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Autore: bicorn    26/10/2014    5 recensioni
Tutto ciò che fa l’amore è irrompere, e bruciare e finire. Ma un mercoledì, in un bar…l’ho visto ricominciare di nuovo.
Genere: Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io AMO Taylor Swift (e chi non la ama?)
E, ovviamente, amo le brittana (e chi non le ama? pt.2)
E poi il collegamento Swift-Brittana è tutto, anche se la canzone non era questa ma LOL
E in più ho sempre voluto scrivere una song fic.
Questa è la prima che scrivo, quindi abbiate pietà di me.
Come immagino abbiate capito dal titolo, la canzone è begin again, dell'album red.
Buona lettura. :)
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I’ve been spending the last 8 months thinking all love ever does is break and burn and end.”

Le note della canzone di Taylor Swift uscivano fuori dalle cuffie a volume altissimo, riempendomi le orecchie ed entrandomi nelle vene, e nel cuore.

Avevo sempre avuto un debole per le sue canzoni, erano così semplici ma riuscivano comunque ad entrarti dentro, in un modo o nell'altro. E in particolare quella canzone, era diventata la colonna sonora della mia vita negli ultimi mesi.

Lui ha sempre detto che non capiva questa canzone, ma io si.

Mi strinsi nella felpa e uscì di casa, diretta allo Starbucks come ogni mercoledì pomeriggio.

Nonostante Ottobre fosse appena iniziato, faceva talmente freddo che ti si congelavano anche le ossa.

Percorsi a piedi i pochi metri che mi separavano dalla mia destinazione, arrivata aprì la porta e mi avviavi al mio solito tavolo, quello all'angolo che con la finestra affacciava alla strada.

Lui non aveva mai capito perché mi piacesse tanto sedermi proprio lì, con tutti i tavoli disponibili, ma io si.

Una volta presa l'ordinazione, cacciai fuori il libro che mi portavo sempre dietro. Da quando lui era andato via, avevo deciso di prendermi più tempo per me.

Uscivo, anche da sola, e leggevo di più, avevo finalmente imparato a cucinare e mi ero completamente immersa nel ballo. Non che prima non lo facessi, ma ora era diventato il fulcro attorno a cui ruotava la mia vita.

Ne avevo abbastanza dell'amore. Da quando lui aveva deciso di lasciarmi e andare via, avevo smesso di credere nell'amore.

O meglio, ci credevo si. Ma il mio modo di pensare era cambiato negli ultimi anni. E mesi.

Avevo passato gli ultimi mesi della mia vita pensando che tutto quello che l'amore facesse fosse irrompere, e bruciare e finire.

Non avevo motivo di pensare il contrario, data la mia esperienza, no?

Dopo aver letto per ben dieci volte la stessa frase, decisi di chiudere il libro e che quello non fosse decisamente il pomeriggio adatto per leggere.

Presi la tazza di cioccolata calda che avevo ordinato e la portai alle labbra, chiudendo gli occhi e beandomi del calore emanato dalla bevanda.

Inspirai profondamente e mi appoggiai allo schienale della sedia, lasciando scorrere tutti quei pensieri che da otto mesi a questa parte mi avevano tormentato.

E fu quando riaprii gli occhi che li vidi.

Due occhi scuri erano fissi su di me. Scuri come la notte, profondi come una voragine. Erano curiosi, indugiavano su ogni parte del mio viso, studiandolo e contemplandolo, come fosse un opera d'arte.

Doveva avere la mia età, la ragazza che mi stava fissando. Aveva i capelli scuri, anche più scuri dei suoi occhi, e sparpagliati disordinatamente sulle spalle.

Ma come diamine fa? Pensai, non appena vidi come era vestita. Una canotta color crema metteva in risalto il suo prosperoso e generosissimo seno, e un paio di leggings gli arrivavano a stento alla caviglia. Tenuta sportiva, certo, ma con questo freddo?

Distolsi lo sguardo imbarazzata e decisi di immergermi finalmente nel libro che avevo portato.

Ma lo sentivo. Sentivo ancora il suo sguardo bruciarmi addosso. Perché mi stava guardando?

Abbassai lo sguardo alla ricerca di qualunque cosa che avrebbe potuto mettermi in imbarazzo e attirare lo sguardo su di me, ma non trovai niente.

In prenda all'imbarazzo, mi passai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e alzai lo sguardo incrociandolo di nuovo col suo. Ora aveva gli occhi sbarrati e la bocca aperta in una piccolissima o. Ma che diavolo ero? Un fenomeno da baraccone?

Innervosita dalla situazione decisi di immergermi, e questa volta per davvero, nel libro.

Ma lo avevo detto io che quello non era proprio il pomeriggio adatto per leggere.

“Ti dispiace se mi siedo?”

Aveva una voce bassa. Roca. Sembrava dolce. E probabilmente stava sorridendo.

Alzai lo sguardo e vidi la ragazza dagli occhi scuri fissarmi ancora, e ancora, e ancora. Sorrideva, infatti, e teneva la mano poggiata sulla sedia di fronte alla mia.

Aprii la bocca per parlare ma non uscii nulla.

Bene. Fantastico. Ero diventata anche muta ora.

Presa, di nuovo, dall'imbarazzo mi limitai a scuotere la testa e a riporre il libro.

Lei sorrise ancora, e ancora, e ancora. Il fatto che arricciava il naso facendo la faccia piccola quando sorrideva, fece sorridere anche me.

“Scusami..” riprese lei “non volevo metterti in imbarazzo. E' che non riesco a smettere di guardarti da quando sei entrata.”

Per poco non mi affogai con la cioccolata che avevo ripreso a bere e tossicchiai.

Imbarazzata al massimo (le mie orecchie dovevano sicuramente essere rossissime, dato il modo in cui mi fissava) dissi la prima cosa che mi passò per la mente “vengo qui ogni mercoledì.”

Ma quanto sei intelligente?

Lei annuì senza perdere quel graziosissimo sorriso “cosa stavi leggendo prima di essere bruscamente interrotta?”

Una risatina decisamente ridicola uscì dalla mia bocca prima che potessi fermarla.

“Cercando Alaska.”

Storse il naso in modo così adorabile che mi venne di nuovo da ridere.

“Conosci?”

“Si. E' che non mi piace John Green. Lo trovo..” alzò le spalle “sopravvalutato.”

“Cosa?” alzai di un'ottava la voce “è il mio autore preferito!” gracchiai indignata.

Lei piegò la testa all'indietro e rise. Sembrava una bambina. Mia cugina di tre anni rideva così ogni volta che dicevo qualcosa di stupido, quindi non potevo fare a meno di paragonarla ad una dolcissima e adorabilissima bambina.

“Cosa c'è da ridere?” chiesi aggrottando le sopracciglia.

“Non ridevo di te..” si fermò, come per pensarci su “è che sei così carina.”

Kaboom.

Il cuore iniziò a battermi talmente forte nel petto che avevo paura che sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro.

E mi sentivo tutta la faccia bruciare. Ero sicuramente diventata di un ridicolissimo rosso in viso.

Dannata pelle chiara.

Quella ragazza (non le avevo ancora chiesto il nome?) era riuscita a trasformare l'ennesimo mercoledì deprimente passato tra cioccolata calda e libri in..in..non so neanche come definirlo.

Come definire il modo in cui mi stava facendo sentire?

Una sconosciuta dagli occhi scuri e le tette grandi (ok, si, brava, continua a guardarle le tette, mi raccomando) continuava a fissarmi come fossi una delle cose più belle che avesse mai visto e mi aveva fatto un complimento. E io come avrei dovuto sentirmi?

Stava flirtando con me?

Non ero mai stata molto pratica di queste cose. Per me c'era sempre stato solo lui: ci eravamo conosciuti e innamorati al liceo, e all'infuori di lui per me non esisteva nessun altro.

Anche per questo motivo, mi crollò il mondo addosso quando decise di lasciarmi.

Da dove avrei dovuto iniziare per rifarmi una vita?

Tutto ciò che fa l’amore è irrompere, bruciare e finire.

Mi stava fissando di nuovo. Questa volta curiosa.

Probabilmente avevo lo sguardo perso nel vuoto come un pesce lesso e la bocca semi aperta.

Di qualcosa. Qualsiasi cosa.. “sono Brittany.”

Lei rise di nuovo in quel suo modo un po' così, arricciando il naso e piegando la testa all'indietro, e non potei fare a meno di scoppiare a ridere. Dovevo sembrare una grandissima idiota.

Si, stava ridendo di me. Ma non mi importava.

E' così strano che riesca a trovarmi divertente. Lui non lo faceva mai.

“Brittany..” tastò il nome sulla sua bocca “ è un nome carino.”

Carino.

“Scusa..” riprese “carino è decisamente riduttivo per te.”

Lei sorrise soddisfatta per il complimento appena fatto, ma la mia reazione non fu proprio la stessa.

Abbassai lo sguardo trovando improvvisamente interessante il pavimento e sperai con tutta me stessa di non essere arrossita di nuovo.

Nonostante ottobre e il freddo, ora sentivo improvvisamente caldo.

“Io sono Santana, comunque. Ti prego, nessuna battuta su Satana e cose così perché ne ho avute abbastanza per tutta la durata del liceo.”

Scoppiai in una fragorosa e sguaiatissima risata.

Santana.

Certo, era un nome che non avevo mai sentito. Ma era così carino. E poi non avrei mai paragonato un essere simile a Satana.

Anche se pensandoci, Lucifero era un angelo, il più bell'angelo del paradiso, quindi perché non paragonarla a Satana?

Ok, stavo impazzendo. Decisamente. Il suo sguardo bruciava ancora su di me. E anche io bruciavo. Di imbarazzo.

Lei rise scuotendo il capo come per scacciare un chissà quale pensiero le fosse balenato per la testa.

“Vieni spesso qui? Non ti ho mai vista..” domandai curiosa. Una ragazza come lei l'avrei sicuramente notata. (Ma cosa stai dicendo?)

Lei scosse la testa “mi sono trasferita qui, a New York, una settimana fa. Casa mia non dista molto da qui.”

Il pensiero che probabilmente l'avrei rivista mi scaldò il cuore.

“Se dovessi scegliere il mio posto preferito nel mondo, probabilmente sarebbe questo. Intendo, proprio questo tavolo qui. Mi piace venire qui a leggere, o semplicemente a bere una cioccolata, oppure a guardare la vita di New York scorrere davanti questa finestra” sputai fuori prima di rendermene conto. A dire il vero quello che avevo detto era vero. Ma non volevo sicuramente dirlo ad alta voce e passare per una sciocca o una che non ha nulla da fare durante la giornata.

Dio, quanto dovevo sembrare idiota da uno e dieci?

Spostai la mia attenzione dalla finestra al suo viso, e lo vidi illuminarsi. Di quella luce che solo le persone davvero speciali riescono a mostrare.

E sorrideva ancora. Naso arricciato. Occhi quasi chiusi. Lingua tra i denti.

Il mio cuore prese a battere forte, sempre più forte..oddio aveva le fossette..e ancora più forte.

Tutto ciò che fa l’amore è irrompere, e bruciare e finire.

“Io..io devo andare” balbettai. Si, ora balbettavo anche? Altro?

Avevo un corso tra mezz'ora e, Dio, credo di non aver mai odiato la danza in vita mia fino a quel momento.

Insomma, avevo incontrato questa sconosciuta in un mercoledì come un altro. Ed era così semplice parlare con lei. Avrei continuato per ore. Avrei voluto chiederle perché si fosse trasferita a New York. E perché girava in canotta quando faceva così freddo. E perché con tutti i posti liberi, e ce ne erano molti, aveva deciso di sedersi proprio accanto a me.

Tutto ciò che fa l’amore è irrompere, e bruciare e finire. Ma un mercoledì, in un bar… l’ho visto ricominciare di nuovo.

Non appena mi alzai, lei fece lo stesso e puntò lo sguardo fisso nel mio.

“Lascia che ti accompagni.”

Oddio aveva gli occhi scuri. Cioè, sapevo avesse gli occhi scuri, ma non immaginavo così scuri. E visti da vicino, poi.

Chi ha detto che gli occhi scuri non sono belli come quelli chiari?

“Non ti deruberò o farò del male, tranquilla” disse ridendo nel suo modo un po' così.

Aspetta, cosa?

Accompagnarmi..oh dannazione.

“E' che non torno a casa..io devo andare..puoi accompagnarmi alla porta?” dissi balbettando, di nuovo. Quindi ora ero diventata balbuziente. Oh, interessante.

Lei sorrise ed annuii. Le fossette.

Trafficò nella borsa e posò i soldi sul tavolo. Per entrambe.

E prima che potessi anche solo obiettare, mi afferrò per il polso e mi condusse alla porta.

Il suo tocco..oh mio dio.

La sua pelle bruciava letteralmente a contatto la mia.

Ed era davvero delicata come sembrava.

Come la sua voce e come la sua risata. Come lei.

Mi aprii la porta per permettermi di uscire e io non potei fare a meno di arrossire per la trecentesima volta quel pomeriggio. Ma lo faceva apposta o cosa?

Il fatto è che lei non sapeva quanto bello fosse quel gesto. Ma io si.

Una volta uscite entrambe mi lasciò il polso, per poi incatenare di nuovo il suo sguardo nel mio.

“Ci rivedremo?” Domandai, speranzosa.

Ovviamente non mi aspettavo una risposta negativa.

Ma, senza rendermene conto, trattenni il fiato.

Santana non rispose. O almeno non lo fece a parole. Si sporse in avanti e mi lascio un fugace bacio sulla guancia.

E quel gesto valse più di mille parole. Nonostante il contatto fu rapido, chiusi gli occhi, beandomi della sensazione delle sue labbra piene a contatto con la mia guancia.

Mi sentivo bruciare dentro.

Quando riaprii gli occhi lei aveva già girato i tacchi per andare nella direzione opposta alla mia.

E quando mi lanciò uno sguardo, accompagnato dal suo graziosissimo sorriso, da sopra la spalla, la mia anima si sciolse come burro al sole.

E la consapevolezza che l'avrei rivista il mercoledì seguente mi fece sorridere ancora di più (da quanto stavo sorridendo?)

E quel sorriso mi accompagnò per tutta la giornata.

Tutto ciò che fa l’amore è irrompere, e bruciare e finire. Ma un mercoledì, in un bar… l’ho visto ricominciare di nuovo.
 

  
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