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Autore: Gondolin    20/10/2008    2 recensioni
Se ancora vivo nel vostro ricordo lo devo ad Omero, ma leggendo il suo poema spesso dimenticate che anch’io sono stato (purtroppo?) un uomo. Ho amato, vissuto, ho sofferto e pianto, e soprattutto ho lottato.
{Achille/Patroclo}
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IO, DEIDAMIA


Era stato organizzato un banchetto, uno dei più sontuosi che si fossero visti negli ultimi anni a Ftia. Era in quell'occasione che io sarei stata offerta ad Achille. Ne ero felice, poiché era giovane e bello, ed inoltre il mio compenso sarebbe stato ottimo. Ma le cose non andarono come previsto. Il giorno precedente ci fu detto che era stato annullato tutto. Scoprii in seguito che Teti, la regina, aveva deciso proprio allora di abbandonare il palazzo e tornare a vivere nel regno sottomarino di suo padre Nereo. Si diceva che non volesse veder invecchiare il suo sposo, o che avesse litigato con lui. In ogni caso, il banchetto era stato solo rimandato e si sarebbe svolto in pompa magna qualche settimana più tardi.

Alcuni schiavi mescevano il vino nelle coppe, diluito con acqua e miele, altri servivano le numerose pietanze a base principalmente di carne, accompagnate da focacce e formaggi e salse esotiche. Il profumo del cinghiale arrostito, e del pavone in umido e di mille altre prelibatezze mi stuzzicava le narici mentre facevo il mio ingresso nella sala a seguito delle mie compagne. Nonostante la mia bassa condizione sociale avevo spesso assaggiato quei cibi raffinati: non me li potevo certo permettere, ma spesso mi venivano offerti dai commensali particolarmente soddisfatti delle danze o ne sgraffignavo gli avanzi dalle cucine, dove nessun servetto poteva resistere al mio sbatter di ciglia. Iniziai a ballare, muovendomi leggera al ritmo dei flauti e dei tamburelli. I miei passi si incrociavano armoniosamente con quelli delle altre danzatrici. Lasciai cadere la stola che mi copriva le spalle, restando solo col corto chitone azzurrino, la cui stoffa ondeggiava sulle mie cosce ad ogni movimento. Eseguii un piccolo balzo ed i miei piedi scalzi toccarono il pavimento di pietra proprio di fronte al letto del principe. Mentre la musica rallentava chinai la schiena in modo tale da lasciar scivolare gli sguardi all'interno della mia scollatura. Mi azzardai ad alzare gli occhi ed intercettai quelli di Achille, che mi osservava affascinato. A quel punto ero certa che mi avrebbe osservata con particolare attenzione per il resto della serata. La musica ricominciò ad un ritmo sfrenato ed io piroettai tra i letti, svelta come una gazzella. La crocchia che mi tratteneva i capelli sulla nuca si sciolse rivelando una ribelle cascata castana. Eseguii una capriola passando tra due mie compagne; mi rimisi in piedi sulle ultime, flebili note dei flauti ed alzai graziosamente le braccia per poi inchinarmi. Fui molto applaudita. Tutte noi andammo a sederci vicino a qualcuno, per riposarci prima della prossima danza ed iniziare a conversare con gli uomini. Io mi accoccolai sul pavimento davanti al letto del principe Achille, appoggiandovi la schiena. Questi mi passò una mano tra i capelli e mi chiese gentilmente il mio nome -Deidamia, per servirvi- egli accennò un sorriso, ben sapendo che genere di servigi potesse offrirgli una come me. Probabilmente aveva già sentito il mio nome, o forse mi aveva già vista ad un altro banchetto. Il vino e le danze continuarono a fluire liberamente, gli uomini chiacchieravano tra loro mentre le mie compagne si strusciavano contro di loro già mezze nude, o fingevano di sfuggire le mani avide di coloro coi quali avrebbero trascorso la notte. Può apparirvi squallido, può urtare il vostro falso senso del pudore o la vostra strana morale, ma quelle erano le migliori feste della Grecia. A voi moderni la mia vita può apparire ben misera, ma in realtà a me andava bene. Non dovevo spaccarmi la schiena tutto il giorno sotto il sole rischiando anche le frustate, o peggio morire lentamente in una miniera. Ero pagata per dare quello che, se fossi stata una schiava qualunque, probabilmente i miei padroni si sarebbero presi con la forza. Senza contare che godevo di una libertà di movimento nettamente maggiore rispetto alle donne perbene e ricche, confinate nei ginecei.

Mi sdraiai accanto ad Achille, mentre questi intavolava una discussione alquanto sconnessa col suo amico Patroclo -Io non sono affatto ubriaco- affermò ad un certo punto quest'ultimo, ed il principe rispose: -Io di certo non lo sono...- poi scoppiò a ridere -ma secondo me tu lo sei!-

-Taci, piccoletto!- ribatté offeso il giovane, rischiando di far cadere giù dal letto la danzatrice che era con lui per il movimento improvviso che aveva accompagnato quelle parole -Non chiamarmi mai più così!- sbottò Achille, poi si rivolse a me -Vuoi accompagnarmi nella mia stanza e lasciare questo povero ubriacone alla sua coppa, Deidamia?- mi chiese. Nonostante l'ironia nelle sue parole rivolse all'amico un sorriso sincero e gli diede una sonora pacca su una spalla. Patroclo lo salutò strizzandogli l'occhio. Ero rimasta colpita dal fatto che mi avesse chiamata per nome. In molti non lo facevano per puro senso di superiorità, altri semplicemente lo dimenticavano dopo due coppe di vino.



IO, ACHILLE


Mi sentivo la testa piacevolmente leggera e non credo fosse solo a causa del vino. La ragazza si appoggiava languidamente a me mentre camminava. Uscendo dalla sala passai accanto a mio padre, il quale mi strizzò l'occhio con approvazione. L'aria fresca e priva di odori del corridoio, il silenzio e la penombra costituivano un grande contrasto con l'affollato salone dei banchetti. Giungemmo alla mia stanza ed entrammo senza scambiarci una parola. Non appena la porta fu chiusa alle nostre spalle, Deidamia iniziò a slacciare lentamente le fibbie che chiudevano la mia tunica, sfiorandomi con le sue dita sottili. Io le sfilai il vestito e potei osservare quelle forme perfette che durante la danza avevo potuto solo cogliere di sfuggita. Il respiro mi si mozzava in gola mentre il mio sangue sembrava girare impazzito per farmi bruciare dall'interno. Fu lei a condurmi a letto prendendomi una mano. Si distese con un movimento fluido e sensuale, fissandomi con espressione indecifrabile ed un sorriso strano ma invitante. Mi chinai sul suo volto ed accarezzai quelle guance lisce. La baciai sul collo e lei rabbrividì. Mi chiesi se fingesse, me poi le sue mani mi fecero dimenticare ogni cosa. Mi spinse e si sistemò sopra di me. La sua pelle quasi riluceva nella semioscurità della camera, e le sue curve morbide parevano quelle di Venere in persona. Il suo corpo caldo premeva sopra il mio, facendomi letteralmente impazzire.



IO, DEIDAMIA


Mi svegliai il mattino successivo ancora appoggiata ad Achille, il cui respiro regolare era l'unico, flebile, rumore della stanza. Ci eravamo addormentati sfiniti in quell'esatta posizione. Il mio innato disprezzo per gli uomini, ricchi e nobili in particolare, mi aveva sempre salvato dalla pericolosa possibilità di affezionarmi a loro, e per il principe non facevo eccezione, ma per quanto inesperto dovevo ammettere che era stato un ottimo amante, nonché il più vicino alla mia età che avessi mai avuto. Con un po' di allenamento, del quale naturalmente mi sarei incaricata io, sarebbe diventato il sogno di ogni donna.

Quando si svolgeva un banchetto noi trovavamo nuovi amanti, ma spesso restavamo, per così dire, fedeli ad un uomo solo anche per lunghi periodi, vivendo come servitrici presso di loro, magari persino come cameriere delle loro mogli e visitandoli ogni notte. Era un accordo comodo sia per noi che per loro, e così sarebbe stato anche quella volta. Non ne immaginavo le conseguenze, nonostante ciò che i maligni potrebbero insinuare...


Vissi a palazzo in quel periodo. Ero libera da quasi tutte le incombenze della casa e non avevo preoccupazioni economiche. Ero, e sarei sempre stata, una schiava, ma una schiava fortunata e ben trattata. Il giovane Achille era sempre gentile con me e imparando a conoscerlo scoprii che era molto orgoglioso, e persino permaloso, ma non gettava disprezzo addosso a coloro che non erano nobili come lui, cosa che invece altri signori facevano. Ma lui era convinto, probabilmente a ragione, di essere di gran lunga superiore anche a costoro. Era anche, tratto comune a tutti coloro che non dovevano guadagnarsi da vivere, molto viziato, ma fortunatamente per la servitù non era dispotico né pignolo. Era però facile farlo arrabbiare, anche se la sua collera, specie se Patroclo era nelle vicinanze, sbolliva in fretta. Patroclo... somigliava un po' ad Achille, ma la vicinanza col giovane semidio gli aveva insegnato una certa modestia, che gli conferiva un'aria simpatica e nient'affatto boriosa. Inoltre aveva sempre una parola gentile per chiunque e metà delle servette di palazzo erano pazze di lui. L'altra metà naturalmente sognava il principe.


Erano passati quasi tre mesi dalla sera in cui Achille mi aveva fatta sua per la prima volta. Prima di lui... no, non era possibile, riflettei. La conclusione a cui ero giunta non era delle più felici: ero incinta. Avevo la certezza che il padre fosse Achille, il che sarebbe stato una fortuna se solo la mia parola fosse valsa a qualcosa. In ogni caso dovevo almeno tentare di parlargli. Se ciò non fosse servito, almeno sarei riuscita a scucirgli i soldi per un aborto. Nessuno mi aveva spiegato come mi sarei dovuta sentire in una situazione simile, né cosa avrei dovuto fare. E non sapevo cosa provare. Oltre ad essere terrorizzata da qualunque cosa fosse successa, di tenere il... bambino o no, non riuscivo bene a riflettere su cosa mi succedeva. La mia freddezza e la mia lucidità furono messe a dura prova. Fu con timore che mi recai da lui per parlargli. Un servitore mi accolse trattandomi con aria di sufficienza mi annunciò al giovane principe.

-Salve- salutai timidamente

-Salve- mi rispose lui, freddamente ma con un interessamento non falso -Come mai qui?- mi mordicchiai il labbro inferiore cercando di trovare un modo convincente di iniziare tra i mille che avevo provato la sera precedente prima di dormire. Alla fine mi decisi a comunicare semplicemente il motivo che mi aveva spinta lì: -Sono incinta- notai una strana espressione dipingersi sul bel volto di Achille e non capii cosa stava pensando.



IO, ACHILLE


Due semplici parole. Per un momento faticai a capire: era l'ultima cosa a cui pensavo al momento. Poi capii che se si rivolgeva a me ci doveva essere un motivo. Avrei avuto mille motivi per non crederle, ma mi fidavo di lei. Perché era stata la mia prima donna? Perché il suo bel visetto comune non aveva tratti da intrigante? Quell'incertezza, quell'aria di aspettare un ordine non le erano abituali e me la fecero apparire più bambina di quanto in realtà non fosse. Anzi, lei aveva due anni più di me. Ed io... io ero troppo giovane e per un momento mi sentii davvero un “piccoletto”. Non che nella nostra epoca gli uomini usassero prendersi cura dei figli -Provvederò affinché tu possa crescere il bambino- la rassicurai

-Grazie- il suo sorriso era molto dolce

-E'... sarà anche figlio mio, non c'è nulla di cui ringraziare- le risposi, forse un po' troppo bruscamente

-Se non avete altro da dirmi, posso andare?-

-Ma certo- la salutai, senza prestarle molta attenzione. Il mio pensiero si era già allontanato. Mi chiedevo cosa ne avrebbe detto mio padre. Forse era il caso che gliene parlassi. Ma in quel momento c'era una sola persona la cui compagnia desideravo veramente, ed era Patroclo. Non trovandolo nella sua stanza andai a cercarlo vicino agli alloggi dei soldati, dove si stava allenando nell'uso della spada con un anziano veterano di mio padre -Ehi, Patroclo, trovati qualcuno alla tua altezza!- lo sfidai senza neppure salutarlo. Il soldato mi cedette la spada con un sorriso ed il mio amico, senza neppure un attimo di pausa trovò di fronte un nuovo avversario -Non vale, io sono già stanco!- protestò lui -Se qualcuno ti attacca all'improvviso non ti chiede come stai- lo rimproverai cercando di simulare il tono del nostro istruttore. Patroclo tentò un affondo molto rapido, ma io lo parai in tempo, e risposi con un colpo laterale che egli fece fatica a schivare. Ci studiammo per un momento sotto gli occhi attenti del veterano. Fui io ad attaccare per primo, ma lo feci troppo lentamente ed il mio colpo andò a vuoto, cosicché per un momento mi trovai in equilibrio precario. Patroclo ne volle approfittare ma fu troppo lento. Colpo su colpo, il nostro duello proseguiva, ed io lasciavo indietreggiare il mio amico senza disarmarlo -Achille, ancora non ti sei stufato di giocare con me al gatto e il topo? Lo so che saresti più forte di me anche se non avessi lo sleale vantaggio di essere fresco e riposato- la sua pelle sudata riluceva sotto il caldo sole pomeridiano, e lui mi guardava aspettando una risposta, continuando a difendersi stancamente. Con un movimento del polso feci saltar via la sua spada e lui alzò gli occhi al cielo -Era ora!-

-Eh, no! Devi migliorare, sai? Se qualche nemico ti facesse la pelle potrei essere abbastanza dispiaciuto-


-Potrei?! Dispiaciuto?! Patroclo, ti ricordi come mi divertivo a prenderti in giro?-

-Eccome se me lo ricordo. È un'abitudine che non hai perso neanche da morto, non so se te ne accorgi- mi rinfaccia. Sbuffo, e riprendo a parlare -Se ci pensi è...-

-E' tutto collegato, è come una profezia se si sa leggerla- completa le mie parole

-Già! Non sarei stato solo un po' dispiaciuto, sarei morto per vendicarti...-

-Senti Achille, è inutile che tu mi dica ora che mi volevi bene, lo so da me. Risparmiati il miele per metterlo nel vino-

-Almeno ce ne fosse di vino quaggiù... Forse è il caso di riprendere la narrazione o quelli di sopra si stuferanno-


-Che c'è?- mi chiese Patroclo con un tono falsamente scocciato -Che accidenti devi dirmi? Di solito mi batti molto più in fretta...- io lo fissai per un attimo sbigottito. In effetti non mi sarei dovuto stupire più di tanto neppure se mi avesse letto nel pensiero, ma la sua capacità di capirmi così bene è sempre stata un mistero per me -Dato che non sembri propenso ad esprimere un pensiero coerente, mio grandissimo guerriero, io proporrei di andare al fiume a darci una lavata, giusto per non puzzare come dei cavalli- e si avviò senza darmi il tempo di rispondere. Lo seguii e, mentre camminavamo fianco a fianco iniziai a parlare -Hai presente Deidamia?-

-Eccome. Ne hai parlato in un modo... e poi dopo averla vista danzare è difficile dimenticarla. Perché me lo chiedi?-

-E' incinta- gli risposi senza pensare. Mi resi conto di quello che gli avevo detto solo davanti al suo sguardo stupito. Nel frattempo eravamo giunti al fiume e Patroclo si era riavuto dalla sorpresa -Ah, ti sei fatto fregare da una di quelle intriganti, piccoletto! Lo fanno apposta per spillarti soldi. Credi che non potrebbero evitarlo se volessero?-

-Primo:- sibilai -non chiamarmi “piccoletto”- ricordarmi la mia età era il suo meschino modo di vendicarsi per il fatto che lo superavo praticamente in tutto -secondo: mai farti cogliere distratto da un nemico-

-Quale nemico?- fece in tempo a chiedere prima che lo facessi cadere nell'acqua ancora tutto vestito

-Per esempio il tuo migliore amico che hai appena insultato, e della cui amante tu diffidi-

-Andiamo, Achille, non te la sarai presa per quello che ho detto su di lei? È la pura verità: così fanno quelle- si difese mentre lanciava la tunica fuori dall'acqua

-Non sarai geloso?- gli chiesi parafrasando il suo tono, col quale gli pareva di aver chiesto un'ovvietà. Per un momento sembrò che dovesse affogare per la sorpresa, poi rispose: -Ti piacerebbe, eh?-

-Tu sei tutto scemo- gli risposi tuffandomi a mia volta nelle acque fresche. Restai sotto la superficie per un attimo, poi riemersi schizzando tutto intorno -Chi ti credi di essere, mia moglie?-

-Che gli dei me ne scampino! E poi ti ho detto che non è così. Semmai eri tu che, prima che arrivasse Deidamia, mi guardavi con certi occhi se solo si nominava una donna... eri invidiosissimo, quanto ti rodeva...- interruppi il suoi sghignazzo tentando di affogarlo. Quando riemerse, arrabbiato e sputacchiante, mi si avvicinò minaccioso -Abbiamo già avuto il nostro duello oggi, cerchiamo di non farci del male per il resto della giornata, dai. La rivincita te la do domani, va bene?-



IO, PATROCLO


In quel momento l'avrei annegato molto, molto volentieri. Eravamo inseparabili, vero, ci volevamo in bene dell'anima, vero anche questo, ma Achille era la persona che più al mondo riusciva ad innervosirmi. Sebbene sapessi di non doverci cascare era inevitabile. Quando poi mi chiedeva di fare pace alla fine cedevo quasi sempre, perché sapevo che altrimenti saremmo finiti a darcele di santa ragione... anzi, per la precisione, io le avrei prese -Va bene. E domani ci battiamo veramente alla pari, chiaro?-

-Sissignore- ci fu un momento di silenzio, poi chiesi: -Peleo lo sa?-

-Ancora no. Secondo te che mi dice?-

-”Achille, come ti salta in mente di iniziare a generare bastardi già così giovane?- tuonai in una grossolana imitazione del re -Quando morirai scatenerai una guerra civile se continui così!”-

-Padre...- iniziò lui ridendo, poi si fece serio -Le ho detto che avrà tutto ciò che le serve per crescere il bambino-

-Il che, ritornando al discorso di prima, è quello che vogliono tutte, ovvero farsi mantenere- insistetti. Sapevo che Achille non era un ingenuo, ma ritenevo comunque mio dovere metterlo in guardia. Conoscevo persone che avevano parecchi figli sparsi da diverse donne, e non sempre tutto si risolveva facilmente. O conoscevo di quelle intriganti assetate di potere che salivano la scala gerarchica di letto in letto e magari trovavano persino qualcuno così pazzo da sposarle, anche solo come seconde o terze mogli. Non che ritenessi Deidamia una di queste -Sappi che non le biasimo affatto. In ogni caso credo che tu abbia fatto bene così... Poi si vedrà quando nasce. Se è davvero figlio tuo sarà particolarmente snervante- aggiunsi acidamente. Un figlio: non riuscivo a togliermi dalla testa l'idea di una specie di Achille in miniatura che scorrazzava in giro, anche se non era affatto certo che sarebbe stato così.

-Ma senti chi parla! Io snervante?-

-Sì, proprio tu, e non far finta di non saperlo- il mio amico semplicemente si allontanò a nuoto di qualche metro, senza prendersi il disturbo di negare. Io nuotai lentamente in direzione opposta, godendomi il fresco delle onde ed il caldo del sole. Mi fermai galleggiando sulla schiena con gli occhi chiusi e Achille mi si avvicinò -Hai ragione, con te mi viene molto facile essere insopportabile. Ti capisco quando mi rispondi male, sai?- io restai immobile, quasi preoccupato. Era la cosa più simile a delle scuse che avessi mai sentito da parte sua. Intuii che temeva, ebbene sì, c'era qualcosa che lui temeva, che io potessi offendermi sul serio, litigare con lui, smettere di essergli amico -E' vero, lo sei, ma io non ti lascerò mai solo- lo abbracciai forte e posai un bacio silenzioso sulla sua guancia. I nostri corpi aderivano perfettamente e solo l'acqua mi impedì di andare a fuoco. La nudità non era mai stata un problema; ai nostri tempi non lo era per nessuno. Gli atleti partecipavano nudi alle gare, solo per citare un esempio. Eppure in quel momento credo di essere arrossito. Come se l'avesse intuito, Achille allontanò il volto quel tanto che bastava per potermi osservare e mi lanciò uno sguardo degno delle migliori concubine. Ma poi si staccò e riprese a nuotare. Insomma, lasciava a me la prima mossa, quel... quel... mentre cercavo un insulto adatto mi persi osservando il moto ipnotico delle sue spalle muscolose e i miliardi di minuscoli schizzi che sollevavano. Si girò e venne verso di me. Alcune ciocche di capelli bagnati si erano attaccate al contorno del suo volto, mettendo in risalto le ossa degli zigomi e la sua espressione decisa. Quando mi passò vicino lo bloccai e lo portai a riva; egli mi lasciò fare. Ci stendemmo ad asciugarci ed io approfittai della sua immobilità per baciare le sue labbra. Il contatto mi era mancato. Erano forse pochi giorni che non accadeva, ma ogni volta era più intossicante della precedente. Achille rispose al bacio, passandomi la lingua sulle labbra e poi mordendole per gioco, e facendo incontrare le nostre lingue. Ero semi sdraiato, poggiato sui gomiti; fui trascinato a terra, ma mi alzai un attimo dopo, ansimante, per recuperare i miei abiti, ormai asciutti, e quelli di Achille, che gli lanciai poco cerimoniosamente -Andiamo, conosco un posto molto più bello di questo- gli dissi

-Più... tranquillo?-

-Non ci passa mai nessuno-


-E' stata la prima volta che ho fatto l'amore con amore, anche se ancora non lo sapevo- mi interrompe Achille

-Anche per me- gli rispondo, ma non c'è neanche bisogno di dirlo. Il suo volto scarmigliato e le sue labbra gonfie di baci sono una delle memorie più tenere che conservo, sebbene il momento proprio tenero non sia stato. E le foglie che abbiamo trovato nei nostri capelli per giorni e giorni...


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Pluma no, non ho idea di cosa significhi il nome Deidamia.

Artemis00 oh, grazie dei complimenti! Ulisse e Diomede?? Questa mi giunge nuova, ed anche molto interessante. In effetti, quei due, sempre a compiere imprese insieme... Ora che me l'hai detto credo che qualcosa ce lo metterò.

Regina di Picche prego, è un piacere spulciare il mio caro vecchio librone per diffondere il Sapere :-P Graziegrazie, troppi complimenti!

Puntiglio mitologico

In “realtà” Deidamia sarebbe una figlia del re di Sciro, un'isola dove Achille si reca subito prima di partire per Troia. Ma è alquanto difficile coniugare questo ed il fatto che Nettolemo, il figlio di Achille, (come narra anche Enea a Didone nell'Eneide) è tra i primi ad entrare a Troia e compie atti efferati durante il saccheggio. Ora, se l'assedio è durato dieci anni, significa che quella è anche l'età del figlio di Achille. Un tantino improbabile che un bambino combatta, non trovate? Inoltre mi stupiva molto il fatto che una principessa potesse mettere al mondo un figlio pur non essendo sposata e che nessuno se ne preoccupasse, senza contare la difficoltà dei contatti tra uomini e donne nelle classi sociali più elevate.
Insomma, tutto ciò per giustificare il mio cambiamento rispetto ai miti originali.

  
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