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Autore: _Mikan_    02/11/2014    1 recensioni
Capelli neri come la pece ed occhi azzurri come il ghiaccio. Questo caratterizza Margaret, oltre ad una passione smisurata per la natura. Ed è proprio in mezzo al verde che questa drammatica storia si apre, ricordando i bei momenti passati col padre defunto, accanto al proprio cane Calzino.
*Dal testo*
Mamma si avvicinò alla scura scrivania "da lavoro" o così la definivo io.
Era ancora in disordine con mille fogli sparsi un po' dappertutto.
Delicatamente sfiorò dei disegni con le dita.
Si soffermò su uno in particolare: raffigurava una donna seduta su una grande pietra.
Lo sfondo era un meraviglioso giardino con rose di ogni tipo. C'era perfino una fontana.
Ma le vere protagoniste erano delle ali bianche con piume candide e morbide.
Mamma prese il foglio e lo avvicinò per osservarlo meglio.
Ciò che più la ammutolì furono dei bellissimi capelli lunghi, lisci come la seta e di un nero come il carbone.
Si portò la mano alla bocca.
"Non è possibile."-Disse perplessa-"Non può averlo scoperto."
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Carrozza. Davvero, non pensavo fosse così brutto viaggiarci. 
A ogni passo dei cavalli stavo male. Le strade poi non aiutavano di certo: viali infiniti di terra con buche e sassi enormi cui la
loro funzione era quella di farmi salire lo stomaco in gola, più volte. 
Non ne potevo più. Inoltre la principessina volle chiudere le tende per ripararsi dal sole: "Fa male alla pelle."-Disse.
Ma per favore! La luce fa male alla pelle? Allora io a quel tempo avrei dovuto essere già morta per tutti i raggi ricevuti.
Cosa assolutamente strana però era che non mi abbronzavo mai, anche con ventiquattrore di cucitura stesa sull'erba.

Luv chiuse gli occhi per una ventina di minuti, ma sempre restando diritta. 
Nemmeno per riposare si lasciava andare? Sembrava un gesso vivente.
Un grosso sasso la svegliò. 

Gradualmente i cavalli si fermarono e dopo qualche minuto il cocchiere venne ad aprire lo sportello di legno con le incisioni
pitturate di nero raffiguranti dei fiori stilizzati. 
"Prego signorine."-Disse.

Era un ragazzo. Alto, magro, abbastanza bello, ma conciato come un pinguino. Mi dispiaceva per lui!
Prima uscì sua altezza, poi io. 
Era già tanto che mi permise di salire con lei. 
Scesi dalla carrozza cercando di evitare una grossa pozzanghera: non potevo sporcare le "scarpettine tanto carine".
Luv fece segno al cocchiere di rimanere nei paraggi e con grande ansia (forse solo mia) ci avviammo a visitare la città.

Gli occhi della mia guida restavano fissi sulla via, tristi. Ogni tanto li chiudeva per alcuni secondi che sembravano interminabili.
Forse, non era proprio entusiasta di farmi vedere la città. Ma perché? 

Stavamo avanzando su una "sottospecie di marciapiede", decorato con tante foglie con sfumature diverse, dal rosso al giallino quasi verde,
appiccicate dalla pioggia come se gli alberi avessero voluto fare un collage. I rami erano sfogli, o quasi. 
Ogni tanto notavi delle gocce che con prepotenza cadevano nell'acqua sporca delle pozzanghere, formando dei cerchi sempre più
grandi, fino a scomparire. Il cielo color piombo finiva l'opera di tristezza. 

Poi mi ricordai com'erano i giardini a palazzo, ovvero veramente stupendi e molto curati. 
In città invece i fiori erano innominabili e l'erba la vedevi di rado, ma solo qualche ciuffetto e nulla di più.

Luv stava in silenzio. Io stavo in silenzio. Tutta la città sembrava stare in silenzio. Oltre al suono dei nostri tacchettini, non c'era altro. 
Ma quando tutto sembrava perduto, sentii le voci provenienti da una grande folla. Urlavano qualcosa in coro, ma non ne definivo le parole.

"Possiamo avvicinarci? Sono curiosa di sapere cosa sta succedendo."-Chiesi.
Luv, come al solito, non rispose ignorandomi del tutto. 
Però mi accontento. O forse era già in programma di andarci.

"Diva quibus canit! Diva quibus canit! Diva quibus canit!"-Le urla provenivano da una folla arrabbiata, con tanto di forconi e torce infuocate,
come si usava un tempo. 

"Cosa stanno facendo?!"-Chiesi agitata. 
Ma incredibilmente la principessa non mi ignorò e mi rispose.

"Acclamano la Diva quibus canit."-Disse.
Alla fine non avevo capito comunque.
La guardai male, come per darle della pazza. Lei, spazientita, non poté far altro che spiegarmi nel "modo comprensibile alle bambine" o 
così lo definiva lei. In parole povere mi stava dando della bambina (e anche della stupida).

"E' latino. Vuol dire "La dea che canta." Capito?"-Rispose.
Ma si, certo! Era tutto chiaro! 

"Non capisco."-Ribadii con voce pacata. Il mio rapporto col latino a quel tempo era pressappoco simile a cane e gatto. Non andavamo molto d'accordo.
Lei si girò a guardami. Incredibilmente non aveva uno sguardo arrabbiato o stufo. Alzò la testa e immobile si mise a guardare il cielo scuro. 

Spostò il suo piede destro un po' più in là per evitare una piccola pozzanghera su cui rifletteva la luce delle torce impugnate dai cittadini protestanti. 
"Sai"-Disse Luv con voce fioca, questa volta spostando lo sguardo triste sui suoi piedi. 
"Sai che mese è?"-Chiese più sicura.

Sì, lo sapevo bene. Era agosto. Infatti è così che risposi.
"E sai perché il tempo è così uggioso?"
Non dissi niente. Mi limitai ad aspettare una risposta.

"Ti racconterò una storia."-Disse seria e mi incuriosì.

Annuii in silenzio. 

"C'era una volta..."-Si interruppe-"Ma dai. Cosa siamo, bambine?"
Allora iniziò in un altro modo: "Fin dai tempi antichi questo mondo usufruiva di una forza divina per vivere."
"La dea che canta..."-sussurrai.
Luv mi guardò e continuò il suo raccontò: "Sì, è esatto. Fin dai tempi remoti esisteva questa "dea che canta", chiamata così perché il suo canto aveva poteri divini e miracolosi ed era
proprio lei che donava vita al mondo e alla natura."

Con un'espressione buffa mi chiese: "Sai come fanno gli alberi a crescere, le nuvole a formarsi..."
La interruppi: "So tutto della natura. Procedi pure."
Mi aveva presa per una bambina piccola? Sì.

Prima di ricominciare, però, mi dette l'ultima occhiata perplessa. "E va bene"-Disse. E riprese la sua incredibile storia.
"Sì, dunque ... era grazie alla dea se la natura cresceva rigogliosa. Ma la divinità non era immortale. Strano vero?"
Mentre parlava, guardavo estasiata.
"La prima dea di questo mondo rimase incinta e nell'arco della gestazione donò tutti i suoi poteri alla bimba che portava in grembo finché, al giorno della sua nascita, morì e la bambina nata 
sarebbe stata la prossima dea. E così per tutti gli anni a venire."

"Ho tre domande."-Affermai.
Mi guardò con lo sguardo di un'insegnante.

"Come fa a partorire da sola? Perché hai definito il suo bimbo direttamente di sesso femminile? E poi non capisco: se la dea è morta, lasciando solo una bambina piccola ... 
chi nel tempo della sua crescita avrebbe portato l'equilibrio nel mondo?"

"Vedo che sei stata attenta. Brava bambina."-Disse la principessina, dandomi delle pacche sulla testa. La odiavo quando mi prendeva in giro.

"Ti dimentichi che è una dea, cara Margaret. E poi ho direttamente parlato al femminile perché è così. La prima dea, ma anche le successive, hanno dato vita a una bambina. Per l'altro quesito, è semplice: da quel che
ci risulta i poteri di ogni dea si risvegliano compiuti sedici anni e nel tempo della sua crescita il potere della madre è così forte da poter resistere per questo lungo periodo."-Rispose gentilmente.

"Va bene, allora qual è il problema?"-Le chiesi. 
Luv ammutolì per pochi minuti.
"Sedici anni fa."-Affermò in modo pacato, con lo sguardo diretto verso i cittadini ancora agguerriti. 
Feci senno di continuare.

"L'ultima dea, sedici anni fa, si innamorò di un umano ed ebbe una figlia con lui."-Spiegò-"Era una cosa che non andava fatta. La bambina nata aveva comunque ereditato i poteri dalla madre, ma la figura 
paterna non voleva vedere la propria figlia andare incontro ad un destino così grande. Chiese pietà e l'ultima dea, prima di morire, aprì un passaggio che portava ad un altro mondo cosicché il 
suo amato e la sua bambina potessero scappare."

Sospirai, triste.
"Sono passati sedici anni e sei mesi da allora. La figlia sperduta ha acquistato i suoi poteri e quelli della madre sono svaniti.
Ecco perché questo mondo, in così poco tempo, è andato in rovina."-Concluse Luv preoccupata.
"E perché a palazzo è tutto così bello?"-Chiesi.
"Perché la dea si esibiva nei suoi canti proprio a palazzo e il suo potere è ancora nell'aria. In un certo senso è anche per questo che i cittadini protestano. Vorrebbero vivere a palazzo." 
Luv soddisfò la mia curiosità. 

"E voi state cercando la dea di sedici anni, vero? Ora tutto si spiega, anche la domanda che mi avete fatto!"-Dissi, FINALMENTE sollevata.
"Quale domanda?"-Chiese la principessa in preda ad un vuoto di memoria. 
"Se sapevo cantare."-Risposi.
"Ah, certo! E' da cinque mesi che grazie al passaggio della dea andiamo nel tuo mondo a "rapire" varie candidate, ma ormai abbiamo perso la speranza."-Spiegò Luv. 
"E non solo quella!"-Continuò-"Il potere è debolissimo e per aprire un altro passaggio ci serve molto tempo."

"In poche parole ..."
Trattenni il respiro per la preoccupazione.
"Non potrai tornare a casa per molto tempo."-Disse.

Le mie gambe stavano per cedere e avrei potuto svenire da un momento all'altro. 
Dopo cinque minuti non mi ero ancora ripresa e in preda al panico cercai di cambiar discorso, senza successo perché la prima cosa che mi venne in mente era: "Com'era la dea
di sedici anni fa?"

Luv rispose ben contenta: "Oh, io non l'ho vista perché ero nata da poco, ma Gondo mi ha raccontato che la sua bellezza era proprio come si immaginava: divina. 
Ma la cosa più affascinante era la sua voce. Bastava ascoltare anche pochi secondi di quella splendida melodia, che ti sentivi in paradiso. Il tuo cuore annegava nella tranquillità e la mente
si liberava di qualsiasi pensiero impuro. 
Bastava un piccolo sguardo per accecarti e solo la sua voce per innamorarti.  Gondo mi spiegò però che se la osservavi bene, aveva un'aria così sofferente e il suo volto si accendeva
solo accanto a quel bel giovane di cui si innamorò."

Era proprio vero:  il solo sentir parlare di lei mi calmò e mi riempì di gioia. E poi Luv raccontava della dea in un modo tanto dolce, come se l'avesse veramente conosciuta.
"E di aspetto fisico, invece?"-Chiesi entusiasta. 
"Aveva lunghissimi capelli neri e lisci, la pelle era chiarissima e gli occhi erano color ghiaccio. Si vestiva con una tunica bianca con decorazioni d'oro; collane, orecchini e bracciali d'oro 
la rendevano ancora più bella. Inoltre mi è stato raccontato che quando avveniva la magia del suo canto per la natura, lei si sollevava a mezz'aria, ricoperta da tante luci dal colore calmo.
In più le spuntavano magnifiche ali d'angelo con piume di un bianco purissimo e soffici come le nuvole."-Rispose, soddisfatta, Luv.

Rimasi incantata, ma nello stesso tempo scioccata.
Capelli neri e lisci, pelle chiara e occhi color ... ghiaccio?
   
 
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