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Autore: RiccioLilli    26/10/2014    3 recensioni
Erano partiti per un viaggio; erano stati lontani da casa per quattro mesi.
Quel giorno sarebbero tornati.
Ma erano cambiati.
Erano diversi, dal momento in cui quel fulmine era arrivato.
Genere: Commedia, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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GOTTA BE YOU

Louis’ pov

Il ragazzino sorrise alla madre, mettendo in mostra due dolci fossette.

Lei gli scostò un riccio ribelle dal viso.

“Dovremo andare a tagliarli presto. Non vorrai ritrovarti i capelli lunghi quanto tua sorella, vero?” disse teneramente, guardandolo con quella luce negli occhi che solo le madri hanno quando guardano i propri figli.

Il bambino fece una smorfia, ma prima che potesse protestare, la madre lo attirò a sé e lo abbracciò forte.

“Cresci così in fretta.” sussurrò, lasciandosi sfuggire un sospiro, mentre una lacrima di commozione, velata da una punta di tristezza, le scorreva sulla guancia.
Il figlio la vide, e si sentì perso. Non gli piaceva veder piangere la persona che ai suoi occhi di bambino da poco decenne conservava quell’aura d’angelo; un porto insicuro e incrollabile, che l’avrebbe protetto per il resto della sua vita.

La madre si accorse del suo sguardo curioso e si affrettò a sorridergli; ma il bambino, tra sé e sé, conservò quella sensazione di perdita, e promise che non l’avrebbe fatta piangere mai più.

Condizionato dalla tenera ingenuità tipica della sua età, si disse che avrebbe smesso di crescere, piuttosto di farla piangere di nuovo.

Le immagini si confusero nella mia mente, e il tempo sembrò trascorrere più velocemente. In pochi istanti, il bambino si ritrovò seduto davanti a una torta al cioccolato con dieci candeline colorate, circondato da altri bambini, alcuni sorridenti, altri impazienti.

Sua madre accese le candeline una ad una, mentre una smorfia di concentrazione si dipingeva sui delicati lineamenti del ragazzino, intanto che si scervellava sul desiderio giusto da esprimere.

Una macchinina nuova? Un bacio dalla sua compagna più carina? La speranza che un buco nero inghiottisse sua sorella per sempre? Altre ingenue e bizzarre idee, che solo un bambino di dieci anni può immaginare.
Poi, il volto del riccio si illuminò: l’aveva trovato.

Si avvicinò alle candeline quanto bastava per sentirne il calore, che gli pizzicò gli occhi. Li strizzò, prima di formulare nella propria mente il suo desiderio.

Non voglio diventare un grande.

Il suo dolce e buffo pensiero gli parve fluttuare nell’aria insieme al suo soffio leggero, che spense tutte le candeline.

Aprii di scatto gli occhi, impiegando qualche istante per abituarmi al ritorno alla realtà.

Di nuovo quel maledetto sogno. Era la terza notte che mi capitava; e, di nuovo, mi ritrovai a pensare di star dimenticando qualcosa. La forte sensazione di essermi lasciato sfuggire un dettaglio importante mi attanagliò per i minuti successivi in cui, in silenzio, stetti lì sdraiato, con gli occhi spalancati e lo sguardo fisso sul soffitto bianco della mia camera, illuminato a malapena dalla luce del sole sorgente.

Cosa dimenticavo? Cosa stavo trascurando?

Sospirando, mi decisi finalmente ad alzarmi, dato che era ormai chiaro che non mi sarei riaddormentato; troppi pensieri mi affollavano la mente.

Arrancai fino al bagno; una volta uscito, mi diressi con calma verso la cucina, per tentare di inghiottire qualcosa per colazione.

Una fredda sorpresa mi avvolse quando vidi Harry seduto al tavolo, con un bicchiere da latte in mano e i capelli spettinati, come se ci avesse passato la mano più volte; i suoi occhi erano stanchi.

Non parlavamo dal litigio di qualche giorno prima, non mi aspettavo che mi rivolgesse la parola; ma tentai lo stesso.

“Buongiorno. Anche tu ti unisci al club degli insonni?”

Mi guardò per istante, concentrato su immagini che non potevo vedere e pensieri che non potevo sentire.

Poi, la sua espressione si illuminò, e fu in quel momento che i miei dubbi divennero evidenti.

La stessa espressione, gli stessi occhi verdi e brillanti.

“Tu. Sei tu! Devi essere tu!”

Le sue parole zittirono i miei pensieri.

“Come, scusa?” sussurrai, colto da un sospetto.

“E’ da tre fottuti giorni che sogno te e il tuo faccino idiota. Sei tu, so che sei tu!”

“Anch’io.”

Probabilmente quelle erano le ultime parole che si sarebbe aspettato di sentire.

“Anche tu ti sogni?”

Scossi la testa: “Sogno un bambino. Con i ricci e gli occhi verdi, e due fossette, e un’espressione da coglione. Per caso, al tuo decimo compleanno c’era un’enorme torta al cioccolato?”

“E per caso a quattordici anni avevi un’ossessione per il piano?”

Improvvisamente, ricordi che avevo chiuso in un cassetto in un angolo remoto della mia mente mi si pararono davanti.

Il vento portava con sé aria fresca, entrando dalla finestra spalancata.

Le mie dita scorrevano veloci sui tasti del pianoforte, mentre una smorfia di concentrazione mi si dipingeva in faccia.

La melodia famigliare, accompagnata dalla mia voce, si diffuse nella stanza e poi nella casa deserta.

“Hello, hello, anybody out there? ‘Cause I don’t hear a sound. Alone, alone, I don’t really know where the world is…”

E già non importava più che non avessi amici, che fossi solo, che nessuno mi parlasse.

Ero solo con la mia musica, e questo bastava.

“… Sometimes when I close my eyes I pretend I’m alright, but it’s never enough.
‘Cause my echo, echo, is the only voice come back; shadow, shadow, is the only friend that I have…”

Lasciai che la solita sensazione di pacatezza e serenità che suonare mi procurava m’invadesse.

“… Just my echo, echo… Oh, my shadow…”

Felice nella mia solitudine.

“… Hello, hello, anybody out there?"
[Echo, Jason Walker.]

Pensai che avrei dato di tutto per suonare per sempre.

Ma non potevo. Perché dovevo dormire, mangiare, studiare, vivere.

Non mi piaceva vivere, a me piaceva la musica.

Avrei dato qualsiasi cosa, qualsiasi, per poter fermare il tempo.

Volevo fermare il tempo. Volevo smettere di crescere.

Volevo starmene lì a suonare il piano per sempre.

“Che ci sta succedendo?” Sussurrò Harry, stringendo forte il bicchiere che ancora teneva tra le mani.

“Non lo so, Harry, non lo so.”
 
 *E, COME AL SOLITO, SONO IN RITARDO*
SCUSATEEEE.
Va beh, a parte i compiti e lo studio, non avevo proprio voglia di sedermi al computer e scrivere; anche perché ultimamente sono molto presa da un'idea per una futura FF sui 5SOS. 
Che ne dite, la leggereste?
E inoltre, il fatto che lo scorso capitolo abbia ricevuto una sola recensione mi ha scoraggiata; ringrazio eightsvoice per essere passata nonostante i vari impegni e problemi <3
E ringrazio tutti i lettori silenziosi. 
So che ci siete, anche se a volte ammetto che mi chiedo se vi costi così tanto scrivere una piccola recensione...
Va beh, ora vado, sulle note di Photograph.
A presto <3
  
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