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Autore: The Ghostface    27/10/2014    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 2
 
Erano passati tredici anni da quando Ghostface era stato rinchiuso nel Tartaro.
Tredici anni da quando BB e Corvina, ormai trentenni, si erano sposati…e tredici anni aveva April, la loro figlia primogenita.
In quegli anni molte cose erano cambiate…
BB e Corvina avevano lasciato la Torre, andando a vivere con la loro famiglia in una bella villetta a schiera comunque in prossimità della T-Tower, erano sempre pronti ad accorrere in caso di necessità.
Corvina aveva iniziato una carriera da scrittrice di successo, ne aveva di avventure da raccontare, e ora anche una famiglia da mantenere.
Il suo lavoro le piaceva, non aveva superiori, faceva le pause quando voleva e poteva dedicarsi sia ai suoi figli che alla lotta contro il crimine.
Il suo settimo bestseller della famosa saga“Memorie dall’ombra” era già tra i cinque libri più venduti dell’anno e già si parlava di farne una serie cinematografica.
BB, finanziato dai soldi guadagnati dalla moglie, cercava ancora di sbocciare nel mondo della musica rock, così come in quello dei fumetti Marvel (c’era quasi riuscito ma un certo Peter Parker gli aveva soffiato l’idea del “ineluttabile fanciullo opilione” proponendo a Stan lee un nuovo eroe “ the amazing spider-man” e venendo assunto al posto suo) anche nel cinema non aveva avuto successo e ora meditava aprire una tavola calda per vegani… in parole povere faceva il casalingo mantenuto.
Quei tredici anni erano passati in armonia nella famigliola, solo la luna di miele era durata otto mesi, il progetto originale doveva essere di due anni ma alla mezzo demone si erano aperte le acque nel Colosseo…
Tuttavia erano tredici anni di vita trascorsi senza rimpianti…o quasi…
Nel frattempo la coppia di sposini si era anche impegnata ad avere altri due figli, Rick e Ruby, un maschio e una femmina di otto anni, meglio noti nella famiglia dei Titans come i Gemelli.
I cloni in miniatura del padre…
April invece era diversa caratterialmente da entrambi i genitori, ma si poteva distinguere facilmente in lei i tratti della madre, la pelle pallida, grandi occhi color corvo, simili a quelli ametista di Corvina, lunghi capelli neri, lisci e setosi, la stessa gemma di Azar in fronte, che Trigon aveva tramandato a Corvina e a sua volta Corvina ad April.
I gemelli invece ne erano sprovvisti, così come non aveva ereditato alcun potere dalla madre, eccezion fatta per una debole telecinesi, in compenso mantenevano entrambi la dote cangiante del padre…con risultati devastanti durante i frequenti litigi.
April invece dei poteri di BB non aveva nulla, ma possedeva quasi tutte le capacità della madre in più era in grado di creare illusioni sensoriali perfettamente realistiche, a patto che conoscesse la situazione da ricreare mentalmente.
Corvina sapeva che una piccola parte di suo padre era penetrata in tutti i suoi pargoli, per questo aveva già iniziato a introdurre April alla meditazione e al controllo delle emozioni, oltre che alla magia, per i Gemelli era ancora presto, e poi quei due demonietti scalmanati erano davvero poco interessati agli arcani mistici, al contrario della loro sorellona, che ne era affascinata…e questo la rendeva più influenzabile dal nonno.
Stella e Robin (che ormai era noto come Nightwing, solo nella Torre continuavano a chiamarlo “Robin” nonostante le sue proteste…le abitudini sono dure a morire) erano rimasti una coppia di fatto per un paio d’anni poi si erano a loro volta felicemente sposati, nonostante il ragazzo mascherato sentisse una sorta di inibizione, qualcosa simile a un ricordo di un evento terribile accaduto appunto riguardo a un matrimonio, e non se lo spiegava, gli unici matrimoni a cui aveva assistito erano stati quello di BB e Corvina e poco più tardi quello di Acqualad e la sua nuova ragazza, Bumblebee, e in entrambi tutto era andato idillicamente.
Eppure il suo istinto aveva continuato a metterlo in guardia per tutta la cerimonia.
I soldi non erano certo un problema per la coppietta, grazie al proficuo e flessibile lavoro gentilmente offerto a Robin nelle Wayne Enterprise da un certo Bruce, con tanto di ferie e uscita libera in caso di emergenze (che andavano da un attacco ultradimensionale di orde di alieni assatanati a un “vivace battibecco” con la focosa mogliettina…la seconda era senz’altro più rischiosa per Nightwing)
Avevano avuto un figlio di dodici, stranamente di nome Bruce, ma nonostante la giovane età il ragazzo poteva essere tranquillamente scambiato per un quindicenne per fisico e statura, i geni tamaraniani gli aveva portato in eredità la forza della madre, il volo e la capacità di apprendere linguaggi tramite il contatto labiale ma non era in grado di sparare gli starbolts.
Nightwing viveva ancora alla Torre, con la sua famiglia, ma quando i due eroi volevano un momento di intimità si incontravano in un appartamento che avevano comprato fuori città utilizzando l’identità segreta di Robin, un posto perfetto per restare indisturbati.
Anche Cyborg continuava la sua vita nella sua amata Torre, con la sua amata T-car, la sua amata playstation, la sua amata dieta ricca di carne e grassi… e al momento c’era anche qualcun’altra di amata nella sua vita…
Stavano insieme da poco, ma erano pieni di progetti, dopo aver reciprocamente fallito la storia con Bumblebee e con Kidflash, Cyborg e Iella avevano deciso di perdonarsi gli sgarbi del passato e darsi una seconda possibilità.
La ex-criminale era entrata ufficialmente a far parte dei Teen Titans di Jump city, diventando un membro più che attivo all’interno del gruppo.
Passavano molto tempo per conto loro ad “affinare la loro conoscenza dei reciproci interessi” come dicevano al ritorno dai loro week-end di coppia.
Ma era fin troppo ovvio cosa intendessero con “interessi” specie quando Iella terrorizzata si era confidata con Corvina temendo di essere gravida…per poi scoprire che si trattava di indigestione di burritos.
Il mezzo robot si divertiva nel suo mestiere, pilota automobilistico, ma quello che lo penalizzava era che non tollerava che nessuno mettesse mano alla sua bambina a parte lui, specie dopo il modo in cui l’aveva ridotta Ghostface.
E se la macchina ci guadagnava in qualità…perdeva senz’altro più tempo al pist off.
Quanto a Iella, troppo orgogliosa per fare la casalinga, troppo peperina per sopportare un capo-uffico e troppo innamorata di Cyborg per tornare a rubare si era trovata un lavoretto come cameriera nella pizzeria in centro a Jump-city.
La cosa sembrava funzionare bene per il momento, ma il mezzo-robot tendeva a cambiare facilmente ragazza, e non si poteva certamente dire che la maga dai capelli rosa fosse più stabile.
Ma per ora si godevano la loro relazione, lasciando che fosse il tempo a decidere come farla finire.
Ma molte cose stavano per cambiare…
 
-Siamo stati colpiti!- urlò il sorvegliante del Tartaro.
Il lato Ovest della prigione era stato letteralmente spazzato via dalla devastante forza distruttrice della cometa.
Il resto era stato scagliato dalla violenza dell’impatto nell’atmosfera terrestre, lì la forza di gravità aveva subito attaccato quel rivale che da anni la sfidava nello spazio, beffandosi della sua incapacità di trarlo a sé.
Ora invece la stazione precipitava avvolta dalle fiamme e ruotando su se stessa ad altissima velocità.
-Mai stato più felice di essere in una cella imbottita!- esclamò Ghostface parlando da solo, cosa che aveva cominciato a fare dopo 13 anni di isolamento in cui l’unica voce che sentiva era la sua.
Veniva sballottato come un pupazzo privo di volontà all’interno della cella, sbattendo contro le pareti; per sua fortuna erano rivestite di gommapiuma e prive di qualsiasi mobilio.
Ma non si poteva dire che aiutasse molto contro la violenza con cui veniva scagliato conto i muri che sotto lo strato di gommapiuma erano pur sempre di acciaio rinforzato.
Aveva calcolato che la sua cella, la più interna e corazzata sarebbe uscita integra dalla caduta protetta dalla robusta struttura esterna, ma che la serratura elettronica sarebbe senz’altro andata distrutta dall’impatto.
Certo, questo non gli sarebbe servito a molto se fosse precipitato nell’oceano, ma con un po’ di fortuna sarebbe atterrato sulla terra ferma, o magari sopra un’isola tropicale.
Dopo aver ricevuto l’ennesimo dolorosissimo colpo ed essersi spezzato tre costole Ghostface raggiunse un’ intelligente considerazione.
-Se è vero che posso rigenerarmi, e lo è, a che scopo restare cosciente a farmi spezzare tutte le ossa quando posso sgolarmi e riprendere i sensi quando sarà tutto finito?- rifletteva volteggiando all’intero della cella – E inoltre un corpo rilassato a più possibilità di riportare meno danni di uno contratto dagli spasmi del dolore per gli urti ricevuti…- disse battendo violentemente la testa contro la vetrata di cristallo antiproiettile della prigione -…Come questo…- aggiunse stringendo i denti.
Guardando fuori dalla vetrata vide le guardie in preda al panico, scagliate contro le pareti d’acciaio da quel delirio roteante che era ora il Tartaro.
Vide ossa spezzarsi, visi deformati dalle urla e dal terrore, teste spiaccicarsi contro i muri, e sangue un lago si sangue.
Riconobbe George Marwell, la guardia venuta a portargli la lettera.
Gli lanciò un macabro sorriso poco prima che il ragazzo finisse stritolato da una delle pesanti porte blindate, strappate dai muri delle celle e che ora erano veri e propri proiettili a grandezza d’uomo.
Dopo quest’ultima visione, il vecchio si passò l’indice artigliato sul pomo d’Adamo, aprendosi la gola da parte a parte, una morte rapida e indolore, quando sarebbe tornato in sé sarebbe stato come nuovo.
L’inquietante e spettrale sorriso di morte lanciato alla guardia rimase dipinto in quel volto scavato per tutta la caduta, impresso dai muscoli rimasti contratti nel rigor mortis, come una tetra maschera dell’ineluttabile destino di tutti gli uomini.
Il Tartaro avvolto nelle fiamme proseguiva sempre più velocemente al sua discesa verso la morte solcando il cielo con una scia di fuoco.
 
 
-Guarda mamma, una stella cadente!- esclamò April, la ragazza guardava il cielo fuori dalla finestra nella fredda notte autunnale stringendo tra le mani la tazza di infuso fumante che sua madre le aveva preparato.
-Sicura che non si tratti piuttosto di una certa Stella Rubia?-
-So riconoscere la scia della zia, era una stella cadente ti dico-
-Esprimi un desiderio, allora- rispose dolcemente Corvina mentre rimboccava le coperte a Rich e Ruby, che già dormivano a quell’ora tarda.
April guardò ancora il punto in cui poco prima la stella cadente aveva solcato il cielo d’inchiostro.
<Io desidero diventare un’eroina come mia madre…>
Infatti i suoi genitori avevano preferito tenerla lontano dal campo di battaglia almeno fino a quindici anni, benché loro stessi avessero cominciato prima, la cosa che le bruciava di più era che Bruce, più piccolo di lei di un anno era già andato in missione coi Titans tre volte!
“per lui è diverso…i tamaraniani sono più sviluppati a quest’età” la solita tiritera che le rifilava sua madre quando lei tirava in ballo l’argomento.
-Cos’hai desiderato?- domandò la maga alle spalle della figlia, con una mano teneramente appoggiata sulle spalle.
-Mamma! Se te lo dico poi non si avvera!-scherzò la ragazzina, riuscendo a far sorridere anche la madre.
-Piccola mia, sono sicura che qualsiasi cosa tu abbia desiderato si avvererà…a parte quella A in matematica, se non ti metti sotto a studiare nemmeno un miracolo ti salva, stavolta-
April sbuffò al pensiero della sua media scolastica –Uffa, ti preoccupi troppo, vedrai che me la cavo-
-Sarà meglio per te, signorinella…e per il tuo portatile se vuoi che resti tuo. Ricorda il nostro patto: niente sufficienza niente internet. Ora però va a nanna- ribattè la maga.
-Ma mamma, sono solo le undici…- protestò la figlia adolescente.
-Niente “ma”. Alla tua età io andavo sempre a letto presto…salvo impegni…-
<“Salvo impegni” dice lei…la metà delle notti era a combattere il crimine e a pattugliare la città, l’altra metà invece le passava con papà…e io sono la prova vivente che non dormivano…> pensò la ragazzina indispettita, ma non si azzardò ad aprir bocca.
-E poi domani hai scuola e quando torni dobbiamo finire di studiare i Rotoli Galealici.
La magia non s’impara da un giorno all’altro- Continuò la giovane donna.
-A meno che non sia un drago a insegnartela…- commentò April.
Corvina fissò dritta la figlia nei suoi occhi neri, seria e glaciale.
-NO. Te l’ho già detto mille volte. No, no  e poi no. Non lascerò che sia Malchior a istruirti!-
-Mamma, lui saprebbe farlo meglio e più velocemente di te, lo sai benissimo-replicò lei decisa non mollare.
-No!-
-Ma io so cos’è in realtà, non mi farei ingannare… devi riconoscere che le tue magie più potenti le devi a lui
-NO!- Urlò Corvina rischiano di svegliare Rick e Ruby.
-Non permetterò che tu lo veda!-
-E allora si può sapere perché diavolo l’hai tenuto con te fino a adesso??!!-
Corvina esitò, ammutolendosi.
Poi, pochi secondi dopo, si ricompose tornando impassibile, imperscrutabile e disse autorevole.
-April, finché starai in questa caso sono io che comando. Ho detto di no! fine discussione-
-Ma…-
-Niente “ma”, ho detto! A letto ora, scattare!-
 
April era rannicchiata sotto e coperte, il viso contratto in una smorfia imbronciata, non sopportava quando sua madre si comportava così!
Era cocciuta, antipatica, dispotica e troppo protettiva!
Sapeva che lo faceva solo perché l’amava e aveva paura per lei, ma April desiderava con tutto il cuore diventare una supereroina, i poteri li aveva, perché non usarli a fin di bene?
Lei voleva aiutare le persone, sconfiggere i criminali, farsi la sua super squadra, conoscere dei bei supereroi... era pur sempre la figlia di Beast Boy e Corvina, di due dei membri più significativi dei Teen Titans!!
C’è l’aveva nel sangue!
E invece sua madre si rifiutava di insegnarle le basi per essere un’eroina, né permetteva che fosse qualcun altro a farlo per lei: non papà, non lo zio Rob, non la zia Stella, né Big Cyb né la neo-zia Iella, che non era vista di buon occhio da sua madre, né nessun’altro dei loro amici e men che meno Malchior che pure era stato mentore di Corvina, anche se l’aveva ingannata.
E guai se proponeva di “apprendere sul campo”!!
Sua madre la guardava in un modo terrificante…demoniaco, “cosa credi che significhi essere un eroe, stupida!? Credi che io e tuo padre ci fiondiamo a testa bassa contro il primo che capita!? Non è un gioco dannazione! È pericoloso! La gente muore, gli eroi muoiono! E sai perché? Perché là fuori ci sono persone, dei malvagi, che non esiteranno a ucciderti, non gli tremerà la mano solo perché sei una ragazzina! Io ho paura, ho sempre paura che un giorno succeda qualcosa a me o a tuo padre durante una missione…e vorrei smettere…ma ho ancora più paura di cosa potrebbe succedere a te e ai Gemelli se non combatto e non sconfiggo tutti coloro che vogliono farvi del male. Quindi non ti azzardare mai più a prendere sottogamba una cosa del genere!!”
Le veniva sempre da piangere quando la sgridava in quel modo, e non si parlavano per giorni, incupendosi entrambe sempre di più.
E poi toccava sempre a suo padre, che amava tantissimo, consolarla e farla riappacificare con Corvina.
Per fortuna di entrambe, BB era un mago a far tornare il sorriso sulle labbra della moglie e della figlia, riuscendo sempre a far deporre l’ascia di guerra ad ambo le contendenti.
April rimase immobile nel buio, sotto il caldo piumone a scrutare il cielo notturno con gli occhi velati di lacrime, ripensando alla sua stella cadente.
<Prego Dio, l’Universo, la Materia, Spongebob e il Gufo Cosmico, chiunque…se è vero che le stelle cadenti realizzano i desideri fa o fate che si avveri il mio…voglio solo diventare un’eroina, come mia madre, anzi sono certa che sarei migliore…ho solo bisogno di qualcuno che mi insegni, non chiedo altro, qualcuno che mi insegni cosa vuol dire essere un eroe…>
 
 
Del Tartaro non restava che macerie contorte e fumanti.
La stazione si era schiantata nel cuore della notte nei pressi del deserto del Colorado.
A fatica una barcollante figura strisciò fuori dai resti delle pareti di ferro piegate l’una sull’altro, stritolate tra loro ghermite e schiacciate dallo schianto sul terreno.
L’unico sopravvissuto aveva impiegato due ore per uscire da quell’inferno di metallo gemente, passando a fatica tra le strette nicchie e i buchi che gli permettevano di oltrepassare una parete dopo l’altra fino all’uscita, fino alla vita, alla libertà.
Sgusciando fuori da una fessura poco più alta di una trentina di centimetri Ghostface entrò a contatto con la gelida aria del deserto notturno…gli sembrò di vivere un sogno.
Si alzò in piedi arrancando qualche passo insicuro sulle gambe malferme per poi lasciarsi cadere in ginocchio appena a pochi metri da quella che era stata la sua prigione per tredici lunghissimi anni.
Passò le mani sul suolo, accarezzando i radi ciuffi d’erba, sentendo la vita pulsare in essi.
Quasi si commosse a sentire di nuovo la vita dopo tredici anni di vuoto, di nulla, di oblio.
Urlò al cielo con tutta la sua voce, un urlo di forza, di speranza di voglia di vivere.
-Sono libero…SONO LIBERO!! Ha ha ha ha…-
Si rialzò in piedi, ritto nella sua longilinea postura, assaporando l’aria fredda che gli scompigliava i capelli candidi.
-Sono libero…dopo tanti anni, libero…e la prima cosa che farò…- si interruppe guardandosi la divisa lacera da carcerato, strappata in più punti, malconcia, logora, consumata e lorda del suo stesso sangue seccato.
–Dicevo…la prima cosa che farò sarà procurarmi dei vestiti degni di questo nome- prese un calmo respiro.
-Da qui a Jump city sarà si e no un’ora di aereo…Uorg! Domani mi farà un male boia, anzi, lo fa già adesso!- esclamò stirandosi la schiena dolorante che fino a poco fa era rimasta spezzata.
-E una volta arrivato a Jump city… farò una mega abbuffata di lasagne con contorno di succose mele verdi, le mie preferite!…e dopo…-
Prese a elencare con le dita
-Dopo faccio una capatina al bar, magari mi diverto con qualche bella ragazza, poi vado a casa, mi rilasso, mi rimetto in pari col Trono di Spade, stiro un paio di cosette e dopo questo….si va a far visita a dei vecchi amici…- ghignò maligno.
Il suo viso cadaverico illuminato dalla luna riluceva di un pallore inumano contro un cielo di milioni di stelle nella notte, come ossa che biancheggiano al sole.
  
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