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Autore: Inathia Len    25/10/2014    6 recensioni
E se la storia della Bella e la Bestia non fosse come ve l'hanno sempre raccontata? E se i protagonisti fossero altri?
Leggete di John, che sacrificò se stesso per salvare la sorella Harry, ma finì col trovare l'amore.
Leggete di Sherlock, del principe senza cuore che la fata Irene trasformò in una Bestia orrenda e che riuscì a redimersi grazie all'amore.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Maybe it's true... maybe I ran away


 

John cavalcava con il cuore in gola. Non aveva tempo di pensare, tempo di riflettere. C'erano solo due input nel suo cervello: spronate Philip e trovare Harry.

Un ex-servitore addetto alle stalle, ora sella, gli aveva fatto trovare il cavallo già pronto e lui gli era saltato in groppa. Solo ora si rendeva conto di non aver detto una parola a Sherlock e per quello non si poteva permettere di pensare al castello, ma solo ad Harry.

Perché pensare al castello lo portava indietro di qualche ora, quando aveva detto e fatto cose che non voleva ricordare.

Scacciò con forza il ricordo del bacio che cominciava a formarsi nella sua mente e affondò i talloni nei fianchi di Philip. Era ancora vestito da festa, fortunatamente aveva il cappotto di Sherlock a tenergli caldo...

-HARRY!- gridò, cercando al buio delle tracce impossibili. -HARRY! Sono io, John! Dove sei?-

L'angoscia cominciava a farsi sentire. Il suo più grande terrore era che l'avessero aggredita i lupi, quegli stessi lupi che l'avevano attaccata la prima volta e quegli stessi lupi che avevano cercato di prendere anche lui, quando si era messo in testa di scappare dal castello.

Ora, tutto quello che riusciva a pensare, era che sicuramente Sherlock avrebbe trovato Harry in pochi secondi, lei sarebbe stata bene. Il suo viaggio mentale si concludeva con loro tre davanti al camino, al castello, felici.

Ma ora non c'era nulla di tutto quello. Non era scappato, ma qualcosa di molto simile, e proprio quando Sherlock gli aveva detto che sarebbe potuto tornare a casa... chissà cosa stava pensando di lui... sicuramente che si era approfittato della situazione, di lui...

Quando e se avesse trovato il coraggio di tornare, gli avrebbe spiegato tutto quanto. Perché quella notte, ora, nel bosco, sarebbe stata di sicuro meno silenziosa e spaventosa se Sherlock fosse stato con a lui. Lo sapeva e lo aveva sempre saputo, ma chissà cosa in quella sua testa vuota gli aveva proibito di dirlo ad alta voce.

-HARRY!- gridò di nuovo, ma tutto quello che voleva dire era: “Io amo Sherlock, la bestia che vive nel castello, il ragazzo che è diventato bestia attraverso l'odio, ma è diventato uomo per amore. E lo amo e lo amerò sempre, ma sono un cretino e ho rovinato tutto.”

Ma non lo disse, ovviamente, anche in quel momento, anche quando ormai lo aveva ammesso a se stesso, c'era una piccola parte di lui che continuava a ripetere: “Io non sono gay. Io sono etero...”.

John si mandò a quel paese da solo e aguzzò lo vista. Quasi il suo cuore saltò un battito, perché davanti a lui, a pochi metri di distanza, c'era un fagottino che si stava rapidamente colorando di bianco.

E il fagottino respirava.

E il fagottino indossava il vecchio mantello di John, quello che lui aveva provato a rammendare con pezze di vari colori, riducendolo a un orrendo patchwork.

E il fagottino era sua sorella, l'avrebbe riconosciuta sempre e dovunque.

-Harry!- esclamò, saltando giù da cavallo e precipitandosi da lei.

La ragazza si voltò piano, mani e viso quasi blu a causa del freddo. Ma la gioia che si dipinse nei suoi occhi fu immensa.

-John... John sei davvero tu?- mormorò, accarezzandogli una guancia. -Il mio fratellino... sono morta?-

John scoppiò a ridere per il sollievo. Harry stava bene. Forse non era in gran forma, ma si sarebbe rimessa. Prese un attimo in considerazione l'idea di portarla al castello, da Sherlock, dove sicuramente avrebbe ricevuto le migliori cure, ma non voleva dargli ulteriormente l'idea di essersi approfittato di lui e di essere tornato solo per Harry. Se e quando avesse rimesso piede in quel castello, sarebbe stato da solo e con le risposte che ancora stava cercando.

-Sono io, scema. Non sei morta... e non morirai questa notte, te lo posso assicurare.-

-Credevo che quella bestia...-

-Sherlock- la corresse, senza pensarci, John, mentre la aiutava ad alzarsi.

-Come dici?- fece lei, confusa.

-Si chiama Sherlock- “e io sono innamorato di lui. Credo. L'ho baciato, ma poi ho negato di ricordare” aggiunse nella sua testa. Ma ci sarebbe stato tempo di raccontarle tutto quanto. Ora, bisognava portare Harry al sicuro. Un bosco in cui aveva appena cominciato a nevicare, in piena notte, con lupi ovunque, non era proprio il posto ideale per una riunione di famiglia.

-Sei scappato, vero? E mi hai trovato... il mio fratellino- sorrise sfinita Harry, abbandonandosi a John, una volta in sella.

Lui la strinse forte, ma questa volta non la corresse.

Era scappato?

Ora cominciava a credere di sì...

 

 

 

La loro casa era come l'aveva lasciata ormai un mese prima, tranne per il disordine che aveva fatto Harry nella cucina. Evidentemente, dopo che lui se n'era andato, aveva setacciato ogni centimetro del cottage e aveva trovato tutte le bottiglie che lui aveva nascosto. E ora erano tutte lì, mezze piene e mezze vuote, sparpagliate sul tavolo.

Ma John non disse nulla. Harry stava male, la priorità era un'altra, ora.

La portò in braccio fino al suo letto e la coprì, mettendole poi una pezzuola fresca sulla fronte per abbassarle la temperatura. Poi le diede un bacio leggero sulla fronte e si addormentò, cullato dal respiro di lei che si era finalmente fatto regolare.

 

 

 

Si svegliò qualche ora più tardi, una luce calda e rassicurante che entrava dalla finestra.

Harry era cosciente e gli accarezzava i capelli con un sorriso sul volto.

-Allora non ti ho sognato. Sei davvero qui- disse, negli occhi lacrime di gioia.

-Sono qui, non ti lascio più- la rassicurò John, stringendole la mano.

-Quando hai detto a quell'essere orrendo che saresti rimasto al mio posto... Oh, John, sei stato così coraggioso!- disse, prima di scoppiare a piangere. -Ed è tutta colpa mia... mia, se sei stato prigioniero di quel … quel... coso per un intero mese!-

Per John fu come ricevere uno schiaffo sentire sua sorella dire quelle cose su Sherlock. Non era più quel mostro che lei aveva incontrato. Era un complicato essere, buono e terribile, dolce e amaro.

-Sherlock. Il suo nome è Sherlock- si limitò a dire, alzandosi ed andando alla finestra.

-Cosa c'è, John? Qualcosa è cambiato...-

-Forse si tratta solo di me- sorrise stanco lui, passandosi una mano sul volto. -Forse mi serve solo il coraggio per ammetterlo.-

Harry gli fece cenno di sedersi accanto a lei e John obbedì, raggomitolandosi come quando erano bambini, perdendosi nei riccioli e nel profumo di sua sorella.

-Tornerai, non è vero? Quella di prima era una bugia detta a una malata...-

-NO- quasi gridò lui, ritraendosi e guardandola negli occhi. -Io ho davvero intenzione di...- ma non finì la frase, perché non sapeva cosa avesse intenzione di fare. -Non lo so, Harry. Non lo so. Tu dici sempre che sono stato deciso e determinato fin da bambino...-

-Hai deciso che saresti diventato medico quando papà si prese la febbre e vedesti mamma preparargli vari decotti e prendersi cura di lui. Credo tu avessi più o meno quattro anni- sorrise Harry, persa nei ricordi. -Eri così carino- aggiunse, arricciando il naso, -correvi da una parte all'altra di casa, portando le medicine a papà e ripetendo parola per parola quello che avevi sentito dire da mamma.-

-E allora perché non sono più così? Che ne è stato della mia determinazione, di tutta quella sicurezza? Che fine ha fatto quel bambino?-

-Gli è capitata la cosa più bella del mondo. È cresciuto e si è innamorato- rispose Harry, ridendo dell'espressione sconvolta di John. -Oh, credevi davvero di poterla farla a tua sorella? “Si chiama Sherlock” e quel muso che hai messo su quando ho parlato male di lui... il fatto che tu non abbia la più pallida idea di cosa fare... è chiaro come il sole!-

John arrossì brutalmente e cercò di schernirsi, ma alla fine dovette capitolare.

-Raccontami tutto dall'inizio- lo spronò Harry, sistemandosi meglio tra i cuscini. La febbre le era quasi passata del tutto, rimaneva solo un po' di tosse, ma nulla l'avrebbe fermata dal sentire quello che John aveva da dire.

E lui parlò, cominciando dall'inizio, da quando Harry se n'era andata. Disse di come avesse subito litigato con Sherlock, di come lui avesse cercato di rimediare offrendogli la stanza più bella di tutto il castello e invitandolo a cena, invito che John aveva rifiutato in malo modo. Le raccontò delle meraviglie del castello, dello splendido pasto che gli avevano preparato i servitori-oggetti quando lui era sceso in cucina, dei battibecchi tra Mycroft e Lestrade, di come quest'ultimo ci provasse con Molly ma, sotto sotto, fosse innegabilmente attratto dal maggiordomo. Le narrò della terribile maledizione che aveva colpito il castello e i suoi abitanti, della rosa e dell'amore che erano l'ultima speranza per Sherlock. Quando arrivò alla parte in cui era stato attaccato dai lupi, nel suo patetico tentativo di fuga, Harry trattenne il fiato, anche se John era lì davanti a lei, in perfetta salute. Invece, quando le disse che Sherlock era arrivato in suo soccorso ed era solo merito suo se era vivo, le sue labbra si curvarono in un sorriso e gli strizzò l'occhio.

Dopo, raccontare divenne più difficile. Gli faceva male ricordare tutti i momenti belli passati insieme, soprattutto ora che era quasi sicuro che non sarebbero tornati. E mentre ne parlava, rivisse quel mese insieme. Quel mese che gli era sembrato immenso e che ora non sapeva come riassumerlo in poche parole.

E così non lo fece.

Passò tutta la mattinata e buona parte del pomeriggio, anche mentre preparava da mangiare e si prendeva cura di Harry, a raccontarle tutto quello che avevano detto e fatto. La fece ridere con i suoi ricordi di quando aveva tentato a pattinare sul ghiaccio, la commosse quando parlò di quello che le aveva detto Sherlock quando avevano deciso di ristrutturare la sua camera e dello smile che lui aveva dipinto.

Poi arrivò al momento della cena, della sera prima, dei bicchieri di troppo che aveva bevuto...

-L'ho baciato, Harry. Ho blaterato qualcosa decisamente privo di senso e poi l'ho baciato- concluse sconsolato, lavando i piatti.

-E com'è stato?- chiese Harry, curiosa di particolari, appoggiandosi allo stipite della cucina.

-Tornatene subito a letto- la riprese John, rendendosi conto che si era alzata, e riportandola praticamente di peso in camera. -E restaci. Non ho fatto tutta questa fatica perché tu rovinassi tutto.-

-Sì, sì, va bene, dottore. Ma non cambiare argomento. Com'è stato?- lo stuzzicò, lasciando che lui le sistemasse le coperte.

-Rapido- ammise John, sedendosi accanto alla sorella. -Mi ha allontanato non appena si è reso conto di quello che stava succedendo...-

-Oh, fratellino, mi sa che ne hai trovato persino peggio di te, in quanto a timidezza- rise Harry.

-Ma io non capisco perché...-

-Perché sapeva che eri ubriaco e non voleva approfittarne. Chi l'avrebbe mai detto che sotto tutto quel pelo ci fosse davvero un principe?-

-Quindi, che dovrei fare? Non posso semplicemente tornare al castello e...-

-Baciarlo?- completò Harry per lui. -Dichiarargli il tuo eterno amore?-

-Tu leggi troppi romanzi rosa.-

-E tu troppi pochi- lo riprese Harry, dandogli un leggero scappellotto. -Non puoi sempre aspettare che sia lui a fare la prima mossa...-

-Ma se non ha fatto nulla!- protestò John.

-Ti ha lasciato andare. Ha fatto sì che tu potessi venire da me. Sa che tornerai, ha fiducia in te. Quindi, andare al castello in questo preciso istante, è proprio quello che devi fare!-

John la guardò dubbioso, poi distolse lo sguardo e si concentrò sul sole che stava per tramontare.

Avevano parlato tutto il giorno.

-Forse domani. Tu ora non stai ancora bene e non me la sento di lasciarti sola. Magari, poi, potremo andarci insieme.-

-Non sono un fiorellino delicato, John, posso farcela anche da sola. E tu devi andare adesso, oppure ti perderai nel bosco e questa storia non avrà mai il lieto fine. E Dio solo sa quanto ve lo meritiate, tutti e due.-

John non disse nulla, perso tra i suoi pensieri, poi qualcosa lo fece sorridere.

-Non lascerai mai perdere, vero?-

-Non fin quando non ti vedrò uscire da quella porta, saltare su Philip e lanciarlo al galoppo verso il castello di Sherlock- disse, calcando sarcasticamente sul nome e battendo le ciglia in direzione di John.

-Quanto sei scema- rise John. -Ma forse hai ragione...-

-Forse? Ah, fratellino, io ho sempre ragione!- sorrise Harry, ma la sua risata si tramutò ben presto in uno starnuto.

-Ecco, vedi? Non posso neanche pensare di andarmene che tu subito ti senti male...-

-Macché male e male. Sono solo allergica... a... al legno- tentò Harry, starnutendo di nuovo.

-Harry, la nostra casa è interamente fatta di legno, ci abitiamo da mesi ed è la prima volta che starnutisci.-

-Allergia tardiva?- tentò Harry. -Oh, insomma, che devo fare per convincerti che sto bene?-

-Guarire?- risposte sarcasticamente John.

-E vattene- lo spinse giocosamente lei, facendogli perdere l'equilibrio.

-Bah, vado a chiudere la porta...-

E si allontanò dalla camera da letto.

Harry doveva essersi rassegnata al fatto che non se ne sarebbe andato, almeno non quella notte, e ora stava buona buona nel letto. Il respiro si era fatto più regolare e, John ne era sicuro, se fosse tornato di là, l'avrebbe trovata addormentata. Diceva di essersi ristabilita, lui in parte le credeva, ma ogni starnuto, ogni colpo di tosse, erano per lui una scusa per non allontanarsi da casa senza sentirsi troppo in colpa. “Harry ha bisogno di me” si ripeteva, “ci sarà tempo per parlare con Sherlock e spiegarsi.”

Si poggiò stanco allo stipite della porta d'ingresso. Se solo avesse potuto cancellare le ultime quarantotto ore...

Dei rumori lo distrassero dai suoi pensieri e usò lo strano spioncino che aveva installato Harry per vedere di cosa si trattasse. E quello che vide lo lasciò allibito.

Un'enorme folla di suoi compaesani, capeggiati da Jim Moriarty e Moran, agitava forche e fiaccole in direzione di casa sua, al grido di “rinchiudete la pazza”. Davanti a tutti, il carro del manicomio di Magnussen.







Inathia's nook:



Oooook gente, mi rendo conto che questo capitolo sia immenso e lungo sempre. Ma non volevo dividerlo per pubblicare due micro capitoli insulsi. Quindi, beccatevi 'sto polpettono ;) Dai che lo so, che in fondo i capitolo lunghi vi piacciono... *annusce con fare saggio. Poi si strozza con l'acqua e comincia a tossire in modo davvero poco saggio*
Cooooomunque, direi che qui ci sono quasi tutte le risposte alle domande del capitolo precendente.
John è coscente di aver baciato Sherlock, sa di provare qualcosa di molto forte per lui e no, non si è finto gentile solo per riguadagnare la libertà.
Bene.
E Harry... Oh, Harry ci mette mezzo secondo per capirlo... (Io ci vedo troppo Alex Kingstone per questo ruolo... si vede tanto che mi sono ispirata a lei nella scrittura del personaggio? Almeno, a lei e alla sua River, ovviamente). 
La scena in cui ci sono lui ed Harry che chiacchierano e finalmente chiariscono tutto quanto mi piace molto. Credo che John, alla fine, avesse bisogno solo di mettere in ordine i pensieri e di dirlo ad alta voce, quello che prova per Sherlock. 
Per il resto... credevate davvero che sarebbe finita lì? Che John sarebbe risaltato a cavallo e tutti sarebbero stati felici e contenti? Nah, in fondo non ci credevate neppure voi. Come si dice? Diciamo che questi capitoli sono gli ultimi "tranquilli". La calma prima della tempesta...
Ok, credo di avervi spaventato abbastanza ;) Gioia...
Un bacione e alla prossima :)

  
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