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Autore: elfetta08    20/10/2008    1 recensioni
HoneyMoon, un nome dolce come il miele e una bellezza pari a quella della luna che si riflette sulle acque del lago. Peccato che HoneyMoon odi il suo nome, odi sé stessa, odi il mondo che troppo spesso è stato ingiusto con lei. Lei, che con il suo carattere introverso e silenzioso, cerca riparo in un universo che non esiste e lo dipinge di nero. Ma forse qualcuno vuole vedere il lato sorridente e candido di HoneyMoon… qualcuno che potrebbe essere irraggiungibile quanto raggiungibile. Qualcuno come lui.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Honey Moon



1.
Riprese a piovere. Era come un massacro al quale dovevo assistere: le goccioline d’acqua si schiantavano a terra, lanciavano un grido muto di dolore e poi giungeva la morte.
Il silenzio della pioggia era impresso sull’asfalto.
Guardavo al di fuori della vetrata, incantata dalla danza sublime che eseguivano quelle lacrime di fanciulla cadute dal cielo coperto da nuvoloni grigi.
Era malinconicamente bello quello che i miei occhi vedevano.
-Honey, c’è un altro cliente. Te ne occupi tu?- disse Annette passandomi accanto velocemente con una nuova scatola di guanti monouso tra le mani. Sospirai e con passo stanco, reso ancora più pesante per via degli anfibi, mi diressi alla mia solita saletta, dove ero abituata a lavorare.
Il giovane ragazzo dai capelli corvini sfoderò un sorriso mentre mi mostrava il disegno che gli aveva fatto Annette come traccia del tatuaggio.
Ricambiai il sorriso con un movimento accennato della bocca, preparandomi al lavoro da compiere.
Guardò i nome sul cartellino fermato con una spilla sul mio petto.
-HoneyMoon? È un nome abbastanza raro- disse facendo una smorfia di dolore appena l’ago venne a contatto con la pelle immacolata del suo braccio destro.
-Sì, è vero- concordai alternando pulendogli il disegno appena cominciato.
-Sei finlandese?- mi chiese posando lo sguardo sul piccolo tribale che mi aveva commissionato.
-Sì- risposi con semplicità. Assolutamente non ero una persona portata per il dialogo, ero troppo chiusa in me stessa. Insomma, ero un po’ asociale.
-Ah, e… hai il ragazzo?- mi domandò, alzando gli occhi dal mio lavoro per puntarli nei miei.
-Non sono affari tuoi- tagliai corto, ricominciando a marchiare la sua pelle con l’inchiostro, con qualcosa che non si poteva più togliere.
Il ragazzo rimase in silenzio fino alla fine. Un delicato tribale si estendeva intorno al suo braccio con pochi muscoli ma comunque ben definiti, regalandogli quel non so che di affascinante.
Con un’aria di soddisfazione che gli aleggiava sul viso, pagò e mi rese libera da una giornata impegnativa e stancante.
I miei anfibi, fino a quel momento puliti, entrarono in contatto con le pozzanghere formatesi per via della pioggia. Si sporcarono, si bagnarono ma mi diedero comunque l’immagine che volevo che gli altri ricevessero: quella della cattiva ragazza, dell’anticonformista.
Il mio nome, dolce come il miele, era forma di grande apprezzamento e la mia bellezza, spesso paragonata a quella della luna, era invidiata da molti. Io invece odiavo tutto quello che mi riguardava: odiavo il pallore della mia pelle, odiavo l’intensità dei miei occhi scuri, odiavo i miei capelli lunghi e castani, odiavo il fisico snello, odiavo il mio nome, odiavo la mia voce che spesso era dolce e melodiosa.
Io non volevo essere così. Non più.
Mi avvolsi nel cappotto e misi le cuffiette nelle orecchie, perdendomi nel mio mondo fatto di musica. Gli Apocalyptica e i loro violoncelli soddisfacevano a pieno il bisogno di solitudine che sentivo crescere in me.
Solo io, loro e la pioggia.
Camminavo senza ombrello sotto il cielo coperto dalle nuvole scure, lasciando che ogni centimetro della mia pelle venisse bagnato dalle goccioline d’acqua.
Sorrisi tra me e me, alzando il viso verso l’alto e permettendo che l’acqua scorresse meglio sul mio viso. Volevo cancellare le troppe emozioni represse, i troppi problemi.
Volevo cancellare HoneyMoon.
Lentamente ripresi la mia postura normale e guardai verso il negozio di musica, davanti al quale stava un uomo vestito di nero e con un berrettino viola in testa.
Mi fissava.
Per un brevissimo istante provai vergogna nell’aver mostrato la mia voglia di libertà sprigionata attraverso la pioggia ma quel senso di imbarazzo svanì poco dopo.
Non era nessuno per criticarmi, giudicarmi, darmi consigli.
Non era nessuno né per me né per il mondo intero.
Ripresi a camminare, dirigendomi all’appartamento che condividevo con Annette e lasciandomi alle spalle quel ragazzo basito.
Anche se mi avesse scambiato per una pazza egocentrica non ci sarebbero stati problemi: non l’avrei rivisto mai più.




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Nuova scemenza himmica XD Madòòòòòòòò, si vede che non ho un accidente da fare tutto il giorno XD
Beh, che dire, spero possa piacervi ^^
  
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