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Autore: Zaylena    30/10/2014    0 recensioni
«Un uccello mitologico, che non muore mai, la fenice vola lontano, avanti a noi, osservando con occhi acuti il paesaggio circostante e lo spazio distante. Rappresenta la nostra capacità visiva, di raccogliere informazioni sensorie sull'ambiente che ci circonda e sugli eventi che si dipanano al suo interno. La fenice, con la sua bellezza assoluta, crea un'incredibile esaltazione unita al sogno dell'immortalità»
Una leggenda narra che non esitano animali più affascinanti delle mitiche fenici, uccelli in grado di risorgere dalle loro ceneri, coloro che della morte ne fanno un inganno. Wendy, seppur non sapendolo, era una bellissima fenice, aveva superato un cancro fatale e adesso si trovava a ricomporre i puzzle di una vita squarciata dal dolore.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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" Lascia che la pioggia cada e porti via le mie lacrime, lascia che riempa la mia anima e anneghi le mie paure, lascia che frantumi le pareti per un nuovo sole. Un nuovo giorno è giunto."
Wendy si era occupata di tutto nei minimi dettagli, aveva prenotato il volo, fatto la valigia e aveva mandato la propria iscrizione alla West High School. I genitori avevano approvato il cambiamento di città con indifferenza, si erano comportati come se non vedessero allontanarsi la loro figlia e le avevano comprato un biglietto in prima classe .
Sperava in cuor suo che l'imminente partenza provocasse qualcosa nei suoi ma in cambio aveva ottenuto una carta di credito piena di soldi e un freddo saluto. Non che non le facesse comodo una bella somma da mettere via magari per una futura università ma il dolce animo di Wendy avrebbe preferito uno di quelli abbracci calorosi che ti facevano un pò soffocare, avrebbe tanto voluto essere soffocata dall'amore. Sognava una di quelle scene che si svolgevano nelle commedie, dove il protagonista in procinto di partire, salutava la sua perfetta famiglia numerosa all'aeroporto. Vi erano saluti, abbracci, ringraziamenti, mille raccomandazioni e promesse.
L'ipotetica madre si sarebbe avvicinata al figlio con le lacrime che le rigavano il volto, facendole colare il poco trucco, lo avrebbe accarezzato, lo avrebbe stretto a sé come una volta, trasmettendogli il proprio affetto e gli avrebbe detto di chiamare appena arrivato e che se non gli sarebbe piaciuto il posto avrebbe potuto tornare a casa sua quando avrebbe voluto. Veniva poi il turno del padre che avrebbe dato al proprio primogenito una scompigliata di capelli e lo avrebbe stritolato nelle proprie possenti braccia. Infine i nonni avrebbero continuato dicendogli di mangiare abbastanza sennò non "sarebbe cresciuto" e i fratelli e le sorelle lo avrebbero abbracciato tutti insieme. Ma questo non era un film era la vita e cose simili a lei non capitavano, lo aveva accettato da tempo e questo l'aveva resa diffidente nei confronti degli altri nonostante conservasse un' infinita dolcezza. Terminate le sue riflessioni si sedette al suo posto osservando il panorama che le offriva l'oblò.
Rimaneva affascinata da esso e da come città, persone e monumenti diventassero minuscoli sotto i suoi occhi. Il cielo azzurrissimo dei primi di settembre era costituito da soffici nuvolette bianche che Wendy avrebbe tanto voluto toccare. L'azzurro si colorò dei caldi colori pomeridiani e venne sostituito da una gamma di rossi e arancioni che Wendy immortalò con la propria Canon. Dopo qualche scatto la ripose nel proprio zainetto e tirò fuori il proprio libro preferito: Colpa delle stelle. Forse non era molto sano leggere un libro che parlava di una ragazzina che come lei aveva avuto il cancro ai polmoni ma ne era rimasta totalmente innamorata e si identificava in Hazel Grace come mai avrebbe pensato. Non era stata la malattia ad unirle ma il dolore, con l’unica differenza che Hazel aveva trovato Augustus ad aiutarla e amarla. Quanto avrebbe voluto trovare il suo Augustus. Si chiedeva se esistessero ragazzi di quel genere o se John Green si fosse semplicemente divertito, ad offrire a noi adolescenti un personaggio letterario che nella realtà non avremmo mai incontrato.
Nel secondo caso sarebbe andata di persona alla ricerca dello stesso scrittore e gli avrebbe reso la vita un inferno. Sicuramente avrebbe trovato altre milioni di ragazzine con la sua stessa idea e soprattutto innamorate perse di Augustus Waters alias l'uomo dei sogni. Era giunta nella parte dove Hazel diceva che la gente si abitua sempre alla bellezza e dove Augustus le rispondeva con queste esatte parole: "Io non mi sono abituato a te, non ancora". Si stava crogiolando in tale dolcezza quando la squillante voce di un hostess informò i passeggeri di essere giunti a destinazione. Prese la propria valigia e si diresse all'uscita prendendo, finalmente un pò d'aria.
Era arrivata nella popolata Bradford pronta per ricominciare. La zia al telefono le aveva detto con grande dispiacere che non sarebbe potuta andare a prenderla poiché lavorava. Era uno dei dottori del grande ospedale della città e i suoi turni erano lunghi ma l'idea di poter aiutare molte persone bastava ad Ella per sentirsi felice e gratificata. Wendy scese dal taxi pagando il grassoccio uomo. Si trovava ai confini della periferia circondata da case, alti palazzi e in lontananza si potevano ammirare i verdi parchi presenti.
Sì, le piaceva Bradford. Era grande e sarebbe stata la sua città, ne era certa. La piccolezza della contea di Hunterdon nel New Jersey le aveva legato mani e piedi costringendola a convivere con abitanti che conoscevano i nonni dei loro nonni e così via.
Bussò due volte alla porta della zia e ad accoglierla ci fu il suo famigliare viso: i grandi occhi blu, i capelli color cioccolato come i suoi e le labbra increspate in un sorriso di benvenuto.
- Wendy, tesoro benvenuta, mi spiace non esserti venuta a prendere all'aeroporto ma a malapena sono riuscita a tornare a casa a quest'ora - disse abbracciandola.
- Non importa zia - rispose Wendy.
- Oh quanto volte ho chiamato a casa per sentire come stavi, ho anche provato a venire nel New Jersey ma tua madre mi aveva pregato di lasciarti tranquilla. Mi stupisco che ti abbia lasciato venire qui.
- Cosa? Io credevo che tu fossi troppo occupata per me. Sei stata la prima persona che ho chiamato perché pensavo che se tu non potessi venire da me sarei potuta venire io da te - disse abbassando il capo.
- Oh no Wendy non sai quanto tu mi sia mancata - rispose Ella riabbracciandola. Strinse fra le proprie braccia quel corpo ancora troppo magro e nonostante la giovane contraccambiò quel gesto la zia non poté non notare la freddezza che c'era di esso. Non poteva biasimarla, sua sorella Barbara l'aveva cresciuta a modo suo e si stupiva che nonostante il comportamento poco genitoriale della madre e la malattia, Wendy riuscisse ad essere così, fece finta di niente e staccandosi le disse
- Recupereremo il tempo piccoletta - e Wendy non poté non sorridere a sentire pronunciare il suo vecchio nomignolo.
- Ora vieni ti mosto la casa, non che ci sia molto da mostrare.
- Ho sempre preferito le case piccole, sono più accoglienti e meno dispersive rispetto a grandi ville- gesticolò Wendy. La casa si ergeva su' due piani, il piano terra e la mansarda, nel primo c’era una piccola cucina in acero con un tavolo con sopra un vaso di rose rosse. Le preferite di Wendy. La stanza era pervasa dall'odore di fiori e di torta al cioccolato e le gialle tende facevano entrare la luce del tardo pomeriggio rendendo l'ambiente ancora più caldo visivamente. Vi era poi un bagno con una vasca e mobili antichi e la camera della zia in fondo al corridoio. Il salotto costituiva la parte più grande della casa con un divano bordeaux, una grossa poltrona, un basso tavolino in legno lo affiancava e sotto di esso vi era un tappeto persiano dove dormiva beato il cucciolo di Labrador della zia. Infine vi era un camino in pietra e una televisione con accanto una porta finestra che conduceva al minuscola giardino. Ella condusse Wendy in mansarda dove avrebbe dormito. Quest'ultima non poté fare a meno di sorridere alla vista che le si presentò davanti. Un letto matrimoniale troneggiava nella stanza adorno di un copriletto azzurro con molti cuscini, vi era poi un armadio intarsiato, un baule ai piedi del letto, una libreria, una scrivania e un pouf celeste. L'inclinazione delle travi rendeva l'ambiente rassicurante e la finestrella sopra il letto offriva un ottima vista dell'intera città. Ella decise di dare il tempo alla giovane di sistemarsi e Wendy posizionò con cura i suoi libri negli scaffali e i vestiti nei cassetti. Concluso il tutto cenò con la zia con cui parlò fino alle 22.00 perché doveva ritornare all'ospedale per il proprio turno notturno. Continuò la lettura del suo libro quando la stanchezza ebbe la meglio su di lei e si addormentò in un sonno profondo e per una volta sereno. Quella notte sognò di incontrare il suo Augustus Waters che le chiedeva con meravigliose e poetiche parole la mano. La mattina si alzò verso le nove con un accenno di saliva all'angolo della bocca che le ricordò di farsi passare la sua fissa per i personaggi letterari. Come le era passata la cotta(più o meno) per Mr Darcy così sarebbe passata questa si ripromise. O almeno lo sperava.
 

 
                                                                          
 
 
 
 
   
 
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