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Autore: Benio Hanamura    25/10/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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   Inutile dire che quello spaventoso evento sconvolse totalmente la mia vita, ma mai, nemmeno quando quel lontano giorno di primavera al mio villaggio, avrei potuto anche solo minimamente immaginare fino a che punto, e tanto meno in che senso!
   Quella catastrofe strappò la vita a più di centomila persone, senza considerare le decine di migliaia di dispersi. Era orribile l’idea di non poter ricevere in alcun modo notizie dal villaggio, ma non c’era niente da fare in quel senso: le distanze erano moltiplicate dalla difficoltà che erano sorte negli spostamenti, e molto probabilmente non avremmo potuto più contare nemmeno sullo zio, perché anche se era stato estratto vivo dalle macerie della casa dove si trovava era rimasto gravemente ferito e non si sapeva nemmeno se avrebbe potuto tornare a camminare come prima. In quell’occasione erano stati organizzati una specie di ospedali da campo laddove era stato possibile, e Kiyoko aveva potuto raggiungere facilmente il padre per poterlo assistere ogni giorno. Da un lato la invidiai per questo: magari se il villaggio esisteva ancora c’era qualcuno nella mia casa che avrebbe avuto bisogno di quello stesso aiuto da me, ed io non avevo nessun modo di raggiungerlo!!!
   Ovviamente nessuno in città poteva permettersi il lusso di abbandonarsi alla disperazione per la perdita della propria casa o dei propri cari: un atteggiamento del genere non sarebbe stato certo adeguato, per nessuno che fosse degno di essere giapponese, e comunque dovevamo far fronte alla necessità di sopravvivere nel miglior modo possibile ed alla confusione generale che era conseguita al terremoto;  come se non bastasse, nei giorni successivi i giornali pubblicarono le storie più assurde, testimoniando la totale distruzione di Tokyo, il parlamento Giapponese completamente spazzato via, l'intera regione del Kanto affondata in mare, la distruzione dell’isola di Izu dovuta ad un’eruzione vulcanica e diverse altre.
   Il Ministro dell’Interno istituì la legge marziale dando alla sicurezza ed all’ordine la massima priorità. Ogni giorno si lottava per sopravvivere, per procurarci generi di prima necessità, per contribuire in base alle nostre possibilità alla ricostruzione di quanto era stato distrutto.  
   E poi dovemmo vedercela con la notizia più atroce che furono capaci di inventarsi i giornali, ovvero che i coreani stavano avvelenando i pozzi: ovviamente ciò seminò ulteriore panico fra tutti (alcuni anziani morirono di sete semplicemente perché si rifiutarono ostinatamente di bere acqua che avrebbe potuto essere avvelenata!) e scatenò persino una vera e propria caccia al coreano, con episodi di efferata violenza con lo scopo di allontanare le persone potenzialmente pericolose, se non addirittura di sterminarle. Persino alcuni giapponesi, erroneamente considerati coreani per simile pronuncia e dialetto, condivisero la stessa sorte… Fra di loro anche un vecchio cliente del nostro okiya, che solo per miracolo riuscì a scampare ad un vero e proprio linciaggio!
   Fu un periodo orribile dunque, ma ciò nonostante non è stato il peggiore della mia vita, perché, dice qualcuno, anche nelle disgrazie si può trovare qualche motivo di gioia, ed infatti io ne ho trovati diversi.
   Innanzitutto perché nessuna di noi che vivevamo all’okiya fu fra le vittime, e poi  ho saputo che Shinobu si è sposato. E non con la donna che l’aveva salvato, la duchessa Michailov. Purtroppo lei è stata fra le vittime… Una cosa terribile, essere fuggita dal suo paese a causa della rivoluzione per trovare la morte qui, poco tempo dopo, durante il terremoto! Ma considerando le circostanze, di cui mi ha messa poi al corrente Shinobu, nemmeno tanto terribile: la duchessa è morta per salvargli la vita, finendo al suo posto schiacciata da un pesante antico lampadario del salone del castello degli Ijuin, ma prima che la vita abbandonasse per sempre il suo corpo già così consumato dalla tubercolosi lei aveva sorriso, come mai le aveva visto fare nel periodo in cui avevano vissuto insieme, perché sapeva che all’altro mondo avrebbe trovato ad attenderla il suo defunto marito, il suo unico vero amore, e non se ne sarebbe mai più separata. Ciò che avrebbe potuto succedere anche a me, se Koji in qualche modo non fosse tornato per spingermi a mettermi in salvo prima che fosse troppo tardi…
   Così Shinobu, ormai consapevole di non aver lasciato insoluto il suo debito di riconoscenza da cui lei stessa l’aveva liberato, era riuscito a raggiungere Benio-san, la cui cerimonia di nozze era stata bruscamente interrotta dal terremoto e dopo essere riusciti a scampare miracolosamente alla morte avevano infine trovato la solidarietà di Aoe-san, che aveva dato la più grande prova d’amore nei confronti di Benio-san lasciandola libera di seguire il suo cuore! Non ho trovato affatto strano che dopo averne passate tante quei due abbiano aspettato soltanto pochi giorni per sposarsi, rinunciando ad ogni sfarzo per la loro sospirata cerimonia, che anche in circostanze diverse avrebbe risentito dei grossi debiti che gravavano sulla famiglia Ijuin!
   Avevo compreso da tempo, nonostante i nostri pochi incontri troppo brevi, quanto fosse nobile l’animo di Aoe-san ed avevo imparato presto a stimarlo molto. Kiyoko scherzosamente mi incoraggiò a consolarlo, perché quella ragazza era stata una pazza a lasciare andare un uomo di tale valore, che non era soltanto bello ed affascinante, e che non meritava certo di restare solo; io sapevo bene che non avrebbe potuto esserci altro che amicizia fra noi: sapevo che probabilmente Aoe-san non sarebbe più riuscito ad amare nessun’altra donna, già aveva faticato a lasciarsi andare con una, ed infatti se ne andò per un lungo periodo all’estero, con il pretesto di un viaggio di lavoro, organizzato in realtà solo per dimenticare e perciò prolungato ben più del necessario; ma soprattutto: non era Aoe-san colui che mi era stato riservato dal destino!
  
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