Si alzò bruscamente, scrollandosi la sabbia dai vestiti e
dai bellissimi capelli argentati.
Incominciò a camminare, ancora pensando a come si era
comportato poco prima. Il suo cuore era tornato di nuovo al suo normale
battito. Ed anche quello strano impulso era del tutto scomparso. Non gli era
mai successo nulla di simile. Aveva sorriso, era…arrossito…perché ne era
sicuro, quel calore sulle guance non poteva mentire…oddio!! Solo il ripensare a
quello che aveva fatto gli faceva provare insieme una rabbia e una vergogna
brucianti. Ma perché Hilary gli aveva fatto un simile effetto? Perché?
Tentò di azzardare un’ipotesi. Forse era semplicemente scioccato. Tutto quello
che la ragazzina gli aveva raccontato sapeva un po’ di assurdo, è vero, ma
quegli occhi scuri d’improvviso così privi della loro consueta vitalità, gli
avevano impedito di non crederle. Gli costava ammetterlo, ma in quel momento
era un po’ in pensiero per lei. Avanti, Kei, piantala con queste
sciocchezze. Stai diventando un rammollito. Certo, un rammollito. Lo
sapeva. Ma prima di tutto doveva far luce su quella massa confusa che erano i
suoi sentimenti e le sue emozioni. Doveva fare ordine dentro di sé e mettere
tutto nella posizione esatta, come le tessere di un puzzle, per costruirsi la
risposta a tutte le sue domande. Ripensò a quella insolita sensazione che si
era impadronito di lui. Adesso era tornato come di consueto, ma pochi minuti
prima si sentiva come strano, fuori posto, un pesce fuor d’acqua. …era
arrossito… Era…imbarazzato? Si stupì solamente per l’assurdità di quel
pensiero. Lui, imbarazzato. Roba da non credere. Eppure era l’unica spiegazione
razionale, che doveva significare tanto, soprattutto per un ragazzo che faceva
della ragione una delle suoi punti i forza. Ma prima sembrava che questa
l’avesse completamente abbandonato.
Tutto le sue azioni erano state governate dall’istinto. Già, l’istinto. La sua
unica arma per far capire a qualcuno cosa sentiva dentro di lui, nei rari casi
in cui desiderava farlo. E quello di prima non corrispondeva esattamente ad uno
di quelli. L’istinto aveva superato la ragione. Non gli era mai successo prima
d’allora che questo fosse avvenuto senza un ordine diretto del suo cervello.
Non sapeva davvero come spiegarselo. Solo una cosa era certa. Se non fosse
stato così dotato di autocontrollo e grande capacità di nascondere le proprie
emozioni, come minimo sarebbe saltato addosso ad Hilary. La mascella del viso
gli si contrasse. Doveva essere completamente fuori di testa. Svoltò l’angolo,
trovandosi in un’ampia strada, affollata e trafficata. Il suo albergo era
proprio vicino la spiaggia, molto più vicino della casa di Takao.
Entrò nel lussuoso ed imponente edificio, ritrovandosi in
una grossa hall arredata con eleganti divani in pelle, disposti a cerchio intorno
a bassi tavolini da aperitivi. Nella sala c’era un forte brusio, nonostante
fossero pochi gli “eletti” che potevano occupare uno dei posti prestigiosi in
quell’hotel a cinque stelle. Daitenji aveva fatto proprio le cose in grande. In
ogni parte del mondo dove si sarebbe svolto il torneo avrebbero alloggiato in
un posto simile. Ma tanto per lui non avrebbe fatto nessuna differenza. Decise
di salire in camera a farsi una bella doccia. Non sarebbe rimasto a dormire da
Takao. Quella sera, più delle altre, aveva voglia di star solo. Si diresse
quindi alla reception, chiedendo la chiave della stanza che divideva con i suoi
compagni di squadra.
- Ecco a lei, signore! – una graziosa donna dai capelli
neri gli porse la chiave della 248.
- Grazie – disse svogliatamente. Prese a salire l’ampia
scalinata marmorea che conduceva ai piani superiori; entrambi gli ascensori
erano occupati. Fortunatamente la sua camera era proprio al primo piano. Si
fermò di scatto. Prepotentemente i pensieri su Hilary, che per pochi minuti lo
avevano abbandonato, gli ritornarono in testa. Ma ebbe una sorta di improvvisa
illuminazione. Quella sensazione strana. Si rese conto di averla già provata
prima. Era la stessa che lo assaliva tutte le volte che aveva visto la
ragazzina da quando era tornato in Giappone. Che fosse solo una semplice
coincidenza? No, non poteva essere. Allora forse era quello il motivo di tutta
quella sua strana gentilezza nei confronti di lei.
Ma che diavolo mi succede? Era
confuso. Incredibilmente confuso.
Sì. Gli stava succedendo qualcosa. E anche se lui non lo
aveva capito, questo qualcosa lo avrebbe cambiato profondamente. Del tutto
ignaro, Kei girò la chiave nella serratura e si chiuse la porta alle spalle. In
quello stesso istante un ragazzo alto, dai folti capelli castani, uscì
dall’ascensore e si diresse verso la camera 250.
- Secondo me ci sta nascondendo qualcosa. -
Rei teneva le mani in tasca, e annuì appena a ciò che il
suo amico aveva appena detto. Il sedicenne camminava al suo fianco, gli occhi
cerulei che fissavano la strada.
- Takao ce l’ha detto, è strana ultimamente. -
- Sì. E io non posso credere che quella è la prima volta
che abbia mai lanciato un beyblade. -
- Sono d’accordo. Per raggiungere quella potenza di lancio
ci vorrebbe almeno un anno di allenamento…poi la sua iscrizione al torneo…ma è
categoricamente impossibile che sia una blader e non ce l’abbia detto. -
Rei non rispose, e continuò a camminare. I suoi capelli
corvini gli coprivano il viso pensieroso.
- Insomma. Pensa ai bit-power. Lei all’inizio non li
riusciva a vedere. E io non conosco nessun blader che, anche non possedendone
uno, non riesca a vedere i bit-power altrui.-
Il cinese si fermò, alzando il capo e guardò Max con una
strana espressione.
- Che ne sai? -
Anche l’americano, a sua volta, arrestò i passi e lo
squadrò interrogativo, in silenzio.
- Secondo me tutto è possibile. – proseguì piano Rei, con
quello strano tono di chi capisce qualcosa all’improvviso. -Del resto noi non
conosciamo nulla sul suo passato. -
- Nonno?! Nonno??! Nonno J ??!! Indovina un po’ chi è
venuto a trovarci?! -
Takao entrò saltellando nella piccola cucina, seguito da
un Hitoshi che ostentava un sorriso leggermente imbarazzato. Nonno J accorse dalla palestra, chiedendosi
quale altro amico strampalato suo nipote avesse portato a casa.
- Takao si può
sapere chi…- le parole gli si bloccarono in gola, non appena ebbe raggiunto la
soglia della cucina.
- Ciao Nonno! – lo salutò Hitoshi con un sorriso.
All’anziano signore mancò quasi un battito quando si trovò
davanti il suo nipote maggiore.
- H-hit-tosh-hi? –
- Sì, sono proprio io. – fece il diciannovenne con un
leggero sarcasmo, che il vecchietto non colse. Il ragazzo gli tese la mano. Ma
Nonno J gli si lanciò letteralmente addosso, ignorando quest’ultima, e scoppiò
in un pianto irrefrenabile sulla sua spalla. (-__- N.d.A. + Tutti)
- Su…su nonno…calmati!! – fece il giovane, imbarazzato,
dandogli delle piccole pacche su di essa e gettando occhiate truci a Takao, che
ridacchiava.
- Nipote mio, come stai…dopo quasi sei anni che non ci si
vede…sei cresciuto…oh, Hitoshi… -
balbettò, mentre il ragazzo lo allontanava ancora
singhiozzante da lui, proprio mentre Max e Rei entravano nel salotto.
- C’ è nessuno?! -
- Sì ragazzi, siamo in cucina! -
Vagamente incuriositi dalle parole di Takao, i due blader
si diressero nella piccola stanza.
- Ciao! – li salutò il blader con il berretto.
Rei e Max fecero un cenno, distratti, avendo
immediatamente notato lo sconosciuto dai i capelli azzurri vicino a Nonno
J.
- Lui è Hitoshi, mio fratello maggiore! – disse subito
Takao con allegria.
- Ah- esclamò Max con un sorriso, porgendogli la mano. -
Max Mizuhara, piacere. -
- Piacere mio. – Hitoshi si fece avanti rispondendo al
sorriso a alla stretta di mano dell’americano. – E tu devi essere Rei Kon,
vero? – aggiunse poi rivolto al cinese.
Rei annuì, mentre Hitoshi stringeva la mano anche a lui,
senza stupirsi che il diciannovenne sapesse già il suo nome.
- E così tu sei il famoso “fratello Hitoshi”!!
- Sì – rispose Takao spiccio – e vi informo anche che lui
sarà l’allenatore ufficiale dei BBA Revolution nel torneo del mondo! –
aggiunse, prima che Hitoshi potesse aprire bocca.
- Sul serio? – chiese Max piacevolmente incredulo.
- Quindi anche tu sei un blader! -
- Sì – Hitoshi sorrise.-
- Ma è una notizia splendida! -
- Senti, Hitoshi, alloggerai qui, vero? –
- No, nonno. Mi dispiace, ma Daitenji preferisce che stia
nell’albergo insieme a tutti gli altri allenatori delle squadre di beyblade che
partecipano al campionato. -
- Ah. – fece l’anziano signore, un po’ deluso.
- Però, se non vi dispiace…oggi posso cenare con voi! -
(ecco il tipico esempio di quello che si chiama
“auto-invitarsi” N.d.A.)
- Allora ragazzi – Ryo entrò rudemente nella stanza
d’albergo, sbattendosi la porta alle spalle. – Ci sono novità! -
Un ragazzo biondo decisamente più basso di lui, ma molto
più muscoloso e robusto, rientrò dalla terrazza che dava sul giardino interno
dell’hotel. Quest’ultimo era decisamente affollato, a causa delle numerose
strutture sportive e non: campi da tennis e bocce, piscina, diversi Bey
Stadium, un grosso campo da pallavolo, Solarium ecc.
- Salve capitano – disse il biondino con un ghigno.
- Mike – lo salutò freddamente Ryo – devo dirvi una cosa
importante…ma dove cavolo sono finiti
gli altri? -
Prima che Mike potesse rispondere, dietro una porta
interna alla loro camera, si udì un tonfo.
- Jason! – gridò il capitano esasperato. - Ma ti sembra questa l’ora di giocare a
bowling ? –
La porta si aprì lentamente, lasciando uscire un terzo
ragazzo.
- Beh…quello scemo di Daitenji ci ha messo a disposizione
tutto questo ben di Dio…tanto vale approfittarne, no?!! – rispose ridacchiando
quest’ultimo.
Ryo scosse la testa incredulo.
- Avanti Ryo, rilassati pure tu! – Mike diede una botta
amichevole al braccio del capitano, imbronciato, che lo ignorò. – Non sarai
mica venuto fin qui solo per dirci di allenarci a beyblade?! Mancano secoli al
campionato…-
- Una settimana - precisò il moretto. – E comunque tutto
il contrario. -
Jason inarcò un sopracciglio.
- In che senso “tutto il contrario”? -
- Il capo ci ha detto di non impegnarci al massimo nel
torneo. Non so altro. – aggiunse immediatamente, vedendo che entrambi i suoi compagni
di squadra avevano aperto all’istante la bocca per ribattere. Sia Jason che Mike lo guardarono
perplessi.
Ryo si sedette sul suo letto. – Ha detto solamente che ci
farà presto sapere i dettagli. –
- Scusa, Ryo.- cominciò cautamente Mike. – Ma allora è
inutile che…insomma…che io abbia iscritto Hilary al torneo, se non ci dobbiamo
impegnare al massimo. E poi così i suoi amici la scopriranno….-
- Ti ripeto che ne so quanto voi. – gli rispose piano il
suo capitano.
Jason sbuffò.
- Ma dobbiamo fidarci del capo. – aggiunse Ryo,
all’istante, in tono che non ammetteva repliche.
- Se lo dici tu…-
Ryo prese un beyblade nero e un caricatore di lancio dal
cassetto del suo comodino.
– E Sean? Dov’è finito? – domandò poi, annoiato.
Dopo un ultima occhiata interrogativa con Mike, Jason
disse:
- In piscina. -
- Ancora?!-
- Eh, già.- disse Mike ghignante.
- Però ha promesso che magari ci presenterà qualche sua
“amica” che ha conosciuto! La cosa è interessante, non ti pare? - aggiunse Jason con un sorrisetto.
Ryo lo ignorò completamente. - Vado ad avvisare anche lui.
– tagliò corto, freddo.
Il capitano si alzò immediatamente senza degnare di uno
sguardo i suoi compagni ridacchianti, e uscì dalla camera di albergo.
Quella sera a cena c’era un’atmosfera molto allegra in
casa Kinomiya e per un po’ tutti quanti erano riusciti a dimenticare la sfida
imminente con i blader misteriosi. Takao e Daichi si ingozzavano come al
solito, mentre Nonno J, Max, Rei ed Hilary conversavano con Hitoshi, che alla
fine si era fermato da loro.
- Ho l’impressione che quest’anno il torneo del mondo sarà
favoloso. Tutte le squadre sono molto forti. Hanno sbaragliato i loro avversari
alla eliminatorie.- stava dicendo Hitoshi.
- Già. – concordò Rei servendosi di ramen.
- Mi piacerebbe proprio vedere come te la cavi con il
beyblade, Hilary – disse il diciannovenne, rivolto alla moretta, che abbassò
velocemente gli occhi sul piatto. Rei e Max si scambiarono un’occhiata
sfuggente.
- Daichi l‘ho visto in TV, ma tu non sei molto famosa da
queste parti. – proseguì Hitoshi.
- Comunque devi essere molto brava, se fai parte dei BBA.
-
- Ehm…veramente -
- è una lunga storia, Hitoshi. – s’intromise
improvvisamente Takao, serio. – Ti spieghiamo dopo. -
Incuriosito, il ragazzo annuì.
Dopodiché la cena proseguì normalmente, fra i battibecchi
di Nonno J e Takao, sugli allenamenti di kendo e le risate degli altri.
- …avanti Nonno, piantala!…ti prometto che mi allenerò
quando il campionato del mondo sarà finito! -
- Eh…no Takao! Dici sempre così! Da domattina sveglia
all’alba e allenamento almeno tre ore al giorno. -
- No, nonno, ti prego! – gemette Takao orripilato. -
Almeno domani…poi è domenica!!
- Sì, dai Nonno, lascialo stare. La sua passione ora è il
beyblade, lascia che si diverta come vuole lui. Ormai ha sedici anni ed è in
grado di scegliere da solo cosa gli piace! -
Il vecchietto si azzittì, guardando Hitoshi con
rimprovero. Spostò lo sguardo sugli occhi speranzosi del ragazzino col
berretto. Si arrese e, rassegnato, annuì.
- Evvai!!…Grazie fratellone…- esclamò felice Takao,
passando amichevolmente un braccio attorno al collo del fratello.
Sorrise inconsciamente a quella scena, mentre una fitta le
trafiggeva il petto.
Una lacrima ingenua le scivolò lungo la guancia.
- Hilary, perché stai piangendo? -
- Eh? – la ragazza si rese immediatamente conto che
l’americano la fissava.
- No, niente, niente. – rispose in fretta, e si passò una
mano sulla guancia umida. Fortunatamente gli altri non si erano accorti di
niente. Che cavolo! Devo controllarmi!!
Però…Accidenti…vorrei avere anche io un fratello come lui…
I suoi pensieri furono interrotti dallo squillo del
telefono.
- Arrivo! – gridò Takao all’istante, precipitandosi in
salotto, travolgendo Daichi che si era alzato per andare in bagno.
- PISTA, PIDOCCHIO!! -
- MALEDETTO!! -
- Pronto?! – Takao sollevò il ricevitore ridacchiando.
- Salve, Takao! Sono la mamma di Kappa! – rispose una voce
femminile, cancellandogli di colpo il sorriso – Potrei parlare con mio figlio,
per piacere? -
- Oh…b-buonasera signora…-
Ma porc…! E adesso che le avrebbe detto?? Totalmente nel panico, Takao
sparò la prima cavolata che gli era passata per la mente.
- C-come va?! –
- Tutto bene, grazie. Potresti fare in fretta, che sto
aspettando un’altra chiamata urgente? -
- Ehm…s-sì ecco, vado subito a chiamarlo…un momento – Posò
la cornetta sul mobile, maledicendosi. Era nei guai fino al collo. Ma gli venne
in mente un’idea. Era la sua unica speranza.
Si diresse di corsa in cucina. – Max…potresti venire un
attimo qui?! In fretta?!-
- Sì, certo. Che succede?-
- La mamma di Kappa al telefono. – sibilò Takao, non
appena l’amico lo ebbe raggiunto.
- Cazz…e che tu che le hai detto?! -
- le ho detto di aspettare un attimo che andavo a chiamare
il prof. … -
- Idiota! Non potevi dirgli che dormiva o roba del
genere?! -
Il giapponese si battè una mano sulla fronte.
- Cavolo! Non ci avevo pensato! -
- E adesso?!-
Takao lo guardò sorridente, con aria complice.
- Semplice, ti fingerai suo figlio e parlerai con la
signora! – Lo disse come se fosse stata la cosa più naturale del mondo.
- Che cosa?!! Ma ti sei bevuto il cervello?! -
- Avanti, Max, sei l’unico che può farlo, perché la tua
voce è quella più simile a quella del professore. -
- Ma sei pazzo?! -
- Eddai! Altrimenti siamo nei casini tutti quanti!! Ti
prego!-
Max lo fissò per un attimo con aria truce, ma poi, spinto
dall’evidenza dei fatti, annuì e prese il ricevitore, concentrandosi sulla
telefonata.
- Buonasera sig…ehm…mamma!! -
- Ciao tesoro! Ma che hai fatto?! Hai una voce un po’
sconvolta…che ti succede?! –
- Eh? No-no nulla, non preoccuparti…- il biondino si
schiarì la gola “Cacchio se ne è accorta”- è solo che…sono
ehm…ecco…solamente…spossato - Il
ragazzo con il berretto era lì immobile al suo fianco, gli occhi chiusi e
stranamente concentrati, probabilmente pregando tutti i Santi che la signora
non avesse scoperto nulla.
- Bah…se lo dici tu…comunque volevo solo avvisarti che
sarò fuori per due giorni perché Mikage mi ha invitata da lei, sai la mia amica
di Koyentsu (inventato N.d.A.) -
- Ah…ehm bene…-
- Quindi se ti servono le chiavi di casa, le lascio al
portiere, ok? -
- Sì, signor…mammina eh…eh..-
- Ma sei sicuro di star bene, figliolo?…ti sento un po’
strano…-
- N-no non preoccuparti, ehm…mamma…sto benone, davvero! -
- Ok. – La signora parve rassicurata – Allora ci sentiamo,
presto, eh? Ciao-
- Arrivederci…sì…insomma volevo dire ciao…’notte-
Prima che la signora potesse dire qualcos’altro, Max aveva
già riappeso.
- poveri noi…- disse sospirando.
Quel vicolo buio. Quelle urla. Urla di dolore che
squarciano quella notte senza luna.
-Aiutatemi!-
Quella ragazza che grida. E quell’uomo…sì…quella risata gelida…che toglie il respiro…
-
Lasciala stare!! -
Un grido, una mano tesa, che offre una salvezza da
quell’incubo. Un donna, dai capelli lunghi e lisci e un uomo accanto a lei, che
corrono verso quel mostro…si perché è un mostro, un mostro senza cuore, che sta
facendo del male a quella giovane vittima innocente…loro, tentano di strapparla
via da quel dolore…Un ghigno malefico. Estrae dalla tasca una pistola. Un
attimo. Un sordo bang e l’uomo si accascia a terra, in mezzo ad una chiazza di
sangue. Di nuovo. Un colpo mortale, e la donna atterra vicino a lui, in
quell’assurdo lago purpureo. Un tonfo secco. Un tonfo che rimbomba nel suo
piccolo cuore, un cuore di bambina, piccola ed innocente, ed indifesa,
rannicchiata lì in un angolo. Lacrime, sì, lacrime che vogliono spazzare via il
suo dolore, mentre quell’uomo le si avvicina e ride, ride…risa penetranti,
senza allegria penetrano dentro il suo piccolo corpo provocandole fitte
terribili di paura…sta piangendo…e la cosa lo diverte…l’uomo allunga la mano,
la tende verso di lei….
Si svegliò di soprassalto, ansante, il battito cardiaco
più veloce del normale. Si trovò seduta, affannata e confusa, il sonno d’un
tratto scomparso. Un incubo. Solo un incubo. Solo il solito incubo. Si portò
una mano sul viso, rendendosi conto di avere le guance bollenti e sudate.
Immagini, ombre confuse, ricordi spezzati…ma questa volta, più delle altre le
era sembrato tutto così concreto…così vicino…così reale…. Si alzò dal letto. Tremava leggermente, ma
era ancora accaldata dal sonno. Doveva essere ancora notte fonda; gli altri
dormivano profondamente. Un piccolo raggio di luna filtrava attraverso la
tendina semichiusa della finestra, accarezzando la sua chioma lucente e un po’ spettinata, una chioma di una
delicata sfumatura di rosa. Si sentiva perfettamente sveglia. Ansia,
agitazione. Le sarebbe stato impossibile riaddormentarsi. Decise, allora, di
scendere giù a fare una passeggiata in giardino, ormai ci aveva fatto
l’abitudine. In silenzio, per non svegliare i suoi compagni, si vestì e chiuse,
accompagnandola, la porta della sua camera. Premette il tasto di chiamata
dell’ascensore e attese per un po’, nella fioca luce del corridoio. L’ascensore
si aprì, e fu con una leggera sorpresa, che ne vide uscire un ragazzo. Un
ragazzo sui sedici anni, dai capelli rossi e gli occhi color del ghiaccio. Le
scivolò accanto, silenzioso, e sparì verso destra, lungo il corridoio deserto.
Lo seguì per un attimo con lo sguardo, mentre entrava nella cabina, finché la
porta elettrica non si chiuse. Aveva una strana sensazione. L’aveva già visto
da qualche parte. Mah…Si stropicciò gli occhi e guardò l’orologio all’interno
dell’ascensore. Le tre e trentacinque.
Domenica mattina. Il sole bagnava di caldo il giardino e faceva brillare le piccole gocce di rugiada sui fiori bianchi che crescevano un po’ ovunque. Sbatté le palpebre. Gli stessi fiori avevano assunto una sfumatura dorata un po’ più intensa, la rugiada era scomparsa. Un leggero soffio di vento le fece volare davanti agli occhi una ciocca di capelli castani; se la scostò e vide che i petali erano diventati di un bel color rosato e si erano chiusi. Sembrò che la giornata fosse volata via in un attimo. Priva di eventi significativi, mista all’agitazione e alle voci dei suoi amici che raccontavano ad Hitoshi i recenti avvenimenti insoliti, trasportate via da un vento leggero che spirava mitigando la sera. E altrettanto poco le sembrò passato, quando si coricò nel suo futon insieme ai suoi amici e osservava il cielo oramai blu scuro e cosparso di stelle da una piccola finestra.
La mattina dopo
- Sicuri che non volete che vi accompagni? -
- Sì, Hitoshi, grazie lo stesso. – Takao cercò di
sorridere al fratello, ma notò che la sua mascella era contratta
dall’agitazione. Comunque riuscì ad assumere un tono rassicurante.
- Sappiamo badare a noi stessi. -
- Fatevi valere. -
- Certo. -
Takao, Max, Rei, Kei, Daichi ed Hilary uscirono dalla
villa e si diressero verso la zona industriale di Tokyo, in periferia, dove
avrebbero avuto appuntamento con i blader anonimi.
Il grande giorno era finalmente arrivato, carico di un
nervosismo quasi palpabile. Del resto era in gioco la sorte dei loro bit-power
e di Kappa…o almeno questo era quello che loro credevano… Tutti e sei i ragazzi
sentivano una grande ansia in corpo, anche se ognuno la manifestava in un modo
diverso. L’unica cosa in comune era che nessuno aveva molta voglia di parlare,
cosi che gran parte del tragitto fu immerso in un silenzio quasi inquietante.
Takao e Max conducevano il gruppo, scambiandosi ogni tanto occhiate nervose, come
per rassicurarsi a vicenda. Kei era silenzioso come sempre, ma nel suo corpo,
anche se nascosto per bene, ribolliva quello strano nervosismo che tutti
ostentavano. Rei camminava a fianco al russo, immerso nei suoi pensieri, mentre
Daichi osservava fiacco la strada, gli occhi smeraldini ancora semichiusi dal
sonno. Si guardò intorno nervosa, stringendo ancora più forte la tasca destra
del sua giacca rossa. Aveva di nuovo quel brutto presentimento, come se fosse
stata lei la causa di tutta quella situazione. Sperò di non avere bisogno
dell’oggetto candido che teneva custodito gelosamente in tasca. Osservò
distratta la piccola chiazza aranciata che si stagliava in mezzo al buio
celeste, che stava a significare l’imminente sorgere del sole. Aveva paura. Non
sapeva perché. Era inutile ripetersi di star calma, che lui non avrebbe potuto
essere tornato così presto…eppure….No…se lo sentiva…poteva essere solo quello
il motivo di tutta quella sua agitazione…quando aveva addosso quella sensazione
spesso i suoi timori erano azzeccati…
- Ecco, siamo arrivati. – Pochi minuti dopo la voce
determinata di Takao la riscosse dai suoi pensieri. Il magazzino era vecchio e
logoro, aveva i muri anneriti dallo sporco e l’entrata principale piuttosto
danneggiata e con la porta di metallo arrugginito scardinata. Non dava segni di
presenza umana. Il vento freddo che rimbombava su di essa contribuiva a dare
alla scena un’aria estremamente inquietante.
- Entriamo. – Fu con lo stesso tono freddo che il capitano parlò di nuovo.
Il gruppo mosse qualche passo in avanti, avvicinandosi all’entrata, e si guardò
intorno, con un misto di curiosità e ansia. Takao scavalcò la porta rovinata,
seguito dagli altri, e si ritrovò all’interno di un grosso locale semibuio,
immerso nella penombra. I loro occhi non erano ancora abituati a quella poca
luce, ma per quello che riuscivano a vedere, c’erano delle grosse casse di
legno dappertutto e pezzi di metallo sparsi per il pavimento polveroso e, al
centro esatto del locale c’era…una piccola BeyArena. Ma non vi era traccia né
di Kappa, ne di blader misteriosi, né di nessun altro. Takao avanzò cautamente
di qualche passo verso l’arena. Una luce accecante illuminò di colpo la scena,
proveniente da un grosso faro sul pianerottolo di quello che, probabilmente,
era un piano superiore. I sei ragazzi si strinsero di colpo, abbagliati da
quell’ illuminazione improvvisa. - Bene! Vedo che siete finalmente arrivati! –
Due ombre, apparvero davanti a loro. – Chi siete?! - gridò Takao, arrabbiato, cercando di metterli a fuoco. Il faro
illuminò i due ragazzi, che sorridevano. Uno era di media altezza, con capelli
biondo cenere e dei muscoli da bradipo, l’altro un po’ più alto, con i capelli
rossi e delle lentiggini sul viso, che facevano uno strano effetto con i suoi
occhi antracite; entrambi dimostravano sui diciassette anni.
– Benvenuti, BladeBreakers! -
Il ragazzo con il berretto si fece avanti.
- Dov’è Kappa?! Liberatelo subito!! – chiese, minaccioso.
Il ghigno del biondino si allargò.
– Hey, calmino, Takao! Non ti hanno insegnato che per
ottenere qualcosa si domanda “per favore”? –
- Diteci subito dov’è! – gridò Takao, sempre più stizzito.
Estrasse Dragoon e il dispositivo di lancio, e altrettanto fecero Max, Rei, Kei
e Daichi. Hilary si nascose dietro tutti, spaventata. Tutti quanti puntarono i
loro caricatori verso il due ragazzi, che, invece non parvero per niente
intimoriti, anzi si scambiarono un’occhiata complice.
- Accidenti Mike, li hai visti, come sono decisi! Mi
tremano quasi le gambe! – li schernì il rosso, mentre il suo amico ridacchiava.
– Hai ragione, Jason! -
- Facciamo così. – proseguì Jason. - Se volete riavere
sano e salvo il vostro amico allora combattiamo!!-
- Bene, io sono pronto! – disse il ragazzo col cappellino
all’istante, avvicinandosi ancora di più all’arena. Non sapeva chi fossero quei
due, né che cosa avessero fatto al professore, ma non poteva assolutamente
permettergli di prendersi pure gioco di loro. – Cominciamo! – Si mise in
posizione. Ma fu con estrema sorpresa che notò ancora quel sorriso beffardo
sulle facce di loro avversari. – Che cosa c’è adesso?! – domandò, stringendo il
caricatore a più non posso.
- Non tu. -
- Che cosa “non tu”?! -
- Non vogliamo combattere contro di te, stupido! -
- che c’è hai paura? -
- assolutamente no, ma vorrei sfidare qualcun altro. -
- Allora ci sono io! – Daichi si fece avanti, spavaldo,
prima che Takao potesse rispondere.
Non appena lo videro, i due energumeni cominciarono a
sghignazzare. – Tu, piccoletto?! -
No, no non se ne parla proprio, non vogliamo farti del
male. – disse Mike.
- CHE COSA?! PICCOLETTO???!! IO VI STRANGOLO!!! -
- Daichi fermo!! -
Max e Rei trattennero Daichi appena in tempo, per
impedirgli di scagliarsi addosso ai due ragazzi. Che cosa voleva dire tutto
questo? Non volevano sfidarli per rubargli i bit-power?! Il piccolo selvaggio
scalciava e menava pugni a mezz’aria, facendo aumentare ancora di più il
divertimento di Mike e Jason.
- PICCOLETTO A CHI?!- gridava.
A quel punto perfino Kei cominciava ad innervosirsi. –
Sentite, o ci dite subito chi volete sfidare, oppure vi polverizzo entrambi con
il mio Dranzer!! -
- Oh, bravo Kei, tu sì che mi piaci. Questa sì che è una
domanda intelligente. Ti accontento subito. Noi vogliamo sfidare…lei. -
ed indicò un punto dietro al russo. Tutti si voltarono verso lì.
Hilary, lanciò un gemito, aveva tutti gli occhi puntati
addosso. Paralizzata. Si sentiva male. Quel dito puntato verso di lei, come una
pistola. Come facevano quei due a saperlo?! Rimase immobile, lo sguardo fisso
davanti a sé, gli occhi colmi di orrore. Non sapeva che fare.
-E piantatela con questa storia! Hilary non è una blader!!
– gridò Takao spazientito, voltandosi di nuovo verso i due avversari.
- Ah, davvero!? – rise Jason, gli occhi ridotti a fessure.
– Cosa vuol dire, piccola Hilary, non hai detto nulla ai
tuoi amichetti? -
- Dirci che cosa?! – il capitano, sempre più confuso
guardava ora Hilary ora i due blader e altrettanto facevano Max, Rei e Daichi.
Che diavolo stavano dicendo quei due?! Solamente Kei sembrava saperlo. Hilary
restò zitta, gli occhi le si stavano facendo lucidi, e fissavano il pavimento,
i pugni serrati. In fondo se lo sentiva, doveva essere pronta, preparata. Ma si
sentiva male lo stesso.
- Lo saprete presto, se la vostra amichetta accetterà la
nostra sfida, giusto Hilary?! -
Strinse ancora di più i pugni, cercando di trattenere le
lacrime, aveva una voglia matta di fuggire, di allontanarsi da tutti quegli
occhi che la fissavano insistenti, ma le gambe non rispondevano più ai suoi
comandi. Che diavolo gli avrebbe detto ora?!
- Allora?! Cosa fai, piccola? Hai intenzione di dire tutto
ai tuoi amici?! Guardali come sono curiosi!!-
Alzò gli occhi, guardò una ad una tutte quelle facce
curiose e perplesse, poi incrociò il suo bellissimo sguardo purpureo. Lui annuì
appena. Parve restituirle un po’ di coraggio.
Rassegnata, arresa, sconfitta dall’evidenza dei fatti.
- Accetto la sfida. – disse, con il tono di voce che lui
aveva già sentito, freddo e spietato, che non sembrava suo.
Quella sua risposta provocò una sorta di terremoto
silenzioso negli animi di tutti i blader, in particolare in quello di un certo
Takao.
- Ma…Hilary…che cosa significa?! – balbettò piano.
La ragazza gli passò davanti senza guardarlo, mentre diceva
freddamente:
- Significa semplicemente che io ho già usato il beyblade
prima d’ora. -
- Ma…- mormorò il ragazzo, restando immobile, gli occhi lucidi ed increduli, che cercavano
un sostegno in quelli dei suoi amici, shockati almeno quanto lui.
Assurdo, gli sembrava tutto così assurdo. Eppure…
- è così, Takao. Credimi. – disse la moretta con lo stesso
tono distaccato, fermandosi davanti all’arena. Non riusciva più a parlare. Era
di spalle a lei, incapace di voltarsi, gli occhi spalancati.
- Brava, Hilary, hai accettato. Bene, allora ci
divertiremo un bel po’. -
Non c’era altro da fare. Doveva combattere. Ed adesso era
costretta a dirgli la verità. E tutto per colpa di quei due blader sconosciuti.
Che cavolo volevano da lei? Ma
soprattutto
come si permettevano rivolgersi così senza nemmeno
conoscerla?
- Non credo che per voi sarà molto divertente. – li
punzecchiò, fredda, mentre estraeva dalla tasca un beyblade candido come la
neve, come il dispositivo di lancio, ultimo modello. Agganciò la trottola e si
mise in posizione. – Chi dei due devo sfidare? -
- io – Jason si fece prontamente avanti, tirando fuori un
beyblade arancione dalla tasca, e si avvicinò. Nel frattempo Mike si appoggiò
alla colonna, con una strana espressione di compiacimento. Takao guardò
interrogativo tutti i suoi amici. Nessuno, tranne Kei ci stava capendo nulla.
Erano troppo atterriti per parlare, mentre fissavano la ragazza e Jason in
posizione davanti al campo di gara.
- 3…2…1…PRONTI LANCIO!! -
Hilary tirò il caricatore con naturalezza, finalmente nel
modo corretto, imprimendo alla sua trottola una potenza quasi spaventosa. Jason
lanciò il suo bey con un ghigno sul volto, che però durò meno di un secondo. Ci
fu un schianto potente fra i due beyblade, un rumore secco, poi quello arancione
superò come un proiettile il suo proprietario e si andò a conficcare nel muro
dietro di lui. Prima che avesse potuto dargli anche un solo ordine era stato
sbalzato fuori dal campo. La ragazza sorrideva con aria di superiorità, mentre
la trottola color neve girava ancora intatta al centro dello stadio. Jason non
disse nulla, gli occhi spalancati e vitrei, mentre lasciava cadere ai suoi
piedi il dispositivo dallo shock. Era stato sconfitto in un batter d’occhio. Il
suo stupore, comunque, non era niente in confronto a quello di Takao e di tutti
i suoi amici, Kei compreso. Pazzesco. Nessuno di loro aveva mai visto un
beyblade così potente. La trottola bianca ritornò in mano ad Hilary;
quest’ultima pareva non si fosse accorta che tutti quanti nel locale la
fissavano a bocca aperta.
- Beh, mi pare che ho vinto, no? – disse strafottente al
rossino, che si era accasciato in ginocchio a terra. – Quindi dovrete dirci
dove si trova il professore. – proseguì, tranquilla. Tanto valeva umiliare fino
in fondo quegli sbruffoni.
Ma nessuno dei due ragazzi rispose. Si udì invece una
risatina provenire dal piano superiore. Dopodiché, prima che chiunque potesse
fare o dire qualcosa, un terzo ragazzo era sbucato dall’ombra e con un’elegante
capriola era atterrato davanti ai bladers.
- Salve, Hilary, ci si rivede! -
La ragazza sgranò gli occhi, e fece un passo indietro dallo spavento. Adesso nemmeno lei ci stava capendo qualcosa di tutto quel casino. Che ci fa qui?
- …Tu…?! – domandò confusa.
- Eh, già. Come è piccolo il mondo, vero?! O forse ti sei già dimenticata che avevamo un conto in sospeso? -
Il ragazzo si avvicinò a Jason e Mike, sovrastando in altezza entrambi. Aveva folti capelli castani e occhi dello stesso colore.
In mezzo alla completa incapacità di trovare un nesso logico in tutto quello che stava accadendo Takao ebbe la strana sensazione di aver già visto quegli occhi da qualche parte.
- Che cavolo vuoi da me? Non sarai ancora fissato con quella ridicola storia?! – domandò Hilary turbata e sconvolta insieme, stringendo il suo beyblade spasmodicamente.
- Invece sì, cara mia. – rispose il ragazzo con un sorriso amabile.
- Bene, se vuoi combattere allora facciamolo subito! – gridò Hilary.
- Eh, no! – disse lui calmo. – Troppo facile, combattere ora. No, no la vedremo al torneo mondiale, sistemeremo tutto lì. -
- Torneo mondiale? – La moretta lo guardò con un tanto d’occhi. – Parteciperete anche voi?
- Proprio così. -
Qualcosa non tornava lo stesso. - Ma voi come fate a sapere che…-
- Aspetta un attimo – Takao intervenne bruscamente nella discussione. – Siete stati voi ad iscrivere Hilary! Non è forse così?-
- Ma bravo, come siamo perspicaci, Takao. – gli rispose con aria di superiorità.
- E perché lo avreste fatto? – chiese con rabbia il capitano dei BladeBreakers.
Il sorriso gli si allargò. – Lo vedrete molto presto. L’incontro di oggi non significava nulla per noi. Volevamo soltanto verificare la bravura di Hilary come blader , anzi se dobbiamo essere sinceri non sei mica male, piccola! –
- Smetti di prendermi in giro e libera subito il nostro amico. -
Mike e Jason scoppiarono in una risata scimmiesca, ma il moretto si limitò a sparire dietro una porta metallica alle sue spalle, per riapparirne un attimo dopo con il professore fra le sue braccia. Questi era imbavagliato e aveva un sinistro colorito bluastro. Era svenuto. Lo posò a terra davanti a lui.
– Professore…! – gemettero Hilary e Takao, precipitandosi verso di lui, insieme agli altri.
Il ragazzo dai capelli castani, invece, si allontanò dal corpo di Kappa.
- Come potete vedere sono un uomo di parola.- disse, pacato. Poi si diresse verso la porta che dava sull’esterno, quella da cui erano entrati i BladeBreakers; questi ultimi ancora troppo atterriti per parlare. Il rossino e Mike lo seguirono all’istante, sotto gli sguardi dei presenti. Prima di varcare la soglia, il moretto si voltò verso Hilary e disse: - Ci vediamo al torneo allora, piccola.- dopodiché i tre ragazzi uscirono, lasciando i BladeBreakers soli nella più immensa perplessità. La moretta lo seguì con lo sguardo, gli occhi nuovamente lucidi.
– Ryo…- sussurrò.
Sentiva numerosi occhi puntati sulla sua nuca. Si voltò. Takao, Max, Rei e Daichi la fissavano con un misto rimprovero e incredulità. Kei, invece, si era appoggiato al muro, lo sguardo fisso verso terra. Del resto lui era l’unico che sapeva la verità.
- Potresti spiegarci che cazzo succede?! –
Le girava la testa. Perché adesso si ritrovava in quell’assurda situazione? Non rispose al capitano; si alzò e prese sulle spalle Kappa, sotto gli sguardi stupiti di tutti. Cominciò a camminare verso l’uscita. Gli altri la seguirono pian piano, ancora scioccati, tranne uno.
- Hilary. – La sua voce questa volta era diversa, preoccupata, ansiosa. Si fermò quando Takao ebbe chiamato il suo nome. – Chi era quel ragazzo? -
Sospirò. Gli costava perfino rispondere a quella domanda. Si voltò lentamente verso di lui.
– Vuoi sapere chi è quel ragazzo? -
Takao annuì. La stava fissando intensamente e, all’improvviso, capì perché aveva l’impressione di aver già visto gli occhi di quel ragazzo. Erano identici agli occhi di Hilary.
- È mio fratello. -
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Allora, come avrete sicuramente capito, nel prossimo capitolo sapremo tutta la verità sul passato di Hilary. Così si conclude il prologo di questa fanfiction, che ho deciso di dividere in due parti separate. Dalla prossima, infatti, cominceranno tutti gli avvenimenti legati al campionato del mondo e alla serie g-revolution. X ora un grazie ENORME a tutti quelli che hanno commentato fino ad adesso^^!! VV1KDB ^*******^
Vi lascio con un nuovi misteri: a chi appartiene quell’incubo notturno? E sarà davvero solo un incubo? Cosa vorrà Ryo da Hilary? Beh, x saperlo continuate a seguire questa storia^^!!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto^’! Commentate!!!