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Autore: MellowMas    30/10/2014    2 recensioni
Brittany ha iniziato da poco il suo nuovo lavoro - guardia di sicurezza presso il casello del parcheggio di una prestigiosa azienda- quando gli occhi scuri di una misteriosa brunetta incontrano i suoi.
AU/ Storia Tradotta.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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“Muovi il culo, Santana!” Gridò Aurelio entrando nella stanza di Santana, senz’alcun riguardo per la ragazza che stava dormendo.
“Sta’ zitto.” Borbottò in risposta da sotto alle coperte del letto matrimoniale.
Il ragazzo puntò gli occhi sulla massa informe al centro del materasso, che presunse fosse Santana.
“Dai, Santana!” la supplicò con una vocina che poco si addiceva all’espressione seria che gli calzava il viso, strattonando il piumone. “Devi uscire fuori da lì.”
La ragazza gemette, nascondendosi ulteriormente sotto alle coperte. “Ti ho detto di stare zitto, Auri!”
Tirò alla cieca  uno degli enormi cuscini in direzione del ragazzo che non ebbe difficoltà a schivarlo.
Semplicemente si spostò a lato, tirando un’occhiataccia al cumolo di coperte che nascondeva Santana.
“Mi vuoi solo per il lavoro.” Brontolò premendo la faccia contro al cuscino, ma lui riuscì a sentirla.
“Sì, forse..”Sospirò, guardando prima la pila di vestiti sparsi sul pavimento e poi quelli sul letto, scuotendo la testa.
Aurelio si sarebbe avvicinato a lei per vedere in che condizioni fosse, però sapeva che se lo avesse fatto la ragazza gli avrebbe lanciato contro un’infinità di oggetti, perciò mantenne le distanze.
Osservò in silenzio la coperta che si alzava e abbassava a ritmo con il respiro di Santana.
Un paio di capelli corvini uscivano dalla cima del piumone.
“Non mi hai ancora detto cos’è successo.”
“Non mi va.” Mugugnò, senza compiere alcuno sforzo per alzarsi.
Santana si sentì leggermente in colpa per quel silenzio, sapeva che Aurelio lo chiedeva perché le voleva bene.
Voleva solo essere lasciata in pace.
Inoltre, non erano affari suoi.
 “Ok, ok.” Si mise una mano tra i capelli, come faceva normalmente quando era nervoso. “Ma domani è martedì, Tana. Hai già perso questo giorno.”
Santana non ne poté più di quelle ciance, allungò il collo e si sporse dalle coperte.
“Perché mi vuoi sempre fuori da casa?” puntò l’indice contro di lui con fare accusatorio. “Stai organizzando qualcosa per farmi fuori?”
Lui rise, mostrando quei denti perfettamente bianchi. Era abituato allo strano umorismo della ragazza, quindi finse per un attimo che non lo pensasse davvero.
“Voglio solo ciò che è meglio per te, bellezza.”
Santana roteò gli occhi e gli tirò un cuscino, tanto per.
Lui l’afferrò giusto un attimo prima che questo lo colpisse in faccia.
La analizzò per qualche istante, aggiungendo in tono offeso: “E hai bisogno di tagliare i capelli.”
Santana si passò le mani tra i capelli annodati e guardò con disgusto le proprie doppie punte.
Odiava quando l’altro aveva ragione.
“E tu devi smetterla di truccarti così tanto.” Replicò, ritornando la frecciatina.
Certo, usava dei cosmetici. Ma non più di quanto facessero gli altri ragazzi etero.
Ultimamente i suoi insulti mancavano d’inventiva.
La mora gli sorrise soddisfatta, abbracciando il cuscino. Per un attimo parve voler tornare a dormire.
“E’ venuta Holly.”
Si tirò su immediatamente, mentre l’altro si appoggiava allo stipite della porta trattenendo una risata. Era esilarante vederla agitata.
“Cosa  ti ha detto?” Si preparò mentalmente alla risposta, lanciando uno sguardo scocciato al ragazzo.
“Fortunatamente ci ha dato altri due mesi. Quindi ALZA. QUEL. CULO.” Santana roteò gli occhi per la centesima volta. Pensare che si era appena svegliata.
“Ha già posticipato la scadenza una volta, lo sai.” La sua voce austera non fece che irritarla maggiormente.
Era entrato nella modalità “business”  sfortunatamente doveva prenderlo sul serio. (e sopportarlo!)
Ci fu un momento di silenzio prima che Aurelio spezzasse quell’aria da uomo in carriera.
“E’ così fica. Dio, amo le Milf.” Commentò con un tono sognante.
Probabikmente era un tentativo fallimentare per migliorare l’umore della ragazza.
“Ugh, vattene.” Sventolò la mano in sua direzione.
“Ok, me ne vado.” Aveva ancora indosso il suo sorriso. “Però ti lascio questo.”
Posò due chiavette usb ai piedi del letto, gettandole un’occhiata.
“Che cos’è?” Aprì un occhio per guardare il ragazzo.
“L’aggiornamento dei programmi..” disse puntando il dito su quella argentea. “E.. beh, lo sai.”
Alzò le sopracciglia, osservando la chiavetta nera.
Si alzò per prendere i due oggettini tanto familiari. “La codifica.”
“Già.” Rispose in tono annoiato, avvicinandosi alla porta.
“Lavora anche da qui, non mi interessa. Purché lavori.” Ritornò alla modalità ‘uomo in carriera’.
“Oh, e non dimenticare di lavarti. C’è puzza, qua dentro.” La osservò un’ultima volta, sorridendole giocosamente.
“Fottiti.” Gli avrebbe tirato un altro cuscino, ma era l’ultimo che le era rimasto ed era anche il più comodo. Non poteva sprecarlo per quel coglione.
“Ti amo anche io.” Le sorrise gentilmente, uscendo dalla camera.
Cambiava umore allo stesso modo delle donne incinta.
Come sentì la porta sbattere si lasciò andare nuovamente al materasso, sperando di potersi riaddormentare.
Ultimamente non faceva altro che dormire.
Era già tarda mattinata, perciò avrebbe anche potuto tirarsi su le maniche e fare qualcosa di produttivo.
Sbadigliò sonoramente, tirandosi su. Si stiracchio le braccia e raggiunse il bordo del letto.
Fece che per alzarsi in piedi quando si ricordò di loro.  
Sbuffò, dando un’occhiata alla sedia a rotelle accanto al letto.
Con qualche sforzo dopo un minuto era pronta a lasciare la camera da letto, avanzando a colpi di ruota.
Aveva anche una sedia a rotelle elettrica, ma la usava principalmente per lavorare.
Preferiva quella tradizionale, aveva più libertà e poteva fare esercizio allo stesso tempo, tenendo in forma le braccia.
Era la sua routine, ma non ne poteva quasi più.
La casa era in perfetto stato: non una virgola fuori posto.
Non poté fare a meno di paragonare la propria stanza ed il proprio ufficio alla casa, sembravano due realtà completamente differenti.
Si sentì lievemente in colpa, ultimamente  si era data all’ozio.
A quanto pare Imelda, la governante, si era fermata a sistemare la villa mentre Santana vegetava nella sua stanza.
Imelda era la domestica migliore  che avesse mai conosciuto. Si prese cura della ragazza da quando questa aveva soli cinque anni. La conosceva meglio dei suoi genitori e sapeva come comportarsi per ogni umore di Santana. Inoltre sapeva anche come far breccia tra le sue difese, bastava prepararle il suo toast preferito, leggermente bruciacchiato.
Era un segreto delle due donne.
Nonostante ciò, non permetteva a nessuno di entrare nel suo ufficio senza la propria supervisione.
Notò con piacere che la porta del suo studio era chiusa.
Imelda non sarebbe mai stata tanto irrispettosa nei confronti di Santana.
Arrivò alla cucina, pensando a  come avesse sprecato il proprio weekend.
Non era proprio come se non avesse lavorato affatto da martedì scorso..Qualcosa aveva fatto.
La sua posizione nella compagnia le permetteva di portare a termine il lavoro anche da casa, ma aveva delle scadenze da rispettare.
Le tornò alla mente come Auri aveva cercato di rallegrarla venerdì, suggerendola un party con degli spogliarellisti.
Tutto ciò che il ragazzo ebbe in risposta fu un dolore alla gamba, poiché Santana gli rotolò addosso ‘accidentalmente’, minacciandolo di ucciderlo se solo  avesse parlato ancora di portare prostitute e uomini nudi in casa sua.
Sapeva però che non avrebbe mai affittato  spogliarellisti.
Si avvicinò alla macchina per il caffè, il suo più grande tesoro, e se ne preparò una tazza.
Nell’attesa che quel nettare spillasse nella tazzina, si spinse fino ad un altro bancone, il quale aveva uno schermo su di esso. Spinse un bottone a lato dello schermo e venne fuori una tastiera.
Lo schermo era touch, quindi avrebbe potuto gestire la cosa senza tastiera, ma aveva un debole per il “retrò”.
Aveva quasi controllato metà delle mail quando la caffettiera suonò, lasciandole intendere di aver finito il proprio lavoro.
Era musica per le sue orecchie.
Prese la tazzina e si avviò verso il proprio studio, non aveva proprio voglia di prepararsi una colazione decente.
Arrivò nell’ufficio, lo aprì con la sua chiave, sola ed unica, e notò con piacere che non era poi in pessime condizioni.
La tazza sulla scrivania provava che Imelda non ci aveva messo piede.
Quando era stata l’ultima volta che aveva lavorato?Mercoledì? Venerdì?
Oh, al diavolo.
Accese il computer e aspettò pazientemente, quando giunse il momento completò il protocollo aggiungendo password e fornendo le impronte digitali, come richiesto.
A quanto pare aveva ben tre messaggi in attesa nella segreteria telefonica da parte di Tina, almeno da quanto diceva lei in un’email.
Stava cercando di evitare il proprio telefono da quando una certa bionda aveva preso a mandarle messaggi e chiamarla insistentemente.
Si sentiva terribilmente in colpa nell’ignorarla.
Credeva che Brittany non avrebbe mai potuto perdonarla per quello che aveva fatto, e forse neanche si meritava il suo perdono.
In realtà, non riusciva ad affrontare la reazione di Brittany, non era pronta. Perciò per il momento evitava il problema.
Non aveva mai visto la bionda arrabbiata, ma le aveva dato motivi a sufficienza per esserlo.
Le spezzò il cuore l’espressione di Brittany quel martedì, si pentì di aver detto quelle parole non appena le uscirono di bocca. Era troppo tardi per rimangiarsele, però.
Era come una reazione automatica per Santana; quando si sentiva indifesa alzava dei muri attono a sé, allontanando le altre persone.
Aveva ferito l’unica persona che non avrebbe mai voluto ferire.
Il suo umore peggiorò quando pensò a tutte le reazioni che avevano di solito le persone che venivano a conoscenza delle sue condizioni. Le immaginò su Brittany.
Ogni scenario rendeva la situazione più cupa.

Pietà.

Rifiuto.

Tradimento della fiducia.

Disgusto.

Le venne da piangere di nuovo, perciò si concentrò sul computer davanti a sé.
Controllò i progetti contenuti nella chiavetta argentata.
Non era poi un lavoro così difficile, doveva solo supervisionare che tutto funzionasse.
Il lavoro realmente importante era nella tasta della sua felpa.
Prese in mano quella chiavetta e la guardò annoiata.
Non le andava ancora di fare quel lavoro.
Si portò la tazza alle labbra e notò di aver già bevuto tutto il caffè.
Sbuffò, ancor più irritata quando si rese conto che Auri aveva ragione.
Doveva farsi una doccia. Ugh.
Tornò in camera sua per prendere qualche vestito pulito. Forse non era poi una cattiva idea chiamare Imelda per farsi riordinare quel porcile.
Arrivò in bagno e guardò con nostalgia la vasca da bagno, non ricordava davvero quale fosse l’ultima volta in cui l’aveva usata.
Ignorare quella cosa stava diventando difficile.
Da sola non poteva usarla e non avrebbe mai permesso a nessuno di aiutarla.
La doccia fu veloce, stranamente, ma efficace. Solitamente finiva col restare sotto al getto dell’acqua più del dovuto.
L’aveva sempre infastidita dover passare dalla sedia a rotelle a quella posizionata nella doccia.
Aveva a che fare con le sue inutili gambe ed i ‘promemoria’ delle sue azioni ogni volta che si lavava, portandola a strofinarsi con maggior forza sulla pelle chiara delle cicatrici.
Non le faceva più tanto male come prima, ma l’immagine dell’accaduto che ogni volta le si ripresentava in testa era sufficiente a farle sentire nuovamente dolore.
Quando finì la doccia si prese tempo per massaggiarsi le gambe, imponendosi di non guardare, per evitare i crampi.
Era strano.
Le faceva senso sentire sotto alle dita le proprie cicatrici.
La sua coscia sinistra aveva la cicatrice più spaventosa. Si estendeva fino al fianco, poi da lì girava sulla schiena.
Santana si sentiva fortunata perché non poteva vedere il proprio fondoschiena.
Ogni volta che metteva mano su quelle cicatrici, però,  si sentiva un peso sullo stomaco e la gola si faceva secca.
 

Tornò a lavorare solo quando fu completamente vestita, aveva optato per una tuta.
Siccome non ebbe tempo per asciugare i capelli li raccolse in uno chignon.
Ci vollero ben dieci minuti per caricare il contenuto di quella dannata chiavetta.
Si sistemò gli occhiali sul naso e aspettò pazientemente per la seconda volta in quel giorno.
Sapeva che il SANGOLD 1-34 era il progetto più importante al quale lei ed il suo team avessero mai organizzato. Avevano firmato un contratto e avrebbero dovuto consegnare il programma entro allora, non c’era tempo da perdere.
Doveva mettere da parte il proprio umore.
Per un attimo immaginò di lasciarsi andare e mandare tutto quando a quel paese.
Così, giusto per vedere qualche persona valvolare.
Le conseguenze però sarebbero state ben più grandi ed il gioco non valeva la candela.
Il programma si caricò e Santana sgranò gli occhi osservando l’ultimo pezzo che aveva codificato.
Non aveva mai programmato così male. Era un vero casino. Lo specchio della sua vita privata, insomma.
L’ultima volta che aveva messo mano su quel progetto aveva passato il tempo a correggere i propri errori.
A quanto pare nessuno dei suoi colleghi aveva osato mettere mano sulle cazzate che aveva scritto.
Appena sarebbe tornata a lavoro gli avrebbe fatto una paternale coi fiocchi.
Dopo svariato tempo riuscì a rimediare a quasi tutti i bug dell’applicazione. Si accorse di aver fatto tardi solo quando le parse di aver sentito bussare alla porta.
Aveva passato sei ore a quella scrivania.
Uscì dall’ufficio alla volta della cucina, avrebbe mangiato qualche snack sebbene non avesse fame.
Imelda sapeva sempre quando non mangiava e Santana non poteva sopportare un’altra ramanzina da parte della domestica.
Le era comunque grata per tutto quell’amore.
Il campanello suonò, e fu certa che non fosse la sua immaginazione.
Non riuscì a mettere mano sulle ruote che il campanello suonò ancora e Santana fu certa che fosse Auri.
Si divertiva a complicarle la vita, il bastardo.
Al terzo suono del campanello perse la pazienza.
Seriamente, o era Aurelio o era un qualche fottuto testimone di Geova che ha perso la via e nessuna delle due opzioni la entusiasmava.
Gli avrebbe letteralmente preso a calci quel perfettissimo e sodissimo culo. Avrebbe trovato il modo.
Arrivò alla porta e si domandò se prendere la mazza da baseball fosse un tantino eccessivo.
Magari un’altra volta, era troppo lontana.
Aprì la porta con aria scocciata, sbuffando più per l’irritazione e lo stress che per la fatica del dover aprire la porta.
“Cristo benedetto, Auri! Cazzo, riesci a lasciarmi in pace!?”
Gridò la mora non appena la porta sbatté contro il muro.
Perse un battito quando vide chi era sull’uscio.
“Ciao” Brittany mosse la mano in un timido saluto.
Santana voleva morire.
Aveva talmente tante emozioni che.. non riusciva neanche quasi a respirare. Voleva solo sotterrarsi.
E poi c’era Brittany,  se ne stava lì tutta timida e perfetta, come se Santana non le avesse appena gridato contro.
Santana non l’aveva mai vista con i capelli sciolti, ed il modo in cui il sole del tramonto le illuminava i capelli e una parte del viso la rendeva ancor più bella.
Una creatura adorabile.
Indossava un vestito semplice. L’aveva mai vista indossare un abito? No, probabilmente no.
Altrimenti si sarebbe schiantata contro il cancello del parcheggio.
Non era provocante ma riusciva a renderla estremamente sexy.
Oh. Erano zebre quelle sul suo vestito??.. adorabile.
Il silenzio si prolungo per un po’, Santana riusciva solo a fissarla a bocca aperta.

“Sono Brittany.”
Santana alzò lo sguardo su di lei e la vide a mordicchiarsi il labbro. Era ferita ed era evidente.

“L-Lo so.”  Riuscì a mormorare annuendo.
Si ricordò solo allora di essere in tuta.
Dio, che situazione imbarazzante. Abbassò lo sguardo, incontrando le proprie gambe, ormai prive di utilità.
Quando rialzò lo sguardo era totalmente inespressiva.
“Come..Fa niente. Cosa..?” Inciampò nelle proprie parole.
Si schiarì la gola e ci riprovò.
“Cosa vuoi, Brittany?”
Ecco di nuovo i muri di Santana.
Come aveva fatto a trovarla? Cosa voleva? Era lì per farle una ramanzina?
Probabilmente non voleva neanche più esserle amica.
Aveva mandato tutto all’aria l’ultima volta che si erano viste.
Sapeva di doverle almeno una spiegazione o delle scuse, ma non riusciva a dire nulla.
Incrociò le braccia preparandosi mentalmente all’assalto verbale della bionda.
Era consapevole di essere in torto.
Brittany puntò i suoi occhi di ghiaccio su quelli scuri di Santana. Sembrava essere nervosa.
Santana si era preparata a sentire tantissime parole e frasi in generale, ma mai avrebbe pensato di sentire quello che disse alla fine la bionda per rompere il silenzio.

“Esci con me!”
 


BOOM. Non so quando riuscirò ad aggiornare dopo questo, lo studio mi divorerà.
Ad ogni modo.. Prossimamente sapremo anche chi cavolo è sto Auri per Santana.
Strapelot: hai il mio amore.
Alla prossima, byeeeeeeee. 
  
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