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Autore: Non ti scordar di me    30/10/2014    5 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo diciannove.
Don’t wreck me.

 
Osservavo in silenzio la casa di mia madre, ovvio non era come la casa classica di papà però mi piaceva. Era molto accogliente. Mi ero svegliata da poco e – ancora in pigiama – mi trascinavo stancamente verso la cucina.
Mi fermai davanti alla porta di Damon, era sveglio e stava urlando al telefono con qualcuno. Voleva andare avanti e ignorare la sua telefonata probabilmente personale ma la tentazione era troppo forte.

«Alaric non mi convincerai. Non voglio venire…No, no. E’ lungo il fatto. Non posso…» La voce di Damon suonava quasi stanca e abbastanza nostalgica. Non  capivo perché era così schivo nei confronti dei suoi amici che sembravano conoscerlo bene e sapevo – ne ero certa – che gli volevano bene e che lui ne voleva loro…Quindi perché non volerli incontrare?
«Ho promesso. Non voglio più farlo. Non sono solo a Londra. Sì, è una ragazza…E io non voglio portarla lì…Perché? Perché non la voglio in quel luogo, Alaric!» Urlò arrabbiato. Probabilmente tirò un pugno. Non mi voleva portare con sé per chissà quale ragione.
L’avrei convinto in un modo o in un altro.
Me  ne andai da lì e mi avviai verso la cucina. Mamma era seduta ad una sedia e leggeva il quotidiano. Non appena notò la mia presenza si alzò e venne verso di me cauta.

«Dormito bene, piccola?» Mi chiese sorridente. Credo di non averla mai vista così sorridente, eppure di foto ne avevo viste molte sia prima della mia nascita sia dopo il loro divorzio.
«Non so ancora…Vorrei solo che tu provassi a vivere qui con me, nel caso volessi provare il test di medicina.» Mi disse avviandosi verso i fornelli. Spalancai la bocca e deglutii. Test di medicina? Non avevo ritirato i moduli dell’iscrizione, a pensarci bene non mi ero neanche messa in coda per i test.

«Io non ho…Come…Perché pensi che voglia iscrivermi?» Le chiesi incerta. Il suo sorriso svanì leggermente e scosse i suoi capelli scuri.
«Ieri ho parlato con Damon…Mi ha dato dei moduli d’iscrizione per quell’università e mi aveva detto che non erano per lui, perciò ho pensato fossero tuoi.» Mi spiegò. Ecco cosa aveva fatto verso il pomeriggio tardi. Io ero ritornata a casa per riposarmi, lui era rimasto un po’ in giro…Aveva fatto quello? Mi aveva ritirato i moduli d’iscrizione per il prossimo semestre?
«Sarebbe troppo complicato, io sono in America…» Non trovavo neanche io una buona scusa per non provare ad entrare in quell’università.

«Potresti sostenere gli esami online. Sai quante etnie sono presenti a Londra?» Mi chiese, scoppiando a ridere in una risata genuina.
Esami online? Era possibile farli online?
Lei vide il mio sorriso e i miei occhi illuminarsi, non disse niente…Mi porse solamente i moduli di iscrizione e le brojour del college.
«Se volessi, in caso decidessi di provare questa follia, un alloggio…» Non riuscii neanche a finire la frase, mamma mi abbracciò contentissima con le lacrime agli occhi.
Credo che non avrei mai finito di ringraziare Damon per quella sorta di regalo che mi aveva fatto. Avevo chiarito con mia madre, mi incoraggiava a realizzare i miei sogni…Cosa c’era di meglio?

«Su, bevi il tuo latte.» Disse, non appena sciolse l’abbraccio. Spense il fornello e mi porse una tazza di latte fumante. Vi immersi dentro lo zucchero e iniziai a sorseggiare lentamente, guardando un punto indefinito nella stanza mentre riflettevo su Damon e sul perché non volesse andare dai suoi amici.

«Ti sei incantata?» Mi chiese mamma, sventolandomi una mano sotto il naso. Scossi la testa e bevvi un altro sorso di latte. Ouch, era bollente. Mi alzai da sedere e andai verso il frigo. Presi il cartoccio di latte e ne versai un po’ nella tazza sperando che diventasse poco più freddo.
«Stai pensando alla tua relazione con Damon?» A quelle parole il mio cuore sprofondò giù. Lasciai la tazza che si frantumò in mille pezzi, mentre rimanevo a bocca aperta alle parole di mia madre.

«Mio Dio, attenta!» Urlò alzandosi con uno scatto felino e afferrando uno strofinaccio. Iniziò a togliere i cocci e io la guardavo calma. Perché non mi stava aggredendo? Perché non mi…Perché non mi stava dicendo che stavo compiendo una delle azioni peggiori della mia vita?
«T-ti aiuto…» Balbettai incerta, aiutandola con i cocci e togliendo il latte da terra. Fissavo il pavimento ed evitavo il contatto visivo.
Forse lei non aveva capito tutto…Forse alludeva a qualcos’altro, forse avrò sentito male!
«Tutto bene? Tra te e Damon non va bene? Eppure mi sembrate affiatati…Avete migliorato molto il vostro rapporto.» Disse stringendomi le mani. Sospirai profondamente. Non sapeva di noi. Alludeva solamente al rapporto fratello sorella che stavamo migliorando.

«Oh, sì…Solo non capisco perché non voglia rivedere i suoi amici. Hai mai sentito parlare di un certo Alaric?» Le chiesi, rimanendo in piedi.
I suoi occhi diventarono vacui – per pochi secondi – sbiancò vistosamente e per un momento ebbi la paura che svenisse lì in cucina.
«Sì…Era un suo amico. Elena, ti chiedo un favore, stai attenta ai suoi amici.» Sussurrò a bassa voce. «Non sono molto raccomandabili.» Disse sforzando un piccolo sorriso.

«Chi non è raccomandabile?» Intervenne Damon, già vestito e con sguardo curioso. Mamma scosse la testa e alzò semplicemente le spalle.
«Vestiti, facciamo un bel giretto a Londra.» Mi ammiccò. Annuii sicura e mi alzai precipitandomi verso il corridoio che portava alla mia camera. Mi fermai nuovamente davanti a quella di Damon e decisi di entrare.

Era abbastanza semplice, molto disordinata e con pochi poster, con colori sempre scuri e il piumoncino rosso sangue. Ora capivo perché nella nostra casa si era scelto la stanza più cupa, probabilmente gli ricordava quella che aveva qui.
Mi avvicinai all’armadio, su una parete c’erano tante incisione fatte probabilmente con un taglierino…Cosa stavano a significare? Ne erano tantissime.
Avevo la pelle d’oca. Non avevo mai visto questo suo lato così inquietante. Il mio sguarde cadde sul suo comodino, sopra c’era il suo cellulare.

Ero troppo tentata, così feci la cosa più idiota che potevo mai fare in quel momento. Vidi le ultime chiamate e premetti il tasto di chiamata verso il contatto salvato come ‘Alaric’.

Pochi squilli, rispose subito.
- Amico hai già cambiato idea? – Tuonò una voce potente e divertita. Mi morsi un labbro, l’avevo fatto? Che cazzo stavo pensando mentre facevo una cosa del genere?
Presi un sospiro e mi feci coraggio. Ormai il guaio l’avevo fatto, ora almeno terminavo il mio piano completamente campato in aria.

«Mi spiace per te, ma non stai parlando con Damon.» Dissi divertita. Mostrare il lato di me più schietto di solito mi faceva guadagnare molti punti coi ragazzi. Sentii il respiro pesante di Alaric e probabilmente stava riflettendo su chi potesse avere il telefono del suo amico.
- E tu chi saresti? – Chiese scocciato. Come si permetteva questo maleducato di parlarmi così? Non aveva capito un cazzo. Non mi facevo intimidire da una voce grave o da metodi bruschi o rudi. Ormai avevo imparato le tecniche del mestiere, avendo come fratello Damon
Salvatore.

«Sarò la ragazza che ti farà il culo non appena ti incontrerà, se non mi porterai più rispetto.» Sbottai. Detestavo dare ragione a mia madre, ma forse quei tipi non erano il massimo della compagnia per Damon.
- Aggressiva. Ora hai la mia attenzione. Chi sei, dolcezza? – Mi chiese in un tono più ragionevole e anche più civile. Con loro bisognava essere toste e sfacciate? Oh, aveva trovato pane per i suoi denti.

«Sono la ragazza che Damon ha portato a Londra. Ti parlo in diretta da camera sua.» Dissi divertita. Lo sentii ridacchiare.
- Bene, bene…La ragazza di Damon, è da molto che non ne ha una fissa. M’incuriosisci. – Fece. Aggrottai la fronte…Damon aveva mai avuto una ragazza fissa? – Hai la mia attenzione solo perché ti sei intrufolata nella sua stanza e gli hai fregato il cellulare. Wow, Damon Salvatore giocato da una ragazza! – Continuò eccitato. Magari non sarà il massimo dell’affidabilità, però almeno era simpatico.

«Voglio sapere cosa gli hai proposto per stasera. Proverò io a convincerlo a venire.» Dissi seria. In realtà non sapevo se l’avrei convinto, ma la voglia di sapere qualcosa in più sulla sua vita mi sta uccidendo.
- Una rimpatriata, al vecchio posto. – Disse calmo. Vecchio posto? E dov’era? Non potevo neanche trascinarlo lì con l’inganno visto che
non sapevo dove si trovava! – Anche se fargli cambiare idea non sarà una semplice impresa. – Era così sicuro che non l’avrei convinto?
Oh, be’ non mi conosceva affatto. Non aveva idea di com’ero quando m’impuntavo su qualcosa.
«L’ora?» Chiesi scrollando le spalle.

- Per le dieci? Noi stiamo sempre lì. Posso scommettere tutto, ma non credo che Damon si lasci convincere da una donna…- Oltre che poco raccomandabile, era anche maschilista! Perfetto, di male in peggio. Questo Alaric perdeva punti ogni volta che apriva bocca.

«Io ho i miei metodi. A stasera.» Non riuscì neanche a replicare, gli chiusi il telefono in faccia e cancellai la chiamata. Ora dovevo solo convincere Damon ad andare a questo posto.
Niente di più facile di così.

 
Ancora non credevo di aver visitato quasi tutta Londra. Mi sembrava un sogno. Era tutto troppo surreale. La cosa che mi era piaciuta di più era il giro che avevo fatto sul London Eyes.
«Sto per salire sul London Eyes. Non è emozionante!?» Chiesi entusiasta. Da lassù potevi vedere tutta Londra. Era qualcosa di spettacolare. Certo, la fila era lunga più di tre metri però ne valeva senza ombra di dubbio la pena.
Mi ero distratta pochi secondi e Damon se l’era già svignata. Mi guardai attorno e lo vidi parlare con uno della manutenzione della ruota o magari un addetto, non ne avevo idea. Io rimasi in fila – che si muoveva ogni morte di papa – e di tanto in tanto cercavo di
oltrepassare qualche signore disattento.


«Vieni.» Disse Damon, raggiungendomi e porgendomi la mano. Strabuzzai gli occhi. Non avrei lasciato quella fila per niente al mondo. Volevo salire sul London Eyes e lasciare ora la fila equivaleva a rifarla dopo e io non ne avevo proprio voglia.

«Perderemo il posto, Damon.» Gli feci notare, facendo un altro passetto avanti. Lui mi squadrò da capo a piedi e alzò gli occhi al cielo. Odiava quando lo faceva.
Mi sorrise enigmaticamente e scrocchiò la lingua sul palato. Quanto cazzo era sexy? Rimasi pochi secondi ammaliata da lui, ma non mi lasciavo convincere.

«Oh no che non lo perderemo. Lo perderemo solamente se non ti muovi, dolcezza.» Disse porgendomi ancora la mano. Mi stava prendendo in giro?
«Damon, giuro che se mi…» Non finii neanche la frase, Damon mi aveva già preso la mano e condotto fuori dalla fine.

«Io NON farò NUOVAMENTE quella DANNATA FILA, CHIARO?» Gli urlai seguendolo. Dove stavamo andando? Stavamo scavalcando dall’esterno la fila. Un momento…Cosa stava progettando?

«Ecco, la mia bella compagna.» Disse divertito, sorridendo all’addetto. Gli porse due biglietti. Da dove saltavano fuori quei biglietti? Non li avevamo ancora fatti!
«Venite.» Disse cortese il ragazzo che aiutava l’addetto ai biglietti. Ci fece strada tra la fila e alla prima cabina libera ci fece entrare.
Eravamo solo due in una cabina? Ma non poteva trasportare almeno dieci persone?


Non replicai neanche, le porte si chiusero e lentamente la ruota continuò il suo giro.
«Credo di essermi persa un passaggio…» Disse soprapensiero, avvicinandomi alla vetrata. Damon mi cinse i fianchi e lasciò un bacio umido sulla spalla per poi risalire sul collo.

«Ho prenotato questa cabina per un giro. Solo noi due.» Soffiò vicino al mio orecchio, mille brividi percorsero la mia schiena.
«Perché hai prenotato questa cabina?» Sussurrai girandomi verso di lui. Il mio bacino aderiva al suo, il mio petto era sul suo e i nostri occhi erano incatenati l’uno nell’altra.

«Perché in una cabina con più persone non potevo fare questo…» Le sue labbra sfioravano le mie, passarono pochi istanti prima che le mie labbra si avventarono sulle sue. Era come il primo bacio, il nostro primo bacio. Era uguale, la stessa passione e gli stessi sentimenti.
Noi eravamo reali.

«Hai avuto una bellissima idea.»
Avevo ancora la pelle d’oca a ripensare alle sue parole. Ero in camera mia e mi ero appena asciugati i capelli, li avevo stirati con la piastra che avevo trovato in bagno e ora indossavo il mio pigiama. Non avevo idea di cosa volesse fare Damon quella sera, perciò toccava a me andare da lui e convincerlo ad andare dai suoi migliori amici.
Uscii dalla camera degli ospiti e mi avviai a passo cauto da Damon. Teneva la porta aperta, era seduto alla scrivania e stava facendo
qualcosa in modo intenso visto che non aveva sentito il mio arrivo.

«Troppo occupato per passare un po’ di tempo con me?» Il ragazzo sobbalzò sulla sedia e mi sorrise enigmaticamente.
«Trovo il tempo, tranquilla.» Ammiccò. Posò quello che stava scrivendo sotto il suo computer e si avvicinò a me. Chiuse la porta alle sue spalle e ghignò guardandomi ancora assorto.
«Cosa vuoi fare stasera? Io un’idea ce l’avrei.» Dissi con lo sguardo ammaliatore. Di solito funzionava sempre. I suoi occhi seguivano ogni mio più piccolo movimento.

Mi fece cenno di continuare e sorrisi sapendo che l’avrei convinto.
«Andiamo al vecchio posto dai tuoi amici?» Chiesi sbattendo gli occhi e giocherellando con il collo della sua camicia rigorosamente nera. Mi guardò leggermente scioccato e scosse la testa.

«Non credo sia una buona idea. Insomma ti annoieresti…E, un momento, come fai a sapere del vecchio posto?» Forse in quel momento mi stava odiando, sapevo quanto ci tenesse alla sua privacy.
«Ho fatto una piccola telefonata ad un certo Alaric. Si vengono a sapere molte cose. So che vuoi rivedere i tuoi amici.» Dissi guardandolo negli occhi. Sospirò pesantemente e iniziò a massaggiare la testa col pollice e l’indice.

«Non mi conoscevi prima. Sono stronzo, lunatico e perché no, anche, bipolare…Ma quello che ero prima e che facevo prima non è paragonabile a come sono ora.» Tuonò fissandomi negli occhi. Incuteva timore, ma non me la sarei scappate a gambe da lui…L’avrei fronteggiato fino a quando non mi dava una risposta positiva.

«Sai, cosa ti dico? Non me ne frega un cazzo di chi eri prima.» Risposi con un sorrisetto che probabilmente lo aveva solo infastidito di più.
«Tu sei una persona a parte. Non sei scappata da me, sei qui, mi fronteggi e hai il coraggio di mandarmi a quel paese senza paura.» Nella mia mente, tante me in miniatura mi facevano un applauso e avevano appena stappato lo spumante.

«Proprio perché sono diversa, non dovresti aver paura di mostrarmi il tuo passato.» Dissi avvicinandomi pericolosamente al suo volto. Il mio piano era di destabilizzarlo o di destabilizzarmi da sola? Mi toglieva quasi il fiato la sua vicinanza.
«Andremo solamente per un saluto.» Mi disse, dandomi una pacca sul sedere. Gli saltai completamente addosso con uno scatto felino, portando le braccia sul suo collo e allacciando le gambe alla vita.

Ed esattamente in quel momento la porta si spalancò. Io e Damon girammo lo sguardo e vedemmo mamma fissarci con aria quasi comprensiva.
Okay…Non era il massimo essere beccati da una madre, però almeno ci beccasse in qualcosa di veramente compromettente!

«Cosa mi sono persa, ragazzi?» Sospirai e Damon sciolse la presa sui miei fianchi lasciandomi lentamente. Per fortuna puntava sull’ironia e non sul discorso morale e noioso che mi ero già sorbita con Stefan.

«Ho solo convinto Damon a rincontrare i suoi amici.» Le spiegai sorridente. Il sorriso che aveva sul volto sparì pochi secondi per poi ricomparire poco più tirato di prima.

«Forse è meglio che vado a prepararmi.» Dissi notando gli sguardi di fuoco che quei due si stavano mandando. Mamma mi sorrise e si scostò dalla porta.
«Niente di troppo scollato, niente maglie con scollo profondo, niente jeans attillati che ti fasciano il tuo bel sedere, niente tacchi vertiginosi, niente trucco accentuato, niente…» Io e mamma ci trattenevamo dallo scoppiargli a ridere in faccia.

«Damon è come dovrebbe girare? Non può mettere neanche del rossetto?!» Sbottò mamma. Non mi ricordavo che fosse così alla mano e così moderna. Se ora ci fosse stato papà, probabilmente avrebbe dato ragione al corvino.

«Mm…Potresti indossare i pantaloni della tuta, con sopra una mia felpa.» Fece ironico. Scossi la testa e gli ammiccai leggermente.
«Niente di troppo vistoso. Ho afferrato il discorso.» Me ne uscii ridendo e lasciai socchiusa la porta. Non me ne andai da lì, volevo sapere cosa si dicevano.

«Pensavo la smettessi con quelle gare.» Lo mise in guardia mamma. Gare? Quali gare? Cosa non sapevo? Perché avevo pensato che fosse una buona idea farlo rincontrare con i suoi amici?
«Solo un saluto. Non farò niente di azzardato.» Le promise Damon. Quel ‘niente di azzardato’ mi aveva messo in allarme. Cosa aveva fatto un’altra volta? Aveva mai fatto qualcosa di troppo azzardato?

«Io…So che non ne parliamo mai, però Ka…»
«Non voglio sentire ragioni.» Proruppe Damon seriamente. Me ne andai da dietro la porta e mi precipitai in camera. Indossai una canotta bianca che infilai dentro i jeans a vita alta, misi da sopra un bel giubbotto di pelle pesante e indossai dei normali tacchi neri.
Mi avvicinai ai miei trucchi. Damon aveva detto niente di troppo vistoso giusto? Misi poco mascara e un pizzico di matita, però al rossetto non rinunciai.

Misi un bel po’ di rossetto rosso che evidenziava perfettamente le mie labbra. Presi il cellulare e mi guardai un’ultima volta allo specchio.
Stavo per uscire dalla camera, quando mi ricordai di non aver messo il profumo. Ne spruzzai un po’ anche sui capelli e li pettinai ancora una volta. Era perfetto.
Guardai la sveglia sul comodino. Era ancora presto, mancava più di un’ora all’appuntamento con Alaric. Sbuffai non curante e uscii dalla camera.

Damon non si era cambiato, ad eccezione che al posto della camicia scura indossava una maglietta bianca con sopra il suo immancabile giubbotto di pelle. Strabuzzai gli occhi e pregai che in questo ‘vecchio posto’ non ci siano troppe ragazze.
«Sei sicura? Possiamo ancora cambiare idea.» Mi fece notare sfoggiando quell’insopportabile sorriso che avrei strappato a furia di pugni dalla sua faccia. Scossi la testa. Non avrei cambiato idea. «Spero rimarrai così convinta anche dopo che ti avrò portata lì.» Commentò gelidamente.

Oh, non hai idea di quanto possa essere testarda a volte. Pensai trionfante.
 

«Sbaglio o ti avevo detto di non  indossare vestiti troppo…troppo tutto!» Sbottò camminando svogliatamente. Aveva parcheggiato l’auto di mamma un bel po’ di isolati e ora camminavano nella periferia di Londra. Perché avevo la sensazione che mia madre aveva ragione?
Perché dovevano incontrarsi in un luogo così raccapricciante come questo? Sembrava un set per un film horror.
«Oh, andiamo! Indosso solamente dei jeans, la maglia non è neanche troppo scollata…E non tengo trucco troppo pesante!» Dissi stufa. Questa solfa di come mi ero vestita si stava ripetendo da quando eravamo usciti da casa!

«Oh, ma tu non vedi ciò che vedono i maschi.» Disse inorridito. Alzai un sopraciglio e lo incitai a continuare. «A te sembrano degli anonimi jeans, a me sembrano dei jeans che fasciano perfettamente il didietro. A te sembra una normale canotta bianca, a me sembra una canotta che fa intravedere il tuo reggiseno. A te sembra un rossetto rosso, a me sembra solo un colore infernale che mi sta facendo perdere la testa.» Grugnì avvicinandosi a me. Il mio respiro era corto e lo guardavo incerta.

«Ti sta facendo perdere la testa?» Lo provocai. Trattenne un sorrisino e mi prese lentamente le mani.
«Non hai idea di quanto vorrei baciarti. Quel rossetto poi...Sei una stronzetta.» Disse beffardo. Oh lo sapevo. Ero fatta così, non c’era bisogno che me lo dicesse qualcuno.
«Su, siamo quasi arrivati. Non voglio perdere le staffe ora.» Disse riprendendo a camminare. Non voleva perdere le staffe? «Non ho perso la calma quando ti ho visto addosso solo con uno striminzito asciugamano, posso resistere ad un rossetto.» Sbuffò, guidandomi in un
vicolo buio.

In silenzio proseguimmo per quel vicolo fino a quando non vidi delle luce che illuminavano debolmente quella parte periferica ed inquietante di Londra.

«Cos’è? Un set degli orrori?» Commentai ironica. Notai che non eravamo soli. Ai lati della stradina c’erano diversi ragazzi e ragazze. Ora capivo cosa intendeva mia madre con ‘poco raccomandabili’. Avevano una faccia da delinquenti, ma non mi facevo influenzare dalle apparenze.

«Una vecchia pista di motocross.» Disse guardandosi attorno come faceva un bambino che cercava i regali di Natale. Gli mancava così tanto questo posto? Era squallido!
«Mm…Entriamo?» Gli chiesi guardandolo. Annuì e mi prese per mano. La staccionata era semi distrutta. C’erano svariati dossi uno più alto dell’altro e varie moto.
«Sei la ragazza di Damon Salvatore, chiaro? Qualsiasi cosa succeda, fai SEMPRE il mio nome.» Tuonò minaccioso. Per un secondo mi fece quasi paura, però mi ricordai chi fossi. Ero Elena Salvatore, accidenti! E mi facevo intimorire da mio fratello!

«Ti sembro il tipo di ragazza che si fa problemi a dare una ginocchiata nel posto sbagliato a qualcuno?» Dissi tirandolo per il braccio. Lo sguardo di Damon era beffardo e preoccupato al contempo.
«In questo posto, una ragazza o è stupida o è stronza. Poche partecipano a questi giochi.» La parola giochi mi aveva trasmesso una sensazione piuttosto inquietante. «Meglio fare la stupida. Le stronze sono sempre le più sfregiate.» Mi spiegò. Annuii come un’idiota sperando che non fosse veramente caduto nel mio tranello. Pensava che mi sarei finta stupida per stare con i suoi amici? Oh, si vedeva che non mi conosceva a fondo.

Mi guidò verso l’interno e mi resi conto di quanto potesse essere esteso quell’ex campo di motocross. Damon si fece strada tra diverse persone e alla fine m’indicò un gruppo di ragazzi che probabilmente dovevano essere i suoi amici.
Le mie conferme arrivarono solamente quando due ragazzi – dell’età di mio fratello – si fecero avanti per salutarlo calorosamente, ripetendo un centinaio di volte la frase ‘Damon Salvatore è tornato, gente!’.
Nessuno si rese conto di me, ero rimasta qualche metro più dietro e sorridevo come una scema. Ero contenta di averlo convinto a venire.
Avevo capito  che gli era mancato questo posto per quanto lugubre e strano possa essere.

Damon si allontanò ancora di più e si avvicinò di più ad altri due ragazzi. Bene ora toccava a me entrare in scena. Non ero stronza fino al midollo, però quando mi arrabbiavo davo il meglio di me. Sorrisi a me stessa e mi calai nella mia parte.
«Damon che fai? Non mi presenti nessuno dei tuoi amici?» Dissi schiettamente avvicinandomi lentamente a loro. Wow, non c’era una sola ragazza lì. Ne fui quasi sollevata.

Tanti occhi si girarono verso di me e iniziarono a squadrarmi da capo a piedi. Mi ricordai di quell’Alaric così mi schiarii la voce.
«Chi di voi è Alaric?» Chiesi innocentemente, mentre Damon mi fissava con gli occhi che andavano in fiamme. Probabilmente dopo quella serata mi sarei dovuta sorbire la solfa del corvino sul mio comportamento ma non mi importava.
«Io, dolcezza.» Parlò un ragazzo dagli occhi color nocciola e dai capelli biondi. Teneva fra i denti una sigaretta ed era seduto sulla staccionata. Se non fossi già “sentimentalmente” impegnata con Damon, oserei dire che questo tipo è abbastanza sexy.
«Credo di aver vinto la scommessa. Damon è qui.» Dissi avvicinandomi a lui e sfilandogli di bocca la sigaretta e aspirando un po’ di nicotina.

Fumavo poche volte, non ne ero dipendente.
«Te la sei scelta bene, Damon.» Si complimentò l’amico. Il corvino mi lanciò un’occhiata di disapprovazione che ricambiai con un cenno del capo.

«Direttamente dall’America, la sua ragazza. Piacere.» Affermai. Damon si affiancò a me e mi cinse i fianchi. Mi trovavo tra le sue gambe e la sua stretta era forte e possessiva.
«Mm…M’immaginavo una ragazza così al tuo fianco, Dam! Mi piacete.» Decretò il ragazzo. «Come ti chiami, dolcezza?» Mi chiese, prendendomi la mano e facendo uno scialbo baciamano degno di un film in bianco e nero di bassa lega.

«Elena. Si chiama Elena.» Intervenne Damon, lasciandomi un bacio sul collo. «Jesse, occhi apposto.» Si raccomandò freddamente ad uno di loro.
Passò più di mezz’ora e il clima era molto più rilassato di prima. Damon si era lasciato andare, anche se alcune mie risposte magari un po’ troppo schiette non gli erano andate proprio a genio.
«Ti fermi qui per molto?» Chiese Alaric, bevendo un sorso di birra. Damon invece sorseggiava come sempre il suo Bourbon. Scosse la
testa.

«Poco. Parto dopodomani.» Wow, due giorni e sarei già ritornata a casa. Peccato, un vero peccato. Sarei dovuta ritornare più spesso lì, da mamma e da quei ragazzi che all’apparenza potevano sembrare raccomandabili però in fondo non erano niente male.
Continuammo così per un po’, fin quando non calò uno strano silenzio. Un giovane ragazzo dalla pelle ambrata si avvicinò a Damon con un sorrisetto di scherno.

«Chi non muore si rivede. Ritorni dopo più due mesi? Cosa ti è successo?» Lo schernì questo ragazzo che non avevo mai visto. Damon irrigidì la presa su di me e indurì la mascella.
«Sono ritornato. Pensavi di liberarti di me, facilmente?» Rispose Damon. Osservavo gli occhi di quello sconosciuto e gli occhi del corvino e sorprendentemente capii. Capii che forse era proprio lui quel “passato” che voleva nascondermi.

Cos’era successo con quel tipo?
«E questa bella ragazza? Come ti chiami, principessa?» Perché tutti i ragazzi provava ad abbordare in questo modo squallido? Un bel sopranome non migliorava la squallida presentazione.
«Farti tre quarti di fatti tuoi, no eh?» Ridacchiai. Lo lasciai basito per pochi istanti, mentre sul viso del corvino comparse un sorriso sinceramente divertito.

«Allora lo chiedo a Damon. E’ una botta e via o…» Damon lasciò immediatamente la presa sui miei fianchi e si avvicinò al ragazzo prendendolo per la maglia.
«Niente botta e via. Non ti avvicinare a lei o ti ammazzo.» Aprii la bocca per quella minaccia inaspettata. Mi aspettavo qualsiasi minaccia, ma non una cosa del genere. E la cosa peggiore era un’altra: il suo tono era incredibilmente serio.
«Wow, wow…Rimani calmo. Sono qui in pace.» Replicò dandogli una spinta. Damon lo guardò seriamente e schioccò la lingua sul palato.

«Parla.» Disse piatto.
«Volevo solo chiederti se ti va una gara. E’ da tanto che non gareggio con te, no? Magari la tua ragazza potrebbe…» Damon lo interruppe sul nascere, mentre io aggrottai le sopraciglia. Qualcosa non quadrava.
«Niente gare. Non gareggio più.» Disse severamente con gli occhi che guizzavano da lui a me. Gareggiare? Cercai di trattenere lo sgomento, anche se in realtà volevo sapere di cosa stavano parlando.

«Perché?»
«Ho promesso.» Aveva promesso? A chi? «Andiamocene Elena.» Continuò prendendomi per la mano e trascinandomi via di lì. Mi dimenai dalla sua stretta e gli presi la mano.
«Cosa sta succedendo, Damon?» Gli chiesi avvicinandomi al suo viso. Gli occhi di Damon si socchiusero un istante.
«Gare idiote. Ho promesso di non farne più.» Mi rispose. Ci riflettei su, volevo replicare ma Ric si avvicinò a noi.

«Damon, su, sai bene che vuole solo provocarti. Aralo sul campo da battaglia e te lo togli davanti.» Campo da battaglia? Quanti segreti non sapevo? L’unico che poteva darmi una risposta sensata in quel momento era proprio Alaric.
«Che tipo di gare?» La mia voce uscì con un debole sussurro. Mi guardai attorno e iniziai ad associare i pezzi del puzzle.
«Gare di moto clandestine.» Le mie teorie erano confermate. Ecco perché aveva partecipato a quella gare di macchine…Lo faceva anche a Londra. E lui aveva promesso di non farne più solo a una persona.

A me. Mi aveva promesso di non farne più e probabilmente da allora aveva mantenuto la promessa data. Mi girai verso Damon e m’inumidii le labbra.
«E’ pericoloso e non voglio che tu faccia una cosa del genere, lo sai…» I suoi occhi erano cupi, quasi vuoti. Anzi, delusi. Pensava che gli avrei fatto una ramanzina su cos’era giusto e cos’era sbagliato?
«Però tu non sei l’unico a sbagliare, Damon. Ho sbagliato anch’io. Ora sono qui, in questo luogo, con te. Non sono nessuno per dirti di non partecipare…» Incominciai. Il suo sguardo ad ogni mia parola si animava sempre più. «Ma se vuoi mantenere quella promessa sarò io a
scioglierla. Fai questa stupida gara, perché so che vuoi farlo. So che vuoi sentirti come prima.» Dissi seriamente.

Era sorpreso, si vedeva. Lo sgomento sul suo viso era più che evidente.
«Prepara la moto, Ric.» Proruppe improvvisamente. «Damon Salvatore, quello vero, è tornato.» Il biondo esultò contento e si avviò verso gli amici. Il corvino fece marcia indietro.
Eh, no…Non avevo ancora finito.
«Damon, un’ultima cosa.» Gli dissi. Sul suo viso spuntò un sorrisino, non riuscii a dire niente perché le sue labbra furono sulle mie rubandomi completamente le parole, il fiato e la voglia di dirgli quello che pensavo.

«Sapevo che avresti reagito così.» Disse guardandomi orgoglioso. «Siamo due persone complicate eh?» Continuò.
«Molto complicate. Ah, non ho finito…» Gli presi il braccio e lo guardai negli occhi. «Sappiamo che siamo sbagliati, che quello che facciamo è sbagliato…Ora, anche, questa gara è sbagliata. Ma non sarai solo tu a fare questo errore.» Sul suo volto prima si dipinse l’incertezza e poi la consapevolezza. Aveva capito dove volevo arrivare.

«Mai.» Disse solennemente, iniziando a camminare. Sbuffai e accelerai il passo mettendomi avanti a lui.
«Perché?»
«Perché è un punto di non ritorno, io sbaglio da sempre, sbaglio da tutta la vita. Ma non voglio rovinarti la tua per una fottuttissima gara, chiaro?» Grugnì con gli occhi infervorati.

«Sbagliamo insieme. Facciamo quest’errore insieme. Iniziamo a condividere i nostri errori. Dove vai tu, vado io. Secondo te ti lascerò compiere una cosa del genere da solo? Con la paura di vederti morire sotto i miei occhi?» Gli urlai posando una mano sul suo petto. Il suo cuore batteva all’impazzata, ma non sarebbe mai arrivato ai livelli del mio che in questo momento minacciava di uscire dal petto.
«Sono le stesse parole che mi hai detto quella sera.» Grugnì arrabbiato, riferendosi a quella volta che l’avevo colto con le mani nel sacco mentre stava per fare una gara clandestina.

«Non è cambiato nulla da allora, eh?» Sputò. No. Questo non l’accettavo. Non mi tenevo una battuta così cattiva che aveva fatto più male del previsto.
«Sai che ti dico? Vai, fai questa gara, sfracellati ma non rimarrò qui a guardarti!» Gli urlai incazzata nera. «E sai perché non rimarrò a guardare?»

«Non vuoi avere la mia morte sulla coscienza? Forse il tuo cuore non ne può reggere un’altra? Bhe, notizia flash neanche io posso sopportare un’altra persona morta per COLPA MIA.» Urlò. Persi quasi il respiro a quelle parole e non perché mi aveva praticamente confessato che qualcuno era morto per colpa sua, ma perché aveva tirato in ballo Matt.
«No, coglione! Non posso reggere di perdere te e basta! Perché ti amo. Perché ti amo. E ora vai e sfracellati, non m’importa!» Gli diedi una spallata e a grandi passi  mi avviai verso l’uscita.

Continuai a camminare fino a quando non sentii due grandi mani sui fianchi. Mi girai e mi scontrai con gli occhi di ghiaccio di Damon.
«Sei la persona più insopportabile di questo pianeta, vorrei soffocarti, ucciderti però dopo mi rendo conto che non sarei nessuno senza di te. Perché mi rendi così lunatico e complicato che mi fai uscire di testa, mi fai perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Detesto sentirmi così, detesto essere debole sotto i tuoi occhi…» Sputò con rancore. Perché mi aveva rincorso? «DETESTO essere innamorato, ma non posso farci niente! Detesto essermi innamorato di una ragazza come te, perché sei troppo. Troppo in qualsiasi circostanza.» Continuò.

«E sognavo questo? Secondo te, da bambina, volevo condividere questo amore insopportabile e proibito? Detesto anch’io questa situazione, però ogni cosa che faccio mi riporta a te.» Continuai tirando un po’ su col naso. Stavo rigettando l’anima in quelle parole. Ogni parole diventava sempre più sofferta e sempre più dura da dire, perché era vera.
Detestavo essere innamorata di Damon Salvatore.

«Odio il tuo amore malato e malsano, ma non posso farne a meno!» Gli urlai. Mi prese il viso e mi baciò con foga. La sua lingua danzava nella mia bocca, la mia saliva si era mischiata alla sua. Avvertivo il fastidioso odore pungente del suo dopobarba ma non m’importava. Feci scorrere le mani sulla sua schiena stringendolo più a me, mentre indietreggiavamo.
Aveva ragione. Ragione su tutto. Damon stava alimentando un fuoco che non si sarebbe mai spento se alimentato da lui. Era questo il fastidio che provavo all’altezza dello stomaco. Altro che farfalle nello stomaco, sentivo solo un profondo e viscerale vuoto che si colmava solamente con la sua presenza.
«E io non posso fare a meno di te.» Grugnì.
Avevo le labbra arrossate e non solo per via del mio rossetto. Aveva mordicchiato le mie labbra, ci aveva giocato e per poco non  mi era uscito un po’ di sangue dal labbro inferiore.
Tolsi il rossetto dalla sua labbra e lo guardai negli occhi.

«Sei pronta per questa ennesima prova?» Mi chiese stringendomi la mano. Stavo per farlo. Stavo per gareggiare fianco a fianco di Damon Salvatore.
«La moto è pronta!» Disse trionfante Alaric vedendoci arrivare. Sorrisi istintivamente e m’inumidii le labbra.
«Gareggio con lei.» Gli comunicò Damon sedendosi sulla moto e facendomi cenno di sedere. Deglutii, non potevo tirarti indietro. Non ora.
«Amico sei sicuro? Non hai voluto far gareggiare…» Damon lo freddò con una brutta occhiata.

«Viene con me.» Replicò ancora. Mi sedetti sulla moto e mi aggrappai a lui. Sentii qualcosa circondarmi la vita. Era una cintura?
«A cosa serve?» Chiesi ad Alaric. Lui sospirò e mi guardò forse più che sorpreso, preoccupato.
«A tenerti attaccata a lui. Tieniti stretta, dolcezza.» Mi rassicurò. Mi strinsi maggiormente a Damon.
«Non aver paura. Prendi il casco.» Ordinò il corvino. Chiusi il casco e mi spostai i capelli dietro. Ero pronta. Si partiva per la stupidaggine del secolo.

«Ti arerò, Damon.» Disse quello sconosciuto salendo sulla sua moto. Notò anche me e sorrise divertito. «Vuoi farla gareggiare con te? Non sarà troppo pericoloso?» Alzò un sopraciglio enigmaticamente. Sapevo cosa stava facendo, voleva far sentire in colpa Damon per farlo andare più piano…Oh, non aveva capito niente. Quello che faceva lui, la facevo anch’io.
«Zitto e pensa a vincere.» Grugnii infastidita. Non replicò più. Chiusi gli occhi e mi appoggiai alla schiena di Damon stringendolo più forte
che potevo.

Sentivo intorno a me tante urla di incoraggiamento e il ragazzo che dettava l’inizio della gara era quasi sovrastato da tutte quelle voci.
Capii che aveva dato l’inizio quando Damon schizzò veloce come la luce già dalla montagnetta di terra. Andava veloce, sentivo il vento sferzarmi i capelli ma non osavo aprire gli occhi e vedere la velocità che stava raggiungendo.
Non parlavo, né dicevo niente. Non dovevo fargli perdere la concentrazione. L’ansia saliva in me troppo velocemente.
Il corvino fece una curva larga, o almeno così sospettavo visto l’inclinazione che la moto aveva preso. Chi si aspettava una cosa del genere, io no di certo. Pensavo sarebbe stata una vacanza a Londra normale come la altre e invece ora ero su una moto a fare una gara del genere.

«Sto perdendo velocità…» Lo sentii mormorare.
«Non ho paura. Aralo Damon. Fallo per me.» Gli sussurrai all’orecchio. Detto fatto, mi prese in parola. La velocità con cui andavano prima non era paragonabile a questa.

Il mio cuore batteva all’impazzata, il mio respiro era sempre più irregolare. Non ce la facevo più a tenere gli occhi chiusi, li aprii e mi guardai attorno.
Damon guidava la moto con controllo, girai di poco la testa dietro. Quello sconosciuto era distanziato da noi da un bel po’ di metri. Il
traguardo era veramente vicino.
Ce l’avevamo quasi fatta.

Un’ultima montagnetta e il gioco era fatto. Sentii la moto alzarsi da terra. Non mi sarei mai scordata l’adrenalina che provai in quel momento.
Ebbi così tanta paura che per un secondo pensai di non atterrare intera a terra. Sospirai solamente quando le gomma della moto toccarono terra con un bel tonfo.
Damon sembrò perdere di poco l’equilibrio, ma lo recuperò dopo poco. Un ultimo sforzo. Chiusi gli occhi, le gomme frenarono di botto producendo uno stridio insopportabile, del fango macchiò probabilmente le mie scarpe.

La cintura che mi teneva stretta a Damon si sciolse e aprii gli occhi. Ricominciai a respirare regolarmente, mi tolsi il casco e lo abbracciai.
«Sbagliamo insieme Damon.» Ripetei ancora, prendendo il suo viso tra le mani.
«Basta poco, veramente poco per distruggerci. Mi basta una parola per farti crollare e un bacio per farti diventare più forte. Alimenti le mie giornate. Non smettere mai, Elena.» Disse a pochi centimetri dal mio volto.
Aveva ragione, bastava poco per distruggerci. Bastava una sola parola sbagliata da parte dell’altro per autodistruggersi.
E si sapeva, l’autodistruzione poteva essere rimandata ma non poteva essere eliminata.

«Sarai tu la persona che metterà fine alla mia vita. Ti sento nella pelle Damon, non c’è sensazione peggiore e migliore nello stesso tempo. Non distruggermi.»

Intorno a noi non c’erano più i suoi amici a congratularsi, non sentivamo più le urla e le imprecazioni del suo avversario. Non sentivamo più niente.

«Ci proverò.»
Quel ci proverò non mi convinceva. Mi avrebbe distrutta, ne ero certa.
 
 
 
 







GRAZIE A NikkiSomerhalder, Smolderina78, Bea_01 e Katherina23.
Grazie alle 43 PERSONE che hanno inserito la storia tra le PREFERITE. Grazie alle 59 che l’hanno inserita nelle SEGUITE.
Grazie alle 5 che l’hanno inserita nelle ricordate.
Grazie ai lettori silenziosi che leggono soltanto.
 
Non ti scordar di me:
Hi, girls <3
Eccomi qui. Forse siete dispiaciute dal fatto che non aggiornavo più? Oh, be’ tranquille sono qui! Come avrete ben notato questo capitolo è una bomba, nel vero senso della parola. E’ il più lungo che abbia mai scritto, più di una decina di pagine di Word. E’ bestiale, però mi piace. E anche molto.
Spero che vi piaccia quanto sia piaciuto a me. E vi assicuro che è difficile che dica che mi piace quel che ho scritto.
Che dire…Elena si è dichiarata, sempre nella peggiore della situazioni però fa niente. XD Le parole tra quei due non sono bellissime? *-* Voglio dirvi che le ho scritte io e non chiedetemi come la mia mente escogiti cose così complicate, perché non lo so neanche io!
Sto partendo dalla fine…Perché? Oh perché è la parte MIGLIORE!
Veramente sto super euforica per due motivi: primo, questi due sono la mia droga. Uno più dipendente dell’altro e secondo, la storia sta per finire!
S’inizia il conto alla rovescia tra poco. Mancano tre capitoli più l’epilogo suppongo. Però tranquilli, il sequel esiste! E’ in work :3
Sinceramente non ho altro da dire, Ouch! Mi stavo dimenticando di Mamma Elisabeth! Chi non stima quella donna con le sue battutine un po’ a doppio senso? Ha capito qualcosa per voi? Mm…Chissà. Chissà.
E voi? COME VORRESTE L’EPILOGO? Qualcuna di voi INDOVINERA’ cosa la mia mente ha progettato?
Bhe, GRAZIE ANCORA.
VI AMO <3
Ci sentiamo alle recensioni, belle.
Non ti scordar di me.

 
 
  
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