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Autore: Astry_1971    04/11/2014    1 recensioni
Aveva fantasticato sulle sue città popolose, le ricche foreste e le enormi distese d’acqua, illuminate dalla gigantesca sfera di fuoco che volava nel cielo. Aveva cercato di immaginare il colore azzurro dell’immensa cupola che proteggeva quel mondo e che diventava nera e punteggiata di piccole fiaccole quando il sole si nascondeva dietro le montagne. Aveva sognato di vedere gli animali con le ali che galleggiavano tra la terra e il cielo. Non solo lui, tutti avevano fatto quel sogno, almeno una volta, ed ora il sogno stava per realizzarsi.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 14

Un gruppo di uomini e donne era riunito nell’ambiente circolare, una specie di cisterna, ma con più di un apertura. Vari ingressi, più simili a crepacci che a vere e proprie porte, ne ferivano le pareti altrimenti levigate e lucide quasi la pietra fosse stata rifinita da uno scultore.
Kore continuava a guardarsi attorno, Marietta le aveva spiegato che quello era un luogo nascosto e sicuro usato spesso dai ribelli per riunirsi; era raggiungibile solo percorrendo chilometri di gallerie, e la maggior parte degli uomini che lavoravano alle cave non ne conoscevano l’esistenza. Era lontano dalle zone frequentate dai minatori e l’ingresso era ben nascosto nella parte più profonda delle miniere. Nessuno ci si avventurava, tranne, appunto, i ribelli. Kore aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo: aveva sempre temuto i luoghi chiusi, inoltre l’aver saputo da Marietta che gli schiavi evitavano quei cunicoli proprio per la loro pericolosità, non aveva certo aiutato a farla sentire meglio.
Aveva continuato a guardarsi intorno, camminando in punta di piedi e stando ben attenta a non appoggiarsi alle pareti, come se il solo sfiorarle potesse causarne il crollo.
Per tutto il tragitto era rimasta praticamente incollata alla schiena di Marietta che, al contrario di lei, sembrava trovarsi pienamente a suo agio in quel luogo.
In certi punti le pareti delle gallerie si allargavano formando delle voragini ai lati del percorso che, al contrario, si faceva più sottile snodandosi nel centro come una lingua sospesa nel vuoto, oppure, appoggiandosi ad una delle pareti come una cornice.
Forse un terremoto, o le correnti di un antico fiume sotterraneo, avevano portato via il resto della strada, lasciando solo dei piccoli nastri rocciosi a fungere da percorso. A Kore ricordavano una sorta di monorotaia, come quelle dei Lunapark. Ripensò a quando, con suo padre, era salita su uno di quei trenini che si gettavano a tutta velocità nelle gallerie, e si sentì terribilmente sola.
Nessuno aveva portato con sé lampade o torce, non era stato necessario; la luce, che rischiarava il mondo sotterraneo, penetrava fin nei cunicoli e lì la polvere delle pietre magiche la rifletteva illuminando le gallerie. Pareva di trovarsi immersi in un liquido luminescente.
Una volta giunti nel luogo scelto per l’appuntamento, attesero per più di tre ore, in silenzio, con i volti tesi e gli occhi rivolti verso l’alto a fissare una stretta botola chiusa da un portello metallico. La luce verde li rendeva simili a spettri; i fantasmi di un incubo che Kore si augurò finisse al più presto.
Un sussulto, come un onda, li scosse quando il portello venne sollevato e il volto sorridente di Ranuccio fece capolino dall’apertura. Due degli uomini più robusti afferrarono una scala, che era appoggiata in un angolo, e l’accostarono alla botola. Ranuccio scese seguito da Guglielmo, ma l’attenzione di tutti si concentrò sull’uomo dietro di lui; decine di occhi seguirono Amauròs mentre veniva aiutato a scendere.
Il mago fu subito attorniato dagli schiavi; erano tutti in attesa di una sua parola.
Lui sollevò il mento e mosse il capo come se volesse abbracciare con lo sguardo tutti i presenti; uno sguardo vuoto e immobile che, però, costrinse molti ad abbassare gli occhi.
Iniziò a parlare e la sua voce era simile ad un basso ringhio che fece rabbrividire gli uomini che lo avevano avvicinato.
“Immagino che Giona non si sia affatto perso.” disse e poi attese, come a voler assaporare gli istanti di totale silenzio che fecero seguito alle sue parole. Lo stesso tempo che servì ad Ivetta per rendersi conto di cosa volesse dire quella frase. In quei pochi secondi tutto parve fermarsi, Kore si chiese se il cuore di Ivetta si fosse arrestato assieme ai suoi singhiozzi. Poi la giovane madre si sporse dalla botola e, finalmente, un grido d’esultanza squarciò il silenzio: quello del suo bambino che le stava andando incontro a braccia aperte. Ivetta saltò giù dalla scala con tale foga che per poco non travolse il mago e, abbracciando suo figlio, iniziò a mugolare e a piangere, mentre gli scompigliava i capelli, lo baciava e gli accarezzava il volto; sembrava volersi assicurare di non avere di fronte un fantasma.
Poi la voce di Guglielmo squillò forte e sicura. “No! Giona è sempre stato qui.” e, guardando Ivetta, “Mi dispiace, ma dovevamo far credere a tutti che fosse successo qualcosa di grave, altrimenti la sua improvvisa visita alle gallerie avrebbe destato troppe domande.” concluse accennando al mago cieco.
Amauròs era livido in volto, ma sollevò il mento sfidando l’altro con le sue iridi spente.
Guglielmo gli si avvicinò, tanto che il mago poté sentire sul viso il calore del suo alito maleodorante.
“Dovresti essere contento.” lo schernì. “Ora tutti ti crederanno il salvatore del piccolo Giona… Tutti, tranne i presenti, naturalmente.” scoppiò a ridere, “Applaudite l’eroe!” disse con enfasi, alzando le braccia.
“Sarai soddisfatto di essere riuscito a trascinarmi in questo buco, Guglielmo. Sono stato davvero uno sciocco, lo ammetto, anzi, dovrei dire che sono stato totalmente cieco a non riconoscere la tua trappola.” Sul volto pallido del mago si disegnò un sorriso cattivo.
“Già, forse il tuo affetto per Giona ti ha fatto dimenticare la prudenza ma non ti abbiamo voluto qui per farti del male. Siamo brava gente… noi!” disse enfatizzando il ‘noi’ .“Dovresti saperlo.” seguitò a provocarlo il capo dei ribelli, poi si rivolse direttamente agli uomini e le donne che aveva di fronte.
“I Discendenti vogliono impedirci di vedere il sole. Ci hanno tenuti per anni in schiavitù, hanno costretto voi,” indicò Marietta, Kore e altri che stavano vicino a loro. “Venuti dal mondo esterno, a lavorare nelle cave, e chiunque abbia tentato di aiutarvi è stato ucciso o condotto qui a lavorare. Abbiamo sognato in segreto la liberazione, per anni, per secoli; abbiamo strappato ai Segugi i figli del sole impedendogli di dimenticare le loro origini. Ma non abbiamo mai costituito un vero pericolo per i nostri padroni. Siamo stati tollerati perché continuavamo a fornir loro la pietra che gli ha permesso di sopravvivere. Il consiglio sapeva dei nostri incontri segreti, e sapeva della presenza di Figli del Sole liberi fra noi! Ma ora qualcosa è cambiato, ora ci temono, e temono soprattutto quest’uomo,” la sua mano corse ad indicare il mago, che intanto si era appoggiato alla parete, “E lo temono perché sanno che lui conosce la strada per il mondo della luce.”
Un grido d’esultanza rimbombò nella stanza.
“Ora sanno che per noi è giunto il momento della liberazione…”
Un rumore improvviso lo interruppe.
Amauròs aveva fatto rotolare alcune pietre che erano ammucchiate, su una sporgenza della parete, proprio accanto alla sua mano. L’espressione del suo viso era così eloquente che nessuno, nemmeno per un attimo, poté dubitare che non le avesse spinte volontariamente e lui, fatto qualche passo in avanti, prese la parola.
“Il vostro capo ha ragione, il consiglio teme che io possa condurvi alla porta…” di nuovo i suoi occhi individuarono uno ad uno i presenti, come se potessero vederli realmente. “Ma non è così!”
La sua ultima affermazione giunse come uno schiaffo.
Guglielmo si voltò di scatto.
“Non puoi stare dalla loro parte dopo quello che ti hanno fatto.” abbaiò.
“Io sto dalla parte di me stesso. Non ho mai detto che vi avrei aiutato. E se non fosse stato per la vostra follia, ora non sarei qui.”
“Come puoi condannarci a vivere sepolti, proprio tu che hai visto il sole.” Marietta lo fissava con gli occhi colmi di lacrime.
Amauròs scosse il capo.
“Io non ho mai visto il sole. Avete creduto a delle menzogne. E’ vero, ho tentato, ma ho fallito.” fece un passo indietro appoggiandosi alla parete. “E non ci riproverò.” scandì.
“Oh, sì, ci riproverai eccome.” Freda, che era rimasta in silenzio ed in disparte fino ad allora. Quando parlò gli uomini che erano davanti a lei si fecero da parte formando un corridoio. La vecchia maga avanzò appoggiandosi ad un bastone, fino ad arrivare ad un palmo da Amauròs; lo scrutò dal basso, muovendo il capo come uno strano uccello.
Poi si rivolse anch’essa agli astanti.
“Lui sarà la nostra guida, perché la profezia dice che lo sarà: il buio è la guida,
alla porta conduce la figlia perduta
.”
Fissò di nuovo l’altro.
“Riconosci queste parole, mago?” Le sue labbra assunsero una piega cattiva, mentre Ranuccio, che era proprio dietro di lei, soffocò un gemito e fece alcuni passi indietro. Kore lo seguì con lo sguardo incuriosita da quella reazione, poi tornò a rivolgere la sua attenzione alla vecchia maga.
“Entrambi sappiamo che la leggenda parla di un uomo cieco.” continuò Freda, poi in una risata gracchiante, “Ed io non vedo altri ciechi qui.”
“Il mondo è grande, vecchia!” rispose lui, senza scomporsi.
“Oh sì, il mondo è molto grande, ma quante possibilità ci sono che un cieco e la figlia perduta si trovino nello stesso luogo nel medesimo momento?”
Amauròs s’irrigidì, mentre gli altri fissarono la strega con curiosità, e la mano avvizzita di Freda corse ad indicare la ragazza accanto a Marietta.
“Kore” gridò, “E' lei la donna di cui parla la profezia. Colei che porta il nome di una fanciulla mitologica, la figlia di Demetra, rapita alla luce. La figlia perduta è arrivata fra noi, il tempo è giunto.”
“Non potete costringermi.” affermò deciso Amauròs, ma il braccio muscoloso di Guglielmo l’afferrò alla gola.
“Davvero?” ringhiò il capo dei ribelli.
Gli occhi neri e vuoti del mago allora si rivoltarono all’indietro, mentre le palpebre si spalancarono evidenziandone il bianco. L’uomo che lo stringeva ebbe appena il tempo di notare il cambiamento che si ritrovò catapultato contro la parete opposta.
Un crepitio sinistro risuonò nella grotta, le rocce intorno a loro sembrarono sul punto di sbriciolarsi. Kore fu costretta a portarsi le mani alle orecchie perché aveva l’impressione che un ago le avesse perforato i timpani[,] come se, per un istante, qualcosa avesse risucchiato completamente l’aria all’interno del locale per poi riempirlo di nuovo.
Guglielmo scattò in piedi furioso, ma la voce aspra di Freda frenò il suo istinto di gettarsi nuovamente contro il suo rivale.
“Ora basta!” strepitò la vecchia donna. “Il mago sarà la nostra guida o non rivedrà il suo servo.”
Marietta e Kore si scambiarono uno sguardo preoccupato.
Il volto del mago divenne, se possibile, ancora più pallido.
“Te la prendi con i vecchi, ora, Guglielmo?” soffiò Amauròs.
“Ma Freda, Guglielmo, non vorrete tenere un uomo in ostaggio?” mormorò Marietta.
“Se servirà a farci uscire da questo posto, lo farò eccome.” dichiarò Guglielmo.
“Sei solo uno sciocco. Anche se volessi, non potrei trovare la vostra preziosa porta senza il mio servitore, i suoi occhi sono i miei occhi. Io…” esitò, chinando il capo “Io non posso… Gli antichi scritti, non posso leggerli.” ammise.
“Io so leggere.” si fece avanti Ranuccio.
Decine di sguardi si rivolsero speranzosi al giovane.
“Sai leggere? Saresti in grado di leggere le parole divine, la lingua dei faraoni, il greco, persino la lingua dell’antica Babilonia?” lo provocò, Amauròs.
“Io… Sì, Freda mi ha insegnato.” rispose l’altro con una voce che mostrava più sicurezza di quanto ne apparisse dipinta sul suo volto.
Kore, che era vicino a lui, lo guardò con la bocca spalancata; Ranuccio alzò le spalle:
“Beh, mi sta insegnando, insomma…” le sussurrò all’orecchio.
“Il ragazzo è sveglio e il talento non va sprecato, non trovi, cieco?” aggiunse Freda.
Amauròs si morse il labbro: quella donna era davvero determinata ad umiliarlo.
“E’ deciso: Ranuccio sarà il tuo nuovo servitore.” sentenziò la vecchia. “Non desterà sospetti e non attirerà i segugi essendo un mezzosangue,” si avvicinò all’altro e piegò la testa di lato scrutandolo da sotto il suo naso. “E, anche se qualcuno dovesse interessarsi alla sua presenza nella tua casa, non ti sarà difficile convincerli di aver avuto bisogno di un servitore giovane e forte.” ghignò.
Amauros restò immobile, rigido, pareva aver smesso persino di respirare. Kore immaginò, per un attimo, che fosse sul punto di lanciare una magia che avrebbe incenerito Freda e tutti loro, ma non accadde nulla.
Il capo dei ribelli fece qualche passo avanti, posizionandosi tra Amauròs e la sua gente. “Dite alle vostre mogli e ai vostri figli di prepararsi,” ordinò, rivolgendosi agli schiavi. “Presto lasceremo per sempre questa cava. Il mago ci guiderà.” Le sue parole suonarono definitive e, lentamente, tutti si allontanarono infilando uno stretto passaggio che portava verso l’uscita.
Kore rivolse uno sguardo incerto all’uomo cieco che continuava a restarsene immobile come una colonna di marmo; non poté fare a meno di chiedersi cosa provasse in quel momento. Diego era uno schiavo, eppure Freda doveva aver capito che tra Amauròs e il vecchio esisteva un legame molto forte. La determinazione della maga le aveva ridato speranza: voleva tornare a casa, non importava a quale prezzo, eppure si sentiva in colpa. Forse quello era davvero un prezzo troppo alto.
Persa nei suoi pensieri non si era accorta che tutti gli altri se n’erano già andati. Tutti tranne Ranuccio che, invece, si era avvicinato ad Amauròs sussurrandogli qualcosa che Kore non riuscì a sentire. Ma, qualunque cosa gli avesse detto, non doveva essere una gentilezza: Amauròs reagì spintonandolo fin quasi a farlo cadere all’indietro. “Sta lontano da me!” ruggì. Ma Ranuccio rise e, dopo averlo fissato per un po’ senza parlare, abbozzò un goffo inchino. “Bene, tornaci da solo a Lapidia, ti raggiungerò là, Padrone!” sputò con voce aspra e si diresse verso la scala.
Lo sguardo preoccupato di Kore si spostò alternativamente da uno all’altro. Ranuccio aveva forse intenzione di lasciarlo in quella grotta finché non avesse accettato di guidarli ? O Forse Amauròs non aveva bisogno di aiuto per uscire da lì. In fondo era un mago e avrebbe dovuto diventare la loro guida, una cosa quanto mai assurda trattandosi di un cieco, ma quella gente sembrava convinta del contrario.
Ranuccio, intanto, si era arrampicato sulla scala ed era già fuori dalla botola assieme a Guglielmo, Marietta e una decina di altre persone. Alcuni invece erano usciti dalle varie aperture sulle pareti. Marietta le aveva spiegato che, oltre a quella che avevano usato loro, c’erano decine di altre gallerie per giungere in quel luogo; era molto pratico poterci arrivare percorrendo vie diverse in modo da non destare sospetti.
Kore si avvicinò ad Amauròs, e protese il braccio verso di lui.
“Si appoggi a me.” disse.
Lui sollevò appena una mano, ma poi si ritrasse nuovamente, quasi con rabbia.
“La figlia di Demetra, la donna che ci salverà tutti.” soffiò, “Porterai solo distruzione e morte nel nostro mondo.”
Kore abbassò il braccio.
“Io voglio solo tornare a casa mia.” pigolò.
“Lo so!” la voce profonda del mago pareva un vento gelido. Poi, senza aggiungere altro, portò il palmo della mano alla parete; la sfiorò appena e continuò finché la pietra non lo condusse alla scala. Vi si arrampicò trovandosi di nuovo nella galleria. Kore salì immediatamente dopo di lui e riprese a seguirlo con lo sguardo. Di fronte ad Amauròs c’era uno stretto passaggio, che si allargava all’improvviso, aprendosi in profondi crepacci. Bisognava passare molto vicini alla parete per non precipitare nel vuoto. Ma lui lo sapeva?
Poco più avanti c’era Ranuccio, anche lui in attesa di vedere cosa avrebbe fatto il mago, ma non c’era preoccupazione nei suoi occhi, quanto piuttosto l’eccitazione di chi sta per assistere ad uno spettacolo. La ragazza rabbrividì. Amauròs camminò con lentezza, sfiorando il basso soffitto con le dita, ma non era sufficientemente vicino alla parete; i suoi piedi scalpicciavano a pochi centimetri dal baratro, finché il pietrisco sotto i suoi calzari scivolò precipitando nel crepaccio. Dal rumore il mago si rese conto di trovarsi sul ciglio di un burrone e si gettò con le spalle alla parete. La risata di Ranuccio rimbombò nella galleria, mentre Kore sentì montare la rabbia. Non sapeva perché ma il mago le piaceva. Ne era rimasta affascinata dalla prima volta che l’aveva incontrato alla cava. Si avvicinò e, senza dire niente, gli prese la mano accompagnandola alla sua spalla; l’altro, questa volta, la lasciò fare rassegnato.
Insieme raggiunsero l’esterno delle gallerie. Lì furono accolti da un gran frastuono: Guglielmo, uscito per primo, doveva aver annunciato a tutti il ritrovamento di Giona.
Kore si voltò a guardare l’uomo che accompagnava; Amauròs era livido in volto. Quando alcune donne gli si avvicinarono, gettandosi ai suoi piedi e piagnucolando parole di ringraziamento, lui le scansò bruscamente; poi si rivolse alla sua guida strattonandola: “Portami all’ingresso della città, muoviti!” ordinò.
Kore lo fece. Una volta arrivati ai piedi della scalinata, lo lasciò e lì Amauròs poté proseguire da solo. Ranuccio intanto li aveva seguiti e trotterellò allegro dietro il suo involontario padrone, senza però tentare di aiutarlo in nessun modo.
Kore rimase a guardarli finché entrambi sparirono oltre la prima rampa di scale.
  
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