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Autore: fra_piano for ever    04/11/2014    4 recensioni
La vita a volte può essere complicata e particolarmente difficile. Questo i ragazzi dello Studio On Beat lo sanno bene perchè ciascuno di loro quotidianamente si confronta con una realtà più o meno dura e la affronta nel modo che ritiene più giusto. Quest'anno, però, sembrano tutti intenzionati a raddrizzare un po' le cose e a migliorare la propria situazione. Piano piano i protagonisti impareranno a leggere tra le righe del cuore e comprenderanno che, nascosti nel profondo, tra disperazione e dolore, si trovano ancora amore e speranza.
Pairings: Leonetta, Pangie, Diemilla e altri
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nonostante fosse ormai Novembre inoltrato, il sole brillava alto nel cielo, rallegrando con la sua luce abbagliante quella che si preannunciava una splendida giornata. Ludmilla sorrideva felice: quel giorno tutto sembrava essere a suo favore, tempo compreso. A breve, infatti, Diego sarebbe passato a prenderla per fare una passeggiata insieme, come si erano accordati qualche giorno prima quando lei era venuto a cercarla allo Studio. La Ferro non poteva essere più contenta: uscire da quella casa e distrarsi un po' non poteva farle che bene dopo tutto il duro lavoro a cui era stata sottoposta durante la settimana a causa dell'eccessiva severità di suo padre. Ormai i ritmi a cui quell'uomo la sottoponeva erano sempre piú estenuanti e lei faceva molta fatica per sopportarli.
“Ludmilla!” Un grido interruppe il filo dei suoi pensieri, portandola a voltarsi verso destra, la irezione da cui proveniva quella voce. Diego, a pochi metri di distanza da lei, correva a tutta velocità, avvicinandosi sempre più. “Eccomi, scusa il ritardo. È molto che mi aspetti?” domandò il moro, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. “No, tranquillo. Allora andiamo?” chiese Ludmilla con un sorriso felice stampato sul volto. Diego fece un cenno di assenso con la testa e la prese sottobraccio, incamminandosi con lei verso il centro della città. “Come diamine sei riuscita a convincere tuo padre a lasciarti uscire con me?” Il giovane Ramirez non riuscì a trattenere la sua curiosità e le porse quella domanda a bruciapelo. “Non l'ho affatto convinto: lui non sa niente, è fuori casa tutta mattina con un amico.” spiegò la Ferro. “Ah, ora capisco! Mi sembrava strano che ti avesse dato il permesso di vedermi.” disse il moro, che non poteva evitare di sentire un astio sempre maggiore nei confronti di quell'uomo. Insomma, il signor Ferro aveva per figlia una ragazza splendida, tanto fragile e dolce e la trattava in una maniera assurda, controllandola costantemente e esigendo da lei la perfezione in tutto ciò che faceva. Prima o poi avrebbe scambiato due chiacchiere con quell'uomo e gli avrebbe fatto capire quanto fosse sbagliato il suo comportamento. “E tua madre approva il fatto che tu esca con me?” domandò il giovane Ramirez, curioso di sapere di più su quella donna di cui ancora non aveva sentito parlare. “A lei non interessa molto quello che faccio o non faccio... Dice che ormai ho l'età per badare a me stessa. Se mio padre è fin troppo presente, lei è tutto il contrario: non è quasi mai in casa e non mi calcola neppure...” mormorò rattristata la ragazza, mentre i suoi occhi scuri si facevano leggermente lucidi. “Hey! Non voglio vederti triste: goditi questa passeggiata e, almeno per questa mattina, dimentica tuo padre, tua madre e tutti i tuoi problemi.” le sussurrò dolcemente il bruno, accarezzandole con delicatezza una guancia. “Va bene.” acconsentì la bionda, tornando a sorridere radiosa. Era incredibile l'effetto che Diego aveva su di lei: anche quando si sentiva estremamente triste e giù di morale, il giovane Ramirez, con la sua sola presenza, riusciva a ridarle la felicità. “Ora sai tutto della mia famiglia... Parlami un po' di te, invece.” Un'ombra di tristezza velò il volto del ragazzo. Cosa poteva raccontare alla Ferro? Non vedeva i suoi genitori da anni e di loro non aveva che un vago ricordo... L'unica cosa che sapeva per certo era che gli odiava a morte per tutto il dolore che avevano causato a lui e a sua sorella. Dopotutto la sua famiglia e quella di Ludmilla erano molto simili: ad entrambe non importava affatto della loro felicità e al contrario, in un modo o nell'altro, li facevano soffrire. “La verità è che non c'è tanto da dire...” Diego restò sul vago, sperando che il discorso finisse lì, ma Ludmilla non aveva alcuna intenzione di lasciar cadere così la conversazione. “Avanti: avrai per forza una famiglia! Parlamene un po'.” mormorò la Ferro, posando timidamente una mano sulla spalla del giovane Ramirez. “Sempre se ti va, ovviamente...” aggiunse subito dopo. Il moro prese un profondo respiro, mentre un'aria nervosa si faceva largo sul suo volto. Non era esattamente entusiasta di parlare delle persone che più detestava, ma, forse, raccontare tutto a Ludmilla gli avrebbe fatto bene. Non aveva mai parlato della sua situazione famigliare con qualcuno, fatta eccezione per suo zio Gregorio, e aveva sempre accumulato dentro di sè tutta la rabbia, la frustrazione e il dolore. Ora però sentiva di stare per esplodere, avvertiva il bisogno di sfogarsi con qualcuno e la Ferro gli stava offrendo quella possibilità su un piatto d'argento. Perchè allora non cogliere al volo quell'occasione e parlare con lei dei suoi genitori? “Tra me e i miei non c'è mai stato un buon rapporto, loro sono solo degli scansafatiche che non hanno mai avuto voglia di occuparsi seriamente della loro famiglia. La situazione è precipitata quando io ho compiuto cinque anni: loro non avevano mai avuto un lavoro fisso e in quel periodo si trovavano in gravi difficoltà economiche, così hanno organizzato una rapina a una banca. Però gli è andata male...” Diego si interruppe, risucchiato dal vortice dei ricordi, che avevano causato in lui una miriade di pensieri contrastanti. “Li hanno presi?” domandò la Ferro, riportandolo alla realtà. “Sì, ma non è questo il problema più grave... Se tutto fosse finito lì sarebbero rimasti in carcere per un po' e poi sarebbero potuti tornare a casa, ma è andata diversamente: mio padre, sentendo arrivare la polizia, si è spaventato e ha sparato un colpo. Uno degli impiegati della banca è stato ferito gravemente e dopo pochi giorni è morto.” spiegò il ragazzo, mentre i suoi occhi castani, in cui risaltavano alcune sfumature verdastre, si riempirono di lacrime, che iniziarono a rotolargli giù per le guance. Ludmilla lo guardò stupita: Diego le era sempre sembrato un ragazzo forte, capace di resistere al dolore e alle avversità della vita e mai e poi mai si sarebbe aspettata di vederlo piangere. Tuttavia il giovane Ramirez l'aveva consolata più volte ed era stato al suo fianco quando ne aveva avuto bisogno senza neanche conoscerla e adesso Ludmilla sentiva di dover fare altrettanto. Perciò, dopo un primo istante di sorpresa per aver visto il ragazzo in lacrime, gli gettò le esili braccia al collo, stringendolo forte a sè. Diego si lasciò avvolgere dal calore di quell'abbraccio e si beò del delicato profumo della ragazza, che gli invadeva le narici. “Sh! Tranquillo, non piangere: ci sono io qui con te.” gli sussurrò in un orecchio la Ferro, sperando che il suo pianto si arrestasse. Evidentemente le sue preghiere furono esaudite, perchè dopo un paio di minuti i singhiozzi iniziarono a diminuire sempre di più, fino a cessare del tutto. “Scusami, non avrei mai dovuto chiederti di parlare di qualcosa di cosi personale. Non immaginavo che la tua infanzia potesse essere stata così dura per te. Se avessi saputo...” Diego la interruppe con un un cenno della mano. “Non è colpa tua se mi sono messo a piangere, tu non hai fatto niente di male. Gli unici colpevoli sono i miei genitori. Tu non puoi immaginare quanto io li odi: è un cosa terribile sapere che tuo padre è un assassino e che tua madre è stata sua complice, te lo posso assicurare.” mormorò disgustato il giovane, ravvivandosi i capelli corvini con un movimento nervoso della mano. Sfogarsi con Ludmilla gli aveva fatto decisamente bene, ma, allo stesso tempo, aveva riaperto vecchie ferite che non si erano mai rimarginate del tutto. “Già... Immagino che per te non sia stato facile andare avanti...” La Ferro sentì un nodo stringerle la gola al solo pensiero di tutto quello che Diego doveva aver passato a causa dei suoi genitori. “Infatti... Ma non importa. L'unica cosa che adesso per me conta davvero è ritrovare mia sorella.” affermò il moro, con un sguardo speranzoso sul volto. “Ah, mi ricordo! Mi aveva accennato di lei la prima volta che ci siamo incontrati!” esclamo la bionda, che aveva sempre avuto un'ottima memoria. “Esatto! È da moltissimo che non la vedo: quando i miei genitori sono stai arrestati, lei è stata adottata, mentre io no...” spiegò Il giovane Ramirez, rimanendo sorpreso da sè stesso. Quando aveva raccontato a Ludmilla dei suoi genitori mai avrebbe immaginato di poter arrivare fino a quel punto, raccontandole addirittura di sua sorella minore. “Sono convinta che la ritroverai.” affermò decisa la Ferro, sfiorandogli la guancia destra in una carezza quasi inesistente. A quelle parole un sorriso sorse spontaneo sul viso di Diego, illuminandolo di una gioia sincera. Ludmilla lo capiva al volo, come sapeva fare solo suo zio Gregorio e questa consapevolezza gli donava una sensazione di serenità. Si sentiva così bene al fianco della Ferro che avrebbe desiderato di non separarsi mai da lei. “Sei unica: riesci a capirmi come nessun'altro. E questo mi fa bene, terribilmente bene.” soffiò il moro, guardandola dritto negli occhi. “Per me è lo stesso.” sussurrò timidamente la Ferro, abbassando lo sguardo imbarazzata. Il giovane Ramirez le sollevò il mento, poi, con estrema lentezza, avvicinò il suo volto a quello della ragazza e, con fare titubante, sfiorò le labbra di Ludmilla in un bacio delicato, quasi impercettibile. La Ferro pensò che il suo cuore sarebbe potuto esplodere dalla felicità tanto furono forti le emozioni che provò durante quel lieve contatto. Avrebbe voluto che durasse per sempre, invece fu solo un istante e troppo presto Diego si staccò da lei, allontanando leggermente il volto dal suo per poterla osservare meglio. Subito il moro notò la contentezza che traspariva dagli occhi scuri della Ferro e sorrise rasserenato. Fino all'ultimo aveva esitato, temendo di star facendo una schiocchezza e di star correndo troppo, ma adesso, in quelle iridi castante che aveva davanti leggeva lo stesso profondo sentimento che provava lui e questo lo rassicurò. “Sono innamorato di te. Lo so che forse può sembrarti un'affermazione un po' affrettata, ma ti posso assicurare che mai, in tutta la mia vita, mi sono sentito così sicuro di qualcosa. Ti amo e farei qualsiasi cosa per dimostrartelo.” dichiarò con decisione il giovane, guardandola con occhi sognanti. Ludmilla appoggiò la fronte alla sua, continuando a sorridere radiosa e prendendo ad accarezzargli con dolcezza una guancia. Era come se, in un solo colpo, tutti i suoi desideri più grandi si fossero avverati: Diego era un ragazzo fantastico e, nonostante non fosse passato molto tempomda quando lo aveva conosciuto, sentiva già di provare qualcosa di molto forte nei suoi confronti. “Anche io sono innamorata di te: è solo stando al tuo fianco che sento di poter essere tranquilla.” sussurò la ragazza, accoccolandosi contro il suo petto. Ed era proprio così: il giovane Ramirez le aveva donato una serenità che mai aveva conosciuto, portando dei timidi raggi di gioia e di speranza nella sua vita per illuminare il baratro di tristezza oscuro e profondo in cui era scivolata.










Maxi era fermo da dieci minuti davanti al campanello di villa Heraldez, indeciso se premere il pulsante dorato o no. Era da un po' di tempo che aveva deciso di recarsi a casa di Nata per poterle parlare, ma solo quel giorno era riuscito a trovare il coraggio per farlo. Avvicinò la mano al citofono, ma si bloccò con ancora il braccio a mezz'aria. E se la ragazza lo avesse cacciato? No, Nata non era decisamente quel tipo di persona, doveva smetterla di farsi tanti problemi inutili! Prese un profondo respiro e, finalmente, suonò il campanello. Dopo neanche dieci minuti, una signora dall'aria elegante e dai lunghi e scuri capelli ricci uscì dalla grande porta dell'edificio e si diresse a passo svelto verso di lui. “Ciao, chi sei?” gli domandò con aria gentile la donna non appena fu abbastanza vicina per essere udita dal rapper. Il giovane Ponte si imbambolò a fissarla: lei e Nata erano due gocce d'acqua, uguali in tutto e per tutto per quanto riguardava l'aspetto fisico; di sicuro quella signora doveva essere sua madre. “Mi chiamo Maxi, sono un amico di Nata, la sto cercando perchè vorrei parlarle.” rispose il ragazzo. “Vieni, entra pure caro.” La donna aprì il cancello che li separava e gli fece subito strada attraverso un sentiero lastricato che, tagliando in due il magnifico  giardino della villa, conduceva fino all'enorme portone che garantiva l'accesso all'edificio e che la signora spalancò, permettendo così al rapper di entrare. Maxi seguì quella che aveva intuito essere la madre della sua compagna dello Studio attraverso lunghi corridoi che sembravano non finire più, guardandosi attorno con aria incantata. Mai aveva visto tanto lusso in vita sua: non si poteva dire che la sua famiglia fosse povera, questo no, ma i suoi genitori non erano neanche ricchi. “Complimenti per la casa: è così bella.” mormorò ammirato il giovane. “Già... Così bella eppure così vuota...” sussurrò rattristata la donna. “Cosa intende?” chiese istintivamente il rapper, senza pensare che, forse, la sua domanda poteva risultare un po' indiscreta. “Mi riferisco a mia figlia... Nata ha una casa splendida che, probabilmente, molto dei suoi coetanei non hanno, ma non invita mai nessuno a venire qui. Sono contentissima che tu abbia preso l'iniziativa e sia venuto a trovarla!” esclamò la signora Heraldez, mentre un sorriso si faceva strada sul suo volto. “Nata è una ragazza molto sola, ma posso assicurarti che, se avrai la pazienza di conoscerla, scoprirai che persona fantastica sia.” “Ne sono convinto.” affermò con aria convinta il rapper. “Te la vado a chiamare, dev'essere in camera sua. Aspettami pure qui.” Non appena la donna fu abbastanza lontana, Maxi si sistemò nervosamente la maglietta e, specchiandosi in una finestra che dava sull'ampio giardino della villa, cercò di pettinarsi alla bell'e meglio i ribelli ricci castani, che andavano in tutte le direzioni. 
Dopo una manciata di minuti, un rumore di passi gli annunciò il ritorno della signora Heraldez, seguita dalla figlia. Subito il rapper tornò immobile come quando la donna la aveva lasciato e inizió ripassare mentalmente il discorso che aveva intenzione di fare a Nata. “Maxi!” esclamò entusiata la riccia non appena lo notò. “Ciao, come va?” domando leggermente in imbarazzo il giovane Ponte. “Bene grazie... ma perchè sei qui?” domando curiosa la mora. “Perchè ho bisogno di parlarti. Hai un minuto?” domandò il giovane Ponte sperando in una risposta affermativa. “Sì, certo... vieni camera mia così staremo più comodi.” gli propose la ragazza, per poi guidarlo attraverso un'altra serie infinita di interminabili corridoi, fino a giungere davanti ad una porta in legno d'ebano, che era stata lasciata accostata. “Vieni pure.” lo incoraggiò la riccia, invitandolo ad entrare con un gesto della mano. Maxi la seguì e si ritrovò in un'ampia camera dalle candide pareti e dall'aria accogliente. Rispetto alle altre stanze della casa, quel locale aveva uno stile molto più semplice e sobrio, privo di decorazioni sforzose, ma era arredato con buon gusto. Una larga finestra, che permetteva di vedere il panorama della città di Buenos Aires, era posta sulla destra, poco sopra al letto, che, alla vista, sembrava soffice e comodo. Spartiti di canzoni dei generi più vari e libri di musica erano posato ordinatamente sulla scrivania in legno d'acero che faceva bella mostra di sè al centro della stanza. “Allora, che cosa mi volevi dire?” domandò la ragazza, sedendosi compostamente sul letto e attendendo con aria curiosa la risposta del rapper. 
“Ti osservata attentamente in quest'ultimo periodo e ho notato che sei sempre da sola in disparte...” iniziò il giovane Ponte. “No, per favore dimmi che non sei qui a farmi una predica sul fatto che non ho amici! A quello ci pensano già i miei genitori.” sbuffò la riccia, attorcigliandosi una ciocca scura di capelli attorno all'indice. “Nata guarda che non è normale che tua sia così isolata!” esclamò con aria preoccupata Maxi. “Credimi ho provato a cercare di uscire dalla mia solitudine, ma non ci sono mai riuscita. È tutto inutile: sono una frana nelle relazioni di amicizia.” mormorò sconsolata la mora. “È proprio per questo che sono qui: per aiutarti.” affermò con convinzione il castano. “Non c'è niente che tu possa fare per aiutarmi.” ribattè la giovane Heraldez. Dopo che aveva promesso ai suoi genitori di mettersi in gioco e mostrare tutto il potenziale che c'era in lei, si era impegnata al massimo per uscire dalla sua solitudine e cercare di farsi degli amici, ma non ci era riuscita e, dopo un po', si era arresa. “Ascoltami, io ho perso la possibilità di vivere in pace e la rimpiangerò a vita, ma tu sei ancora in tempo e io non ti permetterò di fare un errore simile al mio. Vivi la vita senza paura e sii felice tu che ancora puoi esserlo!” esclamò con enfasi il giovane Ponte, mentre il ricordo di come, con la morte di suo fratello maggiore, lui avesse smesso di poter essere felice si impardonì della sua mente. Non voleva che anche Nata sprecasse la sua opportunità di vivere una vita piena e soddisfacente! La giovane Heraldez lo guardò con aria interrogativa. “Come puoi dire di non essere felice quando hai molti amici come ad esempio Leon e ti diverti con loro? Tu non sei depresso o triste: ti vedo sorridere spesso allo Studio.” affermò la riccia, non molto convinta dalle parole del rapper. “A volte l'infelicità si cela dietro ad un sorriso. Non tutti reagiamo allo stesso modo: c'è chi piange disperatamente e chi nasconde la sua disperazione con una risata esagerata. E poi c'è una grande differenza tra il divertersi con gli amici e provare la gioia della felicità pura.” le spiegò il castano con tono di ovvietà. “D'accordo, ma allora qual'è il motivo della tua tristezza?” domandò la ragazza. “È una storia lunga e poi non è per questo che sono venuto. Io sono qui per permetterti di uscire dalla tua solitudine, ti lascerai aiutare da me?” chiese il giovane Ponte, prendendole entrambe le mani e guardandola fisso negli occhi. “Ma ci ho già provato e non ci sono riuscita...” cercò di obiettare la mora. “Le scorse volte eri sola, adesso invece ci sono io accanto a te.” le fece notare il rapper. “Ok, mi hai convinta.” affermò Nata, venendo subito abbracciata con foga dal castano, che la strinse a sè soddisfatto di quella risposta. Sì, lasciarsi aiutare da Maxi non poteva farle che bene, dopotutto, semplicemente con quella chiacchierata il giovane Ponte era riuscito a ridarle un po' di quella speranza che aveva perso a causa dei tanti tentativi falliti. Grazie al castano era sicura che sarebbe riuscita a provare la felicità, quella vera e avrebbe potuto colmare quel fastidioso senso di vuoto che sentiva dentro di sè.










NOTE AUTRICE: Eccomi qui come sempre in ritardo! Mi scuso: sono tremendamente dispiaciuta ma questa è una settimana di fuoco per me... Soprattutto chiedo venia per non essere riuscita a recensire le varie storie che sto seguendo in questo periodo, ma prometto che tra questo pomeriggio e questa sera lascerò un commento. Passiamo ora parlare del capitolo di oggi. Nella prima parte abbiamo un blocco Diemilla che io adoro *___* Inoltre scopriamo anche meglio la storia di Diego. Invece nella seconda parte c'è un confronto tra Nata e Maxi e dopo tanta insistenza da parte del rapper, la Heraldez si decide a cercare di uscire dalla sua solitudine. Bene, vi ringrazio per il sostegno che mi date e vi saluto,
Hugs and kisses,
Francy











  
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