Cap 9. Casa
–Mi dimettono domani-
–Sono contenta di saperlo. Hai bisogno di aiuto?- chiese lei, alludendo agli effetti personali che gli aveva portato un po’ alla volta durante quei giorni.
–No Minerva, ti ringrazio. Per precauzione prenderò il Nottetempo per andare a casa, ma mi sento sufficientemente in forma da Materializzarmi senza problemi, all’occorrenza-
–Ti vedremo ad Hogwarts?- si informò lei.
Lui annuì. –Passerò presto- confermò.
Minerva lo guardò con sguardo severo –Sai cosa intendo, Severus.-
–Non lo so- ammise lui –Vorrei rifletterci ancora un po’-
Lei non insisté.
Era mattina inoltrata quando raggiunse Spinner’s End. La sua ultima visita all’appartamento risaliva ad una decina di mesi prima, dal momento che passava sempre tutte le festività al castello; si rimboccò le maniche e si mise dunque a fare quello che sempre faceva all’inizio delle vacanze estive: pulire la casa da cima a fondo.
Gli ci volle l’intero pomeriggio per far prendere aria alle stanze e togliere la polvere che formava uno strato pressoché uniforme ovunque. Fortuna che la casa era piccola e poteva contare sulla sua magia!
Quando finalmente si lasciò cadere sulla poltrona era stremato. Appellò vino elfico e un bicchiere, e si guardò intorno distrattamente. Era tutto pulito e ordinato, ma c’era qualcosa che non lo convinceva: un senso d’imperfezione, come un quadro storto o un particolare fuori posto; si alzò e prese a camminare per l’appartamento, misurando i ricordi al ritmo dei suoi passi.
Il salotto era piccolo e malamente illuminato; a prima vista sembrava una stanza piuttosto squallida e anonima, con il suo divano liso, una vecchia poltrona e un tavolo traballante posti al centro. In realtà, conteneva l’unico particolare degno di nota di tutta la casa: le pareti, infatti, erano interamente foderate di libri.
Snape passò le dita affusolate sulle vecchie coste con la stessa delicatezza con cui uno sposo accarezza la pelle della propria sposa, lo sguardo pieno di reverenza e quasi di amore. I polpastrelli riconoscevano ogni minima imperfezione, ogni scanalatura; in quel gesto di dolcezza, dita e copertine si salutavano reciprocamente come fossero vecchi amici.
Quei libri erano stati la sua passione sin da quando era piccolo, poteva passare ore chino su di loro a leggere; un particolare che non era cambiato negli anni…
La numerosa raccolta era in parte opera di sua madre, in parte opera sua: collezionare libri antichi e potenti era stato il suo unico hobby, l’unico segno ancora tangibile della sua antica brama di potere.
Non era solo un lettore attento e vorace, era anche passionale nella lettura: leggere un libro per lui era paragonabile al possesso carnale, desiderava talmente tanto la magia in essi contenuta che avrebbe voluto mangiarseli, cibarsene. Di fatto, sfogava su di loro –oggetti inanimati- i sentimenti che non osava esprimere con le persone in carne ed ossa, spesso lasciandosi andare a ragionamenti che immancabilmente finiva per vergare sulle pagine con l’inchiostro. Si tratteneva solo di fronte ai libri che erano più unici che rari, verso i quali si sentiva in dovere di preservarne l’integrità.
I suoi amici di pagine ed inchiostro erano tutti al loro posto, non era quello il particolare che lo impensieriva…
Aprì una porta nascosta nel muro e diede una rapida occhiata alla spoglia cucina, poi tornò in salotto e varcò una seconda porta nascosta, prendendo a salire la stretta scala che lo condusse al piano superiore.
Il bagno, allo stesso modo della cucina, era antiquato e disadorno, come se questi locali non fossero abitati spesso. O come se l’inquilino non si fosse mai dato pena di rimodernarli perché erano particolari poco interessanti, perché l’aspetto esteriore delle cose non era qualcosa d’importante agli occhi del padrone di casa. O forse, per entrambi i motivi.
Comunque no, anche nel desolante bagno niente da vedere.
Continuò aprendo la porta della propria stanza; quando stava a Spinner’s End dormiva ancora nella camera di quando era bambino, in gran parte immutata: la scrivania sotto la finestra e l’armadio in legno scuro erano infatti gli stessi mobili della sua infanzia. Il letto invece era cambiato: ora un letto a baldacchino con pesanti tende verdi faceva bella mostra di sé al centro della camera. Sopra le lenzuola, la valigia non ancora disfatta che aveva riportato indietro dal San Mungo. Niente di stonato neanche lì.
Rimaneva la camera dei suoi genitori, ma anche quella si rilevò avere il suo solito aspetto: ogni oggetto era esattamente nello stesso identico posto in cui l’aveva lasciato l’anno prima e quello prima ancora.
In un angolo, il baule pieno di ricordi di sua madre, che non osava aprire; all’angolo opposto alcune delle vecchie cose di suo padre, piene di rimpianti, che non osava buttare. Richiuse la porta: si era ripromesso di non aprire quella stanza e di rievocare quelle memorie per nessuno. Avrebbe rotto la promessa, ma sarebbero dovuti passare ancora venticinque anni.
Tornò in salotto con l’espressione torva, crucciato per non aver risolto il mistero; poi improvvisamente la ruga che sempre si delineava tra le sue sopracciglia quando era pensieroso si distese mentre un lampo di comprensione gli attraversava lo sguardo: era lui il particolare fuori posto.
Nonostante ci fosse nato e cresciuto, quell'appartamento gli era tutto sommato estraneo; così era stato per trentotto anni, così sarebbe probabilmente stato sempre. No, non era lì che voleva stare, non era quello il suo posto.
Spazientito del suo stesso umore altalenante (ma cosa gli prendeva? Come se quella fosse la prima volta che tornava a Spinner’s End…), uscì nella tiepida notte estiva. Camminò apparentemente senza meta, ma i suoi passi sembravano conoscere percorsi ben precisi, e senza volerlo si ritrovò nel vecchio parco giochi in cui tanti anni fa aveva parlato per la prima volta con una ragazzina dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del prato. Era stato lui a dirle che era una strega, era stato lui a parlarle di Hogwarts; insieme erano partiti per quel mondo che era il loro, così diverso dalla realtà da cui provenivano…
E improvvisamente seppe dove voleva andare. Tornò all’appartamento in Spinner’s End, aggiunse altre due cose alla valigia e si Smaterializzò.
Era apparso oltre i confini ovviamente, ma il profilo dell’antico castello si stagliava netto all’orizzonte. Si mise in marcia verso di esso, mentre una splendente luna ne illuminava i contorni, che divenivano più definiti a mano a mano che avanzava.
Vederlo così ridotto, a pezzi, vecchio, distrutto, lo faceva stare male.
Lo avrebbe ricostruito, avrebbe lavorato fino alla riapertura della Scuola per riportarlo agli antichi splendori.
Non sarebbe stato da solo: Minerva gli aveva detto che in tanti erano venuti –volontari- ad aiutare; per molti Hogwarts era non solo un luogo magico, ma un posto in cui erano stati felici.
Fu mentre varcava la soglia che decise: sarebbe rimasto. Come professore, preside o spazzino non aveva importanza. Sarebbe rimasto perché quello era il luogo a cui apparteneva, quello era il luogo in cui si sentiva a casa.
Santo cielo è stato un parto! Non credevo, ma mentre scrivevo continuavo a tornare indietro e a scrivere particolari... Quindi perdonate che ho sforato di un paio d'ore (è già sabato), però sappiate che sono state ben spese e ci sono almeno due paragrafi in più del previsto! La verità è che sono una miss Perfettina stile Granger: contate solo che ho aperto un calendario lunare del 1998 per vedere che fase lunare c'era quando Snape risaliva verso il castello, calcolando il tempo di degenza comparato con quello di Arthur Weasley... Sì, sono matta...
NOTA IMPORTANTE: il percorso del mio Snape implica una serie di domande-chiave fondamentali. La prima, a cui trova una risposta in questo capitolo, riguarda il DOVE. Posso anticiparvi che nella prossima decina di capitoli nascerà, si svilupperà e troverà risposta una nuova domanda, riguardante il CHI. L'ultima domanda fondamentale, rigurdante il COSA/PERCHÈ troverà risposta alla fine della storia.
Altre note varie sul capitolo: ho riletto (ovviamente) HP6 per descrivere l'appartamento in Spinner's End, quindi il mobilio del salotto e le porte nascoste che danno su scale e cucina dovreste averle riconosciute (minuscolo salotto, oscura cella imbottita, pareti foderate di libri in gran parte in vecchia pelle nera o marrone, divano liso vecchia poltrona e un tavolo traballante riuniti in una pozza di luce tenue, lampadario a candele, aria trascurata come se di solito non fosse abitato, porta nascosta alle spalle della poltrona, stretta scala, seconda porta segreta). Speravo che JKR nell'aggiornamento a Pottermore di oggi (31 ottobre) pubblicasse anche qualche info in più su Snape, e invece ciccia... Quindi sono stata volutamente poco specifica per ciò che concerne l'infanzia di Snape (quali sono/erano i sentimenti di Severus per i genitori? Qual era il rapporto tra i genitori, a parte il padre iracondo -violento?- che detestava la magia? Se Snape possiede Spinner's End, vuol dire che sono morti? Il padre l'ha abbandonato? ecc ecc). Spero di essermela sfangata a sufficienza con questo alone di mistero... Integrerò quando avrò più informazioni in proposito, per ora non voglio lanciarmi in voli pindarici.
Sicuramente NON frutto di voli pindarici è però la passione di Snape per i libri (a parte per come tratta il suo manuale di pozioni, ma poi uno che c'ha casa foderata di libri... insomma dai!) come il fatto che si senta a casa ad Hogwarts (e questo lo dice JKR per bocca di Harry alla fine di HP7, quando dice che lui, Voldemort e Snape sono i bambini abbandonati che hanno trovato rifugio a Hogwarts).
Per apprezzamenti, suggerimenti o critiche... Recensite! Alla prossima settimana per il seguito :)
–Sono contenta di saperlo. Hai bisogno di aiuto?- chiese lei, alludendo agli effetti personali che gli aveva portato un po’ alla volta durante quei giorni.
–No Minerva, ti ringrazio. Per precauzione prenderò il Nottetempo per andare a casa, ma mi sento sufficientemente in forma da Materializzarmi senza problemi, all’occorrenza-
–Ti vedremo ad Hogwarts?- si informò lei.
Lui annuì. –Passerò presto- confermò.
Minerva lo guardò con sguardo severo –Sai cosa intendo, Severus.-
–Non lo so- ammise lui –Vorrei rifletterci ancora un po’-
Lei non insisté.
Era mattina inoltrata quando raggiunse Spinner’s End. La sua ultima visita all’appartamento risaliva ad una decina di mesi prima, dal momento che passava sempre tutte le festività al castello; si rimboccò le maniche e si mise dunque a fare quello che sempre faceva all’inizio delle vacanze estive: pulire la casa da cima a fondo.
Gli ci volle l’intero pomeriggio per far prendere aria alle stanze e togliere la polvere che formava uno strato pressoché uniforme ovunque. Fortuna che la casa era piccola e poteva contare sulla sua magia!
Quando finalmente si lasciò cadere sulla poltrona era stremato. Appellò vino elfico e un bicchiere, e si guardò intorno distrattamente. Era tutto pulito e ordinato, ma c’era qualcosa che non lo convinceva: un senso d’imperfezione, come un quadro storto o un particolare fuori posto; si alzò e prese a camminare per l’appartamento, misurando i ricordi al ritmo dei suoi passi.
Il salotto era piccolo e malamente illuminato; a prima vista sembrava una stanza piuttosto squallida e anonima, con il suo divano liso, una vecchia poltrona e un tavolo traballante posti al centro. In realtà, conteneva l’unico particolare degno di nota di tutta la casa: le pareti, infatti, erano interamente foderate di libri.
Snape passò le dita affusolate sulle vecchie coste con la stessa delicatezza con cui uno sposo accarezza la pelle della propria sposa, lo sguardo pieno di reverenza e quasi di amore. I polpastrelli riconoscevano ogni minima imperfezione, ogni scanalatura; in quel gesto di dolcezza, dita e copertine si salutavano reciprocamente come fossero vecchi amici.
Quei libri erano stati la sua passione sin da quando era piccolo, poteva passare ore chino su di loro a leggere; un particolare che non era cambiato negli anni…
La numerosa raccolta era in parte opera di sua madre, in parte opera sua: collezionare libri antichi e potenti era stato il suo unico hobby, l’unico segno ancora tangibile della sua antica brama di potere.
Non era solo un lettore attento e vorace, era anche passionale nella lettura: leggere un libro per lui era paragonabile al possesso carnale, desiderava talmente tanto la magia in essi contenuta che avrebbe voluto mangiarseli, cibarsene. Di fatto, sfogava su di loro –oggetti inanimati- i sentimenti che non osava esprimere con le persone in carne ed ossa, spesso lasciandosi andare a ragionamenti che immancabilmente finiva per vergare sulle pagine con l’inchiostro. Si tratteneva solo di fronte ai libri che erano più unici che rari, verso i quali si sentiva in dovere di preservarne l’integrità.
I suoi amici di pagine ed inchiostro erano tutti al loro posto, non era quello il particolare che lo impensieriva…
Aprì una porta nascosta nel muro e diede una rapida occhiata alla spoglia cucina, poi tornò in salotto e varcò una seconda porta nascosta, prendendo a salire la stretta scala che lo condusse al piano superiore.
Il bagno, allo stesso modo della cucina, era antiquato e disadorno, come se questi locali non fossero abitati spesso. O come se l’inquilino non si fosse mai dato pena di rimodernarli perché erano particolari poco interessanti, perché l’aspetto esteriore delle cose non era qualcosa d’importante agli occhi del padrone di casa. O forse, per entrambi i motivi.
Comunque no, anche nel desolante bagno niente da vedere.
Continuò aprendo la porta della propria stanza; quando stava a Spinner’s End dormiva ancora nella camera di quando era bambino, in gran parte immutata: la scrivania sotto la finestra e l’armadio in legno scuro erano infatti gli stessi mobili della sua infanzia. Il letto invece era cambiato: ora un letto a baldacchino con pesanti tende verdi faceva bella mostra di sé al centro della camera. Sopra le lenzuola, la valigia non ancora disfatta che aveva riportato indietro dal San Mungo. Niente di stonato neanche lì.
Rimaneva la camera dei suoi genitori, ma anche quella si rilevò avere il suo solito aspetto: ogni oggetto era esattamente nello stesso identico posto in cui l’aveva lasciato l’anno prima e quello prima ancora.
In un angolo, il baule pieno di ricordi di sua madre, che non osava aprire; all’angolo opposto alcune delle vecchie cose di suo padre, piene di rimpianti, che non osava buttare. Richiuse la porta: si era ripromesso di non aprire quella stanza e di rievocare quelle memorie per nessuno. Avrebbe rotto la promessa, ma sarebbero dovuti passare ancora venticinque anni.
Tornò in salotto con l’espressione torva, crucciato per non aver risolto il mistero; poi improvvisamente la ruga che sempre si delineava tra le sue sopracciglia quando era pensieroso si distese mentre un lampo di comprensione gli attraversava lo sguardo: era lui il particolare fuori posto.
Nonostante ci fosse nato e cresciuto, quell'appartamento gli era tutto sommato estraneo; così era stato per trentotto anni, così sarebbe probabilmente stato sempre. No, non era lì che voleva stare, non era quello il suo posto.
Spazientito del suo stesso umore altalenante (ma cosa gli prendeva? Come se quella fosse la prima volta che tornava a Spinner’s End…), uscì nella tiepida notte estiva. Camminò apparentemente senza meta, ma i suoi passi sembravano conoscere percorsi ben precisi, e senza volerlo si ritrovò nel vecchio parco giochi in cui tanti anni fa aveva parlato per la prima volta con una ragazzina dai capelli color del fuoco e dagli occhi color del prato. Era stato lui a dirle che era una strega, era stato lui a parlarle di Hogwarts; insieme erano partiti per quel mondo che era il loro, così diverso dalla realtà da cui provenivano…
E improvvisamente seppe dove voleva andare. Tornò all’appartamento in Spinner’s End, aggiunse altre due cose alla valigia e si Smaterializzò.
Era apparso oltre i confini ovviamente, ma il profilo dell’antico castello si stagliava netto all’orizzonte. Si mise in marcia verso di esso, mentre una splendente luna ne illuminava i contorni, che divenivano più definiti a mano a mano che avanzava.
Vederlo così ridotto, a pezzi, vecchio, distrutto, lo faceva stare male.
Lo avrebbe ricostruito, avrebbe lavorato fino alla riapertura della Scuola per riportarlo agli antichi splendori.
Non sarebbe stato da solo: Minerva gli aveva detto che in tanti erano venuti –volontari- ad aiutare; per molti Hogwarts era non solo un luogo magico, ma un posto in cui erano stati felici.
Fu mentre varcava la soglia che decise: sarebbe rimasto. Come professore, preside o spazzino non aveva importanza. Sarebbe rimasto perché quello era il luogo a cui apparteneva, quello era il luogo in cui si sentiva a casa.
Santo cielo è stato un parto! Non credevo, ma mentre scrivevo continuavo a tornare indietro e a scrivere particolari... Quindi perdonate che ho sforato di un paio d'ore (è già sabato), però sappiate che sono state ben spese e ci sono almeno due paragrafi in più del previsto! La verità è che sono una miss Perfettina stile Granger: contate solo che ho aperto un calendario lunare del 1998 per vedere che fase lunare c'era quando Snape risaliva verso il castello, calcolando il tempo di degenza comparato con quello di Arthur Weasley... Sì, sono matta...
NOTA IMPORTANTE: il percorso del mio Snape implica una serie di domande-chiave fondamentali. La prima, a cui trova una risposta in questo capitolo, riguarda il DOVE. Posso anticiparvi che nella prossima decina di capitoli nascerà, si svilupperà e troverà risposta una nuova domanda, riguardante il CHI. L'ultima domanda fondamentale, rigurdante il COSA/PERCHÈ troverà risposta alla fine della storia.
Altre note varie sul capitolo: ho riletto (ovviamente) HP6 per descrivere l'appartamento in Spinner's End, quindi il mobilio del salotto e le porte nascoste che danno su scale e cucina dovreste averle riconosciute (minuscolo salotto, oscura cella imbottita, pareti foderate di libri in gran parte in vecchia pelle nera o marrone, divano liso vecchia poltrona e un tavolo traballante riuniti in una pozza di luce tenue, lampadario a candele, aria trascurata come se di solito non fosse abitato, porta nascosta alle spalle della poltrona, stretta scala, seconda porta segreta). Speravo che JKR nell'aggiornamento a Pottermore di oggi (31 ottobre) pubblicasse anche qualche info in più su Snape, e invece ciccia... Quindi sono stata volutamente poco specifica per ciò che concerne l'infanzia di Snape (quali sono/erano i sentimenti di Severus per i genitori? Qual era il rapporto tra i genitori, a parte il padre iracondo -violento?- che detestava la magia? Se Snape possiede Spinner's End, vuol dire che sono morti? Il padre l'ha abbandonato? ecc ecc). Spero di essermela sfangata a sufficienza con questo alone di mistero... Integrerò quando avrò più informazioni in proposito, per ora non voglio lanciarmi in voli pindarici.
Sicuramente NON frutto di voli pindarici è però la passione di Snape per i libri (a parte per come tratta il suo manuale di pozioni, ma poi uno che c'ha casa foderata di libri... insomma dai!) come il fatto che si senta a casa ad Hogwarts (e questo lo dice JKR per bocca di Harry alla fine di HP7, quando dice che lui, Voldemort e Snape sono i bambini abbandonati che hanno trovato rifugio a Hogwarts).
Per apprezzamenti, suggerimenti o critiche... Recensite! Alla prossima settimana per il seguito :)