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Autore: Benio Hanamura    26/10/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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    Sono passati diversi anni da quel 1° settembre, un giorno che non potrò mai dimenticare, come certamente sarà per i tanti altri giapponesi sopravvissuti alla catastrofe. Le grida di orrore, le fiamme, le macerie, la fame, le violenze che si verificarono per le strade nei giorni successivi, e quanto altro io abbia visto o sentito o vissuto in quei terribili momenti a volte tornano prepotentemente alla mia memoria, esattamente come i dolci ricordi legati a Koji ed al mio villaggio: niente potrà cambiare questo dato di fatto, e del resto io stessa non vorrei cambiarlo. Perché è stato tutto spaventoso, è vero, tanto che talvolta quelle immagini mi svegliano ancora di soprassalto la notte turbando la serenità del mio riposo, ma è anche vero che con esse torna alla mia mente anche altro, che subito compensa ampiamente quelle sensazioni sgradevoli.
    E’ da molto tempo che non vivo più all’okiya. Nel periodo appena successivo al terremoto la okasan ha realizzato di sentirsi ormai troppo anziana per le responsabilità che competevano al suo ruolo, così ha designato la sua erede ed ha iniziato ad istruirla personalmente affinché potesse succederle quanto prima, anche se in realtà Kikyo-san era già da tempo così competente da non averle richiesto grossi sforzi in tal senso.
   Mentre Shitaji (che è diventata una bellissima ragazza) pare ormai destinata ad una lunga e brillante carriera dopo aver riscosso molti consensi  fin dal suo debutto come maiko, Kiyoko è stata infine riscattata dal suo danna, che quel giorno non aveva perso i suoi averi, ma era rimasto vedovo e l’ha quindi sposata appena terminato il periodo di lutto. Lo zio si è ripreso, ma un po’ per l’infortunio ed un po’ a causa degli acciacchi dell’età ha deciso di abbandonare la sua attività, nella quale lo ha poi sostituito mio fratello Toshiro, che ha dimostrato ben presto grandi capacità, anche se ovviamente è ancora giovane ed inesperto. Gli piace viaggiare, e sveglio com’è impara tutto in fretta.
   Grazie al cielo tutta la mia famiglia è sopravvissuta alla catastrofe. Nel villaggio la scossa si è sentita molto meno, ed i danni sono stati molto meno gravi che in città. Nella casa della mia infanzia ora vivono ancora i miei genitori con Keita; e con loro c’è Sanzo, che potrà aiutarli insieme alla moglie, una ragazza giudiziosa e piena di buona volontà che ha sposato di recente. La famiglia Kimura si è arricchita lo scorso anno di una coppia di gemelli: Yuriko  è occupatissima come e più di sempre, presa dalla cura della casa e dei figli, ma è felice, e le sue pene amorose di quando era ragazza non sono ormai che un vago ricordo. In una delle sue lettere più recenti mi ha scritto che Yuichi Tanaka se la passa alquanto male: Hotaru, frivola com’è sempre stata, ha scialacquato rapidamente i loro risparmi riducendo la famiglia in miseria. Ma non è mai stata particolarmente avvezza al lavoro duro; perciò, avendone avuto di recente l’occasione, è fuggita con un ricco commerciante che si era trovato a passare per il villaggio e che lei era riuscita a sedurre, lasciando l’unico bambino che avevano avuto al marito, che così era stato costretto a rassegnarsi a svolgere anche i lavori più umili per crescerlo adeguatamente, oltre che per badare agli anziani genitori. Mia sorella mi ha scritto che le dispiace molto per lui ed io ci credo, perché lei non è mai stata capace di odiare; mi ha anche scritto che non vi è più traccia del ragazzo indifferente ed egoista di un tempo, quella dura esperienza di vita lo ha cambiato radicalmente, spingendolo a diventare quanto prima un padre responsabile.
    Non vivendo più all’okiya ho finalmente la possibilità di andare dove voglio, incontrare chi voglio quando preferisco: sono andata a cercare la mia famiglia e mi sono trattenuta per diversi giorni al villaggio, appena ne ho avuto la possibilità: quanto è stato diverso quel viaggio, seppure più accidentato, da quell’orribile ma più comodo viaggio in treno nel giorno in cui tentai invano di poter rendere l’ultimo saluto al mio adorato Koji, per poi essere scacciata malamente dai suoi genitori! Procedetti molto più lentamente, ma ogni ora, ogni minuto, man mano che la distanza verso i miei cari si accorciava sentivo di poter respirare meglio.
  In seguito sono stata altre volte a trovarli, l’ultima in occasione del matrimonio di Sanzo. Ed ovviamente ben più spesso ho incontrato Kiyoko, le mie amiche rimaste all’okiya (risorto dalle sue ceneri), Kikyo-san  ed ovviamente la mia okasan che è rimasta lì pur non svolgendo più il suo ruolo ed ha scelto Miyuki come sua cameriera personale.
 Sono facilmente tornata ad un abbigliamento più sobrio, elegante ma da donna più “perbene”, e per quanto la vita da geisha avesse anche dei lati positivi ho provato un grande sollievo per non essere più costretta a quei ritmi spesso troppo sostenuti, fra lezioni del mattino, esercitazioni ed organizzazione dei vari spettacoli, per non parlare, soprattutto, degli ozashiki con clienti non sempre gradevoli. Non mi capita più di svegliarmi a mezzogiorno, ma non mi pesa affatto alzarmi sempre presto, perché per me era abituale al villaggio e poi adesso sono io a volerlo perché sono io ad organizzare la mia vita.
   Non sono più costretta a stare per ore davanti allo specchio per farmi vestire e pettinare e per sistemare il trucco come d’obbligo per ogni geisha, che non può permettersi di mostrarsi  in pubblico se non è certa di apparire perfetta sotto ogni aspetto. In realtà lo faccio ancora qualche volta, ma soltanto se sono io a volermi mostrare perfetta, anzi, semplicemente per piacere all’unico di cui ormai mi importi di piacere: perché, a volte mi pare troppo bello ed incredibile per essere vero, ora ho nuovamente qualcuno accanto, qualcuno per il quale ritengo valga la pena apparire al meglio, non perché mi dia in cambio denaro ma soltanto per la gioia di poterlo renderlo felice. A volte canto o eseguo qualche passo di danza per lui, non perché mi chiede di farlo, ma perché so di fargli piacere, soprattutto dopo aver capito quali sono i brani che preferisce.
   Per tanto tempo sono stata convinta che lo strazio provato quell’orribile giorno nel parco dopo aver letto quel volantino e poi la delusione alla notizia del fidanzamento ufficiale di Shinobu mi avessero privata del tutto della possibilità di provare nuovamente certi sentimenti, ma qualcosa iniziò a riaccendersi in me quel 1° settembre, quando riaprii gli occhi fra le sue braccia, e nonostante mi trovassi in una situazione così difficile, rischiando di morire fra le fiamme o schiacciata sotto le macerie, mi sentii completamente al sicuro, esattamente come mi ero sentita da bambina quella lontanissima notte sotto la neve, che non si è mai ridotta ad un ricordo remoto, ma è rimasta e rimarrà sempre viva nella mia memoria e nel mio cuore, come se tutto fosse accaduto pochi giorni fa.
   Ma altrettanto vivo, fino a quando sarò vecchia e morirò, rimarrà in me questo nuovo, dolcissimo ricordo, quello dell’uomo gentile e coraggioso che non ha esitato a sfidare il fuoco per salvarmi la vita, una vita che sempre più ho desiderato dedicare a lui, e non per semplice riconoscenza, non per un banale affetto verso colui che da quel giorno mi è stato accanto, sostenendomi nelle difficoltà di quel periodo come non ha potuto fare mio padre finché non ho potuto rivederlo miracolosamente vivo e vegeto con il resto della mia famiglia al villaggio…
   O meglio: naturalmente all’inizio è stata la profonda gratitudine a spingermi verso di lui, ad indurmi ad assisterlo con la devozione di una figlia, dato che per proteggermi con quel pesante pannello di legno si era procurato un brutto strappo alla schiena. Ma poi pian piano ho imparato a conoscerlo sempre meglio, mi sono resa conto sempre più di quanto, al di là della nostra comune sofferenza, avessimo in comune nonostante la nostra differenza di età: così il mio affetto per lui è diventato sempre più profondo, tanto che ho provato un’immensa gioia quando un giorno, mentre passeggiavamo insieme lungo il fiume godendoci la fioritura degli alberi di pesco, il maggiore Hanamura mi confessò (forse un po’ troppo timidamente per la sua età, tanto da sembrare anche un po’ buffo) di provare per me ciò che prima aveva provato soltanto per la sua povera moglie, ed in quel momento mi resi conto di contraccambiarlo!
 
  
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