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Autore: Phoebus    25/10/2014    2 recensioni
Sette anni dopo la feroce battaglia, Dublino.
Un viso conosciuto, visto e accarezzato mille volte.
O semplice fantasia? Mera illusione?
Un solo obiettivo: ricordarti.
Genere: Drammatico, Erotico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Famiglia, Weasley, Il, trio, protagonista, Minerva, McGranitt, Neville, Paciock | Coppie: Ginny/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Sembrava un sogno.
Sembrava la vita intera e la sua fine. Sembrava tutto insieme, tutto che scorre, si scombina e si chiude tra due bocche.
Quel bacio conteneva tutto quello che Alex aveva sempre desiderato, fin dalla prima volta che l’aveva intravista in libreria mentre, distratta e bellissima, leggeva incurante le vicende di Emma Bovary.
 
Lentamente Hermione staccò le labbra umide dalle sue, ma non si distanziò; era sempre lì, lì davanti, bella come poche cose al mondo, era sempre lì, lì addosso come se non ci fosse altro posto, come se il tempo fosse fermo, come se tutto potesse ridursi a quel ponte di legno sul Liffley.
Era incredibile, eppure era successo. Stava succedendo.
 
Alex sfiorò quel viso, pianissimo, con la paura che potesse scomparire irrimediabilmente sotto le sue dita se solo avesse osato fare di più.
 
“Come si fa ad allontanarsi da te?”
 
Hermione sorrise, felice.
Per la prima volta dopo incalcolabile tempo.
E la baciò di nuovo, d'impeto, stringendosi forte a quella giacca grigia.
 
 
 
 
 
 
 
Attraversarono il ponte e passeggiarono per un po’ senza poggiare i piedi per terra e senza sapere bene dove andassero. Entrambe avevano il cuore troppo leggero per credere che fosse tutto vero, che davvero proprio loro due, le più improbabili, le meno compatibili ora avessero un filo stretto da petto a petto.
 
Dublino si stava addormentando, silenziosa e leggera anche lei, come una nobildonna spossata dalla dura giornata di ozio uggioso. Eppure, senza saperlo, quella donna aveva fatto un miracolo: aveva fatto ritrovare alle due giovani una pietra grezza di indicibile valore.
 
 
 
 
La bibliotecaria si fermò di colpo, la maga si sorprese.
Erano arrivate al suo appartamento, a poca distanza dal Trinity College e dai dormitori degli studenti universitati. Alex abitava lì da anni.
 
 
“Beh io…io abito qui…”
 
“Ah, wow! – rispose Hermione, ammirando la bellissima zona. Aveva un che di ottocentesco, però le piaceva – E’ carino qui. Molto carino! Ho perso ogni capacità stasera e credo che domani non ricorderò dove abiti, né come ci si arrivi!”
 
Erano bellissime insieme, due anime agli antipodi, lontane anni luce ma complementari.
Non era solo questione di spirito, ma di colori, di suoni, di voglie. Di mondi.
 
“Perché non sali?”
 
 
 
“Cosa...?” – ad Hermione si fermò il respiro. Doveva aver capito male.
 
Molto male.
 
 O bene, molto bene.
 
“Ti ho chiesto se ti va di salire. – Alex la guardava, ma senza malizia. Non voleva travisare le sue stesse parole. Non voleva essere precipitosa. Non voleva rovinare tutto. Ed ebbe paura di averlo fatto – Sono al terzo piano, beviamo qualcosa se ti va e poi ti lascio andare, giuro. Non ho cattive intenzioni.”
 
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni...”
 
 
“Come scusa?” – stavolta era Alex a credere di non aver capito.
 
“No, niente! Scusami, un flash...Lo dicevamo quando, ecco…Lo dicevamo sempre a scuola. Non so come mi sia venuto in mente, perdonami!” – invece lo sapeva benissimo. Erano quegli occhi. Era quel blu.
 
“Lo prendo per un sì allora. – Alex mise repentina la mano nella tasca della giacca, prese la chiave e socchiuse piano il portone – Vieni…”
 
 
 
 
 
Fece strada, dopo aver chiuso per bene; voleva essere più naturale possibile e non dare strane idee alla ragazza che stava entrando per la prima volta in casa sua.
Voleva essere galante, voleva conquistarla. Voleva farle capire che le piaceva.
 
E le piaceva da morire.
 
 
 
Osservava Hermione che saliva le scale, come fosse una visione. Quasi uno scherzo, per quanto incredibile.
 
 
 
 
Hermione a casa sua: fino a quel pomeriggio le era sembrata solo un’utopia, un sogno irrealizzabile. Un'assurdità. E invece era lì.
E, forse, sarebbe stata sua…
 
 
E tra mille pensieri che avevano il suo profumo e la forma delle sue gambe, Alex le indicò la strada come ogni buon padrone di casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
“Alex.”
 
 
 
La giovane in camicia si voltò all’altra, temendo che qualcosa non andasse. Proprio ora che c’erano quasi.
 
 
 
“Sì?”
 
 
 
 
 
Ma non fece in tempo a vedere o dire altro.
 
 
 
Hermione salì i due gradini che le separarono e, afferrandole il bavero della giacca, la baciò con tutta la passione di cui era capace
 
 
 
 
Alex le cinse la vita: era così bello poterla stringere, avere la sua pelle contro, talmente bello che finì per chiedersi come dovesse essere spogliarla e farci l’amore.
 
 
Il paradiso in terra, sicuramente.
 
 
 
 
 
 
Anche Hermione la voleva. 
La voleva come non aveva mai voluto nessun altro, come non aveva mai desiderato nessuno dei suoi precedenti ragazzi. Nessuno le aveva mai fatto partire la testa così, nessuno l’aveva mai disinibita tanto. Nessuno le apriva il desiderio come Alex sapeva fare, senza nemmeno impegnarsi troppo.
 
Con le labbra ancora unite, Hermione pose le mani sul seno di Alex, le fece scivolare a terra la giacca e aprì l’immacolata camicia.
 
 
 
“Di questo passo tutti i miei buoni propositi si andranno a far benedire, lo sai vero?”
 
Ma Hermione la guardava con una bramosia che non ammetteva repliche.
 
“Non me ne importa nulla, lo sai vero?”
 
 
 
Alex riuscì, faticosamente, ad arrivare davanti al suo portone con la ragazza ancora contro, con un bacio che descrivere passionale sarebbe riduttivo.
Con quella voglia immane, con la saliva dell’altra e il suo profumo intenso.
Con le mani sulle gambe di Hermione, su quelle gambe che aveva tante volte sognato.
 
 
 
 
La porta era proprio lì, c’erano quasi.
 
La camicia era ormai del tutto aperta e Dio solo sa quanto Alex voleva aprire in fretta quell’ennesima porta e far sì che Hermione gliela togliesse definitivamente.
 
 
Poi d’improvviso…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Aaaleex…” – una vocina leggera le raggiunse dal tappeto sulla soglia.
 
Una donna riccia e bruna si alzò dal giaciglio dove era tutta rannicchiata, accanto alla porta d’ingresso dell'appartamento.
 
 
 
 
 
Hermione si sciolse da Alex che, svelta, si riappropriò della camicia e spalancò gli occhi.
 
“Chi sei tu? E che ci fai davanti la porta di casa mia?” – Alex si frappose tra Hermione e quell’insolita donna che giaceva sul pianerottolo. Nei suoi occhi azzurri si nascondeva, male, un'insolita paura.
 
 
“Fai finta di non conoscermi, eh? Mm posso capirlo, stavi per farcela in fondo...”
 
 
“Che cosa vuoi? Certo che non ti conosco! Vattene o sarò costretta a chiamare la polizia.”
 
La situazione si fece seria, sospesa su un filo troppo labile.
Si poteva avvertire un’ansia recondita.
 
 
 
“Alex, calmati. – Hermione cercò di placare la ragazza che fino ad un attimo prima baciava, poggiandole una mano sulla spalla. La vide molto tesa e per un momento temette il peggio – Sono sicura che è solo un malinteso e la signora se ne stava andando.”
 
Si voltò alla donna e questa non fu da meno: la sconosciuta sostenne con estrema durezza lo sguardo della giovane maga.
 
 
 
 
 
Ma si beffò del tentativo di pace di Hermione e si mise in piedi: aveva un aspetto provocante e altero, incurante e tentatore.
Indossava una gonna con uno spacco laterale molto pronunciato ed un corpetto non propriamente sobrio.
Hermione non conosceva molto bene il mondo babbano, ma donne così le aveva già viste e in strade scure, fuori città. Eppure quelle ragazze avevano sempre lo sguardo triste; questa donna invece emanava superbia.
 
 
 
“Allora Alex, è lei? – la donna si riferiva ad Hermione – E’ lei la tua prescelta? Quella di cui mi parlavi tanto. Hermione, quella che volevi farti a tutti i costi, giusto?”
 
 
 
 
 
Alex stava per esplodere: non l’avrebbe sopportata un momento di più. Quella donna voleva rovinarla.
 
 
“Cosa vuole da me, signora?” – fu Hermione a frapporsi stavolta e ad affrontare la strana donna.
 
 
“Cosa voglio da te? Non lo sai?! Allora, devo dedurre che la nostra amica in comune non ti ha detto proprio nulla sulle nostre abitudini...”
 
 
“Detto cosa?”
 
 
 
 
 
Alex non ce la fece più ed esplose.
 
“Lasciala stare, Bellatrix! Vattene via!” – alzò la voce, spaventando Hermione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Ah, vedo che ti ricordi di me allora... – la donna si avvicinò ad Hermione, scrutandola con fare indisponente – Sì, sì. E’ proprio carina, avevi ragione Alex, ottima scelta. Sono sicura che ci divertiremo un mondo, tutte e tre. Non temere Hermione, io ed Alex abbiamo molta esperienza in queste cose tra donne…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La donna, di nome Bellatrix, le pose una mano su un fianco, avvicinandosi provocante. Hermione la scaraventò via e si allontanò, incamminandosi svelta verso le scale.
 
 
 
“Hermione, aspetta!” – Alex la rincorse. Ma la maga non voleva saperne: si era sentita usata ed ingannata – Hermione! Posso spiegarti tutto, aspetta!”
 
 
Ma era tardi, Hermione aveva raggiunto il portone d’ingresso e si era immessa nel viale, lasciando di sé solo una scia di profumo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La folla la accolse nel suo continuo viavai selvaggio, ma lei non ci badava neppure.
 
Aveva gli occhi bassi e le braccia incrociate sul petto; si sistemò la spallina del vestito, spostato fino a poco fa dalla persona di cui si era fidata. E che invece aveva tutt’altri piani.
 
Si disse che era stata una stupida, un’ingenua sognatrice. Una stupida innamorata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Alex rimase a metà della rampa di scale.
Il cuore le si era fermato. L’aveva ferita. Vederla andar via, l'aveva ferita.
Aveva fatto esattamente l’unica cosa che non voleva fare; era riuscita nel totale inverso della missione che si era prefissata: conquistare Hermione.
L’aveva avuta per un attimo e poi l’aveva perduta, tutto nella stessa sera.
 
 
 
 
 
“Perché? – era entrata nel suo appartamento sbattendo la porta; la donna del malaugurio l’aspettava tranquillamente sul divano – Si può sapere perché l’hai fatto? Che cosa vuoi? Che cosa volete che io non vi abbia già dato?”
 
Bellatrix alzò gli occhi strafottente e rise. Rise di gusto.
 
“Dovresti ringraziarmi! Dovresti solo ringraziarmi, Alex. Se io non fossi intervenuta, avresti perso la testa. E non puoi permettertelo.”
 
“Sono pienamente cosciente del mio ruolo e non ho perso proprio nulla. Mi stavo solo… - si interruppe un secondo – Mi stavo solo divertendo. Posso farlo, ne avrò pur diritto o no?”
 
 
“Non con lei.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Alex aprì il mobile accanto alla finestra. C’erano delle bottiglie in fila.
Dietro di esse, nascosta, si trovava una piccola bottiglia sudicia e vecchia dalla forma di fata.
La prese; il contenuto era verdognolo.
 
Bellatrix capì cosa voleva fare e le porse un bicchiere vuoto ed una zolletta di zucchero dalla credenza.
 
Alex riempì il bicchiere poggiandovi sopra un cucchiaino con la zolletta. Si corciò la camicia fino ai gomiti e fissò lo zucchero.
 
 
 
 
 
Non con lei…” - improvvisamente, come evocata da quelle parole aspre, una scintilla dette il via alla piccola fiamma che sciolse lo zucchero, facendolo ricadere nel bicchiere sottostante.
 
Tolse il cucchiaino, ormai inutile, e trangugiò il primo mezzo bicchiere d’assenzio in un solo colpo.
Ne seguirono altri.
Ne seguirono tanti.
 
 
 
“Bevi, bevi pure. Ma vedi di non andare su di giri, non troppo almeno. Siamo attesi a palazzo.” - Bellatrix la controllava e lasciò che sfogasse con la fata verde quel momento e quel lacerante dolore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’alba baciò l’orizzonte irlandese.
Un uomo di mezz’età dai lunghi capelli bianchi attraversava il viale alberato di una cascina abbandonata, sperduta nel verde.
Era sempre di bell’aspetto, nonostante le rughe sparse sul viso e la cicatrice evidente sul collo.
Sorrideva sinistro come se pregustasse qualcosa, come se sentisse già sulle labbra il sapore di quella vittoria. Di quella che sarebbe stata la vittoria del suo Signore e quindi anche la sua.
Aveva aspettato quasi dieci anni, si era nascosto e aveva abbandonato la sua famiglia per il suo scopo, per il motivo della sua vita. Niente aveva più importanza che depurare la magia dal putrido in cui uomini pazzi e assurdi, come quel vecchio e per fortuna morto Silente, l’avevano condannata.
 
L'uomo proseguiva tranquillo, avvolto nel lungo mantello nero e lasciando che il cappuccio gli si adagiasse sulla schiena. L’aria gelida del mattino non lo infastidiva, ma anzi sembrava goderne come un balsamo rigenerante.
 
Alla fine del lungo boulevard due figure l’attendevano.
 
Malfoy chinò il capo: davanti vi era il suo Signore. E lo guardava fisso.
Con un veloce gesto della mano, l’Oscuro Re fece segno al suo discepolo di avvicinarsi.
 
“Guarda Lucius. – alzò l’indice – Guarda che spettacolo. Finalmente siamo pronti, ancora un po’ di allenamento e avremo tutto ciò che ci serve.”
 
Malfoy seguì quel dito sporco e ombroso.
Indicava un terzo personaggio che, fisso nella radura incolta, mirava gli alberi innanzi.
L’uomo corrugò la fronte, non capiva.
 
 
“Mio Signore, cosa volete dire? Vi ascolto e sapete che sarò sempre il vostro più devoto servitore.”
 
“Guarda attentamente, stupido. Guarda… Bellatrix aveva ragione. Guarda la potenza. Eccola... - la sua voce pareva un sussurrato brivido – Quella è la chiave di volta per il potere e la distruzione della magia insana. Così io tornerò a governare e a far tremare tutti gli impuri fino sentirli urlare di dolore per poi chiedermi di ucciderli senza pietà. Ricordi la profezia della Camera dei Segreti?”
 
“Certo, mio Signore, l’erede di Serpeverde.”
 
“No, imbecille. – il feroce disappunto poteva leggersi su quel viso cadaverico e teso, con fessure al posto del naso. Ma poi continuò - Nessuno ci prestò attenzione all’epoca, ma la Camera ha una seconda ed ultima profezia. E noi, presto, l’avvereremo. Con questa esplosione di potente magia nera.”
 
Lucius Malfoy non la ricordava, non sapeva nemmeno che esistesse un’ulteriore profezia oltre quella della riapertura per mezzo dell’erede, già avveratasi anni prima.
 
Poi tacquero entrambi e la figura davanti a loro, incappucciata e piena di rabbia, continuava ad agitare le braccia colpendo a suon di magia oscura la foresta stregata. 
  
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