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Autore: Sad Angel    21/10/2008    2 recensioni
Hallo!!! La mia ennesima storia fuori dalla realtà^^!!! I protagonisti sono Bill e Tom più un personaggio inventato molto speciale^^!!! Viel Dank! Questo è un brano della storia... "Sera di inizio autunno, come mille altre. Dopo cena, tornò in camera, per infilare un’enorme felpa azzurra sopra la salopette di jeans. Afferrò il cappello, ci infilò dentro i suoi lunghi capelli scuri ed il piccolo rasta ossigenato, situato alla base del collo..."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Du bist alles was ich bin

Halloo!!! Scusate non ho tempo di far nulla né di commentare ma ringrazio tutti voi che m avete seguito e se volete lasciatemi un commento! Viel viel dank e a presto!!!

 

Du bist alles was ich bin…zehn

 

La schiena, appoggiata sul morbido materasso, la stanza avvolta nell’oscurità, osservavo il soffitto. Jossie, nell’altro letto, riposava tranquillo.

Mi voltai, un secondo, gettandogli un’occhiata.

Jossie…” bisbigliai.

Un attimo. Nulla. Stava dormendo, come pensavo.

Silenziosamente, mi alzai.

 

Pochi passi nel corridoio, poi raggiunsi la porta dell’altra stanza, dove dormivano Bill e Tom. Deglutii, allungai la mano. Una delle poche volte della mia vita, bussai.

Silenzio. All’improvviso, la voce di Tom.

“Avanti…”

Presi un altro respiro profondo, abbassai la maniglia.

 

Bill, seduto sul letto di Tom, sgranò un secondo gli occhi, poi mi sorrise. Suo fratello, dietro di lui, mi fece cenno di entrare.

Mi sedetti sull’altro letto, gli occhi fissi sui due.

“Non riesci a dormire?” domandò Bill qualche attimo dopo.

Continuando a fissarlo, tacqui un secondo, poi deglutii. “Effettivamente no…”

Il ragazzo dai lunghi capelli corvini si voltò, incontrando gli occhi del fratello. Tom annuì. Entrambi tornarono a guardarmi.

Senza abbassare lo sguardo, nemmeno per un secondo, presi un bel respiro, poi posi la fatidica domanda che mi ronzava in testa da un po’.

“In che anno siamo?”

“2008” rispose subito Tom, per nulla stupito. Bill, accanto a lui, si mordicchiò le labbra, probabilmente ripensando a quello che entrambi avevamo visto quella sera. Io, di cinque anni più grande, abbandonato contro quella che era stata la mia “opera d’arte”, la bottiglia in mano, senza un tetto. Apparentemente mi ero bruciato il mio futuro. Deglutii un istante. Non volevo finire così.

Il capo chino, sentivo gli sguardi dei due ragazzi su di me. Presi un altro respiro profondo, rialzai lo sguardo. “Jossie non lo sa, vero?” domandai.

Bill impallidì, lanciò un’altra occhiata a Tom. Lo sguardo del ragazzo dai capelli corvini, ora appariva persino più preoccupato.

“No” rispose il rasta, continuando a fissarmi.

Deglutii, poi mi passai la lingua sulle labbra, domandandomi perché l’avessero tenuto all’oscuro e se dovessi essere proprio io a rivelarglielo. Sentii il volto irrigidirsi mentre anche il mio sguardo si faceva più duro. Un secondo.

“Non dirglielo”

Rosso in viso, Bill aveva esclamato quelle parole. Percepii la sua preoccupazione, anche se non ero in grado di comprenderne il motivo. La cosa non mi piaceva. “Perché?” domandai.

Il ragazzo tacque, scambiando un’altra occhiata col suo gemello. Anche Tom però, questa volta rimase in silenzio.

Chiusi gli occhi, espirai, cercando di calmarmi. Quell’immagine di me, che non avrei mai più voluto vedere, tornò a tormentarmi. Deglutii, poi riaprii gli occhi. I due si stavano ancora fissando. Probabilmente, comunicavano con lo sguardo. Sentii l’irritazione crescere.

“Ditemelo”

Si spostarono, i loro sguardi, furono di nuovo su di me. Tacquero ancora. Non sembravano davvero intenzionati a dirmelo. “Voglio sapere” continuai.

Un istante. Tom si alzò. Avvicinandosi alla scrivania, si mise a spostare delle riviste. Io e Bill lo fissavamo in silenzio. Si fermò. Un giornale in mano, si voltò verso di me. Il volto fermo, me lo porse.

“Non devi dirglielo” concluse, la voce severa.

Afferrai la copia. Quando appoggia gli occhi sulla pagina, li sgranai. Un brivido mi percorse la schiena. La mano destra che non reggeva il giornale, si strinse, in un pugno, mentre una strana sensazione mi prendeva alla bocca dello stomaco. Frustrazione, all’idea che Joseph fosse destinato a finire peggio di me, poi rabbia.

“Dobbiamo tornare indietro!” esclamai, un secondo dopo, saltando in piedi.

Gli occhi di Bill si sgranarono, diventando immensi, chiaramente esterrefatto. Tom, seduto accanto a lui, mi fissò, impassibile.

“Aiutateci a tornare indietro!” ripetei ancora.

Silenzio. Bill appoggiò di nuovo il suo sguardo preoccupato su Tom “E se, non fosse sufficiente…?” domandò.

Suo fratello intanto continuava a fissare me, in silenzio. Passò un minuto, poi annuì. “Ti aiuteremo” concluse.

“Tom!” urlò un secondo dopo Bill “e se non bastasse…e se Jossie…” Si fermò, si morse le labbra, poi deglutì, incapace di terminare la frase.

Sentii la mano destra stringersi ancora in un pugno. Tom fissò suo fratello, poi appoggiò gli occhi castani su di me.

“A lui ci penso io…” iniziai, la voce ferma “Non preoccuparti Bill, di lui, me ne occuperò io…”

Un attimo dopo, sul volto di Tom apparve un sorriso. Dietro di lui, Bill ricominciò a respirare.

 

Ritornai nella stanza dove Joseph dormiva. Sdraiandomi, ricominciai a fissare il soffitto, ancora incapace di dormire.

“Mamma! Papà!” urlò Jossie.

Mi voltai. All’improvviso lui, nell’altro letto, aveva preso ad agitarsi, colto da un incubo.

“Mamma! Papà! Dove siete?!?”

Chiusi gli occhi mentre l’ansia mi riprendeva alla bocca dello stomaco. L’immagine di lui su quel giornale, aveva sostituito la mia.

“Mamma!!! Papà!!!”

Sospirai. Mi alzai, avvicinandomi a lui, inginocchiandomi sul pavimento. Allungai le braccia, iniziando a scuoterlo. Dovevo svegliarlo, assolutamente.

Alcuni secondi dopo, lui si fermò. Spalancando gli occhi, appoggiò lo sguardo su di me. Anche con la poca luce presente, notai che luccicavano.

“Alex?” chiamò, la voce un po’ atterrita.

Sorrisi. “Tutto bene, era solo un incubo”

Joseph si mordicchiò le labbra, poi sospirò. “Non è solo un incubo...” iniziò, la voce triste “Loro non ci sono più davvero…” spiegò.

Tacqui un secondo, poi sorrisi ancora, rimettendomi in piedi. “Tranquillo. Ti aiuterò io a trovarli…”

Lui mi fissò, gli occhi sgranati, poi abbozzò un sorriso “Grazie”

“Ora dormi” conclusi, tornando al mio letto. Mi sdraiai di nuovo. “Non sei solo, perciò non devi più preoccuparti”

“Grazie…” ripeté ancora lui, prima di raggomitolarsi sotto la coperta.

Il silenzio ricadde sulla stanza. Pochi minuti dopo, sentii il suo respiro tranquillo mentre dormiva. Sospirai. Saremmo tornati indietro…, pensai,…e poi, in un modo o nell’altro avrei impedito che lui finisse in quel modo. Improvvisamente, ciò che sarebbe stato di me, non mi preoccupava più. Unico pensiero, impedirgli di finire su quel giornale. Sospirai ancora, poi, lentamente, anch’io scivolai nel sonno.

 

Mi svegliai. La stanza, illuminata da alcuni raggi di sole che, attraverso le persiane socchiuse, penetravano all’interno. Mi voltai, per vedere se Jossie dormiva ancora.

Quando realizzai che l’altro letto era vuoto, sgranai gli occhi, saltai subito in piedi.

Corsi fuori dalla stanza, verso la cucina, dove mi aspettavo di trovarlo. Vuota. Tornai indietro, aprendo la porta del salotto. Vuoto. Sempre più preoccupato, mi avvicinai al bagno. La porta era aperta, la stanza vuota. Imprecai.

“Bill! Tom!” urlai, spalancando, fuori di me, la porta della loro stanza.

 

“La dovete finire con questa storia!” esclamò Tom, infilandosi una maglia extralarge sopra ai jeans altrettanto enormi. “Non posso mica passare la mia vita a rincorrervi!”

“Muoviti, invece di perdere tempo!” rispose subito Bill, afferrando una giacca di pelle.

Io, completamente vestito, più sveglio che mai, li osservavo stando sulla porta. Bill, un secondo dopo, fu al mio fianco. Fermi, aspettammo che anche Tom ebbe finito di vestirsi poi, tutti e tre, ci affrettammo ad uscire, alla ricerca di Jossie.

Troppo presi dall’ansia nessuno, passando di fianco al telefono, gettò un’occhiata al blocchetto degli appunti. Con lo spostamento d’aria, il primo foglio cadde a terra. Preso dall’angoscia, all’idea che Jossie potesse fare una sciocchezza, non gli prestai attenzione. Se l’avessi fatto, avrei visto le sue parole scritte in bella grafia.

 

“Ragazzi, vado al parco a pensare un po’. Ci vediamo dopo. Jossie.”

 

“Dove accidenti pensi che sia?!?” esclamò Tom, non appena fummo fuori di casa, appoggiando lo sguardo su Bill.

Il ragazzo dai lunghi capelli corvini sospirò. “Non ne ho la più pallida idea! Sembrava tranquillo ieri sera! Mai avrei pensato che sarebbe sparito così!”

Mi fermai, un secondo, a riflettere. I due fecero ancora un paio di passi, poi si fermarono, voltandosi a guardarmi. “Alex?” chiamò la voce di Bill.

“Parlava di cercare i suoi…” esclamai, incontrando i loro sguardi.

Scheiße!” imprecò Tom, iniziando ad accelerare il passo “Speriamo non si metta nei guai!”

Lo fissai, esterrefatto, finché Bill, parlando, non mi riscosse.

“Andiamo, Alex! Muoviti!”

Corsi. Raggiungendoli, mi infilai tra di loro. “Andiamo dove?” domandai.

Tom lanciò un’occhiata a Bill, poi sentii il suo sguardo su di me “Scommetto quello che vuoi, che lo troveremo vicino a casa sua…” concluse, poi sorrise.

 

Un piccolo corridoio di erica rampicante. L’entrata del parco. Appena compresi che probabilmente era quello il parchetto di cui aveva parlato Tom durante il tragitto, ebbi uno strano presentimento. Incapace di attendere, per scoprire se era fondato o si trattava solo di una fantasia, iniziai a correre. Bill e Tom alle mie spalle, camminavano lentamente, scrutando le vie dei dintorni.

Velocemente, li distanziai. Passai sotto l’erica, entrai. Mi fermai, guardandomi attorno, non sapendo da dove iniziare a cercare, poi sentii la sua voce. Il cuore in gola, ricominciai a correre.

 

“Non te lo darò mai!”

Joseph urlava. Svoltando ad un cespuglio, finalmente lo vidi. Fermo in piedi davanti ad una panchina, aveva davanti a sé quattro ragazzi, due più robusti e due più snelli.

Uno di quest’ultimi, un paio di passi avanti, teneva la mano protesa. Un secondo, la ritrasse. Fece un cenno. “Hans” esclamò.

Uno dei ragazzi robusti alle sue spalle, si avvicinò a Joseph. Sentii la rabbia aumentare, mentre vedevo il mio amico deglutire. Strinsi il pugno.

Hans si avvicinava, Jossie lo fissava. Deglutì, poi l’altro, allungò una mano.

“Lascialo stare!” urlai.

Un secondo, tutti si voltarono verso di me. Il viso di Jossie, vedendomi, si illuminò poi, approfittando della momentanea confusione, schivando Hans, iniziò a correre verso di me. “Corri, Alex! Corri!”

Attesi, finché non fui sicuro che a breve sarebbe stato al mio fianco, poi iniziai a correre.

“Accidenti! Ma quanti fratelli ha quello?!?” esclamò il ragazzo magro un secondo dopo, la voce irritata, mentre lui e gli altri tre partivano al nostro inseguimento.

Mi voltai, un attimo, per vedere quanto vantaggio avevamo, poi spostai lo sguardo avanti, verso il corridoio di erica che si avvicinava sempre più. Fermi ancora davanti all’ingresso, Bill e Tom. Gettai un’occhiata a Jossie, che correva al mio fianco, poi mi voltai ancora indietro.

“Ce la fai a fare un ultimo sforzo?” domandai.

Jossie, annuì. Sorrise.

Aumentai la velocità, attraversando il corridoio d’erica. Bill e Tom davanti. I quattro dietro. Jossie al mio fianco. Poi, una luce accecante. Chiusi gli occhi.

 

Li riaprii. Sdraiato per terra, davanti a me non c’era più nessuno. Sbattei le palpebre più volte, esterrefatto.

Alex…

Mi voltai. Al mio fianco, anche Jossie era a terra. Mi fissava, gli occhi sgranati.

Tornai a fissare davanti a me, poi deglutii, riappoggiando lo sguardo su di lui “Tutto bene?” domandai.

Il mio amico annuì, poi entrambi ci alzammo, scuotendoci la polvere dai vestiti.

“Dove sono Bill e Tom? E i bulli?” disse ancora lui, chiaramente confuso.

Gli sorrisi. Mentre mi interrogavo se rivelargli o meno ciò che ci era capitato, all’improvviso sentii una voce di donna chiamare il nome del mio amico. Un secondo. Il volto di Jossie si illuminò.

“Mamma! Sono qui! Mamma!” rispose lui, percorrendo la fine del corridoio d’erica.

Un altro secondo. Una donna apparve all’improvviso, da una stradina laterale. Correva, poi, appena lo vide, si fermò, portandosi una mano al viso, gli occhi che diventavano lucidi. Joseph si affrettò verso di lei, che aprì le braccia, stringendolo mentre, con voce rotta dal pianto, urlava “Klaus!” a squarciagola. Qualche istante dopo, apparve anche un uomo, da un’altra via.

“Papà!” urlò Joseph mentre lui si avvicina, sorridente e gli appoggiava una mano sulla spalla.

Osservai la scena, sorrisi. Eravamo tornati.

 

 

Fünf Jahre später…

 

I corti capelli biondi, un ragazzo cammina veloce, percorrendo le vie, senza prestare attenzione. Erano cinque anni che faceva quella strada, per recarsi a casa del suo migliore amico, che oramai era come un fratello. Passando davanti al corridoio d’erica che dava sul parchetto, si fermò un secondo, sorrise, poi si allontanò.

 

Driiin.

Qualche attimo dopo, la porta si spalancò. Un ragazzo dai lunghi capelli neri, un po’ sparati in aria apparve nel vano, sorrise, spostandosi.

Il suo amico rimase immobile. “Sono tornati…” disse.

 

Dieci minuti dopo, i due percorrevano di nuovo le strade di Magdeburg, il passo veloce. Il ragazzo dai capelli neri, saltellava, preso da un attacco di entusiasmo incontenibile.

Jossie! Cerca di calmarti, ti prego!” esclamò il biondo, appoggiandosi un paio di occhiali da soli sul naso.

L’altro, vedendolo, estrasse i suoi occhiali dallo zaino, mettendoli a sua volta, consapevole che non fosse il caso di andare in giro senza, in quella giornata. “Oh, mio Dio, Alex!” rispose poi, ricominciando a saltellare “Ci pensi?!? Sono tornati! Che bello! Tom e Bill finalmente sono tornati a Magdeburg dopo tanto tempo! Finalmente, dopo cinque anni li rivedremo!”

Alex sospirò, poi si fermò, fissando il suo amico in volto. “Lo so che aspetti questo giorno da cinque anni, Jossie, però devi capire che, siccome il passato è cambiato, probabilmente loro due non si ricorderanno di noi…”

Joseph sbatté le palpebre un paio di volte, poi sorrise “Lo so, tranquillo! Ma comunque, io sarò sempre grato a Bill e Tom! Mi basta solo vederli, anche se dovessimo essere solo io e te a sapere…”

Il biondo espirò, ricominciando a camminare mentre il suo amico, al suo fianco, riprendeva a saltellare.

 

Una folla urlante di ragazze era appostata davanti alla porta degli studi, dove i Tokio Hotel avrebbero registrato il nuovo disco, in attesa di un colpo di fortuna, un’occasione per avere modo di vedere i loro idoli. Tra di loro, Jossie e Alex che, a fatica, erano riusciti a raggiungere la transenna. Ai due, ora non restava altro che aspettare.

 

Un’ora dopo, la porta si aprì. Alex diede una pacca a Jossie, che nel frattempo si era messo a canticchiare le canzoni dei suoi idoli ed era subito stato avvicinato da una decina di ragazze che lo lodavano per la perfetta imitazione della voce di Bill.

“Sono qui…” disse soltanto il biondo.

Un attimo dopo, il suo amico tornò serio, girandosi verso l’ingresso.

Saki uscì per primo, poi Bill, Tom, Gustav e Georg. I quattro ragazzi, non appena videro le fans che li stavano attendendo, sorrisero, avvicinandosi con dei pennarelli per firmare gli autografi.

Joseph, gli occhi fissi su Bill che lentamente si stava avvicinandosi, non stava più nella pelle dalla gioia, continuando a ripetere incessantemente “Oh Gott!”

Quando infine Bill si avvicinò alla ragazza di fianco a Joseph, che gli porgeva un diario, affinché lui lo firmasse, Jossie si mise a fissare la sua “copia”, sperando che lui potesse riconoscerlo, che si ricordasse di lui.

“Fatto!” esclamò Bill, sorridendo alla ragazza. Lei afferrando il suo diario lo ringraziò, sorridendo felice.

Bill si spostò ancora, posizionandosi proprio davanti a Joseph. Lo fissò a lungo, Joseph sorrise.

“Vuoi l’autografo?” domandò Bill, la voce gentile.

“Ah!” esclamò Joseph esterrefatto, realizzando che lui non si ricordava nulla.

“Tieni…” si intromise Alex, porgendo a Bill l’agenda di Jossie “Faglielo qui. Come vedi, lui è completamente partito…”

Il cantante afferrò l’agenda, sorrise a Jossie, iniziando a far scorrere la punta del pennarello nero sul foglio candido.

“E’ da tanto che sei nostro fan?” domandò, mentre scriveva.

“Cinque anni!” rispose subito Jossie, fissandolo in viso.

Alcune ragazze vicino a loro iniziarono a mormorare, domandandosi come fosse possibile che quel ragazzo fosse fan dei Tokio Hotel da cinque anni se il loro primo album era stato pubblicato solo due anni prima. Bill, ignorandole, continuò a scrivere. “Mi fa piacere” concluse, richiudendo l’agenda, tenendo il segno con un dito, senza restituirla “Vuoi anche l’autografo di Tom?” domandò un istante dopo.

Joseph sgranò gli occhi. Sporgendosi oltre la transenna, vide che Tom si trovava dalla parte opposta. Si ritrasse, sorrise. “Se posso…”

Il cantante abbozzò un sorriso “Per un fan affezionato….” iniziò, poi urlò il nome di suo fratello.

Il rasta si voltò subito.

“Vieni qui!” disse ancora Bill.

Suo fratello, finito l’autografo alla ragazza davanti a lui, si avvicinò. Bill gli allungò il diario di Jossie. “Fai l’autografo a questo ragazzo che è nostro fan da cinque anni…” continuò.

Tom appoggiò subito lo sguardo su Joseph, poi sorrise “Ne hai di buon gusto, amico!” esclamò, prima di appoggiare il pennarello sulla pagina. “Accidenti! Non scrive più!” continuò poi, mentre incontrava gli occhi del suo gemello, la voce scocciata.

Bill sorrise. “Cerca nella mia borsa…” rispose.

Il rasta aprì la borsa, iniziando a cercare. “Fatto!” esclamò poco dopo, chiudendo l’agenda.

“Bill! Tom! Gustav! Georg!” chiamò un istante dopo la voce del manager, per avvisarli che dovevano andare.

Tom sorrise, porgendo l’agenda a Jossie.

“Grazie Bill, grazie Tom” ringraziò subito lui, sorridendo felice. Alex al suo fianco, fissava Tom.

“Di niente!” rispose il rasta con voce allegra, iniziando ad allontanarsi “Comunque il tuo amico starebbe meglio con i capelli lunghi…” concluse, sentendo lo sguardo fisso di Alex su di sé.

 

“Accidenti…Non si ricordano nulla…” si lamentò Jossie mentre i due ragazzi si allontanavano.

Camminando al fianco del suo amico, l’agenda in mano, Jossie osservava il sole che tramontava velocemente “Io ci speravo così tanto…”

“Ma l’importante è che li abbiamo visti, no?!?” interloquì subito l’altro, cercando di distrarlo “Non sono cambiati di una virgola!”

Jossie abbozzò un sorriso “E’ vero!”

“Piuttosto…come sono gli autografi?”

Il ragazzo dai capelli scuri sgranò gli occhi, realizzando che da quando Tom gli aveva ridato l’agenda, ancora non aveva guardato. Senza pensare, l’aprì di colpo. Un fogliettino cadde. Alex, ridendo della sbadataggine del suo amico, lo afferrò al volo, prima che potesse toccare terra.

“Guarda Alex!” esclamò Jossie, mostrandogli l’agenda, di modo che anche lui vedesse “Bill ha scritto ‘Al mio fan più affezionato!’ Che gentile!!!” concluse, sorridendo.

“E Tom?” domandò l’altro.

Un attimo dopo, Joseph scoppiò improvvisamente a ridere. “Ha scritto ‘Di al tuo amico di farsi crescere i capelli!!!’ ”

“Stupido Tom…” commentò Alex, il sorriso sul volto “Ma mai quanto te, Jossie, che semini i biglietti in giro e nemmeno te ne accorgi…” concluse, porgendogli il foglio di poco prima.

Joseph lo fissò, sgranò gli occhi. Un secondo dopo glielo strappò dalle mani. “Questo è il biglietto che ho scritto quella mattina, prima che tornassimo indietro!” urlò, completamente sconvolto.

Alex si avvicinò, scrutandolo attentamente “Ne sei sicuro?!?”

“Più che sicuro!”

Alex aggrottò le sopracciglia un secondo “Giralo. In controluce si vede qualcosa dietro…”

Quando il ragazzo l’ebbe girato, entrambi fissarono il foglio a bocca aperta per alcuni istanti, poi i loro sguardi si incontrarono e si sorrisero. Jossie, il biglietto stretto in mano, continuava a fissarlo, incredulo. Alex, al suo fianco, estrasse il cellulare.

Sul biglietto, con una grafia affrettata, Tom aveva scritto “Alex! Jossie! Siamo felici di avervi rivisto”. Sotto alla frase, due numeri di cellulare. Al loro fianco due sigle. B e T.

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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