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Autore: Minerva    19/10/2008    2 recensioni
Uno scrittore intrattabile e misogino, terribilmente sarcastico e abituato a comandare.
Un'infermiera tutta d'un pezzo che non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno, con la lingua più tagliente di tutto l'ospedale.
Metteteli assieme per un periodo di tempo indeterminato, condite il tutto con ironia e dispetti.
Avete ottenuto la nuova storia originale della sottoscritta: da un'idea di MikaEla.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pazienti che vanno, pazienti che vengono.


Dolore. Se Thomas Haynes non fosse svenuto, sicuramente avrebbe avuto un assaggio di come dovevano sentirsi i personaggi dei suoi libri dopo qualche malefico incidente da lui progettato. Di norma, quando doveva inventarsi qualche catastrofe per i suoi libri, Thomas non andava mai per il sottile. Esplosioni, mitragliate o accoltellate in punti vitali erano d'obbligo, a volte capitavano tutte e tre assieme, tanto per gradire. Ed i suoi protagonisti erano così resistenti e maschi da sopportare tutto ciò con un unico grugnito di disappunto. Lo scrittore, invece, era svenuto come una pera cotta, segno che realtà e fantasia erano due mondi molto distanti l'uno dall'altro.
Da un punto di vista esterno, come quello del vigile del fuoco Richard Cruise, l'incidente poteva apparire più grave di quanto non fosse in realtà.
Le macchine coinvolte erano due, entrambe sulla carreggiata di sinistra. Nella carreggiata opposta il traffico scorreva lento poiché gli automobilisti incuriositi rallentavano per guardare i rottami. Il cofano della Ford era divelto e la portiera destra della Spider non era in condizioni migliori. Il proprietario della macchina da corsa era ancora a bordo, totalmente schiacciato dagli airbag frontali e laterali.
Carmen era scesa dalla sua auto praticamente incolume. Per lei non si era trattato che di un tamponamento meno lieve del normale. Avendo visto l'evoluzione della Spider, con tanto di testa-coda, era riuscita ad iniziare la frenata. L'urto con la portiera della macchina da corsa era avvenuto a non più di trenta chilometri orari. La ridotta velocità e l'airbag avevano protetto la donna.
Richard Cruise decise di lasciare al collega Brandon il compito di accertarsi delle condizioni dell'uomo e si avvicinò alla donna mora che aveva appena richiuso lo sportello della Ford.
- Si sente bene? Sa dirmi come si chiama? - furono le prime parole che le disse. Carmen si ritrovò a pensare che quel vigile così carino si stava accertando che non avesse un trauma cranico, alla televisione facevano sempre così.
- Sì, sto bene. Sono Carmen de Zazoya. - rispose prontamente, tastandosi il collo per alleviare il colpo che aveva preso.
- Vuole dei leggeri antidolorifici? - domandò lui, constatando che la signora non aveva subito gravi lesioni, se non un leggero colpo di frusta. - Così mi spiega com'è andata - aggiunse poi, porgendole delle pillole.
- Sì, grazie, signor... Cruise?! - Carmen aveva letto il nome sulla targhetta appiccicata al petto del ragazzo, e si era subito emozionata pensando che, magari, sarebbe riuscita a procurarsi l'autografo dell'attore Cruise.
- No, non siamo parenti. - precisò subito l'altro, oramai abituato a dire quella frase a chiunque leggesse la targhetta o scoprisse il suo cognome.
- Ah. Peccato. Comunque l'incidente è stata una catastrofe annunciata! - iniziò Carmen, raccontando di come lo spericolato idiota l'avesse superata.

Brandon Wierner aveva intrapreso la carriera di vigile del fuoco per noia. Non aveva manie di supereroismo, non aveva l'impellente bisogno di rischiare la propria vita per il "bene dell'umanità" né si sentiva in debito verso la società in cui viveva. Semplicemente si annoiava troppo facilmente. Avrebbe potuto dirigere l'azienda di famiglia, ma lo atterriva la prospettiva di passare i prossimi quarant'anni della sua vita in giacca e cravatta. Lo spaventava, inoltre, l'idea di essere tutti i giorni alle prese con estratti conto, fornitori e clienti insoddisfatti. Non era una vita che faceva al caso suo, troppe responsabilità e troppa poca azione. Aveva perciò deciso di fare qualcosa di più eccitante, ed aveva mascherato quella scelta dicendo che desiderava rendersi utile.
Una balla, ovviamente. Ma i suoi genitori non avrebbero mai accettato di vederlo lavorare al di fuori della loro ditta. E così era toccato alla sorella Janet succedere ai genitori nella gestione dell'azienda. Janet era una donna molto particolare. Passava sul posto di lavoro un terzo del tempo che avrebbe dovuto, delegando a consiglieri e simili il compito di fare quello che, in teoria, sarebbe toccato a lei. In azienda la conoscevano tutti come "signorina Bellavita", e il soprannome le si adattava perfettamente.
Appena trentenne, con un fisico che le aveva fruttato l'arrivo sul podio in un paio di concorsi di bellezza, Janet "Bellavita" Wierner pensava solo a divertirsi: feste, discoteche e gite in ogni angolo del mondo componevano la sua impegnata vita mondana. Tuttavia non era una stupida, anche se sembrava volerlo far credere ad ogni costo. Aveva ben presto capito che, se voleva continuare con quel tenore di vita, doveva tener oliata quella splendida macchina per fare soldi che era la vetreria di famiglia. Con un numero eccezionale di dipendenti, la Vetreria Wierner riforniva tutte le grandi industrie di vuoti. Marmellate, bibite, sottaceti e altre migliaia di prodotti non avrebbero mai potuto essere messi in vendita senza quelle graziose bottigliette e gli utili vasetti in vetro. L'azienda, inoltre, possedeva il brevetto di uno stampo particolarmente ricercato per i barattoli di marmellata e lavorava a pieno ritmo per soddisfare le richieste del mercato.
Brandon non aveva molto in simpatia la sorella, ed infatti erano tre mesi che non la vedeva né la sentiva, e la cosa non gli dispiaceva. Voleva evitare in tutti i modi che la sua amata consanguinea decidesse di mollare la gestione della baracca nelle mani del fratello, cosa che avveniva puntualmente ogni volta che i due si incontravano per più di dieci minuti.
Dato che aveva scelto la carriera di Vigile del Fuoco per avere un po' di avventura era prassi che, quando pattugliava con qualcun altro, toccasse a Brandon correre i rischi maggiori. Era quell'insana voglia di strafare che lo portava a lanciarsi fra due auto in fiamme, cosa che Richard non avrebbe fatto con così tanta leggerezza. Per questo motivo Cruise aveva lasciato che Brandon corresse verso la Spider. Un ferito che urla, sbraita e si dimena è molto meno preoccupante di chi non si lamenta. Quindi: una donna che esce con le sue gambe dall'auto è infinitamente meno interessante di un uomo svenuto. Con difficoltà Brandon era riuscito ad estrarre Thomas dalla macchina, solo dopo aver scardinato la portiera accartocciata. Valutando la situazione decise che l'uomo doveva essere in condizioni critiche, chiamò il collega affinché gli portasse una barella e vi caricò sopra lo scrittore. Dopo aver messo la barella in ambulanza, ed aver lasciato Carmen alle cure della polizia, partirono alla volta della clinica del S. Claire.

Magda era convinta che il mestiere di infermiera non si adattasse a lei. Non c'era nulla da fare, per quanto si impegnasse non riusciva a gestire la metà dei pazienti che le capitavano. Non era la prima volta che rifilava un malato che le risultava particolarmente ostico alle colleghe. Non possedeva un polso fermo e assolutamente non le riusciva di fare la voce grossa con nessuno. C'era davvero da chiedersi perché la ragazza lavorasse come infermiera. In verità lei puntava al lavoro di ricerca: chiusa in un laboratorio con la sola compagnia di microscopi e provette, e magari di qualche batterio che le risultava molto più simpatico della metà degli esseri umani. Non dover confrontarsi con nessun altro era una fonte inesauribile di sollievo, una speranza a cui Magda si aggrappava costantemente per arrivare alla fine dei propri studi. Ma, adesso, era obbligata a occuparsi di malati irascibili o petulanti. Inoltre tutti gli ultimi arrivati toccavano a lei. Non perché ci fosse una sorta di nonnismo nei suoi confronti quanto per il fatto che, cedendo tanti casi alle colleghe, risultava l'infermiera con meno lavoro da seguire. Lillian l'aveva definita una ironicamente una smista-pazienti, quelli che non le andavano bene venivano scartati. Non si trovava molto in sintonia con lei, l'aveva ben presto bollata come una piccola viziata rompiscatole, di quelle che sono sempre pronte a farti fare il loro lavoro sporco. Non c'era da stupirsi se fra le due i rapporti fossero gelidamente cortesi, farciti di formalismi e forzature che aumentavano la tensione. Per questo motivo, quando si trovavano a dover dividere il turno e la sala infermiere, se ne stavano sedute negli angoli opposti senza nemmeno calcolarsi. Era quello che stava succedendo proprio in quel momento: Magda era assorta nella lettura di una delle tre riviste che aveva comperato quella mattina. Lillian stava aggiornando le cartelle, sbuffando di quando in quando. Se la situazione fosse rimasta così, non ci sarebbero stati battibecchi di sorta. Rachel entrò proprio in quel momento di calma apparente, il camice macchiato di caffè ed un'espressione furibonda in volto.
- Io lo ammazzo! - urlò sbattendo la cartelletta sul tavolo - Giuro che lo ammazzo! - sottolineò colpendo nuovamente il tavolo con la cartella del paziente. Entrambe le colleghe erano schizzate in piedi per lo spavento, ed ora Magda si stava torcendo le mani. Sapeva benissimo a chi si riferiva.
- Ma calmati, pazza isterica! - Lillian era una persona di poche parole. E di norma quelle poche parole erano sempre sbagliate.
- IO?! Vogliamo parlare del deficiente che mi ha versato il caffè bollente addosso? - sibilò Rachel in risposta, indicando con gesti eloquenti la macchia.
- Che vuoi che sia? Succede di continuo. - minimizzò l'altra con una scrollata di spalle.
- Ma di norma non lo fanno apposta! - replicò Rachel sempre furiosa.
- Che diavolo succede qui? - un altro urlo, questa volta del dottor Donovan. Era un uomo sulla sessantina, perennemente con la pipa in bocca. Spenta, quando girava per le corsie, ma onnipresente. Dopo quasi quarant'anni di onorata carriera era abituato a sedare i litigi più variopinti.
- Io voglio un avvocato. - sentenziò Rachel.
- Un che cosa?! - Donovan strabuzzò gli occhi totalmente incredulo.
- Un avvocato! Perché sto per commettere un omicidio. - Rachel appariva molto più tranquilla, e il vecchio dottore sapeva che questo era un pessimo segno. Conosceva quell'infermiera da abbastanza tempo da interpretare le sue reazioni. Finché sbraitava andava tutto bene, quando invece si calmava all'improvviso, era perché stava tramando qualcosa. Qualcosa di cattivo.
- Suvvia Sullivan. Cosa è capitato oggi? - domandò in tono leggero, dirigendosi verso la piccola dispensa della saletta.
- Nulla di che... ma io ammazzerò Dominic Grant. Fosse l'ultima cosa che faccio. - Rachel accompagnò la frase con un pestone al pavimento.
- Un omicidio non farebbe bene al buon nome della clinica. Che ne dice se cerchiamo una soluzione alternativa? - domandò in tono pacifico l'altro.
- O lui o me.
- Sicura di voler mettere la direzione davanti a questa scelta? - domandò Donovan sorseggiando una tazza di caffè rubata dalla caraffa delle infermiere. Che Rachel fosse un'ottima infermiera era certo, ma non avrebbe mai potuto competere con le donazioni che il signor Dominic forniva all'ospedale. Non che quella testa calda di Rachel non avesse mai dato problemi, ma aveva l'appoggio di tutto il resto delle infermiere e anche di molti medici. Per quanto potesse stare antipatica come persona, era indubbio che dopo due giorni con lei i pazienti diventassero degli agnellini. Una cosa molto utile, considerando il livello di boria minimo di chiunque fosse ricoverato lì.
- No... dannazione! Non è giusto! - essere impotente davanti alle prepotenze dei suoi pazienti era una cosa che Rachel detestava. Non le dispiaceva il confronto con un altro osso duro. Ma Dominic era solo un fifone che si divertiva a fare il bullo, forte dei suoi soldi. Non era uno scontro ad armi pari! Versarle il caffè addosso e minacciarla a ogni occasione di farla licenziare non erano una cosa corretta.
- Sullivan, cos'ha questo paziente? - chiese l'altro con un sospiro.
- È un maledetto bastardo! - affermazione enfatizzata da un pugno dato al muro.
- No, intendevo per quale motivo è stato ricoverato. - precisò Donovan rubando una rivista a Magda.
- Oh... nulla. Una gamba rotta. - rispose Rachel recuperando la cartelletta maltrattata in precedenza.
- Interessante... - fu l'unico commento che ricevette come risposta.

L'ambulanza non aveva nemmeno fatto in tempo a spegnere il motore che Thomas era stato imbottito di sedativi e antidolorifici. Il lavoro di Cruise e Wierner era finito. Lasciarono il loro paziente nelle mani dei medici del pronto soccorso e tornarono a pattugliare. Se c'era una cosa fastidiosa nel guidare l'ambulanza era che raramente quelli che avevi soccorso avevano il tempo o la lucidità di ringraziarti. La diagnosi, comunque, era tutta a favore di una guarigione. Lenta, ovviamente, ma grazie al soccorso tempestivo e alle prime cure ricevute era sicuramente fuori pericolo. L'unica cosa che preoccupava la dottoressa Finnies era la gamba sinistra del paziente, che presentava una frattura esposta. Oltre al fatto che anche gli altri arti non sembravano versare in condizioni migliori. Aveva prenotato, urlando, una sala chirurgica e aveva fatto ricucire a tempo record la gamba, così da evitare infezioni di sorta. Aveva prescritto altri esami, per scoprire se vi erano fratture interne di gambe e braccia. Le braccia, miracolosamente erano sane. E la gamba destra presentava solo delle escoriazioni.
In generale la situazione poteva essere definita miracolosa. Secondo la dottoressa Finnies qualcuno lassù aveva salvato quell'uomo.
Nel frattempo Thomas si stava lentamente riprendendo dall'anestesia. E il risveglio non si era certo prospettato dei migliori. Ancora intontito dagli antidolorifici, lo scrittore non aveva comunque perso il suo mordente.

- Secondo me non funzionerà! - Rachel, affacciata alla finestra, stava fumando gli ultimi rimasugli di una Camel, mentre il dottor Donovan sogghignava, rubando l'ennesimo cioccolatino dalla scorta delle infermiere.
- Perché non dovrebbe funzionare? - Lillian apparve stupita da questa domanda.
- Ovviamente perché noi infermiere non abbiamo il potere di farlo. E la smetta di mangiare! - precisò, togliendo dalle mani del goloso dottore la scatola di cioccolatini.
- Ma io sì... e se la sua collega mi ridà quella scatola, firmerò tutto l'incartamento necessario. - la proposta era davvero troppo, troppo allettante. Con uno scatto Rachel si impadronì della tanto contesa confezione e la rese al dottore.
- Ma faccia in fretta. - fu l'unica condizione che gli diede, prima di lasciare la saletta e tornare alle visite.

- Sono davvero contento che lei sia la mia infermiera. - il tono di voce sarcastico colpì Magda come una frustata - Ciononostante, io sarei molto, molto più felice se ci fosse una scimmia al posto suo! Per lo meno farebbe quello che le dico io! - Un sospiro profondo. Un altro. Magda si impedì di scoppiare a piangere e resistette alla tentazione di correre da qualche altra infermiera. Si era imposta una prova da superare: riuscire a gestire un paziente "difficile". Per questo sospirò di nuovo e rispose con voce tremante.
- Mi dispiace, ma non posso farle avere il suo cellulare né il suo notebook né nessun altro marchingegno tecnologico. Non adesso che è ancora in questo reparto. Vede? - precisò, indicando un grande cartello con un cellulare barrato in rosso - Non si può proprio. - il paziente la fissò lungamente, socchiudendo gli occhi come una tigre pronta a scattare.
- Non può? Io devo avvisare che sono in ospedale, col mio cellulare e col mio portatile! Cosa penserà la mia famiglia? - stoccata infame, Thomas non aveva un'amorevole moglie ad attenderlo a casa, né dei pargoli da crescere. Ma voleva un telefonino, e voleva accedere ad internet. Vide l'infermiera boccheggiare, e sorrise per la vicina vittoria. Era stato troppo facile.
- Se lei mi da i numeri, provvederò io a chiamare i suoi famigliari. - si offrì lei, decisa a non mollare. Un unico cedimento avrebbe segnato l'inizio di molti altri. Doveva essere inflessibile, se voleva superare la prova. Il paziente scosse la testa e aprì la bocca, chiaramente intenzionato a tornare alla carica.
- Mi scusi, devo continuare il mio giro visite. - e Magda lasciò la stanza in fretta e furia.

Fuggire dai problemi non era una soluzione che Rachel amava adottare. L'indole combattiva e spesso testarda non glielo permetteva. Ma Dominic Grant era un pericolo. Rachel rischiava davvero di commettere qualche sciocchezza, era quindi meglio prendere provvedimenti al più presto possibile.
- Ecco fatto. - con un fascicolo sotto il braccio, Donovan si presentò per l'ennesima volta nella saletta infermiere. L'unica persona ad accoglierlo fu Lillian.
- Fatto cosa? - domandò, dimentica della conversazione avuta solo poco tempo prima.
- Le carte... per Rachel. - specificò lui - Lei dov'è adesso? - chiese poi, scandagliando la stanza con lo sguardo.
- Fuori. Oggi è particolarmente nervosa. - sospirò lei in risposta, facendogli strada per esser sicura che non si avvicinasse alla dispensa.

Fuggire dai problemi coi pazienti era la soluzione che Magda preferiva. L'unica pecca del piano era che non poteva fuggire per sempre, e che il turno di visite successive arrivava sempre troppo presto per i suoi gusti. La cosa si complicava quando un paziente, poi, si attaccava al campanello d'allarme e lei doveva correre. Il signor Haynes sembrava non voler minimamente demordere.
- Noto con soddisfazione che lei si comporta come uno dei cani di Pavlov. Io suono il campanello e lei arriva. - battuta scontata ed anche di cattivo gusto, secondo Magda. Oltre che parzialmente scorretta storicamente.
- Quel campanello andrebbe usato solo per le emergenze. - precisò lei, scuotendo il capo.
- Ma questa è un'emergenza. Voglio un telefono! - il tono deciso.
- La mia risposta non è cambiata. - Magda sospirò.
- Mi ascolti attentamente, mia cara. Lei può decidere di non accontentare la mia richiesta, e si troverà ben presto a rimpiangere di essere stata assegnata a me... -
- Non si preoccupi, quello è già successo. - mormorò Magda affranta. Un sorriso sardonico si dipinse sul volto dello scrittore.
- Non le piaccio, la cosa è reciproca. Ma le assicuro che quando mi avrà fornito di un telefono e della connessione ad internet io sarò un angioletto. - era infido. Magda capì immediatamente che quell'uomo era abituato ad ottenere quello che voleva, e non era come il signor Dominic... no! Era peggio! Sorrisini e dolcezze fasulle agivano molto meglio di minacce e urla. Era così tentata da quella proposta. Cedere alle sue richieste e averlo tranquillo per il resto della permanenza all'ospedale.
- Allora, che ne dice Magda? Lo fa questo piccolo strappo alla regola? - voce melliflua e occhioni languidi. Il bastardo sapeva essere convincente, non aveva nulla a che spartire con l'atteggiamento sarcastico di poco prima.
- Io... signor Haynes. Non posso, lo sa! - Magda vide sgretolarsi quell'espressione dolce, proprio come una maschera che va in pezzi.
- Con lei non funziona proprio nulla, eh! Be', dato che non ha ceduto con le maniere dolci, le renderò il suo compito un inferno. - promise velenoso, prima di ordinarle di andarsene immediatamente. Le buone intenzioni di Magda si frantumarono all'istante. Non aveva la forza di tenersi un caso difficile. Con le lacrime agli occhi corse a cercare Rachel.

- Rachel! Finalmente ti ho trovata! - l'infermiera spense la sigaretta nel posacenere e si voltò.
- Oh, è lei dottor Donovan, mi dica. - un'occhiata triste accolse il gioviale dottore, ed anche il tono non sembrava granché allegro.
- Suvvia, non fare quella faccia da funerale, e osserva. - le disse con un sorriso raggiante, indicando un paziente su una sedia a rotelle che stava uscendo dall'ospedale proprio in quel momento. - Saluta il signor Grant! - aggiunse Donovan con un sorriso complice.
- Ce l'hai fatta? L'hai dimesso veramente?! - domandò sbalordita Rachel, con un sorriso che si allargava a vista d'occhio.
- Certo, non è stato difficile convincerlo che avrebbe avuto una riabilitazione più rapida a casa, con una fisioterapista privata. - spiegò Donovan dandole una pacca sulle spalle - Visto che non c'era bisogno di commettere un omicidio? -
- Rachel... io... - Magda era appena arrivata, e l'interpellata non dovette nemmeno chiedere il perché.
- Magda! Per la miseria, ma è mai possibile che non ci sia un paziente che ti vada bene? Mi sono appena liberata di quello... - uno sbuffo di Rachel, e poi un sospiro - Dammi la cartella, tanto sei un caso senza speranza. Spero che presto lascerai questo lavoro, non ci sei proprio tagliata! - concluse, accollandosi l'ennesimo grattacapo. Il paziente era subentrato praticamente nella stessa stanza di Dominic Grant, e la cosa non si presentava certo come un punto a favore del nuovo arrivato.



Angolino Recensioni:

Allora, devo scusarmi tantissimo con Nisi. Scusami carissima, ma quando ho pubblicato il terzo capitolo ero in corsa e mi sono davvero dimenticata di aggiungere i ringraziamenti. Li metto qui, sperando che tu li legga. Fa un immenso piacere saper di aver stuzzicato la curiosità di un'autrice che ritengo veramente insuperabile nelle storie comiche! Non hai idea di quanto piacere mi abbia fatto!

Poi, vediamo: kenjina mi fa un sacco di complimenti, ai quali arrossisco tantissimo, e che ringrazio molto. Spero di aver sviluppato Rachel bene quanto Thomas (che mi pare ti sia piaciuto come personaggio). E, sì, povera Mabel. Ma adesso mi sta dicendo che sta brindando alla faccia del suo datore di lavoro, facendogli fuori tutte le scorte di prelibatezze che ha in casa... tanto lui è via!

Kunimitsu direi che esser riuscita a soddisfare le tue richieste non può che rendermi orgogliosa di questa piccola storiellina. Dato che è la prima che scrivo "su richiesta" ho sempre paura di fraintendere o rendere male le richieste. Sono felicissima di averci preso anche con Rachel.

Ed infine ringrazio tantissimo Hikary per i complimenti e soprattutto sono sorpresa che questa storiellina piaccia così tanto. Ammetto che non prevedevo un pubblico così vasto. Quindi grazie a tutte per i complimenti e per il tempo che avete "sprecato" nel leggere e recensire questo esperimento: me felice!

Nota importante: Rileggendo il capitolo allo stremo mi sono resa conto di un errore grossolano e decisamente assurdo. In partenza avevo deciso che fossero le braccia ad essere fratturate, ma poi, riflettendoci ho cambiato idea. Per il continuo della storia è molto meglio che sia la gamba ad essere fuori uso. Così ho dovuto modificare questo capitolo. Mi spiace per il disagio.

Angolino dell'autrice per la serie "una padellata di fattacci miei"!

Allora: chiedo immensamente scusa per il ritardo, ma ho avuto giusto un paio di cose da fare, come un trasloco e altre cosine che mi hanno tenuta lontana dal pc. Per di più ho perso una persona molto cara, e per molti giorni non avevo proprio voglia di mettermi a scrivere qualcosa di comico, stando col morale sotto i piedi.
Questo è il principale motivo per cui ho ritardato così tanto la stesura di questo capitolo.
Per il prossimo capitolo non so dirvi, dato che sono ancora in fase di assestamento credo ci vorrà un po' di tempo. Vi chiedo scusa anticipatamente per il disagio!

  
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