
Aprii il biglietto e notai che non era lo stesso posto che avevo prenotato e per giunta era in prima classe.
“Christian?”.
“Mmm?”.
“Mi hai cambiato il biglietto!”.
Lui scoppiò in una fragorosa risata. “Non vorrai mica litigare perché sto coccolando la mia sorellina preferita?”.
“No … non voglio, ma non avresti dovuto. Lo sai. E comunque sono la tua sorellina preferita anche perché sono l’unica”.
Si sporse per darmi un bacio.
“Appunto … sei l’unica e quindi ti coccolo quanto mi pare. Posso permettermelo. Ora sparisci che devo lavorare, così stasera posso accompagnarti all’aeroporto”.
E per farmi apprendere meglio il concetto, mi spinse in malo modo fuori dallo studio.
“Vado vado … che modi!”.

Seduta sulla poltrona del piccolo balcone della mia stanza, guardavo l’orizzonte.
Tra le mani una lettera mandata dall’University of Washington.
La giravo e rigiravo tra le mani senza sapere cosa fare. Con le parole di quelle poche righe, si sarebbe deciso il mio destino.
Partire o restare.
Io avevo già deciso, ma se l’avessi aperta, la risposta che conteneva avrebbe potuto condizionarmi.
La signora Bolton aveva trovato la lettera fra il resto della posta consegnata quella mattina e me l’aveva subito portata.
Indecisa sul da farsi, rientrai in camera e l’appoggiai sulla scrivania.
Scesi al piano di sotto alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Ho deciso.
Non l’aprirò, tanto partirò lo stesso.
Tra due ore dovrò essere in aeroporto e tornerò dai miei genitori. Che senso ha aprire una lettera che non influirà sulla mia decisione?
“Hey Bells, che fai lì, immobile, come una mummia?”.
Sobbalzai, rischiando di far cadere il bicchiere che avevo in mano.
“Ehm … niente! Penso e nel frattempo metto qualcosa sotto i denti”.
Christian si avvicinò a me e mi prese il bicchiere, vuoto, dalle mani. “Sì vedo. Non credo che un bicchiere di latte, vuoto, possa fare molta differenza per il tuo stomaco”.
Aprì il frigorifero e prese la bottiglia del latte, versandone un po’. Prese un bicchiere anche per se e fece lo stesso.
“Ecco”, disse mentre mi ripassava il bicchiere, “adesso fa la differenza”.
Alzai gli occhi al cielo.
“Grazie … papà!”.
Ignorando deliberatamente la mia battuta, iniziò a parlare della cena.
“Aspettiamo Jo che sta già tornando da lavoro. Anche lei vuole accompagnarti all’aeroporto. Hai finito di preparare i bagagli?”.
“Sì, è tutto pronto”.
Lui annuii e chiamò Dean, chiedendogli di portare le mie valigie in auto. Al mio sguardo perplesso, rispose che era per ottimizzare il tempo.
Dopo cena, salii in camera per prendere le ultime cose.
Mi voltai a guardare la stanza e sorrisi ricordando i momenti felici che avevo vissuto qui.
Lanciai un ultimo sguardo alla scrivania e poi uscii.

Seattle, Sea – Tac Airport, 27 Settembre 2014, ore 21:00
Arrivai all’aeroporto con un’ora di anticipo, e, con mia grande sorpresa, trovai tutti ad aspettarmi.
Tutti tranne uno, ovviamente.
Alice mi corse incontro già in lacrime, così come Esme.
“Smettila di piangere Ali, non sto andando in guerra. Torno presto, promesso”.
L’abbracciai e lei fece lo stesso.
Mi voltai verso Jasper. “Jazz, mi raccomando. Comportati bene!”.
“Agli ordini capo. Comportati bene anche tu. È stato bello averti qui. Adesso sarò di nuovo costretto ad accompagnare Alice in ogni sua seduta di shopping”.
Alice gli diede uno scappellotto sul collo. “Jasper!”.
“Scherzo amore”. Mi abbracciò. “Fa buon viaggio”.
Poi si avvicinò Emmett, che mi strinse talmente tanto a se che per poco non morii soffocata. “Mi mancherai Bella. Adesso chi controllerà casa mia quando mio figlio rimarrà solo con mio fratello?”.
“Oh Emm, mi mancherai anche tu. Edward è in grado di cavarsela perfettamente. Tuo figlio pende dalle sue labbra”.
Dopo le raccomandazioni di Esme, Carlisle, Rosalie e Jo, mi diressi verso l’entrata del gate, accompagnata da Christian.
Mi voltai verso di lui e iniziai a piangere.
“Non piangere tesoro. Non è un addio. Quest’anno passerà in fretta, vedrai. Mi mancherà averti in giro per casa”.
“Anche tu mi mancherai”.
Avrei voluto aggiungere altro, ma la voce all’interfono comunicò che era giunto il momento.
“Devi andare adesso. Fa buon viaggio e chiama quando arrivi. Sai che mi preoccupo”.
“Lo farò”, mi voltai per entrare nel gate ma poi tornai da lui. “Ah Christian … ho lasciato una cosa nella mia stanza. Prometti che quando …”.
Non riuscii a terminare perché un’altra ondata di lacrime mi colpì, ma lui capii e terminò per me. “Tranquilla … quando verrà a casa mia, gli darò ciò che hai lasciato per lui”.
Mi avvicinai per dargli un ultimo abbraccio. Fu lui a scioglierlo per me, perché io non ci riuscivo.
“Avrei voluto salutarlo, ma … va bene così!”, dissi continuando a piangere.
Lui mi asciugò le lacrime e mi mise nella direzione del gate.
“Smettila di piangere. Adesso va … o perderai l’aereo. Ti voglio bene!”.
“Anch’io!”.
Ripresi a camminare e senza voltarmi indietro, m’imbarcai.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: IceQueenJ