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Autore: CassandraLeben    18/10/2008    20 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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35 Salve a tutte! Ecco il cap 36
Scusate la fretta ma devo correre a studiare. In 9 giorni, 9 VERIFICHE + interrogazioni... io dico, manco fossimo a dicembre prima della fine del trimestre!!!
Mi raccomando, leggete e recensite! Spero apprezzerete il fatto che (finalmente) la nostra povera Bella ottenga quello che vuole XD
Che cose che ho scritto!!! Le ho rilette e sn arrossita, ma non avendo il tempo di cambiarle, posto così! Un po' hard ma suvvià, lasciamo che qualche volta si divertano anche loro XD
ps: io amo quel bel vampiro di Emmett anche se è un pazzo totale, soprattutto in questa ff. devo riuscire a dargli più spazio!!!!
ma ora, bando alle ciance! un grazie a voi che leggete e commentante! Così rallegrate le mie grige giornate di studio.
prossimo aggiornamento previsto per... Mercoledì o Giovedì. Spero che questo capitolo vi soddisfi!
Un bacione a tutte!!!                  
                                           Cassandra, in crisi per il non aver ancora trovato il suo Edward personale!

Bella's POV

< Edward! > Gridai girando a vuoto per casa. Non lo trovavo da nessuna parte. Effettivamente, non riuscivo a trovare nessuno… sembrava che ci fossimo solo io ed Elizabeth…

< Edward??? > Ero appena uscita dalla vasca. Quando ci ero entrata tutti erano al piano di sotto a chiacchierare e adesso parevano scomparsi nel nulla.
< Mm… se mi state prendendo in giro, vi assicuro che non mi state facendo ridere. > E mi accorsi che la mia voce tremava per la paura. Forse fu proprio per la traccia di terrore nel mio tono che Edward decise di venire allo scoperto, per così dire…

La prima cosa che avvertii furono le sue labbra sul mio collo e le sue mani, che potrei riconoscere fra mille, sui miei occhi. < Sht, Bella… eccomi. > < Edward! Ma perché fate tutti i cretini? > < Sht… > Mi bisbigliò ancora, bacandomi la pelle della clavicola lasciata scoperta dalla scollatura del mio vestito leggero. Naturalmente, a maniche lunghe. Mi prese, fulmineo, tra le braccia e mi cullò dolcemente. Tenendomi stretta, mi portò fuorì in giardino. Me ne accorsi perché sentii il sordo sbattere della porta dietro di noi e poi un leggero e piacevole venticello scompigliarmi i capelli sul viso. Risi quando le sita di Edward mi corsero lungo la giugulare. < Non fare domande. > Incuriosita dal tono, obbedii.
In silenzio mi lasciò scivolare dalle sue braccia ed io poggiai i piedi, con addosso dei sandali di cuoio, sul terreno fresco. I fili d’erba mi accarezzavano la pelle. Sempre tenendomi le mani sugli occhi, mi guidò verso un punto indefinito. Poggiai le mie mani sulle sue e mi accorsi di opporre resistenza al suo guidarmi. < Ehi… non ti fidi di me? > Mi domandò fingendo di essere offeso ed appoggiando la sua bocca sulla mia tempia. Impacciata balbettai: < No… no… cioè, mi fido di te, è di me che non mi fido. Cadrò sicuramente... cado già con gli occhi aperti, figuriamoci chiusi... >
< Bene, anche perché ora puoi aprire gli occhi. > E tolse le sue mani dal mio volto. Lentamente socchiusi gli occhi e la prima impressione che ebbi fu di essere caduta in un mondo incantato.

Eravamo nel giardino, ma nella sua parte più appartata, sul retro. In un punto non visibile dalla casa in quanto nascosto dal boschetto del giardino stesso. Un tavolo tondo posto sotto un baldacchino di rose rosse mi stava aspettando completamente apparecchiato. La stoffa bianca della tovaglia si stagliava nella semioscurità illuminata dalle candele che, a centinaia portavano da dove mi trovavo al piccolo angolo di paradiso attraverso una sottile stradina tortuosa che si faceva strada tra i cespugli di rose bianche.

Un candelabro antico e probabilmente d’oro, illuminava la tavola e il pergolato. Con le mani alla bocca per lo stupore, mi voltai per guardare Edward negli occhi. Lui sorrise alla mia espressione.
< Ti piace? >mi domandò teso.
< Edward… è splendido! È per questo che Alice si è inventata l’invasione di formiche rosse assassine sul retro del giardino, vero? > Chiesi un pochino in imbarazzo per esserci cascata nonostante conoscessi Alice. < Sì… non credo esistano formiche rosse assassine in questa zona dell’America settentrionale… > < Oddio, è assolutamente splendido… > Poi il mio stomaco brontolò e lui rise. Prendendomi per mano mi condusse sotto il pergolato dove fui avvolta dal dolce profumo di fiori e anche da quello molto invitante del cibo che si trovava celato dai contenitori di argento. Da galantuomo, Edward mi fece accomodare per poi cominciare a servirmi. Tutto era a dir poco buonissimo. Da quando avevo partorito, e quindi Edward non temeva più che dessi fuoco al pancione, ero tornata a cucinare per me, di solito insieme ad Esme o Alice. Rose preferiva decisamente stare con mia figlia. < Chi ha cucinato? > < Esme ed io… > e poi mi servì l’antipasto. Tra una portata e l’altra, si sedeva esattamente davanti a me per osservarmi mangiare. Uno dei suoi sport preferiti. Ogni portata era piccola, giusto tre o quattro cucchiaiate per poter permettermi di assaggiare tutto ma non ingozzarmi.

Arrivati al gelato, chiesi ad Edward: < Amore, la bambina come sta? > < Dorme. La sto tenendo d’occhio, o meglio, d’orecchio. > e poi mi accarezzò la guancia. Essendo passati solo due mesi dal parto l’allattavo ancora al seno ma con mia somma gioia, la mocciosetta dormiva moltissimo e adesso le sue poppate erano drasticamente calate in numero ma allungate in durata. Grazie a questo cambiamento nel suo tempo biologico, anche il mio si era stabilizzato. Non crollavo più dal sonno ogni 5 minuti e riuscivo a dormire tutta la notte di fila. Bastava allattarla subito prima di andare a dormire e subito dopo essermi svegliata. Durante il giorno, tre poppate bastavano. Era una bimba assolutamente adorabile. Non faceva i capricci e dormiva tranquilla. L’unica cosa era il fatto che piangeva sempre se si accorgeva di essere sola. Io ero la sua compagnia preferita. Subito dopo di me venivano Edward e  Rose. Sebbene le piacesse stare tra le braccia di tutti.
Sorridendo, affondai il cucchiaio nel gelato al limone e alla fragola. Fatto in casa…
< Vuoi anche il caffè? > mi domandò quando ebbi finito il gelato al lampone.
< Mm, non so. > Rise e me lo porse, ancora caldo.
< Certo che tu che mi lasci bere il caffé… > lo presi in giro < A cosa devo questa tua apertura alla caffeina? Non mi lasci bere neanche la coca cola… e poi, sto allattando… > < Diciamo che facciamo un’eccezione. Spero che questa sera tu ti addormenti tardi… > Disse facendo finta di osservare il roseto prendendomi un ricciolo tra le dita e giocandoci attorcigliandolo su sé stesso. Arrossii ed abbassai lo sguardo sulla tovaglia candida.

< Non ti va? > Mi chiese turbato. < Non preoccuparti. La mia era solo una proposta. Non sentirti obbligata per questo… > E mostrò i resti della cena. Alzai gli occhi e balbettai: < Ehi, guarda che a me va… e molto anche, visto che l’ultima volta mi hai impedito di… > Lui poggiò le dita sulle mie labbra facendomi segno di stare in silenzio. < Sai, speravo proprio che questa volta non mi dicessi di no… > E sorrise. Lo guardai confusa e poi gli dissi: < Edward, io non ti ho mai detto di no. Sei tu quello che di solito dice di no al sesso. > Lui continuò dicendo: < Un anno fa esatto, ti ho portata alla radura, dopo ciò che era successo con Victoria… non ricordi? Sdraiata supina sull’erba hai respinto le mie mani sulla tua pelle, sotto la tua camicetta. Quella volta sei stata tu a dirmi di no, anche se con notevole ed evidente sforzo se mi permetti. Il tuo cuore sembrava impazzito e le tue mani nei miei capelli come le tue gambe intorno alle mie mi dicevano il contrario delle tue parole… proprio come il tuo respiro e il tuo sguardo. > < Il giorno in cui ho deciso che era il momento di dirlo a Charlie… > Ricordai io. Con le guance imporporate sussurrai: < Lo sai perché ti dissi di no. Io ti ho sempre chiesto di fare l’amore con me ma tu ti eri sempre opposto. Volevi il matrimonio… In quel momento non potevo acconsentire sapendo che tu in realtà volevi aspettare, che stavi facendo tutto quello per me, andando contro ai tuoi desideri. >
Mi accarezzò di nuovo e disse: < Beh, forse non ci sarebbe Elizabeth adesso se tu allora non mi avessi chiesto di aspettare. > Poi si zittì, perso nei ricordi del mio rapimento.

Per distrarlo, mi chinai in avanti e lo baciai. Lui si lasciò ampiamente distrarre. Quando le sue labbra di ghiaccio si allontanarono per permettermi di respirare, mi accorsi di ansimare.

< Oggi, esattamente un anno fa, hai accettato di sposarmi. Ci siamo fidanzati ufficialmente in questo giorno. Mi hai chiesto l’anello, là, nella radura. Ricordi? > < Certo. > Risposi sincera. Lui mi baciò la mano, la fede e il cuoricino di diamanti fissato al mio braccialetto poi sfiorò l’anello di fidanzamento appeso al mio collo. < Quello per me è stato uno dei giorni più belli della mia esistenza. Paragonabile solo al giorno in cui hai accettato la mia proposta, a quello del matrimonio o a quello della nascita di nostra figlia… Gli unici momenti della mia vita meritevoli di essere vissuti lo sono stati solo grazie a te. Voglio che questo anniversario sia indimenticabile e speciale, proprio come sei tu per me. > Poi si alzò rapidissimo e mi prese tra le braccia. Mi stese sull’erba e poi si sedette sulle mie gambe. Si chinò a baciare il mio seno spostando la stoffa del vestito. Con una mano s’insinuò sotto il mio vestito, lungo la spaccatura sulla mia coscia. Me la massaggiava con le dita esercitando una leggera pressione. Quando arrivò agli slip, giocò con il laccetto sul lato per un po’ spostando la bocca dal mio petto al mio collo. Strusciai la mia gamba sul suo fianco e poi la accavallai sulla sua schiena insieme all’altra. A questo punto anche l’altra mano s’infilò sotto i miei vestiti. Dentro di me fui felice di aver indossato un completino di pizzo. Molto poco casualmente, una volta tornata in camera non ero più stata in grado di trovare della biancheria “normale”. Aperti i cassetti avevo trovato solo intimo piuttosto osé. Non era però la prima volta che Alice sabotava il mio guardaroba. Da dopo il parto non avevo più fatto l’amore con mio marito ma Alice mi aveva praticamente obbligato a mettere intimo non troppo casto. Diceva che Edward avrebbe apprezzato. Ed in effetti, nelle nostre serate non troppo innocenti sebbene fatte solo di carezze e coccole, sembrava che mia sorella avesse avuto ragione.
< Edward… > La mia voce arrochita dalle mie emozioni. < Sì? > La sua bassa e sensuale.
< Ti amo. > E un attimo dopo mi passò le mani sulla schiena alzando il vestito fino alla mia vita. Mi accarezzò a lungo e poi si arrestò.
< Continuiamo in casa? >
Annuii nascondendomi tra i suoi capelli rossi. Sorreggendomi con le sue braccia, mi prese in braccio come fossi una bambina ed io appoggiai il capo sulla sua spalla, dopo aver incrociato le gambe dietro la sua schiena.. 

Arrivati in camera. Andai al bagno mentre lui controllava la bambina e le rimboccava le coperte.
< La teniamo qui? > Chiesi dopo essermi lavata i denti. Addosso avevo ancora il vestito.
< Hai paura che si svegli? > Arrossii pensando al fatto che in quelle situazioni mi lasciavo molto trasportare e … bhe insomma… diciamo che non modulavo bene la voce… < Se vuoi la mettiamo in camera sua. > Annuii e lui la portò nella stanza adiacente.
Sdraiata a letto, lo aspettai e lui arrivò subito. Mi domandò: < Sicura di stare bene? >
< Starò male se dovrò aspettare ancora prima di poter amarti non solo con l’anima. > Scosse la testa fingendo di essere sconsolato e poi sorrise peccaminoso.

La prima cosa che fece fu di levarmi l’abito. Le sue mani erano veloci e precise. Quella sera non ci furono strappi nei miei vestiti. Per lo meno non quelli non intimi. Questa volta non aspettò che fossi io, impacciata, a sbottonargli i pantaloni e la camicia.

Seduto sul mio bacino, senza realmente sfiorarlo, mi accarezzava con dita avide. Era persino più impaziente di me, nonostante cercasse di non farmelo notare. Una volta in biancheria, volli levarmi la soddisfazione di togliergli i boxer. Lui mi lasciò fare ma poi mi sussurrò all’orecchio: < Allora quelli… > E sfiorò i miei glutei fino ad arrivare agli slip per poi salire fino al reggiseno < Sono compito mio. > Si chinò a baciarmi la pelle e poi con la lingua cominciò a giocare con i laccetti degli slip. Improvvisamente sentii il freddo dei suoi denti sfiorarmi. Trattenni il respiro mentre con i denti tagliavano i cordicini, prima uno e poi l’altro. Con il naso scese dall’ombelico fino alla stoffa bagnata che scostò con delicatezza poi, con le dita mi accarezzò la schiena e un clic mi avvisò che mi aveva liberato dal reggiseno. Quello che accadde nei minuti successivi non riesco a ricordarlo con molta lucidità. All’inizio fu molto gentile e misurato, come sempre. Cercava di non farmi male nel momento che più gli faceva paura. temeva di fare un movimento brusco e di ferirmi. Lentamente si unì a me stringendo il lenzuolo. Io invece trattenni il respiro e serrai gli occhi. Un po’ per vergogna un po’ per il leggero male. La nostra prima notte di nozze lui era stato così delicato, cosi misurato per evitare di farmi male che quasi aveva avuto paura a muoversi. Per quello aveva voluto che la prima notte la passassimo a casa, dove Calrisle avrebbe potuto intervenire in caso di necessità. Edward non sapeva cosa aspettarsi e aveva paura della sua stessa reazione. Neanche lui aveva provato prima quelle emozioni. Quando lo avevamo fatto durante la gravidanza, la paura di perdere per un attimo il controllo e poter quindi fare male ad Elizabeth lo aveva tormentato. Sebbene non me lo avesse mai detto, io lo avevo capito dal modo in cui mi toccava. Il pancione era troppo ingombrante per permettermi molti movimenti e quindi avevo dovuto lasciar fare tutto a lui. Adesso invece, nonostante si moderasse per evitare di ferirmi, si lasciò quasi subito andare molto di più. Dopo i primi momenti, in cui io mi abituai alla sua presenza e lui alla mia tensione, entrambi ci rilassammo. Lui poi cominciò a prendere l’iniziativa lasciandosi trasportare dalla passione. Potevo sentirlo nel suo respiro, nella pressione, persino dolorosa, delle sue dita sulla mia pelle. I suoi baci affamati del mio corpo, il suo stesso corpo impaziente. Era tutto così travolgente. Così coinvolgente… mi ritrovai ad annaspare in cerca di aria mentre il mio corpo si muoveva totalmente sconnesso dal cervello. I miei movimenti non rispondevano alla mia volontà, totalmente soggiogata dalla passione. Con le braccia cercavo di tenere Edward attaccato al mio corpo sebbene lui a volte cercasse di allontanarsi per guardarmi. Mi eccitava sentire il freddo del suo corpo sul mio seno. Quando sentii che stavo per perdere anche l’ultimo barlume di controllo, man mano che i suoi movimenti si facevano più veloci, scivolai con la mano destra dalla sua schiena ai suoi capelli ai quali mi avvinghia. Se fosse stato umano glieli avrei strappati. Era una sensazione unica essere una sola anima con Edward. I nostri corpi uniti erano complementari.
< Ti amo. > Sussurrò con un filo di voce mentre stringeva le sue mani sui miei fianchi facendomi male. Io ero troppo distante con la mente per rispondergli. Mi limitai a registrare l’informazione e ad emettere un ulteriore gemito di piacere. Ormai le mie grida e i miei ansiti erano udibili e mi vergognavo ma le mani intraprendenti di Edward sulla mia pelle mi fecero presto dimenticare il pudore.
Quando smisi del tutto di pensare, lasciai che fosse il mio corpo a guidarmi ed Edward, assecondando i miei movimenti, accentuava tutte le mie sensazioni. Dimenandomi per il piacere, chiamavo il suo nome accaldata e sudata. E ad ogni sua carezza il mio cuore batteva più veloce. Ad un tratto mi aggrappai a lui con tutta la mia forza e mi lasciai andare. Avevo cercato di ritardare, prolungare quel momento ma non riuscii a resistere. Poco dopo Edward fece lo stesso e lasciò che la sua mente lasciasse spazio al suo istinto.
Quella era stata fina a quel momento la notte più travolgente da me vissuta. Fortunatamente non fu l’ultima. Ci eravamo amati così intensamente che la sensazione che ebbi dopo fu di totale pace e gioia. Mi sentivo felice e bene. Ero completa, appagata. Edward respirava affannato sulla mia pelle e il suo respiro mi accarezzava gentile, contribuendo al mio stato di beatitudine.

Fosse stato per me, quella notte avremmo continuato all’infinito ma il mio corpo pareva avere necessità diverse da quelle della mia volontà. Sdraiandomi accoccolata sul fianco tiepido di Edward, appagato quanto me, gli accarezzai gli addominali. Le sue dita percorrevano la mia spina dorsale avanti ed indietro mentre i suoi occhi dorati erano fissi sul mio seno, schiacciato contro il suo corpo di marmo. Rimanemmo a lungo in quella posizione rilassante. Cullati dai nostri respiri che andavano tranquillizzandosi, ci coccolavamo a vicenda. Fu molto riposante. Presto mi sentii sveglia abbastanza per poter provare qualcosa di nuovo. Mi feci scivolare sopra di lui. In mio petto sopra il suo. 
< Sei una tentazione insostenibile. Come faccio a trattenermi? > mi domandò sfiorando le mie labbra con le dita.
< Non trattenerti. Non mi offendo mica… > Gli dissi maliziosa issandomi su di lui e chinandomi in avanti per poter leccare con la punta della lingua le sue labbra bagnate ed amare.
< Non questa sera… adesso riposati. >
< Non sono stanca. Colpa del tuo caffé. Oggi è un giorno importante tra l’altro. E poi… > cercai le parole giuste per dirglielo senza offenderlo. < Sì? > mi fece lui curioso.
Arrossita sussurrai: < Voglio provare a stare sopra. >
Mi guardò a lungo, studiando il mio volto e il mio corpo. Lo vidi combattere interiormente. La cosa intrigava anche lui ma allo stesso tempo pensava che fosse il momento che dormissi. Esultai dentro di me quando vidi le sue labbra piegarsi in un sorriso molto poco innocente e sentii le sue mani fare presa sul mio bacino. Per tutto il tempo le sue mani percorsero ogni centimetro della mia pelle come non avevano avuto modo di fare nelle nostre esperienze precedenti. Fu più complicato di quanto pensassi ma alla fine entrambi ci lasciammo guidare dai nostri sensi e per quello che riesco a ricordare di coerente, il non pensare funzionò. Quando ritornai nel mondo reale, ero sdraiata su di lui avvolta nelle coperte. Lo sentivo respirare il mio profumo.

Poco dopo, mi disse: < Prendi questo. > Mi misi a sedere e lo osservai prendere delle pastiglie dal cassetto. Me ne porse una insieme ad un bicchiere pieno di acqua appena versata da una bottiglietta nascosta nel suo comodino.
Afferrai la pastiglia con due dita e gli domandai: < Che cos’è? > < Ti ricordi quello che mi doveva comprare Esme a Gibson? > Io annuii e lui continuò: < Per evitare sorprese… >

Avendo capito, annuii. Dentro di me però mi resi conto di non voler prendere quella pillola. Senza dirgli niente afferrai il bicchiere, lasciai che vedesse che mettevo la piccola in bocca e poi deglutii, facendo attenzione a tenere la pastiglia tra i denti. Lui mi passò un fazzoletto per asciugarmi le labbra ed io, senza farmi notare, ci sputai dentro la pillola, poi accartocciai il fazzoletto e lo misi nel mio cassetto.
< Adesso dormi… > Mi bisbigliò gentile accarezzandomi il collo e i capelli.
< Nooo > Mi lagnai io. < Ancora, per favore! > lo implorai e gli sfiorai il corpo scendendo con la mano a sfiorargli l’inguine. Lui mi bloccò la mano prima che raggiungessi il mio obbiettivo. Tenendomi per il polso, portò la mia mano alle labbra e la baciò.

Mi obbligò a voltare il capo e fissarlo negli occhi. Con le dita tracciò il profilo delle mie occhiaia e disse: < Devi dormire. > Stanca, mi abbandonai al suo petto cullata dalla sua voce. Ad un certo punto, semiaddormentata, gli sussurrai. < Sarebbe bello poterlo fare ogni volta che vogliamo, senza scomodare tutti. Quanto mi piacerebbe avere un posto solo per noi… una casetta per noi e la nostra bambina, dover poter essere una famiglia… > Lui mi accarezzò i capelli e mi bisbigliò addolorato: < Bella, non sai quanto vorrei darti questo, darti tutto ciò che desideri. Se potessi, ti giuro che preparerei una casetta per noi. Non sai quanto mi dispiaccia non poterti accontentare. Anche io lo vorrei… ma è solo per la sicurezza tua e di nostra figlia. La vostra incolumità viene prima di tutto. Lo sai… > E mi baciò la fronte. Annuii e  gli dissi che io ero felicissima anche così. Dopo Volterra, l’importante per me era stare con lui e con la bambina, insieme agli altri Cullen, il resto sarebbe venuto dopo. Stretta a lui e da lui mi addormentai. Non dormii a lungo dato che Elizabeth si svegliò. Edward diceva che aveva il mal di pancia. Mi suggerì di dormire assicurandomi che si sarebbe occupato di lei ma io ero certa che non sarei riuscita ad addormentarmi sapendo che la mia bambina non si sentiva bene.

Mentre la cullavo cercando di calmarla, seduta in salotto verso le quattro di mattina, Edward venne da me e mi prese la mano. < Bella, Amore… > < Sì? > Sbadigliai io. Lui mi accarezzò la guancia e cercando le parole giuste e mi disse: < Perché non me lo hai detto? > < Cosa? > < Che vorresti un altro bambino… > Mi zittii e svegliai completamente nel giro di pochi istanti. Mi ero dimenticata di buttare il fazzoletto e lui aveva scoperto la pillola. Mi si gelò il sangue temendo che si arrabbiasse con me. Prima arrossii e poi impallidii. Lui mi accarezzò gentile e mi disse: < Non sono adirato. Solo, perché non me lo hai detto? Non ti avrei dato la pillola… > < Temevo che tu non avresti voluto … un altro bambino. > Ammisi capendo solo in quel momento la sensazione che avevo provato prima. Cercai di discolparmi dicendo: < Pensa poi ad Elizabeth, unica bimba in questa casa di vampiri… tutta sola. >  Lui mi baciò e mi disse: < Questa volta però, che ne dici di un maschietto? > Sorrisi sollevata e lui mi baciò con passione, mentre le sue mani mi accarezzavano le guance. < Questo dipende da te… > gli sussurrai felice che avesse accettato il mio desiderio. Rimasi sveglia tutta la notte e, quando la mattina dopo gli altri tornarono, Emmett mi guardò in faccia mentre in cucina stavo mettendo in frigo il latte che avevo tenuto via per Elizabeth e mi disse: < Oddio, cosa avete combinato questa notte voi due? Ci andate pesante! Hai una faccia, Bella… > Io arrossì e cercai di balbettare qualcosa riguardo Elizabeth ma lui non me ne lasciò il tempo. < Dovrò ricordare ad Edward che sei ancora umana… non può mica pensare di fare come faccio io con Rose… > non riuscì a continuare la frase dato che Rosalie, apparsa davanti alla porta, gli diede uno scappellotto e gli sibilò qualcosa riguardo al futuro prossimo delle loro nottatine piccanti. Lei svanì in giardino dopo avermi fatto un cenno di saluto con la mano. Vidi Emmett ignorarmi e correrle dietro gridandole delle scuse e dicendo che era dispiaciuto, pronto a fare tutto ciò che lei voleva, come lo voleva...

Chiaramente esisteva solo un modo per tenere in riga gli uomini…

Edward e Carlisle andarono al piano di sopra dove la nostra bambina si era appena addormentata dopo avermi tenuto sveglia tutta la notte. Li seguii e mi lasciai rassicurare da Carlisle riguardo la salute della bambina. Mentre si occupavano di lei, tornai al piano di sotto. Andai in bagno per darmi una sciacquata e notai dei segni scuri sul mio corpo, tracce della passione di Edward... 
Toccai la macchia violacea sul mio bacino e trattenni un gemito. 
Per evitare di angosciarlo, non gli avrei detto niente e avrei cercato di non fargli sapere nulla.  Prima di giocare ancora, avrei aspettato che fossero spariti. Un po' di attesa sarebbe stata ripagata da un Edward privo di remore nel toccarmi, temendo di farmi del male.
Esausta, andai a sedermi sul divano e lì mi addormentai appoggiata alla spalla di Alice, immaginando di dare un fratellino alla mia bambina.

Il bambino che avremmo voluto però non arrivava. Secondo Carlisle il problema non era mio (Il mio ciclo era regolarissimo) ma di Edward. La teoria di mio suocero era piuttosto strana ma, dato che non riuscivo a rimanere incinta nonostante avessi aspettato un po' prima di riprovarci seriamente, doveva essere giusta. Edward ovviamente, come da sua natura, si sentiva in colpa e diceva che era colpa sua se io non potevo essere felice. Mi dovetti impegnare per convincerlo che ero felice lo stesso e comunque, non disperammo, impegnandoci molto per raggiungere il nostro obbiettivo. 
Emmett se la rise vedendo che li cacciavamo tutti di casa almeno quattro volte a settimana...
Io di questo certo non mi lamentavo. Potevo avere Edward tutto per me senza sguardi od orecchie indiscrete, il che è sempre un bene quando si fanno certi giochi...  

  
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