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Autore: Sakyo_    02/11/2014    3 recensioni
[Dal quinto capitolo]
Eloise stava tremando.
Il guinzaglio di Demon scivolò via dalle mani di Castiel come conseguenza naturale dell’emozione appena nata in lui, e le sue mani si posarono così piano sulle esili spalle della donna, che tutto parve capovolgersi.
Quasi a chiedere permesso.
Quasi a voler esplorare l’inaccessibile.
Lei rimase inerme. Lui l’abbracciò da dietro. Più che un abbraccio, era un tocco leggero. Solo per farle avvertire la sua presenza.
Lei, così piccola e indifesa che non pareva possibile fosse proprio la professoressa.
In quel momento, in quel luogo avevano dato vita a qualcosa.
Qualcosa che non sarebbe dovuto essere.
Ma qualcosa che ormai, c'era.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Lysandro, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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6. Calore

Erano ormai quasi tre ore che avevano iniziato a studiare, ma Castiel aveva la testa da tutt’altra parte. Non riusciva a togliersi dalla mente quelle spalle così minute, così poco adatte alla figura di un’insegnante. Eppure, davanti a lui quella stessa mattina, la persona che tremava come una foglia dopo aver subito un atto di molestia senza gravi conseguenze, era proprio la professoressa Laurent.
La ragazza in tuta che faceva jogging, era la donna che spaventava per le sue insufficienze.
Quegli occhi terrorizzati erano gli stessi che gli studenti speravano di non incrociare nei giorni di interrogazione.
E la forza d’animo di cui aveva dato prova nell’affrontare quell’uomo era rimasta talmente impressa nella testa di Castiel da non permettergli di prestare attenzione a nient’altro.
«…rra
«Eh? Birra?» credendo di sentire un suono interessante, il rosso tese le orecchie.
Anne strabuzzò gli occhi, sgomenta. «Ma quale birra?! Ti ho chiesto quale fu la conseguenza dell’invasione spagnola nella Navarra
Castiel si sentì confuso, poi irritato. «Basta, facciamo una pausa. Ho fame» disse alzandosi dalla sedia e andando in cucina.
Con sguardo omicida, Anne si voltò alla sua sinistra, dove era seduto un rassegnato Lysandre.
«Forse è meglio riposarci un attimo. Dopo pranzo sarà sicuramente più concentrato»
«Ma se da quando abbiamo iniziato non è stato attento neanche cinque minuti!» abbaiò Anne, «Stiamo solo sprecando tempo…»
«Con la pancia vuota, è impossibile studiare» se ne uscì Castiel mentre tornava dai due con un pacco di patatine e qualche bevanda.
La moretta si alzò a sua volta dalla sedia e fissò entrambi con uno sguardo che non presagiva nulla di buono. «Se toccherete quella roba…» disse indicando il cibo poggiato sul tavolo «…giuro che vi taglio le mani».
I due si scambiarono un’occhiata fugace, per poi tornare a guardare la loro aguzzina.
«Adesso voi andrete a fare la spesa, ma vi rivoglio qui tra massimo mezz’ora.»
Castiel provò ad aprir bocca, ma venne fulminato all’istante.
«Dopo che avremo finito di mangiare ciò che avrò cucinato, ricominceremo a studiare finché io non deciderò che potrà bastare.»
«Ma…»
«Nessun diritto di replica. E’ un ordine. E ora, filate!»
Così, i due ragazzi si ritrovarono sbattuti fuori casa, con la lista della spesa tra le mani e un senso di sconfitta che li accompagnò fino al supermercato.
Anne intanto, stravaccata sul divano, attendeva il loro ritorno sgranocchiando beatamente le patatine con il testone di Demon poggiato sulle ginocchia.
 
***
 
La temperatura del suo corpo era aumentata sostanzialmente e la felpa le faceva provare un effetto claustrofobico. Se la tolse in fretta e la gettò sul pavimento. Con solo una canottiera indosso, si diresse in bagno. Aprì l’acqua della doccia e attese che diventasse calda, prima di entrare.
Lo scroscio d’acqua le pervase tutto il corpo, ancora scosso da quanto successo.
Eloise restò immobile sotto quel getto, in cerca di una sorta di purificazione.
Sentiva qualcosa dentro di lei, e questo la spaventava.
Approfittando dell’acqua che scivolava furiosamente su di lei, pianse.
La vergogna fu attenuata da quel caos di acqua e lacrime, e si disse che poteva piangere ancora per un po’.
Uscita dalla doccia, preparò una tisana e si stese a letto, sotto le coperte. Non si asciugò nemmeno i capelli, e qualche starnuto le fece subito rimpiangere quella scelta.
Il piumone la copriva tutta, solo qualche ciocca nera sfuggiva al caldo rifugio nel quale si era isolata.
Desiderava qualcosa e al tempo stesso non la voleva. Dopo tanto tempo aveva pianto di nuovo, ma non si sentiva affatto meglio. Indurì la mascella in segno di disappunto verso se stessa, e si promise che non avrebbe più mostrato la sua debolezza.
 
***
 
Poco prima dell’ora di cena, Anne e Lysandre avevano salutato Castiel e si erano incamminati verso la fermata del bus per tornare a casa.
Lysandre non poteva smettere di pensare a ciò che l’amico gli aveva raccontato.
L’aggressione alla professoressa Laurent l’aveva piuttosto sconvolto, ma una cosa in particolare gli dava da riflettere.
L’espressione di Castiel mentre parlava della professoressa.
Aveva notato qualcosa di strano nei suoi occhi, una luce diversa. E questo lo aveva messo subito in allerta. Doveva stare attento, si ripeteva, e tenere l’amico sotto controllo. Altrimenti, Castiel ne avrebbe sicuramente combinata una delle sue.
«Che hai, Lys? E’ da quando siamo andati via che non parli»
Lysandre osservò Anne e tornò in se.
«Scusami, ero sovrappensiero»
Anne fece una smorfia «Il tuo amico ti ha contagiato?»
«Forse sì, ma ti ricordo che la testa tra le nuvole è una mia prerogativa» disse sorridendo.
«Già, ma oggi Castiel ha dato proprio il peggio di se…»
Lysandre si bloccò, costringendo anche l’altra a fermarsi.
«Si parla sempre e solo di lui, eh?»
La domanda, seppur retorica, era stata posta con gentilezza. Un po’ troppo forzata, forse, ma la ragazza non se ne accorse e arrossì.
«E’ che mi fa così arrabbiare, a volte…» blaterò.
Lysandre socchiuse gli occhi, poi si mise di fronte a lei.
Anne fu catturata dai suoi occhi bicolore, profondi ma al tempo stesso estremamente freddi.
La mano di lui andò a sistemare il fermaglio sui capelli di lei, che si era spostato.
Quel tocco dolce e inaspettato la fece fremere appena. Non immaginava che le mani di Lysandre fossero così calde. Lei, al contrario, quasi tremava dal freddo.
«Ci vediamo domani» la salutò, sorridendo.
Anne annuì e rimase imbambolata alla fermata del bus, a guardare la sua schiena allontanarsi nell’oscurità della sera.
 
***
 
Castiel odiava i lunedì. In realtà, odiava ogni giorno di scuola, ma per il lunedì serbava un odio profondo. Il motivo era che in tutta la sua vita non c’era stata una domenica in cui non avesse fatto nottata, per cui il lunedì era impossibile carburare. In più sembrava che tutti, in quel preciso giorno della settimana, sentissero il bisogno di urtare i suoi nervi più del dovuto. La Preside lo aveva sgridato davanti a tutti per il semplice gusto di farlo, il segretario delegato gli aveva lanciato un’occhiataccia che gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene, Peggy, la responsabile del giornalino lo aveva tartassato per rilasciare un’intervista dal titolo “Record mondiale di assenze scolastiche: Castiel si rivela”.
Come sempre non era stato attento durante le lezioni, ma stavolta la sua disattenzione aveva uno scopo preciso. Aveva risparmiato la sua concentrazione per il pomeriggio.
«Davvero vuoi rimanere a scuola a studiare?» chiese Lysandre, meravigliato.
«Meglio oggi che durante le vacanze, no?»
«Forse volevi dire: "meglio tardi che mai"?»
Il rosso diede un pugno scherzoso all’amico che lo salutò, lasciandolo solo nell’aula.
Tirò fuori le due bestie nere, matematica e storia, e solo vedendo quegli enormi tomi minacciosi gli venne voglia di buttarsi fuori dalla finestra. Decise subito che recuperare matematica era una vera e propria utopia e la rimise nello zaino.
Non fece in tempo ad aprire l’altro libro, che qualcuno lo distrasse aprendo la porta di scatto.
Eloise entrò in aula non accorgendosi che qualcun altro si trovava lì.
Si sedette in cattedra, estrasse una pila di fogli dalla borsa e iniziò a leggere il primo.
Erano trascorsi solo due giorni dall’aggressione al parco, eppure adesso sembrava tutt’altra persona. Approfittando del momento, Castiel la osservò per bene. Indossava un maglione bianco e dei jeans chiari, ai piedi un paio di stivali marroni. Il trucco e gli occhiali da vista le donavano un’aria adulta e professionale, ma niente poteva cancellare quell’aspetto infantile impresso dentro di lui.
Gli sembrò che fosse tranquilla; probabilmente aveva superato quella brutta esperienza. Ne fu sollevato.
Da un’espressione di disappunto sul suo viso, capì che stava correggendo i compiti di un’altra classe. Notò inoltre che mentre leggeva aveva il vizio di mordersi le labbra. Fissò quelle labbra forse troppo a lungo, perché dopo un po’ iniziò a sentire un calore poco adatto al clima rigido di quel periodo.
Erano colorate di rosso borgogna per via del rossetto, ma avendola vista senza trucco, sapeva che naturalmente erano di una tonalità più tenue. Nel momento in cui i suoi denti toccarono nuovamente il labbro inferiore, più carnoso, Castiel si mosse per cambiare posizione sulla sedia. A quel punto Eloise alzò lo sguardo verso di lui e per poco non le venne un colpo.
«Che…Castiel?!»
Il rosso tentò di ricomporsi e rovistò nella mente per tirar fuori una battuta pungente dal suo repertorio, ma non se ne ricordò nemmeno una.
La professoressa si portò una mano sul cuore, visibilmente provata.
«Non credevo di avere questo effetto su di lei…» disse il rosso, un po’ in ritardo.
Eloise alzò un sopracciglio e ripresasi notò il libro aperto davanti al ragazzo.
«Ebbene, a un giorno dalla verifica hai finalmente deciso di studiare?»
Castiel sorrise sotto i baffi. Se prima lo infastidiva, adesso quello scambio di punzecchiate iniziava a piacergli.
«Potrei sorprenderla quando meno se lo aspetta»
La donna scosse la testa sorridendo, e Castiel sentì una fitta allo stomaco. Ciò che lo preoccupò è che non era affatto una sensazione spiacevole.
Passarono una ventina di minuti, durante i quali entrambi si dedicarono al loro dovere. Chi più, chi meno. La luce del sole andava via via lasciando il posto al tardo pomeriggio.
Eloise raccattò le sue cose e si mise la borsa in spalla.
Castiel non staccò gli occhi dal libro, nonostante la tentazione di alzarli verso di lei era forte. Si chiese se dopo aver lasciato la scuola sarebbe andata direttamente a casa, ma i suoi pensieri vennero interrotti di colpo.
«Ancora all’Editto di Nantes
Stavolta, era lui a non essersi accorto della presenza dell’altra.
Alzò la testa e se la ritrovò in piedi davanti al suo banco. Si rigirò la matita tra le mani, come per guadagnare tempo.
Lei bloccò quel movimento prendendogli la mano, con la sua, piccola e chiara, e gli tolse la matita. Si mise poi alla sua destra e si accucciò per avvicinarsi al libro. I suoi capelli sciolti smossero l’aria, lasciando una scia di lavanda intorno a loro.
Castiel socchiuse gli occhi e spostò poco la sua spalla per andare a sfiorare il braccio di Eloise.
«Questa data è molto importante» disse lei, sottolineando una parte della pagina con la matita «Avresti dovuto sottolinearla»
Castiel si tirò su lentamente dalla sedia e si ritrovò a sovrastare la figura della sua insegnante. Non sapeva perché l’aveva fatto, ma ora doveva giustificare quel gesto.
Il problema era che più la guardava, più il suo corpo non rispondeva ai comandi. Lei sostenne il suo sguardo tranquillamente, mentre lui si leccava le labbra secche.
Di colpo la superò per andare verso la cattedra e tornare poco dopo porgendole un foglio.
«Stava per dimenticare un compito» disse, «dovrebbe prestare più attenzione»
Eloise prese il foglio, incredula, e Castiel capì che non era l’unico ad avere poca concentrazione, in quella stanza.
Senza dire nulla, mise il foglio nella borsa e si allontanò, uscendo dall’aula.
Il rosso rimase nuovamente solo e si buttò rumorosamente sulla sedia, abbassando la zip della giacca di pelle.
Faceva decisamente caldo.
 
***
 
Le attività del club di giardinaggio richiedevano un certo impegno anche durante il periodo invernale, poiché la serra racchiudeva fiori e piante di ogni stagione.
Un po’ a fatica, Anne travasava una pianta troppo cresciuta in un vaso più grande. Fortunatamente il club era pieno di gente simpatica, quindi non ci si annoiava mai.
Un ragazzo dai capelli verdi vicino a lei si preparava a potare delle rose.
«Accidenti, non trovo più le forbici…Anne, potresti andare a cercarne un paio? Io intanto finisco il tuo lavoro»
«Va bene Jade!» Anne era più che contenta di scaricare il lavoro faticoso per andare a prendere un paio di forbici, perciò si coprì per bene e si diresse all’entrata della scuola.
A quell’ora lo sgabuzzino e la sala delegati erano chiusi, le uniche a non essere chiuse a chiave erano le aule, quindi decise di cercare innanzitutto nella sua.
Quando arrivò davanti alla porta, sentì delle voci provenire dall'interno.
Chi mai poteva essere ancora in classe a quell’ora?
Aprì quanto bastava per sbirciare e vide la professoressa Laurent che si dirigeva verso uno degli ultimi banchi dove era seduto… Castiel?
Dopo che lei gli ebbe fatto notare qualcosa sul libro, lui si alzò in piedi. Probabilmente i due non si resero conto del tempo che rimasero in quella posizione, ma Anne si. E qualcosa le diceva che una scena del genere non era poi tanto normale. Gli occhi di Castiel guardavano la professoressa in maniera quasi insistente…
Anne sentì un dolore acuto alla pancia. Voleva entrare e distrarli l’uno dall’altra, ma voleva anche andare via da lì e non vedere altro.
Scelse di andarsene, percorrendo a passi veloci il corridoio.
Il pensiero di quei due le procurava una sgradevole sensazione, ma cercò di calmarsi. In fin dei conti, erano uno studente e un’insegnante.
Non poteva esserci nulla.
Anzi, non doveva esserci nulla.
  
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